Anno: 2011

"Laureati finiti all´estero: +40% in 7 anni", di Luisa Grion

Allarme Ance: in dieci mesi si sono trasferiti oltre confine 65 mila giovani. Via dall´Italia in cerca di successo, di reddito, di lavoro. Via da un paese di vecchi: con un progetto in testa e la certezza che per realizzarlo bisogna andarsene, nei primi dieci mesi dello scorso anno si sono trasferiti all´estero 65 mila giovani italiani. Tutti sotto i trenta anni, tutti convinti che è tempo di migrare. E´ come se una cittadina di medie dimensioni si svuotasse completamente: Savona o Viterbo deserte in meno di un anno. Un fenomeno in crescita visto che fra il 2000 e il 2007 gli italiani laureati che lavorano in paesi Ocse sono aumentati del 40 per cento. Il fatto in sé potrebbe essere positivo se non fosse che si sposa con un tasso interno di disoccupazione giovanile del 27,8 per cento. Non si va quindi, per fare esperienza e poi tornare: sempre più spesso si va per restare. Intelligenza ed energia sottratta al futuro del paese. Lo hanno fatto notare i giovani dell´Ance (l´associazione dei costruttori) che …

La missione impossibile delle donne in carriera "Vera parità solo nel 2601", di Marina Cavallieri

Le magistrate arriveranno per ultime. Le società italiane con un top management al femminile almeno per il 20 per cento possono vantare risultati migliori. È un calcolo statistico. Una proiezione. Sembra un paradosso. La neutralità dei numeri viene usata per capire quanto tempo le donne dovranno aspettare per raggiungere i vertici delle professioni. Il risultato? Sconfortante. Decine di anni, in alcuni ambiti secoli. «È il caso della magistratura, se le donne crescono a questo ritmo la parità si avrà nel 2601». Lo sostiene, grafici alla mano, la demografa Rossella Palomba, ricercatrice del Cnr, che ha provato a vedere quando le donne avranno i ruoli degli uomini. E il calcolo che ne viene fuori appare un miraggio. «Ovviamente se le donne e gli uomini continuassero a crescere nei posti al vertice ai ritmi attuali la parità non verrebbe mai raggiunta poiché si manterrebbe sempre lo stesso divario», spiega Rossella Palomba che porterà queste ed altre cifre al festival di antropologia contemporanea “Dialoghi sull´uomo” che si terrà dal 27 al 29 maggio a Pistoia. «Quindi bisogna fare …

"In cerca di borghesia per rilanciare la società civile" di Piero Ignazi

In questi mesi i segnali di una insofferenza dei ceti imprenditoriali e delle professioni nei confronti dell’operato del Governo, e più in generale della politica, erano stati numerosi. Ultimo, in ordine di tempo, quello dell’Assise generale della Confindustria a Bergamo dove, non a caso, non erano stati invitati i politici per evitare la consueta, stucchevole passerella mediatica in casa d’altri; e dove le critiche all'(in)azione del Governo, pur non gridate, risuonavano a ogni angolo. La disaffezione che da tempo monta nella borghesia italiana non riguarda solo la maggioranza di governo, ma investe tutta la classe politica. Certo, il voto di Milano attesta un distacco ormai consumato tra centro-destra e ceti produttivi in senso lato. Ma non si può nemmeno parlare di un “cambio di cavallo”. Per quanto Giuliano Pisapia abbia saputo attrarre esponenti illustri dell’imprenditoria meneghina capitanati da una personalità quale Piero Bassetti, l’impressione è che questa componente sociale sia ancora alla finestra, in attesa degli eventi. Se allora colleghiamo insofferenza diffusa e assenza d’interpreti politici, c’è da chiedersi se siamo alla vigilia di un …

"L'altrove della Lega", di Gad Lerner

La notizia, a Milano, è che la Lega non sta facendo la campagna elettorale per il ballottaggio. Deve essere altrove, ma dove? I big si danno appuntamento nel fortino di via Bellerio, raggiungibile da Varese e Bergamo con la tangenziale nord, senza metter piede nella metropoli contesa dove nessuno di loro peraltro ha casa. Zero comparsate televisive. Zero comizi programmati. Solo cinque giorni dopo la breccia di Pisapia, il Carroccio fa atto di presenza appiccicando in giro dei manifesti-spauracchio su un´inverosimile Zingaropoli. Già gli appuntamenti centrali del 29 aprile e del 13 maggio scorsi, con un Bossi in tono minore e una Moratti in camicetta verde seta, avevano richiamato un pubblico inequivocabilmente scarso; confermando l´impressione che la reconquista di Palazzo Marino non fosse in cima alle aspirazioni del capo leghista. Come spiegare altrimenti la testa di lista rinunciataria affidata a un giovane come Matteo Salvini, certo popolare fra gli ascoltatori di “Radio Padania” per le sue sparate contro i rom “peggio dei topi”, ma ben lontano da un profilo amministrativo, di governo? Vero è che …

"Fermate il televoto", di Roberto Zaccaria

Si annuncia una nuova e ancora più spaventosa occupazione dell’informazione da parte di Berlusconi: abbiamo avuto ieri un primo assaggio, con le interviste confezionate a suo uso e consumo da alcuni Tg amici. Del resto, i dati sulla presenza tv di Berlusconi raccolti nell’ultima settimana prima del voto amministrativo offrivano di per sè un panorama raccapricciante. Berlusconi da solo aveva letteralmente invaso i telegiornali. Due ore e venti di tempo antenna, contro solo 44 minuti di Bersani, con tutti gli altri lontanissimi. Uno squilibrio impressionante nell’utilizzo del mezzo più incisivo in campagna elettorale che gli interventi dell’Agcom non hanno saputo contrastare. Eppure abbiamo una legge sulla par condicio che impone rigorosamente le pari opportunità. Abbiamo perfino una tiepida legge sul conflitto di interessi che, comunque, vieta il “sostegno privilegiato” da parte delle televisioni controllate. Tg5 e Studio Aperto hanno avuto solo richiami per il palese squilibrio, il Tg4, che offre a Berlusconi un traino imbarazzante, ha avuto un cartellino giallo, accolto con irrisione. Poi le elezioni sono andate come sono andate. Ma la sovraesposizione del …

"Un abuso da fermare", di Giuseppe D'Avanzo

Un altro limite è stato superato, forse irrimediabilmente. Un prepotente, abusando in modo autoritario del suo potere e del conflitto d´interessi che lo protegge, ha rovesciato il tavolo. Si è assiso dinanzi alle telecamere di tutti i notiziari e, infischiandosene di ogni regola, si è lanciato in messaggi promozionali per i candidati della destra. Che cosa resta più del corretto gioco elettorale dopo questo oltraggio? Ci sono da qualche parte nelle istituzioni le energie e la volontà per mettere fine a questa oscenità per la democrazia? In tutte le battaglie che ha combattuto – politiche, economiche, finanziarie, fino ai conflitti matrimoniali – Berlusconi ha truccato le carte, ingannato gli antagonisti, corrotto gli arbitri, violato le regole del gioco. Tecnicamente, è un imbroglione perché «ricorre al raggiro in modo abituale». Lo fa anche ora. Ha gli arnesi mediatici a sua disposizione. Li adopera come meglio crede rifiutando ogni autocontrollo, non riconoscendo alcun limite e norma. Dopo giorni di silenzio assordante, il premier s´impadronisce degli schermi televisivi in un illegittimo, abusivo appello alla Nazione frammentato nelle interviste …

"La strada obbligata dell’Italia: ricominciare dal lavoro", di Stefano Fassina

Il fallimento del neoliberismo dimostra come non ci possa essere crescita senza una adeguata cultura del lavoro. Due borse di studio del Pd nel nome di Massimo D’Antona ed Ezio Tarantelli. Irisultati del primo turno delle elezioni amministrative assegnano al Pd le maggiori responsabilità nella ricostruzione di una «Repubblica democratica fondata sul lavoro». Il Pd, con tutti i suoi limiti, è l’unico grande partito nazionale. Per essere all’altezza della sfida, il Pd deve irrobustirsi, innanzitutto in termini di cultura politica. I partiti fondatori dell’Italia repubblicana erano soggetti culturali forti, prima che organizzazione, macchina elettorale e sistema di potere. Esprimevano una visione autonoma delle cose, una cultura politica diffusa e radicata, condivisa dalla sua classe dirigente, dai suoi iscritti e, almeno in larga misura, dai suoi elettori. Erano intellettuali collettivi e strumento di formazione e di selezione di classi dirigenti adeguate. Erano,come le grandi organizzazioni sindacali, i principali vettori di mobilità sociale in Italia. Il rapporto tra partito ed intellettuali era un rapporto sistematico e proficuo. I partiti avevano al proprio interno le migliori forze intellettuali …