Anno: 2011

"Il tempo pieno all'elementare dovranno pagarlo le famiglie", di Tiziana De Giorgio

Anche il tempo pieno sarà a pagamento. Perché da settembre gli insegnanti saranno talmente pochi da non riuscire più a coprire le ore in cui i bambini sono a mensa. E i genitori, pur di non rinunciare alle ore di lezione pomeridiane per propri figli, dovranno sborsare soldi per una cooperativa esterna per poter mettere una toppa sulla voragine lasciata dalla riforma Gelmini. L’ultima frontiera della scuola scarnificata dai tagli è stata toccata al comprensivo Tolstoj, in via Zuara, a Milano: una delle primarie più colpite dalla terza tranche della “dieta dimagrante” forzata del governo, che spazza via altri 455 insegnanti solo a Milano, per un totale di 1.178 posti in meno nelle elementari nel giro di tre anni. Già l’anno scorso la preside aveva dovuto fare i salti mortali per garantire a tutti il tempo pieno scelto da mamme e papà: il provveditorato non aveva infatti concesso organico sufficiente per tutti gli studenti che ne avevano fatto richiesta — con due partite sulla carta a tempo normale — e si è dovuto giocare su …

"Sei mamma? Ti licenzio", di Flavia Amabile

Quasi un milione di donne è stata licenziata o costretta a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Lo denuncia l’Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010 insieme a molti altri dati molti chiari su che cosa significhi essere madri in Italia. Una madre su 3 ha dovuto lasciare il lavoro per motivi familiari. Nella metà dei casi l’abbandono è dovuto alla nascita di un figlio, per un totale di oltre 800 mila donne. Una donna su cinque fra quelle che lavorano e hanno meno di 65 anni hanno lasciato il lavoro per il matrimonio, la gravidanza o per altri motivi familiari. Non c’è molto da fare, figlio e lavoro sono ancora troppo spesso inconciliabili: l’uno esclude l’altro. Le donne di cui stiamo parlando infatti non hanno scelto di non lavorare: sono state costrette a non farlo, come sottolinea anche l’Istat. Più si è in avanti con gli anni, meno si è esposte a rischi. Le interruzioni imposte dal datore di lavoro, infatti, «riguardano più spesso le donne più giovani: si …

"Quei sedicenni annoiati che abbandonano la scuola, così cresce la marea degli "inattivi": 2,1 milioni", di Maria Novella De Luca

Il 18,8% di ragazzi in Italia lascia gli studi subito dopo gli anni dell´obbligo e non cerca lavoro. In un anno il numero dei “Neet” è salito di 134.000 unità. La crisi arriva tra i 16 e i 17 anni: ci si sente grandi e le regole vanno strette, la scuola appare faticosa, noiosa, staccata dalla realtà, i prof, poveracci, degli adulti che guadagnano poco e si sgolano in classe, e il lavoro poi, un miraggio, una chimera, e studiare o non studiare in fondo è lo stesso. Storie di ragazzi che un giorno hanno detto no. Che una mattina hanno deciso di non entrare più in classe. Di buttare alle ortiche libri, quaderni, interrogazioni, compiti in classe, voti, giudizi. Ma anche le cose belle della scuola, come le gite, gli amici, lo sport. C´è un numero enorme di giovani (il 18,8%) che in Italia continua ad abbandonare gli studi, subito dopo gli anni dell´obbligo, e che a vent´anni, quando si entra nell´età adulta, si ritrova sperduto, senza nulla in mano. Perché se è vero …

"I senza futuro", di Chiara Saraceno

Una società mobilitata per far fronte ai bisogni quotidiani e alle difficoltà provocate da una crisi economica da cui non è ancora uscita.Ma anche una società con poco fiato per orizzonti un po´ più lunghi e larghi. È questa l´immagine dell´Italia che emerge dal Rapporto Annuale dell´ISTAT relativo al 2010. In questo quadro emerge, ancora una volta, il ruolo fondamentale giocato dalle famiglie come ammortizzatore sociale a tutto campo. Ma emergono anche le tensioni, i punti di rottura, di un sistema troppo sovraccarico ed anche troppo squilibrato. Così, a fronte della insicurezza nel mercato del lavoro, alla riduzione delle occupazioni a tempo indeterminato e al prolungarsi dei periodi di disoccupazione, si è erosa anche la tradizionale capacità di risparmio delle famiglie. E se è vero che la solidarietà famigliare ha contenuto l´impatto della perdita di occupazione, ciò si è tradotto in un rafforzamento della dipendenza economica dei giovani dai propri genitori. La percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni che non sono né in formazione né occupati è ulteriormente aumentata, raggiungendo il …

"Cresce l’esercito di quelli che non studiano né lavorano", di Raffaello Masci

Se il «Rapporto annuale» dell’Istat è come il biblico libro delle Lamentazioni, il capitolo dedicato ai giovani è particolarmente drammatico. Dopo il dossier consegnato dal Censis alla Camera dei deputati, la settimana scorsa, anche l’Istituto di statistica affida all’opinione pubblica un quadro altrettanto sconfortante sugli italiani tra i 18 e i 29 anni: disoccupati, precari, scoraggiati, senza un futuro a breve, transitano con sempre maggiore frequenza nella categoria dei neet (not in education, employment or training), cioè di quelli che non ne possono più di cercare, bussare, aspettare, e neppure di sperare, per cui abbandonano tutto. Si tratta – spiega l’Istat – di due milioni e centomila ragazzi, ben 134 mila in più rispetto all’anno precedente e pari a quasi un quarto (22,1%) di tutti gli under 30, una percentuale doppia rispetto alla media europea. Se era noto che la disoccupazione giovanile aveva sfiorato il 29% a marzo di quest’anno (28,6% per l’esattezza), la novità di oggi è che neppure la scuola – da sempre vissuta come ascensore sociale – è più in grado di …

Spesa in ricerca all'1,23%: media Ue ancora lontana

L’Italia si colloca attualmente a metà classifica fra i paesi Ue con l’1,23% di spesa in ricerca e sviluppo (la media Ue è attualmente pari all’1,92%) anche se la crescita negli ultimi tre anni segnala una tendenza positiva di poco inferiore a quella della Germania e superiore a quella di Francia e Regno Unito. Lo segnala il rapporto dell’Istat che dedica un intero capitolo ad esaminare il posizionamento italiano in rapporto alla strategia Europa 2020, quella che sostituisce la strategia di Lisbona nel delineare le grandi direttrici politiche per stimolare lo sviluppo e l’occupazione nella Ue. Per la ricerca, l’obiettivo di Europa 2020 è pari al 3% anche se l’Italia fissa l’obiettivo a poco più della metà (1,53%). Il rapporto Istat osserva inoltre che in termini di composizione non sembra lontano il traguardo della spesa in R&S a carico delle imprese, mentre il distacco dai partner europei è in progressiva riduzione, grazie a un tasso medio annuo di crescita (in termini nominali) del 7,9 per cento. In testa, fra le regioni, si collocano Piemonte e …

"Una ferita alla democrazia", di Adriano Prosperi

C´è forse un giudice a Berlino? La giustizia trionfa e chi delinque è punito in modo esemplare? A prima vista sembrerebbe di sì. Le sanzioni oggi deliberate dall´Agcom sono tra le più severe disponibili per quell´organo: colpiscono nella misura massima Tg1 e Tg4 perché recidivi; e sono puniti in misura minore Tg2, Tg5 e Studio Aperto. Ora, l´atto di giustizia, per essere tale, dovrebbe punire chi delinque, risarcire l´offesa e ristabilire l´ordine turbato. Sono stati puniti i colpevoli? Vediamo. A giudicare dalle reazioni e dai lamenti dei puniti sembrerebbe che un qualche effetto le misure l´abbiano avuto. Si leggano le parole amare che arrivano da Mediaset: siamo allibiti, dicono. E aggiungono che così si nega il diritto di informazione. Singolare argomento, su cui vale la pena di soffermarci. Le ragioni della sentenza sono fondate proprio sulla lesione al diritto dei telespettatori (cioè di tutti i cittadini) a una informazione corretta. Dunque da un lato e dall´altro quello che viene invocato è un grande principio costitutivo della libertà dei moderni. La libertà dell´informazione è stata concepita …