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"Silvio salvato dalla concussione? Non metteremo a rischio i processi", di Liana Milella

La Pd Donatella Ferranti, autrice dell´emendamento contestato dai pm di Milano: “Niente favori al Cavaliere”. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, da Fli e Idv proposte simili E la pensa così anche Piercamillo Davigo

ROMA – Aiutare Berlusconi? «Chi lo dice s´è scordato che per tre anni ho fatto migliaia di emendamenti per smontare le sue leggi ad personam, figurarsi se ora contribuisco a farne una per lui». Reagisce così Donatella Ferranti, il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, quando le chiediamo se ha scritto una legge che “salva Silvio” dal caso Ruby.
Passa per le sue mani questo inciucio?
«Non solo non passa per le mie mani, ma non c´è stato alcun inciucio. Io e il Pd respingiamo un simile sospetto».
Un momento. È vero o no che lei ha presentato il 25 gennaio una legge che cancella la concussione, giusto il reato di cui è imputato Berlusconi a Milano?
«Gli atti vanno letti tutti quanti e la cronologia va rispettata prima di stravolgere il significato di una proposta e di trarne conclusioni che non sono corrette».
E quale sarebbe questa cronologia?
«La mia prima proposta di legge contro la corruzione è stata presentata il 10 novembre 2010. Essa riproduce quella di Anna Finocchiaro al Senato dell´11 maggio 2010. Berlusconi telefona in questura per Ruby il 30 ottobre, ma se ne ha notizia solo nella primavera successiva quando gli atti arrivano alla Camera. Già i tempi smentiscono che la norma per riscrivere la concussione sia stata fatta a misura per l´ex premier».
Ma lei vuole cancellare la concussione?
«Assolutamente no. Gli stessi fatti che vengono puniti oggi con quel reato sono stati trasferiti per un verso nell´estorsione, anche aggravata e punita fino a 20 anni, quando c´è una violenza o una minaccia anche implicita del pubblico ufficiale nei confronti della vittima. La concussione per induzione rientrerà pari pari in una forma di corruzione. In più abbiamo voluto punire, con l´abuso di funzioni punito fino a 5 anni, i comportamenti di chi mette la funzione pubblica al servizio di interessi illeciti».
A Milano tuttavia la procura è in allarme. Questa sua tripartizione danneggia il processo Ruby?
«La giudico una preoccupazione eccessiva. Nel nostro progetto di legge non solo sono state aumentate le pene nei massimi e nei minimi, ma soprattutto viene raddoppiata la prescrizione».
Che succede al Cavaliere?
«Premesso che non sono io il giudice del processo, vedo però che se lui oggi è imputato di concussione, domani potrebbe esserlo o per corruzione o per estorsione. Nel primo caso rischia fino a otto anni, nel secondo fino a venti, ma lì il giudice dovrà decidere qual è la norma complessivamente più favorevole, di sicuro la vecchia concussione, e quindi non cambierebbe nulla».
Con la modifica cadranno altri processi di concussione?
«I dibattimenti non saranno a rischio se saremo attenti a non lasciar fuori i comportamenti che oggi rientrano nella concussione. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, una proposta simile l´hanno fatta anche finiani e dipiestristi, l´ha sostenuta di recente Piercamillo Davigo, io comunque non mi straccio le vesti, ne m´impicco se questo emendamento non sarà contenuto nella proposta del governo».
Che fa, smonta il salvacondotto per Silvio?
«Nessuno può credere che sia stata io e il Pd a “salvare” l´ex premier scrivendo una norma ancora prima che Milano gli contestasse il reato. E non vorrei che questa storia mettesse in secondo piano il successo di aver fatto accettare ad Alfano, tra le priorità del governo, anche la legge contro la corruzione».

da La Repubblica

“Silvio salvato dalla concussione? Non metteremo a rischio i processi”, di Liana Milella

La Pd Donatella Ferranti, autrice dell´emendamento contestato dai pm di Milano: “Niente favori al Cavaliere”. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, da Fli e Idv proposte simili E la pensa così anche Piercamillo Davigo

ROMA – Aiutare Berlusconi? «Chi lo dice s´è scordato che per tre anni ho fatto migliaia di emendamenti per smontare le sue leggi ad personam, figurarsi se ora contribuisco a farne una per lui». Reagisce così Donatella Ferranti, il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, quando le chiediamo se ha scritto una legge che “salva Silvio” dal caso Ruby.
Passa per le sue mani questo inciucio?
«Non solo non passa per le mie mani, ma non c´è stato alcun inciucio. Io e il Pd respingiamo un simile sospetto».
Un momento. È vero o no che lei ha presentato il 25 gennaio una legge che cancella la concussione, giusto il reato di cui è imputato Berlusconi a Milano?
«Gli atti vanno letti tutti quanti e la cronologia va rispettata prima di stravolgere il significato di una proposta e di trarne conclusioni che non sono corrette».
E quale sarebbe questa cronologia?
«La mia prima proposta di legge contro la corruzione è stata presentata il 10 novembre 2010. Essa riproduce quella di Anna Finocchiaro al Senato dell´11 maggio 2010. Berlusconi telefona in questura per Ruby il 30 ottobre, ma se ne ha notizia solo nella primavera successiva quando gli atti arrivano alla Camera. Già i tempi smentiscono che la norma per riscrivere la concussione sia stata fatta a misura per l´ex premier».
Ma lei vuole cancellare la concussione?
«Assolutamente no. Gli stessi fatti che vengono puniti oggi con quel reato sono stati trasferiti per un verso nell´estorsione, anche aggravata e punita fino a 20 anni, quando c´è una violenza o una minaccia anche implicita del pubblico ufficiale nei confronti della vittima. La concussione per induzione rientrerà pari pari in una forma di corruzione. In più abbiamo voluto punire, con l´abuso di funzioni punito fino a 5 anni, i comportamenti di chi mette la funzione pubblica al servizio di interessi illeciti».
A Milano tuttavia la procura è in allarme. Questa sua tripartizione danneggia il processo Ruby?
«La giudico una preoccupazione eccessiva. Nel nostro progetto di legge non solo sono state aumentate le pene nei massimi e nei minimi, ma soprattutto viene raddoppiata la prescrizione».
Che succede al Cavaliere?
«Premesso che non sono io il giudice del processo, vedo però che se lui oggi è imputato di concussione, domani potrebbe esserlo o per corruzione o per estorsione. Nel primo caso rischia fino a otto anni, nel secondo fino a venti, ma lì il giudice dovrà decidere qual è la norma complessivamente più favorevole, di sicuro la vecchia concussione, e quindi non cambierebbe nulla».
Con la modifica cadranno altri processi di concussione?
«I dibattimenti non saranno a rischio se saremo attenti a non lasciar fuori i comportamenti che oggi rientrano nella concussione. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, una proposta simile l´hanno fatta anche finiani e dipiestristi, l´ha sostenuta di recente Piercamillo Davigo, io comunque non mi straccio le vesti, ne m´impicco se questo emendamento non sarà contenuto nella proposta del governo».
Che fa, smonta il salvacondotto per Silvio?
«Nessuno può credere che sia stata io e il Pd a “salvare” l´ex premier scrivendo una norma ancora prima che Milano gli contestasse il reato. E non vorrei che questa storia mettesse in secondo piano il successo di aver fatto accettare ad Alfano, tra le priorità del governo, anche la legge contro la corruzione».

da La Repubblica

“Silvio salvato dalla concussione? Non metteremo a rischio i processi”, di Liana Milella

La Pd Donatella Ferranti, autrice dell´emendamento contestato dai pm di Milano: “Niente favori al Cavaliere”. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, da Fli e Idv proposte simili E la pensa così anche Piercamillo Davigo

ROMA – Aiutare Berlusconi? «Chi lo dice s´è scordato che per tre anni ho fatto migliaia di emendamenti per smontare le sue leggi ad personam, figurarsi se ora contribuisco a farne una per lui». Reagisce così Donatella Ferranti, il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, quando le chiediamo se ha scritto una legge che “salva Silvio” dal caso Ruby.
Passa per le sue mani questo inciucio?
«Non solo non passa per le mie mani, ma non c´è stato alcun inciucio. Io e il Pd respingiamo un simile sospetto».
Un momento. È vero o no che lei ha presentato il 25 gennaio una legge che cancella la concussione, giusto il reato di cui è imputato Berlusconi a Milano?
«Gli atti vanno letti tutti quanti e la cronologia va rispettata prima di stravolgere il significato di una proposta e di trarne conclusioni che non sono corrette».
E quale sarebbe questa cronologia?
«La mia prima proposta di legge contro la corruzione è stata presentata il 10 novembre 2010. Essa riproduce quella di Anna Finocchiaro al Senato dell´11 maggio 2010. Berlusconi telefona in questura per Ruby il 30 ottobre, ma se ne ha notizia solo nella primavera successiva quando gli atti arrivano alla Camera. Già i tempi smentiscono che la norma per riscrivere la concussione sia stata fatta a misura per l´ex premier».
Ma lei vuole cancellare la concussione?
«Assolutamente no. Gli stessi fatti che vengono puniti oggi con quel reato sono stati trasferiti per un verso nell´estorsione, anche aggravata e punita fino a 20 anni, quando c´è una violenza o una minaccia anche implicita del pubblico ufficiale nei confronti della vittima. La concussione per induzione rientrerà pari pari in una forma di corruzione. In più abbiamo voluto punire, con l´abuso di funzioni punito fino a 5 anni, i comportamenti di chi mette la funzione pubblica al servizio di interessi illeciti».
A Milano tuttavia la procura è in allarme. Questa sua tripartizione danneggia il processo Ruby?
«La giudico una preoccupazione eccessiva. Nel nostro progetto di legge non solo sono state aumentate le pene nei massimi e nei minimi, ma soprattutto viene raddoppiata la prescrizione».
Che succede al Cavaliere?
«Premesso che non sono io il giudice del processo, vedo però che se lui oggi è imputato di concussione, domani potrebbe esserlo o per corruzione o per estorsione. Nel primo caso rischia fino a otto anni, nel secondo fino a venti, ma lì il giudice dovrà decidere qual è la norma complessivamente più favorevole, di sicuro la vecchia concussione, e quindi non cambierebbe nulla».
Con la modifica cadranno altri processi di concussione?
«I dibattimenti non saranno a rischio se saremo attenti a non lasciar fuori i comportamenti che oggi rientrano nella concussione. L´Ocse ci chiede la modifica del reato, una proposta simile l´hanno fatta anche finiani e dipiestristi, l´ha sostenuta di recente Piercamillo Davigo, io comunque non mi straccio le vesti, ne m´impicco se questo emendamento non sarà contenuto nella proposta del governo».
Che fa, smonta il salvacondotto per Silvio?
«Nessuno può credere che sia stata io e il Pd a “salvare” l´ex premier scrivendo una norma ancora prima che Milano gli contestasse il reato. E non vorrei che questa storia mettesse in secondo piano il successo di aver fatto accettare ad Alfano, tra le priorità del governo, anche la legge contro la corruzione».

da La Repubblica

Cassa integrazione, la Cgil lancia l'allarme: a febbraio richieste in crescita del 49%

Esplode la richiesta di ore di cassa integrazione a febbraio, segnale di «un’economia avvitata in una pericolosa fase recessiva». Le 81.988.268 ore registrate a febbraio segnano un incremento consistente sul mese precedente pari ad un +49,12%, così come il dato sui primi due mesi dell’anno (136.969.464) segna un +5,16% sullo stesso periodo del 2011.

Coinvolti 400mila lavoratori. Numeri che tradotti vogliono dire 400 mila lavoratori coinvolti nei processi di cassa che hanno subito un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore. Sono questi i dati che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell`Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di febbraio.

La scarsa domanda di lavoro. «Il nostro sistema produttivo, e la sua caratura manifatturiera, è invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino», osserva il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, dalla lettura dei dati. «La cosiddetta “recessione tecnica” comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa: è sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi». Per questo, osserva ancora il sindacalista, «il confronto sul lavoro è stato caricato di troppa enfasi “salvifica”: è sicuramente importante ma non influenza la domanda di lavoro, quest’ultima ha bisogno di scelte strategiche in una prospettiva di sviluppo e di crescita».

da www.ilsole24ore.com

Cassa integrazione, la Cgil lancia l’allarme: a febbraio richieste in crescita del 49%

Esplode la richiesta di ore di cassa integrazione a febbraio, segnale di «un’economia avvitata in una pericolosa fase recessiva». Le 81.988.268 ore registrate a febbraio segnano un incremento consistente sul mese precedente pari ad un +49,12%, così come il dato sui primi due mesi dell’anno (136.969.464) segna un +5,16% sullo stesso periodo del 2011.

Coinvolti 400mila lavoratori. Numeri che tradotti vogliono dire 400 mila lavoratori coinvolti nei processi di cassa che hanno subito un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore. Sono questi i dati che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell`Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di febbraio.

La scarsa domanda di lavoro. «Il nostro sistema produttivo, e la sua caratura manifatturiera, è invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino», osserva il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, dalla lettura dei dati. «La cosiddetta “recessione tecnica” comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa: è sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi». Per questo, osserva ancora il sindacalista, «il confronto sul lavoro è stato caricato di troppa enfasi “salvifica”: è sicuramente importante ma non influenza la domanda di lavoro, quest’ultima ha bisogno di scelte strategiche in una prospettiva di sviluppo e di crescita».

da www.ilsole24ore.com

Cassa integrazione, la Cgil lancia l’allarme: a febbraio richieste in crescita del 49%

Esplode la richiesta di ore di cassa integrazione a febbraio, segnale di «un’economia avvitata in una pericolosa fase recessiva». Le 81.988.268 ore registrate a febbraio segnano un incremento consistente sul mese precedente pari ad un +49,12%, così come il dato sui primi due mesi dell’anno (136.969.464) segna un +5,16% sullo stesso periodo del 2011.

Coinvolti 400mila lavoratori. Numeri che tradotti vogliono dire 400 mila lavoratori coinvolti nei processi di cassa che hanno subito un taglio del reddito per oltre 525 milioni di euro, pari a circa 1.300 euro per ogni singolo lavoratore. Sono questi i dati che emergono dalle elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell`Osservatorio Cig del dipartimento Settori produttivi della Cgil Nazionale nel rapporto di febbraio.

La scarsa domanda di lavoro. «Il nostro sistema produttivo, e la sua caratura manifatturiera, è invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino», osserva il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, dalla lettura dei dati. «La cosiddetta “recessione tecnica” comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa: è sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi». Per questo, osserva ancora il sindacalista, «il confronto sul lavoro è stato caricato di troppa enfasi “salvifica”: è sicuramente importante ma non influenza la domanda di lavoro, quest’ultima ha bisogno di scelte strategiche in una prospettiva di sviluppo e di crescita».

da www.ilsole24ore.com

"Per una buona modifica dell'art.18", appello del comitato direttivo della rivista «Lavoro e diritto» *

L’appello è rivolto al presidente del Consiglio, al ministro del lavoro, ai segretari di Cgil, Cisl e Uil, al presidente di Confindustria, di Rete-impresa e delle associazioni che partecipano al confronto sulla riforma del mercato del lavoro.

L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ha un significato al tempo stesso reale e simbolico. Il significato reale consiste nell’estendere ai contratti di lavoro la stessa sanzione prevista per l’illegittimità di qualsiasi atto commesso tra privati. Se un licenziamento è illegittimo l’articolo18 dispone che l’atto sia rimosso, come accade quando si fa abbattere l’opera costruita da un vicino lesiva del diritto di proprietà del confinante (…) Nel diritto del lavoro tale rimozione si chiama «reintegrazione». Questa semplice previsione (annullare il licenziamento illegittimo, reintegrare il lavoratore e risarcirlo del danno subito) esercita una rilevante forza deterrente, e rende praticabili i diritti dei lavoratori nel concreto svolgersi dei rapporti di lavoro, a partire da quelli sindacali. Chi sa di poter fruire di una tutela contro il licenziamento illegittimo ha infatti molte più possibilità di agire per rendere effettivi i suoi diritti di fondo nello svolgimento del rapporto di lavoro. Ciò oggi non possono fare i lavoratori precari, a termine, somministrati, assunti con pseudocontratti di lavoro autonomo ecc., i quali, in attesa della auspicata stabilizzazione, sono indotti a subire ogni condizionamento del datore di lavoro. A ciò si aggiunga che l’obbligo di motivare il licenziamento ed il conseguente diritto alla reintegrazione costituiscono l’unico effettivo baluardo nei confronti dei licenziamenti discriminatori, per cui continuare ad affermare che la reintegrazione resterebbe solo per questi ultimi costituisce una evidente mistificazione. L’articolo 18 ha tuttavia anche rilevante significato simbolico: nel sentire comune, la reintegrazione si identifica con l’idea che tra lavoro e impresa, tra mercato e dignità del lavoro, debba esistere un equilibrio, un bilanciamento, una equa distribuzione del potere. Non può sfuggire tuttavia che nella applicazione di tale sacrosanto principio alcune cose non funzionino. Non funzionano anzitutto i tempi del processo del lavoro. Se tra primo, secondo e terzo grado i tempi di una controversia in tema di licenziamento si aggirano, mediamente tra i sei-sette anni, il giusto principio si traduce in un paradosso. Non solo non ha alcun senso una reintegrazione che avvenga a tanti anni di distanza dal licenziamento, ma in tal modo l’onere economico del datore di lavoro si amplifica a dismisura. È quindi necessario e urgente introdurre misure speciali di accelerazione delle controversie giudiziarie in materia di licenziamenti. L’altra innegabile disfunzione consiste nel campo di applicazione ora previsto, individuato nelle unità produttive con più di 15 dipendenti (…). Tale soglia, relativa alla mera dimensione occupazionale, va considerata obsoleta, a fronte dei diffusi processi di esternalizzazione del ciclo produttivo e delle previsioni relative al mancato calcolo di un numero rilevante di dipendenti (apprendisti, somministrati, lavoratori a termine ecc.). Essa andrebbe sostituita con parametri riferiti alla effettiva dimensione economica dell’impresa, secondo le indicazione già formulate dalla Ue. L’articolo 18 va quindi modificato sul piano della sua funzionalità, non del suo principio di fondo. Mutuando l’affermazione di un grande dirigente sindacale, Giuseppe Di Vittorio, si potrebbe dunque dire così: «L’articolo 18 va cambiato sul piano applicativo, non per le ragioni per cui ce lo chiedono gli avversari, ma per le nostre ragioni». Proponiamo quindi di adottare in Italia una disciplina ispirata a quella vigente nella Repubblica federale tedesca fin dalla legge sui licenziamenti del 1951, che si applica a tutte le imprese con più di 5 dipendenti. Salva restando la radicale nullità, e quindi l’obbligo di reintegrazione, per i licenziamenti di cui sia provato il carattere discriminatorio, tale disciplina dovrebbe rimettere al giudice la facoltà di chiedere, per i licenziamenti motivati da ragioni economiche e organizzative, un parere alle rappresentanze sindacali unitarie, elette da tutti i lavoratori, ovvero, in mancanza di queste, alle Rsa, o alle organizzazioni sindacali territoriali. Allo stesso giudice andrebbe poi rimessa la decisione, fatti salvi i licenziamenti discriminatori, di disporre, in tutti gli altri casi, la reintegrazione del lavoratore ovvero stabilire un equo indennizzo entro un minimo e un massimo stabilito dalla legge, in rapporto alla natura del caso, alle dimensioni dell’impresa, al comportamento delle parti. Riteniamo in conclusione che l’Italia nel riformare le regole del lavoro debba ispirarsi ai modelli forti del Nord-Europa, come quello tedesco, orientato ad una ripartizione chiara ed efficace di diritti e tutele e non a modelli deregolati dei rapporti di lavoro con l’adozione di provvedimenti di liberalizzazione dei licenziamenti e cancellazione delle garanzie. Si aggiunga che il riferimento al modello tedesco appare fecondo su molti altri piani: l’avvio di forme effettive di partecipazione dei lavoratori all’impresa, la regolazione della rappresentanza sindacale e dell’efficacia dei contratti collettivi e il più complessivo riassetto delle relazioni industriali.

* il comitato direttivo della rivista, pubblicata da Il Mulino è composto da Umberto Romagnoli Gian Guido Balandi Luigi Mariucci Maria Vittoria Ballestrero Oronzo Mazzotta Donata Gottardi Stefania Scarponi Franca Borgogelli Gisella De Simone

da L’Unità del 18/03/2012