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Ddl Corruzione. Passa l'emendamento PD per l'inasprimento delle pene

La commissione Giustizia ha approvato l’emendamento del Pd che prevede l’inasprimento delle pene per il reato di corruzione. “Nonostante l’inaccettabile comportamento del Pdl, la commissione Giustizia ha approvato l’emendamento del Pd che prevede l’inasprimento delle pene per il reato di corruzione. Abbiamo più volte proposto al Pdl di entrare nel merito dei singoli emendamenti offrendo anche la disponibilità ad accantonare le questioni più controverse, affrontandole in una prossima seduta. E ciò al fine di superare l’ostruzionismo e di costruire la massima condivisione possibile su una legge essenziale per ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni”. Così Andrea Orlando, responsabile Giustizia del PD.

“Ancora una volta, però, il partito di Berlusconi ha dimostrato di non sapere andare oltre le proprie contraddizioni e ha cercato di continuare a fare melina. Manterremo la massima disponibilità al confronto assieme alla più forte determinazione: in Commissione o in aula una legge efficace contro la commissione sarà approvata a prescindere dalla condotta del Pdl.
Il nostro comportamento e il nostro voto varrà più di qualunque illazione di chi, con raro acume e magari per oscurare recenti infortuni su altri provvedimenti, aveva preconizzato inciuci.
Quanto ad Alfano, è singolare che parli di agguati a Monti che fino a oggi ha condotto l’ostruzionismo contro un provvedimento proposto dal governo, inaugurando un inedito assoluto nella storia parlamentare.

Per Emanuele Fiano Responsabile Sicurezza del PD, “quest’oggi nelle Commissioni congiunte Giustizia e Affari Costituzionali alla Camera si è ripetuta la scena dell’ostruzionismo attuato dal Pdl sulla discussione degli emendamenti al provvedimento anti corruzione.

Nel corso di tutta la giornata è di nuovo apparso evidente come il Pd, collaborando e sostenendo il governo, stia lavorando con tutte le sue forze per far giungere rapidamente al voto finale questo importantissimo disegno di legge.

Il tutto mentre il Pdl, nonostante gli impegni presi, attui una continua manovra dilatoria e ostruzionistica che certo non aiuta il governo e sicuramente non incontra il favore della maggior parte degli italiani che da tempo chiedono al Parlamento un decisivo passo contro il dilagare della corruzione”.

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"Parlare ai delusi del Nord", di Matteo Mauri

Domenica e lunedì si torna al voto per i ballottaggi, e tutti aspettano di vedere come andrà a finire a Palermo e a Parma, ci sta, di quelle città si parla molto in questi giorni. Però non ci sono solo Palermo e Parma in questo secondo turno, ci sono un sacco di altre cose interessanti, e non vorrei che ce ne dimenticassimo. Ne voglio segnalare una, il Pd al Nord. Il primo turno ha affermato la centralità del Partito democratico in tutt’Italia, nessun progetto di rilancio politico può prescindere da noi. Ma questo è ancor più vero al Nord, dove abbiamo dato una grande prova di forza. E non era assolutamente scontato.
Faccio alcuni esempi lombardi, che magari possono suonare meno conosciuti di Palermo e Parma, però danno una geografia del cambiamento. A Como abbiamo ottenuto un risultato storico, con Lucini oltre il 33%, a Cassano, paese nativo di Bossi, la Lega è fuori dal ballottaggio e Zaffaroni, candidato del centrosinistra, è al 40% con la lista Pd al 27%; risultati importanti li abbiamo ottenuti a Monza, con la Lega fuori dal ballottaggio nonostante Maroni si fosse speso non poco.
A Crema e Cernusco sul Naviglio abbiamo vinto al primo turno, e a Cesano Maderno, in Brianza, Gigi Ponti, segretario provinciale Pd, ha strappato il Comune al primo turno con il 56% (e col Pdl al 5%). Però non basta, perché questi risultati vanno consolidati, bisogna provare a vincere i ballottaggi, abbiamo fatto il primo passo, ora avanti col secondo. Dobbiamo parlare con i fatti a quegli elettori che, al Nord più che altrove, hanno sospeso il proprio voto rifugiandosi nell’astensione o che hanno scelto di dar voce al disagio con un legittimo voto di protesta a Grillo, non solo a Parma.
E questo in concreto vuol dire fornire ai cittadini risposte concrete a bisogni vecchi e nuovi, materiali e non, a partire da un rilancio del civismo e del senso di appartenenza alla comunità. Lo dobbiamo fare innovando, innovando e ancora innovando.
La nostra classe dirigente di sindaci e amministratori locali è di grande qualità e ha dimostrato più volte di essere all’altezza di un compito così difficile. Ma il lavoro sul territorio da solo non può bastare.
E qui vengo al secondo punto del mio ragionamento. Serve un forte segnale nazionale. La soluzione non può essere quella di ritirare fuori dal cassetto l’idea del Partito del Nord. Capisco la giusta tensione che spinge Cacciari a riproporla, ma quella non è la bacchetta magica. Non esistono scorciatoie politico/organizzative e se fino a oggi quella proposta non è mai decollata un motivo ci sarà.
Ritengo che il segnale nazionale che serve, l’altra colonna su cui costruire, è il rilancio del federalismo. Già proprio lui, il federalismo. Perché la sconfitta politica ed elettorale della Lega segna la sconfitta dell’ampolla sul Po, degli slogan beceri e spesso razzisti, di un folclorismo da fiera, ma non deve essere la sconfitta del federalismo. Al contrario, oggi più che mai è, nella nostra versione solidale, una scelta necessaria per il paese.
Se Fazio e Saviano mi chiamassero sul palco, la parola che porterei sarebbe proprio questa: federalismo. Perché? Perché è il modo per usare al meglio le scarse risorse pubbliche disponibili, riducendo gli sprechi e responsabilizzando le classi dirigenti dei governi locali e soprattutto delle Regioni, a partire dai costi standard. È il modo per stabilire un rapporto più diretto e trasparente tra cittadini e istituzioni, e riavvicinare così l’opinione pubblica alla politica. È il modo per mettere il merito al centro della nostra vita pubblica.
Chi amministra bene i soldi dei propri cittadini viene premiato, chi lo fa male non avrà alibi e ne pagherà il prezzo. Ci deve essere un rapporto più stretto tra risorse che provengono dal territorio e il loro utilizzo. Vogliamo dare più responsabilità e fiducia a chi sta in prima linea, uscendo da questa sorta di dirigismo centralista che fa male al paese. E se un sindaco si assume la responsabilità di chiedere ulteriori sacrifici ai propri cittadini deve poter avere la piena disponibilità di quelle risorse, non fare il gabelliere per conto terzi. Oneri e onori, senza paura.
Esattamente il contrario, per capirci, di quello che si sta facendo con l’Imu quando si prevede che il 50% delle risorse raccolte vadano allo stato centrale. La stessa cosa vale per il Patto di stabilità, che deve essere necessariamente allentato. Il federalismo è un’innovazione necessaria che non sarebbe utile solo al Nord ma a tutto il paese. Anche a quel Sud che ha sicuramente un grande bisogno di risorse per rilanciarsi, ma che non vede l’ora di dare a tutti una prova di orgoglio e di dar voce e gambe alla propria voglia di riscatto. Il federalismo è una scelta coerente con ciò che abbiamo detto e fatto in questi anni come Partito democratico. Andiamo avanti decisi su questa strada.

da Europa Quotidiano 17.05.12

"Ricostruzione, identità del Pd e questione antropologica", di Giuseppe Vacca

L’emergenza educativa è un grande tema nazionale che il programma per il 2013 deve affrontare con forza. Non si tratta solo dei fondi da destinare alla ricerca ma di assumere impegni sul profilo culturale del Paese. Le turbolenze dell’economia mondiale e l’incertezza sul se e quali riforme si potranno varare in questo scorcio di legislatura fanno pensare che l’emergenza nazionale, da cui ha avuto inizio il governo Monti, non sarà superata con le elezioni del 2013. Tralascio gli aspetti internazionali, sui quali l’Italia può influire in misura limitata: la molteplicità dei fenomeni che sinteticamente chiamiamo crisi, origina, in ultima analisi, dalla insostenibilità per l’Occidente del dualismo competitivo fra euro e dollaro. Ma, quanto alla politica italiana, che situazione si profila sei mesi dopo la nascita dell’attuale governo?
Mi pare che i risultati delle elezioni amministrative rivelino la profondità della crisi del centrodestra: la rivelano, non la generano, e fanno comprendere meglio perché si sia giunti a un governo di emergenza nazionale. Tutti sembrano riconoscere che il Partito democratico sia il solo partito rimasto in piedi. Ma perché? Una prima risposta è nella centralità conquistata dal Pd nel gioco politico fin dall’estate del 2010: una centralità che continua e lo ha portato a essere il principale sostegno del governo attuale. Quando, nel 2010, il Popolo della libertà perse le elezioni regionali a vantaggio della Lega, originando una crisi d’egemonia di Berlusconi nella sua stessa coalizione, fu a mio avviso determinante che il Pd, appena uscito dal travaglio della successione dei suoi due primi segretari, si proponesse come forza politica essenziale per qualunque soluzione della crisi della Seconda Repubblica: fossero le elezioni anticipate, ovvero un governo di Grande coalizione senza Berlusconi, come poi sarebbe avvenuto.
Questa sommaria ricapitolazione mostra anche quale sia oggi la sua missione: quella di indicare un cammino che, attraversando le elezioni del 2013, consenta innanzitutto alle forze che sostengono il governo Monti, comunque riconfigurate dal passaggio elettorale, di condividere chi dal governo, chi dall’opposizione gli oneri di una situazione di emergenza di cui nessuno può prevedere la fine.
Naturalmente la sorte della prossima legislatura non dipende solo dal Partito democratico, ma qui mi preme porre l’accento su quanto esso può contribuire a determinarla. La sfida chiama in causa la sua ispirazione originaria, ovvero le ragioni per cui è riuscito ad operare come un partito nazionale e popolare. Io credo che fra queste abbia un ruolo determinante la sua matrice di partito laico fondato sulla collaborazione di credenti e non credenti. Il paesaggio politico e culturale della Seconda Repubblica appare sempre più simile a un territorio devastato da una guerra. Non può sorprendere, quindi, che il mondo cattolico sia riemerso come grande riserva intellettuale e morale della vita del Paese. Ma se la Chiesa italiana ha potuto assumere con rinnovata energia una funzione nazionale, se ha potuto essere un fattore determinante della fine di Berlusconi, a me pare che la sua azione sia stata favorita dalla presenza di un nuovo partito riformista, in cui il riformismo cattolico ha un ruolo significativo e che, nel suo insieme, è orientato a valorizzare il contributo del cattolicesimo politico alle sorti dell’Italia.
Nella messa a punto della proposta politica per la prossima legislatura a me pare che questo elemento fondamentale della figura del Pd debba esprimersi con ricchezza. Un primo tema riguarda la possibilità che sia una legislatura costituente, ma di questo mi propongo di parlare in un’altra occasione. Qui vorrei soffermarmi, invece, su un tema sensibile della ricostruzione culturale e morale della vita nazionale: il tema dell’«emergenza educativa». È auspicabile che sia un tema centrale nella messa a punto del programma annunciato da Bersani per l’autunno. Credo che sia il tema che meglio di qualunque altro può manifestare quale sia la nostra visione della società italiana e la nostra capacità di renderla concreta.
In estrema sintesi, non si tratta solo delle risorse che ci proponiamo di destinare alla ricerca e alla formazione, né delle priorità che scandiranno la nostra agenda della spesa. Si tratta di assumere impegni chiari sul profilo culturale della nazione italiana, che potrebbero riassumersi in un progetto per una società educante. Istruzione e educazione non si possono separare. La formazione della persona è una combinazione di conoscenze e motivazioni dipendenti dall’equilibrio fra autorità e libertà nel processo educativo. La concezione e il ruolo della famiglia è quindi centrale, ma dipende a sua volta dalla sintonia o dalla disarmonia morale che determina i rapporti fra tutte le «agenzie» educative e formative.
Un progetto di «società educante» esige, quindi, una nuova alleanza tra la famiglia, la scuola, le confessioni religiose, i mezzi di comunicazione sociale, le organizzazioni del tempo libero. Ne abbiamo parlato, giorni fa, in un incontro dedicato ai temi dell’emergenza antropologica, sui quali suscitò una certa attenzione la lettera aperta sottoscritta da Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e da me lo scorso ottobre. Mi auguro che la discussione possa proseguire in pubblico.

l’Unità 17.05.12

Isee: dal governo ci aspettiamo maggior equità e giustizia per l'accesso ai servizi

E’ la dichiarazione di Cecilia Carmassi sulla revisione dell’Isee proposta dal governo. Abbiamo raccolto anche la dichiarazione di Margherita Miotto capogruppo Commissione Affari Sociali. Riportiamo inoltre un comunicato stampa della Fish che sottolinea come la revisione non preveda ancora l’applicazione dell’indicatore sulle indennità delle persone con disabilità. “Nella versione del governo Berlusconi la revisione dell’ISEE era un modo per far cassa a discapito del sociale; con il governo Monti c’è stata una netta inversione di tendenza ed è uno dei risultati ai quali il Partito Democratico ha lavorato tenacemente”. Lo afferma Cecilia Carmassi, responsabile Politiche per la famiglia, Associazionismo e Terzo Settore, in merito ad alcune notizie comparse oggi sulla stampa riguardo alla riformulazione dell’ISEE, perché non si creino nuovo allarme e nuove tensioni.
Oggi, grazie alle modifiche introdotte nel decreto Salva Italia, la revisione dell’ISEE e quindi delle agevolazioni nell’accesso ai servizi, se anche comportasse un risparmio sarebbe un risparmio interamente investito di nuovo in servizi sociali, è bene dirlo con chiarezza è scritto a chiare lettere nella delega.
Qual è allora l’obiettivo della revisione dell’ISEE? L’indicatore di situazione economica equivalente è un modo per fare un peso ponderato tra persone che sono in situazioni lavorative, sociali ed economiche diverse.
La capacità di spesa non dipende, infatti, solo dal reddito da lavoro ed è evidente a tutti che l’ISEE applicata fino ad oggi non è riuscita a “pesare” in modo equilibrato condizioni familiari ed economiche diverse. Tutti abbiamo chiesto a gran voce che, anche in considerazione dell’alto tasso di elusione ed evasione fiscale, si potesse contare di più il patrimonio immobiliare, ma anche finanziario di cui possono usufruire le persone e che si prevedessero una serie di parametri per contenere le “furbizie” che tanti italiani hanno negli anni imparato a mettere in campo per usufruire di agevolazioni.
Il lavoro che ci aspettiamo dal governo è oggi quello di creare maggiore equità e giustizia nell’accesso ai servizi e ci sembra di poter dire che il sottosegretario Guerra si stia muovendo in questa direzione, non ci sembra invece che si possa applicare al sociale alcuna revisione di spesa: i fondi sociali sono stati azzerati dal governo Berlusconi-Tremonti-Sacconi, i disabili usufuiscono oggi solo di misure compensative per la carenza di servizi, quindi non c’è niente su cui far cassa, c’è solo da fare maggiore giustizia ed una politica di controlli che stani i furbetti e gli egoisti.

Welfare: Pd, revisione Isee? Non ci sono più margini sociali per nuovi tagli
“La revisione dell’Isee è un capitolo molto delicato, il Governo ascolti il parlamento e le parti sociali. Se occorre apportare delle modifiche, discutiamone ma nessuno può pensare che si possano praticare nuovi tagli al sistema di welfare. Non esistono più margini sociali in questo senso, anche perché i fondi statali e regionali che finanziavano i servizi sono stati azzerati. I trasferimenti monetari non sono equiparabili ad un reddito ma rappresentano un contributo sulle spese conseguenti alla condizione di invalidità totale: semmai, prendiamo in considerazione riduzioni su redditi derivanti da rendite milionarie o da pensioni d’oro”.
E’ quanto dichiara Margherita Miotto, capogruppo del Pd nella commissione Affari sociali di Montecitorio, in merito all’ipotesi di modifiche dell’indicatore della situazione economica nell’ambito di una riforma del welfare assistenziale e al rischio di nuovi tagli.

Welfare, giro di vite per i redditi più alti
Saranno riviste le modalità di calcolo dell’Indicatore della situazione economica (Isee). Si tratta di ridurre le prestazioni socio-assistenziali a chi è più ricco per aumentarle a chi ha di meno. Nel mirino del governo anche l’assegno di accompagnamento per gli invalidi
ROMA – Il governo è pronto a rivoluzionare il Welfare assistenziale italiano. La bozza del provvedimento è stata esaminata ieri in una riunione tra esponenti del ministero dell’Economia, del Welfare e dei sindacati, Cgil-Cisl-Uil. La riforma, che va a toccare uno dei punti più delicati del sistema di assistenza del nostro Paese, verrà attuata sulla base di una delega contenuta nel decreto Salva-Italia. La delega spiega che le finalità sono quelle di “razionalizzare” la spesa socio-assistenziale con lo scopo di ottenere risparmi da redistribuire alle fasce più deboli. In sostanza lo spirito è quello di ridurre le prestazioni a coloro che hanno maggiori redditi e patrimoni e aumentarle a coloro che si trovano in situazioni economicamente peggiori. Continua intanto il lavoro sulolo spending review: oggi il ministro per i Rapporti con il Parlamento Giarda incontra i commissario straordinario Enrico Bondi.
La bozza di decreto ministeriale per la riforma del Welfare assistenziale opera su due fronti. Il primo è quello di rivedere le modalità di calcolo dell’Isee, cioè l’Indicatore della situazione economica, che esiste dal 1998 e viene richiesto attualmente per accedere ad una serie di prestazioni di Welfare: asili nido, assistenza domiciliare, diritto allo studio universitario, libri di testo gratuiti, assegni di maternità, assegni per i nuclei familiari con almeno tre figli. Con tutta probabilità il calcolo dell’Isee, che oggi comprende oltre all’imponibile Irpef
anche il patrimonio mobiliare e immobiliare, sarà rivisto pesando maggiormente alcuni componenti: conteranno di più le rendite finanziarie, la casa sarà calcolata in base alle nuove pesanti rivalutazioni delle rendite catastali dell’Imu, inoltre all’interno del computo del nuovo Isee confluiranno anche altre entrate del nucleo familiare come le pensioni sociali e gli assegni familiari.
La seconda operazione, forse la più delicata, sarà quella di sottoporre ad una soglia di reddito Isee prestazioni che oggi sono di carattere universale e totalmente indipendenti dal reddito come gli assegni di accompagnamento per gli invalidi. In questo caso sarebbe emersa anche una cifra: sotto i 15 mila euro di reddito Isee gli assegni di invalidità resteranno intatti, sopra ci saranno delle riduzioni proporzionali al reddito. Naturalmente la questione è aperta, la discussione con i sindacati è aperta e non si aspettano forzature. Tuttavia questa sembra l’intenzione del governo.
Anche le prestazioni tradizionali alle quali si accede con l’Isee, come l’assegno per i nuclei familiari con almeno tre minori, gli assegni di maternità per madri prive di copertura assicurativa, l’erogazione delle borse di studio, la tariffa sociale dell’energia elettrica, cambieranno regime. Secondo le indiscrezioni emerse ieri ciascuna prestazione dovrebbe essere sottoposta ad una nuova soglia Isee che permetterà ad alcuni di continuare ad accedere gratuitamente al servizio ed altri invece a pagare una sorta di ticket.
La riforma, sulla quale dovranno pronunciarsi sindacati e presumibilmente anche le forze politiche, sembrerebbe in sintonia con la linea annunciata dal ministro per la Salute, Renato Balduzzi, che sta studiando la revisione dell’intero sistema dei ticket sanitari (medicinali, specialistica, pronto soccorso) ricorrendo ad un sistema di franchigie e conti individuali. L’obiettivo è comunque lo stesso, cioè di far pagare di più le prestazioni in relazione al reddito.
(Repubblica.it)

Fish a Guerra: “Non considerare redditi ai fini dell’Isee le pensioni degli invalidi”
La Federazione ribadisce al sottogretario la propria posizione. Ieri una prima consultazione sulla bozza di decreto relativa all’Isee. “Evitare che le famiglie con persone con disabilità siano trattate meno favorevolmente degli altri nuclei familiari”
ROMA – Non considerare “redditi” ai fini dell’Isee le provvidenze assistenziali, quali ad esempio pensioni e indennità per gli invalidi civili ed escluderne, comunque, l’applicazione per le prestazioni legate alla grave disabilità e ai percorsi di autonomia personale. E’ quanto ha ribadito con determinazione la Fish, Federazione italiana superamento handicap, al sottosegretario al Lavoro e politiche sociali Cecilia Guerra che ieri ha convocato l’organizzazione per una prima consultazione sulla bozza di decreto relativa all’Isee, di cui sono in corso le stesure preliminari. La cosiddetta manovra Monti, infatti (L. 214/2011), prevede la revisione dei criteri di calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente e degli ambiti di applicazione di questo strumento. Il nuovo decreto prenderà consistenza attorno alle indicazioni normative: ridefinizione dei redditi da computare, maggiore peso della componente patrimoniale, ma anche compensazioni che consentano una maggiore equità e selettività dello strumento. Si tratta di un intervento normativo che interessa milioni di famiglie italiane e condiziona il loro accesso a servizi e prestazioni sociali e ad agevolazioni di varia natura.
Per la Fish “anche l’impianto delle eventuali deduzioni forfettarie e per spese significative sostenute deve essere attentamente analizzato per evitare che le famiglie con persone con disabilità siano trattate meno favorevolmente degli altri nuclei familiari”. Più in generale la Federazione ha sottolineato come “questo intervento normativo abbia senso ed efficacia solo dopo una preliminare definizione dei livelli essenziali dell’assistenza, anche per evitare che si verifichino gravi disparità di trattamento nelle varie regioni e nei singoli Comuni”. Cecilia Guerra ha presentato le linee essenziali di intervento che riguarderanno principalmente i criteri di calcolo dell’Isee, mentre sarebbe rinviata ad un atto successivo l’indicazione delle prestazioni sulle quali l’indicatore dovrebbe applicarsi. Il sottosegretario ha rassicurato sull’attenzione e sull’interesse del ministero circa le osservazioni raccolte. (ep)
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Comunicato stampa della FISH
È scontro sull’ISEE
Oggi alcune testate (ad esempio Repubblica: “Welfare, giro di vite per i redditi più alti”, vedi sopra) presentano le ipotesi di riforma dell’indicatore della situazione economica che sarebbero emerse nel corso di incontri fra regioni e sindacati da una parte e Governo dall’altra. Per altro erroneamente viene riportata la presenza del Ministero dell’Economia, per ora formalmente assente dai tavoli di confronto, tenuti invece dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Cecilia Guerra.
Anche la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap è stata convocata (ieri, 14 maggio) dal Ministero su queste importanti questioni. Al momento sono oggetto di confronto solo i nuovi criteri e modalità di calcolo dell’ISEE, particolarmente complessi e delicati, e cioè la definizione di redditi, patrimonio e relative compensazioni.
Al contrario non è ancora sul tavolo l’altrettanto delicato aspetto della definizione di quali saranno le prestazioni e i servizi sui quali, a partire dal 2013, sarà obbligatoriamente applicato l’ISEE. Tanto meno è stata fissata alcuna soglia ISEE di riferimento.
Ciò significa che non è ancora stato stabilito se, ad esempio, alle pensioni e alle indennità per le persone con disabilità sarà applicato l’ISEE. Ad oggi l’indennità di accompagnamento, per la sua stessa natura indennitaria di servizi non resi, non è sottoposta a limiti reddituali. Le altre prestazioni (assegni e pensioni) sono invece condizionate dal reddito personale.
Secondo le indiscrezioni diffuse, al contrario, il Governo sarebbe pronto ad applicare, dal 2013, l’ISEE a tutte le prestazioni assistenziali, incluse quelle per i disabili anche gravi.
“La FISH ribadisce quanto ha sempre sostenuto e cioè la risoluta contrarietà a qualsiasi misura che possa privare le persone con disabilità di ciò che troppo spesso è l’unico sostegno ad una vita dignitosa – sottolinea Pietro Barbieri, presidente della FISH – Quindi, va esclusa con decisione l’applicazione dell’ISEE a quelle provvidenze economiche. Su questo siamo pronti ad ogni iniziativa di protesta civile ma rigorosa.”
La pubblicazione di tali “indiscrezioni” ha suscitato immediata e diffusa reazione nei social network e presso le segreterie delle associazioni, sollevando risentite proteste delle persone con disabilità, dei loro familiari e, in modo unanime, di tutto il movimento dell’impegno civile in questo ambito.

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"Così il contagio non si evita", di Paolo Guerrieri

L’Europa è di nuovo in serie difficoltà. La crisi rischia di aggravarsi e approfondire la recessione che si diffonde rapidamente, con una sola isola rappresentata per ora dalla Germania. Più che a Berlino, tuttavia, sarà ad Atene che si decideranno le sorti dell’area euro. L’uscita traumatica della
Grecia dall’euro può generare una sorta di effetto domino sulla Spagna e l’Italia, mandando in frantumi l’intera costruzione monetaria europea. Come tale andrebbe scongiurato, ma l’Europa non appare in condizioni di poterlo fare. È in questo clima che si è svolto il primo incontro tra Hollande e Merkel.
Come nelle attese, ha avuto natura eminentemente interlocutoria.
All’insegna del pragmatismo i due leader hanno teso a ribadire in toni pacati le loro posizioni, rinviando a futuri appuntamenti un confronto più puntuale.
Rilevanti differenze, com’è noto, caratterizzano oggi le posizioni dei due Paesi sull’area euro e sul suo futuro. Il governo conservatore tedesco è convinto che la soluzione debba venire dagli stessi Paesi più indebitati, i soli responsabili, con i loro eccessi, della crisi scoppiata ormai da più di due anni. Anche per i tedeschi la crescita è importante, ma solo in quanto risultato dei programmi di austerità e dell’attuazione di riforme di struttura in tema di lavoro, previdenza, settore pubblico, welfare.
Nella sua campagna elettorale Hollande ha criticato apertamente
queste posizioni. Ma non per sconfessare – come sostengono alcuni –
l’esigenza del rigore e delle riforme strutturali nei singoli Paesi, quanto per denunciare che consolidamento fiscale e riforme risulteranno praticabili e utili solo se verranno spese risorse per l’utilizzo della capacità produttiva esistente. Nelle attuali condizioni di elevata disoccupazione, impianti produttivi sottoutilizzati o abbandonati, redditi medi declinanti le economie europee hanno un disperato bisogno di stimoli che siano in grado di sostenere la domanda aggregata. Il rilancio della crescita richiede al tempo stesso un supporto alla domanda e una necessaria ristrutturazione dell’offerta.
Di qui le due principali strade indicate dal presidente francese. In primo luogo una ripartizione più simmetrica – e quindi con effetti meno deflazionistici – degli oneri di aggiustamento tra Paesi in deficit e quelli in surplus (Germania). In secondo luogo un consistente pacchetto di investimenti europei in infrastrutture (materiali e immateriali) e settori a rete, da individuare come nuovi futuri motori della crescita europea e da finanziare sia attraverso il bilancio comunitario, nel nuovo quadro finanziario
pluriennale, sia attraverso la Banca europea per gli investimenti (Bei) e sia, soprattutto, con project bond. Il tutto in un quadro di rinnovata stabilità finanziaria, che solo un sistema unificato a livello europeo di supervisione bancaria e garanzia-assicurazione dei depositi sarà in grado di assicurare. Sono tesi largamente condivise oggi in Europa, e anche al di fuori (si
veda la telefonata tra Monti e Obama), ma che si differenziano e
non poco dalle attuali posizioni del overno tedesco. Non al punto tuttavia – come affermano alcuni – da rendere impossibile ogni futuro accordo di qualche spessore. Una mediazione è in realtà possibile, perché conviene oggi anche ad Angela Merkel, sempre più in difficoltà. A differenza degli Stati Uniti e del resto dei Paesi emergenti, l’Europa è l’unica area nel mondo che negli ultimi mesi ha cessato di crescere ed è entrata in recessione,
con ben poche speranze di uscirne nel futuro più immediato. Né il problema dell’eccesso di debiti di molti Paesi
sembra avviato a soluzione.
Un compromesso è pertanto ipotizzabile e potrebbe essere realizzato in una serie di tappe successive. Ma ovviamente richiederà tempi non brevi, anche tenuto conto delle elezioni parlamentari in Francia e dell’importanza di ottenere una nuova favorevole maggioranza per il presidente Hollande. Ora il problema è come conciliare questi tempi, per quanto necessari, con i drammatici eventi che stanno caratterizzando in questi giorni la Grecia. La maggior parte dei sondaggi elettorali fin qui pubblicati mostrano come nella replica delle elezioni che si svolgeranno a metà giugno Syriza sia nettamente favorito. Una sua vittoria rischierebbe di portare rapidamente al default la Grecia e renderne inevitabile una uscita traumatica dall’euro. Le conseguenze sarebbero devastanti per la Grecia innanzitutto e per gli effetti di contagio che ne conseguirebbero per la stessa sopravvivenza dell’area euro. È inutile illudersi. Ieri al termine dell’incontro bilaterale, i leader dei due Paesi «pilastri» della Ue hanno ribadito che «Atene deve restare nell’area della moneta unica». Belle dichiarazioni ma che servono a poco. L’Europa deve
muoversi con rapidità nelle prossime settimane e con fatti tangibili. Non certo per sconfessare le politiche di aggiustamento richieste, ma per accompagnarle con un sostanzioso pacchetto di investimenti e misure per la crescita e stabilizzazione dell’economia della Grecia e dei suoi cittadini. È il solo modo per cercare di modificare l’esito scontato della drammatica crisi in corso. Sarà dunque Atene a mettere alla prova – e molto prima di quanto si pensasse – il nuovo asse franco-tedesco.

l’Unità 17.05.12

Europa: intesa PD-SPD per rilancio sviluppo e integrazione

Incontro tra il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il capogruppo della Spd Frank-Walter Steinmeier. “Lavoreremo insieme con Spd e Ps per rilanciare l’integrazione europea e sostenere lo sviluppo e il lavoro”. Lo ha dichiarato il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, al termine di un incontro con il capogruppo della Spd, Frank-Walter Steinmeier, in visita in Italia in questi giorni.

Nel corso del confronto Pd-Spd, al quale hanno partecipato Lapo Pistelli, Massimo D’Alema, Stefano Fassina, Giacomo Filibeck, Bersani e Steinmeier hanno affrontato la drammatica situazione della Grecia e i rischi che sta correndo tutta l’area dell’euro.
I due leader progressisti hanno convenuto che la Grecia debba assolutamente restare nell’area dell’euro e, richiamando anche il documento di Parigi, hanno concordato sull’esigenza di prendere alcune iniziative, sia a livello europeo, sia nei rispettivi parlamenti, per rilanciare lo sviluppo.

Tra i provvedimenti discussi oggi nel corso dell’incontro vi sono l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, l’adozione di strumenti di mutualizzazione del debito pubblico dei paesi euro sul modello redemption fund, l’introduzione dei project bond e una consistente ricapitalizzazione della Bei.

Bersani e Steinmeier si sono lasciati con l’impegno reciproco di condurre nei propri Parlamenti una battaglia su queste linee di intervento e di mantenere uno stretto contatto tra Pd, Spd e Ps francese. Il prossimo appuntamento sarà la riunione dei leader progressisti europei che si terrà mercoledì 23 maggio a Bruxelles in occasione del vertice straordinario dell’Unione europea.

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"Nuove classi di concorso. Tutto da rifare in sei mesi", di Alessandro Giuliani

Il Miur ha consegnato la nuova bozza ai sindacati. Tre le novità principali: dimezzamento del numero (diventeranno poco più di 80) e l’introduzione di una serie di “sottocodici” che serviranno a traghettare il passaggio dei raggruppamenti con molte discipline. Per il sostegno rimarranno tre gruppi: uno per ogni livello scolastico. Sui tempi l’amministrazione è ottimista: in autunno approvazione definitiva. Tutto da rifare. Il passaggio dalle vecchie alle nuove classi di concorso non ha più nulla a che vedere con la prima bozza, che dopo un avvio in “pompa magna” nell’estate del 2009 si è man mano persa tra le contestazioni. Nell’ultimo incontro con i sindacati, tenuto il 15 maggio, il Miur ha presentato una nuova riorganizzazione. I cui punti salienti sono rappresentati da un sostanziale dimezzamento del numero (dalle attuali 174 le classi di concorso passeranno a poco più di 80, comprendenti anche le nuove riguardanti gli insegnamenti nei licei musicali e coreutici) e dall’introduzione di una serie di “sottocodici”. Questi saranno utilizzati per calmierare il passaggio dal vecchio al nuovo assetto, in particolare su quei raggruppamenti su cui il Ministero ha deciso di far confluire un ampio numero di discipline.
“La soluzione con classi e sottoclassi – ha spiegato lo Snals, una cui delegazione era presente al confronto con l’amministrazione – comporta: per il personale di ruolo la possibilità di mobilità tra sottoclassi e sono previste specifiche forme di tutela a copertura di situazioni di titolarità derivanti da vecchie sperimentazioni, tipico esempio i titolari della ex A050 nei licei tecnologici; per il personale incluso nelle graduatorie ad esaurimento si opererà analogamente sia per una nomina a ITI sia per una a ITD”.
Sempre i rappresentanti del sindacato guidato da Marco Paoli Nigi, hanno spiegato che il Miur ha intenzione di dare “la possibilità, per chi è in possesso di abilitazione, sia di ruolo o meno, di poter ampliare l’abilitazione in suo possesso con l’acquisizione di crediti formativi universitari, al fine di arrivare ad acquisire una “abilitazione piena” valida per l’intero codice”. Ma anche “per chi è in possesso di abilitazione per una sottoclasse, di poter partecipare, per futuri concorsi ordinari, per la nuova intera classe, anche senza integrare il percorso formativo in suo possesso”.
Tra le novità più importanti figura pure la ripartizione dell’insegnamento di sostegno su tre sole classi di concorso: la prima riguardante la scuola primaria, la seconda inerente esclusivamente la secondaria di primo grado e la terza relativa alla secondaria di secondo grado. In quest’ultimo caso, alle superiori, non sembrerebbero essere più presenti le suddivisioni per aree (come richiesto da tempo da più parti e a iniziare da molti degli stessi specializzati).
Stavolta, memore di quello che accaduto negli ultimi tre anni, il Miur ha intenzione di realizzare un’approvazione sprint: entro giugno si concluderà il confronto coi sindacati, da cui il Miur intende raccogliere e attuare i rilievi ritenuti idonei (il prossimo appuntamento, durante il quale verranno recepiti i punti critici dei rappresentanti dei lavoratori, è previsto per giovedì 31 maggio); prima della pausa estiva il ministro Profumo conta di presentare la versione finale al Consiglio dei ministri, per l’obbligatoria approvazione in prima lettura; poi sarà necessario acquisire il parere delle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato, CNPI, Conferenza Stato Regioni e Consiglio di Stato. Tutte operazioni che l’amministrazione conta (ottimisticamente!) di portare a termine entro il prossimo autunno. In modo da utilizzare le nuove classi di concorso già in occasione dell’annunciato ritorno al maxi-concorso pubblico per accedere direttamente alla docenza. Successivamente per l’avvio della seconda tornata dei Tfa, poi per la mobilità e le assegnazioni dell’anno scolastico 2013/14.

da La Tecnica della Scuola 17.05.12