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“I tecno-giacobini che invocano l’interesse generale”, di Michele Prospero

È stato un politologo americano, Robert Dahl, a riflettere molto su due concetti, quello di responsabilità (accountability) e di risposta (responsive), che per lui sono gli indicatori migliori della qualità di una democrazia. Un partito o una istituzione che si mostra responsabile e congruente, ossia capace di dare risposta alle preferenze collettive, è un trasparente segnale di un buon rendimento della democrazia. E invece no. In Italia un partito responsabile e “responsivo” rispetto alle preferenze della sua base sociale, sensibile cioè alle grandi inquietudini del suo elettorato dinanzi a una scelta inattesa e inopinata, diventa l’emblema di un becero conservatorismo (così il Pd appare a Giovanni Sabbatucci sul Messaggero), incapace di mettere a tacere umori regressivi e di innovare il mercato del lavoro strappando il nesso con vetusti richiami identitari. Certi commentatori, che ancora hanno fresco l’inchiostro indelebile con la parola «casta» ben impressa, ora urlano contro il Pd perché si è buttato in «un vicolo cieco» (così la Stampa) pur di seguire le bizze della base molto arrabbiata. Insomma: esiste la casta o no? Taluni organi, che inveiscono in maniera professionale contro la casta, descritta come un ottuso e omologato ceto dominante insensibile alle voci disarmate dei cittadini, ora aggrediscono il Pd perché appare schiavo dell’opinione pubblica in subbuglio. Ma per certuni i lavoratori non sono cittadini e comunque non creano opinione. Molti giornali della gazzarra anticasta in realtà vorrebbero che l’intera classe politica si comportasse davvero come una sola voce e come una casta con una identica volontà. Per difendere interessi che stanno molto a cuore dei loro editori, la casta non è più un tabù, tutti i politici anzi devono stringersi in una casta coesa, pronta a votare a favore dell’interesse generale (dell’impresa) e scacciare gli intollerabili interessi particolari (dei lavoratori). Se la prendono con la casta solo perché, purtroppo per loro, non esiste e anzi certi partiti che osano ribellarsi all’idea di «monetizzare il lavoro» sono marchiati come dei biechi soggetti antimoderni. I giornali come il Corriere della sera, che esultano alla bellezza – persino dal punto di vista strettamente estetico – di un governo che decide di «verbalizzare e non più di concertare», vorrebbero che la società disperdesse ogni voce critica e obbedisse alla ricetta del tecnico che per definizione ha sempre la verità in tasca. Il governo rompe la coesione. Bene, è nel suo potere. Ma perché lamentarsi poi se le forze colpite dalle decisioni si organizzano e danno battaglia? È troppo facile decidere ignorando gli impegni, e scherzare persino contro una malintesa «consociazione», e poi piagnucolare se, quando le reti della trattativa sono state spezzate, ognuno dei soggetti in campo si sente libero di rispondere come meglio crede alla tutela dei propri rappresentati. In democrazia non c’è un organo, un partito, un potere che in quanto tale sia l’interprete autorizzato dell’interesse generale e dal suo pulpito può giudicare gli altri interessi che osano mobilitarsi come di per sé inferiori, eccentrici e ostili al bene pubblico. La democrazia liberale è per definizione il conflitto tra interessi (particolari) che si contendono con il voto il potere di legiferare. Ciascuno dei competitori è una parte, e non può dire di essere l’interesse generale. Dopo che sono state accumulate montagne di parole contro i giacobini e la loro vituperata idea di volontà generale, ora prevale un inedito giacobinismo tecnico-padronale che dichiara di legiferare non in nome di interessi più forti di altri, ma in nome del vero e unico interesse generale. Jacob Talmon chiamava questa abitudine mentale democrazia totalitaria. Solo in una prospettiva totalitaria infatti chi governa è il generale e chi si oppone a una norma che lo danneggia è bollato come il deteriore seguace del particolare che fa ombra al bene comune. Se si intende buttare a mare la concertazione, se si giudica di per sé antimoderna la coesione sociale, poi non bisogna rompere le scatole a chi già prenota la piazza. Nessuno, neanche il custode della tecnica ha il potere di chiedere la resa incondizionata all’interesse sociale soccombente in una nuova legge. Troppo comodo pavoneggiarsi per aver spezzato con intrepido coraggio le reni del consociativismo e poi stizzirsi se la piazza torna a riempirsi e qualcuno annuncia barricate. Recuperare la coesione, riprendere i fili della concertazione è ancora possibile. In un vicolo cieco non c’è il Pd, ma solo chi pretende di decidere sfregiando il legame sociale e poi cammina tra le macerie.

L’Unià 23.03.12

"Il dialogo possibile", di Guglielmo Epifani

Mentre la scelta del governo di non cercare l’accordo sul mercato del lavoro è destinata ad assumere il profilo di una decisione tutta politica che rischia di dividere il Paese e mandare in frantumi la coesione sociale, la giunta di Confindustria, sia pure con un ristretto voto di margine, ha designato Giorgio Squinzi a prossimo presidente. Squinzi per storia e caratteristiche è un uomo di dialogo e attento a preservare l’autonomia delle relazioni industriali. Mentre Alberto Bombassei, lo voglia ammettere o meno, è stato l’uomo delle divisioni e degli accordi separati, sia tra i metalmeccanici sia tra le confederazioni. Bisognerà naturalmente attendere il presidente designato alla prova del programma e della squadra di governo ma la novità c’è ed è forte anche in ragione degli schieramenti interni al sistema imprenditoriale che si erano coalizzati in favore del proprietario della Brembo, compreso un forte ed esteso apparato mediatico di supporto. Proprio questo mette in luce la vera differenza tra i disegni che sostenevano le due candidature. Da un lato chi puntava a fare svolgere un ruolo più politico a Confindustria con un intervento diretto nelle vicende politiche del Paese, magari fiancheggiando ambizioni e progetti che sappiamo essere in campo. Dall’altro chi intendeva riportare il ruolo dell’associazione entro ambiti più autonomi dalla dialettica politica e più attenti a ricreare le condizioni attraverso il dialogo e il confronto tra tutte le parti. Insomma a un ruolo propositivo delle forze della rappresentanza sociale. In questo senso la vittoria di Squinzi favorisce un’idea più ordinaria e ordinata dei ruoli, dei poteri e delle funzioni della rappresentanza degli interessi sia verso le istituzioni sia verso la politica, restituendo a ognuno il ruolo che gli è proprio. Anche sui temi di merito sindacale le due candidature non sono e non erano uguali. Colpisce il coraggio che Giorgio Squinzi ha avuto, nel corso di una campagna elettorale difficile, quando ha affermato che l’articolo 18 rappresentava l’ultimo dei problemi per la vita e la competitività delle imprese italiane a fronte di un orientamento diverso assunto dalla stessa Emma Marcegaglia in tutta la fase della trattativa con governo e sindacati. Ha tutto il suo peso in questa posizione l’esperienza che nel settore dei chimici ha plasmato cultura, atteggiamenti ed accordi maturati in decenni di buone pratiche sindacali. E che oggi si potranno ritrovare nella cultura di chi sarà chiamato a guidare Confindustria nei prossimi quattro anni. È presto dire come questo si rifletterà concretamente nelle scelte che andranno fatte: contratti in scadenza, gestione degli effetti dei provvedimenti presi soprattutto sul mercato del lavoro e dell’età di pensionamento, crisi settoriali e aziendali, il Mezzogiorno, la politica industriale. E insieme il problema di un accordo generale sui contratti che non porta la firma e la condivisione della Cgil. La stessa situazione della Fiat, con la vittoria di Squinzi, richiederà da parte di Marchionne una valutazione più ponderata e speriamo inedita. Ma non c’è dubbio che si può pensare a un clima che riprovi a costruire regole condivise e assetti di relazioni più stabili con i tempi e le gradualità necessari. Il modello tedesco, se preso per intero nel Paese che mantiene la seconda manifattura europea, ci dice dove si può arrivare ed anche la distanza che bisogna saper colmare.

L’Unià 23.03.12

“Il dialogo possibile”, di Guglielmo Epifani

Mentre la scelta del governo di non cercare l’accordo sul mercato del lavoro è destinata ad assumere il profilo di una decisione tutta politica che rischia di dividere il Paese e mandare in frantumi la coesione sociale, la giunta di Confindustria, sia pure con un ristretto voto di margine, ha designato Giorgio Squinzi a prossimo presidente. Squinzi per storia e caratteristiche è un uomo di dialogo e attento a preservare l’autonomia delle relazioni industriali. Mentre Alberto Bombassei, lo voglia ammettere o meno, è stato l’uomo delle divisioni e degli accordi separati, sia tra i metalmeccanici sia tra le confederazioni. Bisognerà naturalmente attendere il presidente designato alla prova del programma e della squadra di governo ma la novità c’è ed è forte anche in ragione degli schieramenti interni al sistema imprenditoriale che si erano coalizzati in favore del proprietario della Brembo, compreso un forte ed esteso apparato mediatico di supporto. Proprio questo mette in luce la vera differenza tra i disegni che sostenevano le due candidature. Da un lato chi puntava a fare svolgere un ruolo più politico a Confindustria con un intervento diretto nelle vicende politiche del Paese, magari fiancheggiando ambizioni e progetti che sappiamo essere in campo. Dall’altro chi intendeva riportare il ruolo dell’associazione entro ambiti più autonomi dalla dialettica politica e più attenti a ricreare le condizioni attraverso il dialogo e il confronto tra tutte le parti. Insomma a un ruolo propositivo delle forze della rappresentanza sociale. In questo senso la vittoria di Squinzi favorisce un’idea più ordinaria e ordinata dei ruoli, dei poteri e delle funzioni della rappresentanza degli interessi sia verso le istituzioni sia verso la politica, restituendo a ognuno il ruolo che gli è proprio. Anche sui temi di merito sindacale le due candidature non sono e non erano uguali. Colpisce il coraggio che Giorgio Squinzi ha avuto, nel corso di una campagna elettorale difficile, quando ha affermato che l’articolo 18 rappresentava l’ultimo dei problemi per la vita e la competitività delle imprese italiane a fronte di un orientamento diverso assunto dalla stessa Emma Marcegaglia in tutta la fase della trattativa con governo e sindacati. Ha tutto il suo peso in questa posizione l’esperienza che nel settore dei chimici ha plasmato cultura, atteggiamenti ed accordi maturati in decenni di buone pratiche sindacali. E che oggi si potranno ritrovare nella cultura di chi sarà chiamato a guidare Confindustria nei prossimi quattro anni. È presto dire come questo si rifletterà concretamente nelle scelte che andranno fatte: contratti in scadenza, gestione degli effetti dei provvedimenti presi soprattutto sul mercato del lavoro e dell’età di pensionamento, crisi settoriali e aziendali, il Mezzogiorno, la politica industriale. E insieme il problema di un accordo generale sui contratti che non porta la firma e la condivisione della Cgil. La stessa situazione della Fiat, con la vittoria di Squinzi, richiederà da parte di Marchionne una valutazione più ponderata e speriamo inedita. Ma non c’è dubbio che si può pensare a un clima che riprovi a costruire regole condivise e assetti di relazioni più stabili con i tempi e le gradualità necessari. Il modello tedesco, se preso per intero nel Paese che mantiene la seconda manifattura europea, ci dice dove si può arrivare ed anche la distanza che bisogna saper colmare.

L’Unià 23.03.12

“Il dialogo possibile”, di Guglielmo Epifani

Mentre la scelta del governo di non cercare l’accordo sul mercato del lavoro è destinata ad assumere il profilo di una decisione tutta politica che rischia di dividere il Paese e mandare in frantumi la coesione sociale, la giunta di Confindustria, sia pure con un ristretto voto di margine, ha designato Giorgio Squinzi a prossimo presidente. Squinzi per storia e caratteristiche è un uomo di dialogo e attento a preservare l’autonomia delle relazioni industriali. Mentre Alberto Bombassei, lo voglia ammettere o meno, è stato l’uomo delle divisioni e degli accordi separati, sia tra i metalmeccanici sia tra le confederazioni. Bisognerà naturalmente attendere il presidente designato alla prova del programma e della squadra di governo ma la novità c’è ed è forte anche in ragione degli schieramenti interni al sistema imprenditoriale che si erano coalizzati in favore del proprietario della Brembo, compreso un forte ed esteso apparato mediatico di supporto. Proprio questo mette in luce la vera differenza tra i disegni che sostenevano le due candidature. Da un lato chi puntava a fare svolgere un ruolo più politico a Confindustria con un intervento diretto nelle vicende politiche del Paese, magari fiancheggiando ambizioni e progetti che sappiamo essere in campo. Dall’altro chi intendeva riportare il ruolo dell’associazione entro ambiti più autonomi dalla dialettica politica e più attenti a ricreare le condizioni attraverso il dialogo e il confronto tra tutte le parti. Insomma a un ruolo propositivo delle forze della rappresentanza sociale. In questo senso la vittoria di Squinzi favorisce un’idea più ordinaria e ordinata dei ruoli, dei poteri e delle funzioni della rappresentanza degli interessi sia verso le istituzioni sia verso la politica, restituendo a ognuno il ruolo che gli è proprio. Anche sui temi di merito sindacale le due candidature non sono e non erano uguali. Colpisce il coraggio che Giorgio Squinzi ha avuto, nel corso di una campagna elettorale difficile, quando ha affermato che l’articolo 18 rappresentava l’ultimo dei problemi per la vita e la competitività delle imprese italiane a fronte di un orientamento diverso assunto dalla stessa Emma Marcegaglia in tutta la fase della trattativa con governo e sindacati. Ha tutto il suo peso in questa posizione l’esperienza che nel settore dei chimici ha plasmato cultura, atteggiamenti ed accordi maturati in decenni di buone pratiche sindacali. E che oggi si potranno ritrovare nella cultura di chi sarà chiamato a guidare Confindustria nei prossimi quattro anni. È presto dire come questo si rifletterà concretamente nelle scelte che andranno fatte: contratti in scadenza, gestione degli effetti dei provvedimenti presi soprattutto sul mercato del lavoro e dell’età di pensionamento, crisi settoriali e aziendali, il Mezzogiorno, la politica industriale. E insieme il problema di un accordo generale sui contratti che non porta la firma e la condivisione della Cgil. La stessa situazione della Fiat, con la vittoria di Squinzi, richiederà da parte di Marchionne una valutazione più ponderata e speriamo inedita. Ma non c’è dubbio che si può pensare a un clima che riprovi a costruire regole condivise e assetti di relazioni più stabili con i tempi e le gradualità necessari. Il modello tedesco, se preso per intero nel Paese che mantiene la seconda manifattura europea, ci dice dove si può arrivare ed anche la distanza che bisogna saper colmare.

L’Unià 23.03.12

"Maturità, addio buste il tema arriva online", di Salvo Intravaia

A giugno le buste contenenti le prove della maturità lasceranno il posto al “plico telematico”. Per il nostro Paese si tratta di una rivoluzione. Per la prima volta in Italia il ministero dell´Istruzione proverà la “trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato”. E tutta la “cerimonia” sui plichi della maturità rappresenterà un semplice ricordo. Niente più code nei “provveditorati” – che adesso si chiamano Ambiti territoriali – di sabato e domenica per la consegna ai presidi, o ai loro delegati, dei plichi provenienti da Roma con le prove. Niente più trasferimento in cassaforte, a scuola stessa, o alla più vicina caserma dei carabinieri o posto di polizia per evitare guai. E niente più agenti a scuola con le prove della maturità la mattina degli esami.
Il 20 e 21 giugno prossimi, il tema di Italiano, la versione di greco al classico e il compito di matematica allo scientifico saranno inviate via internet alle scuole. Stesso discorso per tutte le altre prove scritte. La circolare riservata ai dirigenti scolastici dello scorso 20 marzo parla chiaro. «Nell´ambito delle iniziative che questo ministero sta portando avanti per semplificare e modernizzare gli adempimenti scolastici è attivato il progetto denominato “plico telematico”. Il progetto, che sarà operativo sin dalla sessione ordinaria degli esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione secondaria – prosegue la nota – prevede la trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte».
Una operazione delicata che coinvolge 14 mila commissioni esaminatrici operanti in oltre 3 mila istituti superiori che, almeno per quest´anno, sarà accompagnata da adeguate “misure cautelative e alternative per garantire in ogni caso il regolare svolgimento degli esami”. Per aggirare i pirati informatici e gli hacker, sempre in agguato, il ministero ha messo in campo misure da agente segreto. «Ciascuna traccia non sarà consegnata manualmente alla sede d´esame in busta sigillata», com´è avvenuto finora. «Bensì sarà criptata ed inviata telematicamente a ciascuna istituzione scolastica, che provvederà a riprodurre il testo nella quantità necessaria». «I testi – spiega la nota – rimarranno segreti e adeguatamente protetti da ogni tentativo di accesso fino all´ora in cui inizierà, in tutto il territorio nazionale, lo svolgimento della prima e della seconda prova».
Ogni scuola dovrà mettere a disposizione un computer, una stampante e un addetto che segua la nuova procedura e supporti le commissioni esaminatrici. Il risparmio che verrà realizzato sarà notevole: le 14 mila commissioni ricevono ogni anno un plico contenente due buste di materiale plastificato a prova di raggi X. Inoltre, lo Stato risparmierà l´invio sotto scorta dei plichi in questione in tutti i provveditorati italiani e le forze dell´ordine saranno sgravate da quel compito.
Resta il dubbio e il timore che tra i giovani alle prese con saggi brevi e articoli di giornale, teoremi e versioni di Greco possa nascondersi un novello Assange che si intrufoli nel cervellone del ministero per carpire i segreti della prossima maturità. Ma viale Trastevere ci va con i piedi di piombo. Sarà una ordinanza di prossima emanazione a fornire tutti i dettagli dell´operazione.

La Repubblica 23.03.12

“Maturità, addio buste il tema arriva online”, di Salvo Intravaia

A giugno le buste contenenti le prove della maturità lasceranno il posto al “plico telematico”. Per il nostro Paese si tratta di una rivoluzione. Per la prima volta in Italia il ministero dell´Istruzione proverà la “trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato”. E tutta la “cerimonia” sui plichi della maturità rappresenterà un semplice ricordo. Niente più code nei “provveditorati” – che adesso si chiamano Ambiti territoriali – di sabato e domenica per la consegna ai presidi, o ai loro delegati, dei plichi provenienti da Roma con le prove. Niente più trasferimento in cassaforte, a scuola stessa, o alla più vicina caserma dei carabinieri o posto di polizia per evitare guai. E niente più agenti a scuola con le prove della maturità la mattina degli esami.
Il 20 e 21 giugno prossimi, il tema di Italiano, la versione di greco al classico e il compito di matematica allo scientifico saranno inviate via internet alle scuole. Stesso discorso per tutte le altre prove scritte. La circolare riservata ai dirigenti scolastici dello scorso 20 marzo parla chiaro. «Nell´ambito delle iniziative che questo ministero sta portando avanti per semplificare e modernizzare gli adempimenti scolastici è attivato il progetto denominato “plico telematico”. Il progetto, che sarà operativo sin dalla sessione ordinaria degli esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione secondaria – prosegue la nota – prevede la trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte».
Una operazione delicata che coinvolge 14 mila commissioni esaminatrici operanti in oltre 3 mila istituti superiori che, almeno per quest´anno, sarà accompagnata da adeguate “misure cautelative e alternative per garantire in ogni caso il regolare svolgimento degli esami”. Per aggirare i pirati informatici e gli hacker, sempre in agguato, il ministero ha messo in campo misure da agente segreto. «Ciascuna traccia non sarà consegnata manualmente alla sede d´esame in busta sigillata», com´è avvenuto finora. «Bensì sarà criptata ed inviata telematicamente a ciascuna istituzione scolastica, che provvederà a riprodurre il testo nella quantità necessaria». «I testi – spiega la nota – rimarranno segreti e adeguatamente protetti da ogni tentativo di accesso fino all´ora in cui inizierà, in tutto il territorio nazionale, lo svolgimento della prima e della seconda prova».
Ogni scuola dovrà mettere a disposizione un computer, una stampante e un addetto che segua la nuova procedura e supporti le commissioni esaminatrici. Il risparmio che verrà realizzato sarà notevole: le 14 mila commissioni ricevono ogni anno un plico contenente due buste di materiale plastificato a prova di raggi X. Inoltre, lo Stato risparmierà l´invio sotto scorta dei plichi in questione in tutti i provveditorati italiani e le forze dell´ordine saranno sgravate da quel compito.
Resta il dubbio e il timore che tra i giovani alle prese con saggi brevi e articoli di giornale, teoremi e versioni di Greco possa nascondersi un novello Assange che si intrufoli nel cervellone del ministero per carpire i segreti della prossima maturità. Ma viale Trastevere ci va con i piedi di piombo. Sarà una ordinanza di prossima emanazione a fornire tutti i dettagli dell´operazione.

La Repubblica 23.03.12

“Maturità, addio buste il tema arriva online”, di Salvo Intravaia

A giugno le buste contenenti le prove della maturità lasceranno il posto al “plico telematico”. Per il nostro Paese si tratta di una rivoluzione. Per la prima volta in Italia il ministero dell´Istruzione proverà la “trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte degli esami di Stato”. E tutta la “cerimonia” sui plichi della maturità rappresenterà un semplice ricordo. Niente più code nei “provveditorati” – che adesso si chiamano Ambiti territoriali – di sabato e domenica per la consegna ai presidi, o ai loro delegati, dei plichi provenienti da Roma con le prove. Niente più trasferimento in cassaforte, a scuola stessa, o alla più vicina caserma dei carabinieri o posto di polizia per evitare guai. E niente più agenti a scuola con le prove della maturità la mattina degli esami.
Il 20 e 21 giugno prossimi, il tema di Italiano, la versione di greco al classico e il compito di matematica allo scientifico saranno inviate via internet alle scuole. Stesso discorso per tutte le altre prove scritte. La circolare riservata ai dirigenti scolastici dello scorso 20 marzo parla chiaro. «Nell´ambito delle iniziative che questo ministero sta portando avanti per semplificare e modernizzare gli adempimenti scolastici è attivato il progetto denominato “plico telematico”. Il progetto, che sarà operativo sin dalla sessione ordinaria degli esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione secondaria – prosegue la nota – prevede la trasmissione telematica delle tracce delle prove scritte».
Una operazione delicata che coinvolge 14 mila commissioni esaminatrici operanti in oltre 3 mila istituti superiori che, almeno per quest´anno, sarà accompagnata da adeguate “misure cautelative e alternative per garantire in ogni caso il regolare svolgimento degli esami”. Per aggirare i pirati informatici e gli hacker, sempre in agguato, il ministero ha messo in campo misure da agente segreto. «Ciascuna traccia non sarà consegnata manualmente alla sede d´esame in busta sigillata», com´è avvenuto finora. «Bensì sarà criptata ed inviata telematicamente a ciascuna istituzione scolastica, che provvederà a riprodurre il testo nella quantità necessaria». «I testi – spiega la nota – rimarranno segreti e adeguatamente protetti da ogni tentativo di accesso fino all´ora in cui inizierà, in tutto il territorio nazionale, lo svolgimento della prima e della seconda prova».
Ogni scuola dovrà mettere a disposizione un computer, una stampante e un addetto che segua la nuova procedura e supporti le commissioni esaminatrici. Il risparmio che verrà realizzato sarà notevole: le 14 mila commissioni ricevono ogni anno un plico contenente due buste di materiale plastificato a prova di raggi X. Inoltre, lo Stato risparmierà l´invio sotto scorta dei plichi in questione in tutti i provveditorati italiani e le forze dell´ordine saranno sgravate da quel compito.
Resta il dubbio e il timore che tra i giovani alle prese con saggi brevi e articoli di giornale, teoremi e versioni di Greco possa nascondersi un novello Assange che si intrufoli nel cervellone del ministero per carpire i segreti della prossima maturità. Ma viale Trastevere ci va con i piedi di piombo. Sarà una ordinanza di prossima emanazione a fornire tutti i dettagli dell´operazione.

La Repubblica 23.03.12