"L’ultima sconfitta dell’industria", di Rinaldo Gianola
Il ritratto di Aristide Merloni domina ancora il Palazzo del Comune di Fabriano, che s’affaccia sulla bella fontana Sturinalto. Il fondatore di una delle più grandi e fortunate dinastie imprenditoriali italiane probabilmente non avrebbe mai immaginato di veder la sua creatura industriale nelle mani degli americani. Non perché nella lunga stagione del boom e dell’industrializzazione, dei consumi di massa e delle auto e delle lavatrici per tutti, non fosse possibile pensare di espandersi, di andare all’estero, di cambiare. Anzi. Ma perché c’era in quei capitani d’impresa, che avevano vissuto le distruzioni della guerra e poi la faticosa ricostruzione del Paese, il senso profondo dell’impegno, del dovere, del rispetto della comunità in cui si opera, della necessità di agire nell’azienda e nella politica, anzi di poter usare l’una e l’altra, e nessuno denunciava il conflitto d’interessi, al servizio della collettività. Aristide Merloni, con la sua famiglia e poi i suoi tre figli tutti imprenditori con alterne fortune, fu sindaco, parlamenta- re per la Democrazia Cristiana e industriale, fu soprattutto un protagonista di quella linea della responsabilità …
