Pieno sostegno al Centro di documentazione di Modena sul tema della cultura di genere. Dopo la sottoscrizione, lo scorso 8 marzo, della petizione del Centro documentazione di Modena, da tempo impegnato nel sostegno degli studi di genere, le donne del Pd e le Giovani democratiche si rivolgono ai cittadini e alle cittadine modenesi con l’invito a fare altrettanto, per elevare questo tema a elemento di garanzia del pluralismo culturale. Di seguito, le dichiarazioni delle On. Mariangela Bastico e Manuela Ghizzoni, e della senatrice democratica Vittoria Franco. “Abbiamo già firmato l’8 marzo la petizione del Centro documentazione di Modena e invitiamo le cittadine e i cittadini modenesi a fare lo stesso affinché il sindaco e il presidente della provincia assumano questo tema della cultura di genere come un elemento a garanzia del pluralismo culturale ” hanno dichiarato la sen. Mariangela Bastico e l’on. Manuela Ghizzoni. Le parlamentari del Partito democratico, cosi come tante altre donne del Pd modenese, tra cui Caterina Liotti – coordinatrice della Conferenza delle Democratiche e presidente del Consiglio comunale, Palma Costi, consigliera regionale, Simona Arletti – assessora comunale, Daniela Depietri-consigliera comunale di Carpi, Antonietta Vastola-vicesindaca di Formigine, Marisa Burchi, assessora di Sestola, Rosamaria Fino, direzione provinciale, si sono schierate a sostegno dell’associazione che in questi 15 anni ha offerto con continuità uno spazio culturale sugli studi di genere. Tante anche le sottoscrizioni delle Giovani democratiche con in testa le neo segretarie, provinciale e della città di Modena, Giuditta Pini e Federica Di Padova. “Il Centro documentazione donna di Modena è un’esperienza unica a livello nazionale, un’eccellenza da preservare, se non si vuole perdere l’enorme patrimonio di competenze e documentazione prodotta in tutti questi anni. Occorre insistere affinché anche la storia delle donne e dei loro movimenti diventi un pezzo dell’identità nazionale”, ha sostenuto anche la senatrice democratica Vittoria Franco, oggi in città per la presentazione del suo libro “Care ragazze”, nell’ambito di un progetto sull’identità femminile e la trasmissione generazionale realizzato proprio per una iniziativa dello stesso Istituto culturale Centro documentazione donna nelle scuole modenesi.
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"Una scelta di civiltà un impegno per l'oggi", di Claudio Sardo
Il governo ha deciso di accogliere la richiesta dei funerali di Stato per Placido Rizzotto. È una scelta di civiltà, di grande valore democratico, che va a merito del presidente del Consiglio e dei suoi ministri. Ed è per noi un forte motivo di soddisfazione, essendo stata l’Unità strumento di una spinta popolare per rendere finalmente onore al giovane sindacalista che la mafia uccise 64 anni fa ordinando, per oltraggio e scelta politica, che i resti non fossero mai ritrovati.
Non è solo una questione di dignità personale. Non è solo un simbolo. La legalità è il fondamento della vita sociale e dell’ordinamento costituzionale. E la battaglia contro le mafie è parte essenziale del nostro grado di civiltà e di ogni possibilità di sviluppo. Le esequie solenni sono oggi non il tributo a un uomo sconfitto, ma una assunzione di responsabilità di una comunità intera. Sono il riconoscimento ai tanti che hanno perso la vita per non aver piegato la schiena. Sono un impegno per ciascuno di noi. Come dice don Ciotti, che ha intitolato l’appuntamento annuale di Libera contro le mafie «giornata della Memoria e dell’Impegno».
La memoria è ciò che lega una comunità alla sua storia. Ed è anche opera di selezione della storia migliore. Il governo non poteva lanciare un segnale più netto alla Sicilia e al Paese. Combatteremo le mafie. Gli eserciti criminali e i colletti bianchi. Senza riserve, senza sconti, senza trattative.
L’Unità 16.03.12
“Una scelta di civiltà un impegno per l’oggi”, di Claudio Sardo
Il governo ha deciso di accogliere la richiesta dei funerali di Stato per Placido Rizzotto. È una scelta di civiltà, di grande valore democratico, che va a merito del presidente del Consiglio e dei suoi ministri. Ed è per noi un forte motivo di soddisfazione, essendo stata l’Unità strumento di una spinta popolare per rendere finalmente onore al giovane sindacalista che la mafia uccise 64 anni fa ordinando, per oltraggio e scelta politica, che i resti non fossero mai ritrovati.
Non è solo una questione di dignità personale. Non è solo un simbolo. La legalità è il fondamento della vita sociale e dell’ordinamento costituzionale. E la battaglia contro le mafie è parte essenziale del nostro grado di civiltà e di ogni possibilità di sviluppo. Le esequie solenni sono oggi non il tributo a un uomo sconfitto, ma una assunzione di responsabilità di una comunità intera. Sono il riconoscimento ai tanti che hanno perso la vita per non aver piegato la schiena. Sono un impegno per ciascuno di noi. Come dice don Ciotti, che ha intitolato l’appuntamento annuale di Libera contro le mafie «giornata della Memoria e dell’Impegno».
La memoria è ciò che lega una comunità alla sua storia. Ed è anche opera di selezione della storia migliore. Il governo non poteva lanciare un segnale più netto alla Sicilia e al Paese. Combatteremo le mafie. Gli eserciti criminali e i colletti bianchi. Senza riserve, senza sconti, senza trattative.
L’Unità 16.03.12
“Una scelta di civiltà un impegno per l’oggi”, di Claudio Sardo
Il governo ha deciso di accogliere la richiesta dei funerali di Stato per Placido Rizzotto. È una scelta di civiltà, di grande valore democratico, che va a merito del presidente del Consiglio e dei suoi ministri. Ed è per noi un forte motivo di soddisfazione, essendo stata l’Unità strumento di una spinta popolare per rendere finalmente onore al giovane sindacalista che la mafia uccise 64 anni fa ordinando, per oltraggio e scelta politica, che i resti non fossero mai ritrovati.
Non è solo una questione di dignità personale. Non è solo un simbolo. La legalità è il fondamento della vita sociale e dell’ordinamento costituzionale. E la battaglia contro le mafie è parte essenziale del nostro grado di civiltà e di ogni possibilità di sviluppo. Le esequie solenni sono oggi non il tributo a un uomo sconfitto, ma una assunzione di responsabilità di una comunità intera. Sono il riconoscimento ai tanti che hanno perso la vita per non aver piegato la schiena. Sono un impegno per ciascuno di noi. Come dice don Ciotti, che ha intitolato l’appuntamento annuale di Libera contro le mafie «giornata della Memoria e dell’Impegno».
La memoria è ciò che lega una comunità alla sua storia. Ed è anche opera di selezione della storia migliore. Il governo non poteva lanciare un segnale più netto alla Sicilia e al Paese. Combatteremo le mafie. Gli eserciti criminali e i colletti bianchi. Senza riserve, senza sconti, senza trattative.
L’Unità 16.03.12
"Il Fisco può aiutare il Pil dell'arte", di Lorenzo Bini Smaghi
L’Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2% al Pil, meno della metà di Francia e Germania. Il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi. Il dibattito italiano si è a lungo focalizzato su quest’ultimo aspetto, lamentando la scarsità di fondi pubblici e il trattamento fiscale poco favorevole ai contributi privati. D’altra parte, l’Italia non primeggia solo per l’entità del suo patrimonio ma anche, purtroppo, per il suo ingente debito pubblico.
Non sorprende dunque che le proposte di agevolazione fiscale per il settore della cultura che sono state finora avanzate siano state sistematicamente bocciate da chi ha come compito di tenere sotto controllo la finanza pubblica del Paese.
Bisogna dunque rovesciare il ragionamento e avanzare proposte che inneschino un nuovo processo di sviluppo nel settore della cultura in Italia senza pesare sul bilancio pubblico.
L’esperienza dimostra che il settore privato è disposto ed è interessato a finanziare la cultura, ma è scoraggiato dalla complessità delle procedure. Anche l’erario avrebbe un beneficio se un numero maggiore di aziende destinasse fondi al settore culturale, piuttosto che distribuirli sotto forma di utili. Il motivo è che le erogazioni a favore di enti no profit consentono di mantenere un flusso di fondi all’interno del sistema economico, sotto forma di acquisti di beni e servizi, mentre parte degli utili distribuiti esce dal sistema economico e fluisce in risparmio.
In concreto, la proposta consiste nell’incentivare l’elargizione liberale da parte di aziende e di privati, consentendone la deducibilità dal reddito imponibile. Per evitare che vi sia un impatto negativo per l’erario, l’erogazione a favore degli enti culturali viene sottoposta a una trattenuta fiscale in capo a questi ultimi. In altre parole, l’erogazione a favore degli enti culturali viene considerata, fino a un certo massimale (ad esempio, il l0% di ricavi) come un onere di gestione sul quale gli enti pagano una trattenuta (ad esempio, il 20%). Tale meccanismo crea un incentivo per l’azienda a destinare parte dei ricavi ad elargizioni liberali a favore di enti culturali, invece che distribuirli sotto forma di utili. Crea anche l’incentivo, per gli enti culturali a cercare finanziamenti privati. L’inversione dell’onere fiscale, da chi elargisce i fondi a chi li riceve, consente di evitare effetti negativi sulle entrate dello Stato (l’allegato disponibile sul sito web del Sole 24 Ore dimostra quanto sopra con esempi concreti e fornisce l’impianto normativo).
Bisogna considerare comunque che i privati sono disposti a finanziare attività culturali non solo per motivi di agevolazioni fiscali ma soprattutto se vi è un rendiconto di immagine e dunque se il progetto culturale è qualitativamente valido. Le istituzioni culturali italiane sono ancora poco attrezzate per attrarre finanziamenti privati. Devono migliorare la capacità di dotarsi di quei criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione che il settore privato richiede in cambio dei finanziamenti. La costituzione di una Anagrafe dei beneficiari delle erogazioni liberali della cultura, stabilita su base di criteri rigorosi (come la certificazione dei conti da parte di società di revisione), dovrebbe incentivare tale sviluppo. La trasformazione in fondazioni dei musei o dei poli museali è una ulteriore misura, adottata in altri paesi europei, che incoraggerebbe ulteriormente la partecipazione finanziaria e gestionale dei privati.
Metodologie moderne, sperimentate all’estero e applicate in Italia, ad esempio, da Palazzo Strozzi, consentono di dimostrare che un euro speso in cultura può generare un indotto sul territorio superiore a tre euro. La cultura non si mangia, ma di sicuro dà da mangiare.
La riforma del governo delle istituzioni culturali e degli incentivi non è solo nell’interesse del sistema culturale italiano. Aiuta l’economia a crescere e contribuisce a risanare le finanze pubbliche del Paese.
Il Sole 24 Ore 16.03.12
“Il Fisco può aiutare il Pil dell’arte”, di Lorenzo Bini Smaghi
L’Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2% al Pil, meno della metà di Francia e Germania. Il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi. Il dibattito italiano si è a lungo focalizzato su quest’ultimo aspetto, lamentando la scarsità di fondi pubblici e il trattamento fiscale poco favorevole ai contributi privati. D’altra parte, l’Italia non primeggia solo per l’entità del suo patrimonio ma anche, purtroppo, per il suo ingente debito pubblico.
Non sorprende dunque che le proposte di agevolazione fiscale per il settore della cultura che sono state finora avanzate siano state sistematicamente bocciate da chi ha come compito di tenere sotto controllo la finanza pubblica del Paese.
Bisogna dunque rovesciare il ragionamento e avanzare proposte che inneschino un nuovo processo di sviluppo nel settore della cultura in Italia senza pesare sul bilancio pubblico.
L’esperienza dimostra che il settore privato è disposto ed è interessato a finanziare la cultura, ma è scoraggiato dalla complessità delle procedure. Anche l’erario avrebbe un beneficio se un numero maggiore di aziende destinasse fondi al settore culturale, piuttosto che distribuirli sotto forma di utili. Il motivo è che le erogazioni a favore di enti no profit consentono di mantenere un flusso di fondi all’interno del sistema economico, sotto forma di acquisti di beni e servizi, mentre parte degli utili distribuiti esce dal sistema economico e fluisce in risparmio.
In concreto, la proposta consiste nell’incentivare l’elargizione liberale da parte di aziende e di privati, consentendone la deducibilità dal reddito imponibile. Per evitare che vi sia un impatto negativo per l’erario, l’erogazione a favore degli enti culturali viene sottoposta a una trattenuta fiscale in capo a questi ultimi. In altre parole, l’erogazione a favore degli enti culturali viene considerata, fino a un certo massimale (ad esempio, il l0% di ricavi) come un onere di gestione sul quale gli enti pagano una trattenuta (ad esempio, il 20%). Tale meccanismo crea un incentivo per l’azienda a destinare parte dei ricavi ad elargizioni liberali a favore di enti culturali, invece che distribuirli sotto forma di utili. Crea anche l’incentivo, per gli enti culturali a cercare finanziamenti privati. L’inversione dell’onere fiscale, da chi elargisce i fondi a chi li riceve, consente di evitare effetti negativi sulle entrate dello Stato (l’allegato disponibile sul sito web del Sole 24 Ore dimostra quanto sopra con esempi concreti e fornisce l’impianto normativo).
Bisogna considerare comunque che i privati sono disposti a finanziare attività culturali non solo per motivi di agevolazioni fiscali ma soprattutto se vi è un rendiconto di immagine e dunque se il progetto culturale è qualitativamente valido. Le istituzioni culturali italiane sono ancora poco attrezzate per attrarre finanziamenti privati. Devono migliorare la capacità di dotarsi di quei criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione che il settore privato richiede in cambio dei finanziamenti. La costituzione di una Anagrafe dei beneficiari delle erogazioni liberali della cultura, stabilita su base di criteri rigorosi (come la certificazione dei conti da parte di società di revisione), dovrebbe incentivare tale sviluppo. La trasformazione in fondazioni dei musei o dei poli museali è una ulteriore misura, adottata in altri paesi europei, che incoraggerebbe ulteriormente la partecipazione finanziaria e gestionale dei privati.
Metodologie moderne, sperimentate all’estero e applicate in Italia, ad esempio, da Palazzo Strozzi, consentono di dimostrare che un euro speso in cultura può generare un indotto sul territorio superiore a tre euro. La cultura non si mangia, ma di sicuro dà da mangiare.
La riforma del governo delle istituzioni culturali e degli incentivi non è solo nell’interesse del sistema culturale italiano. Aiuta l’economia a crescere e contribuisce a risanare le finanze pubbliche del Paese.
Il Sole 24 Ore 16.03.12
“Il Fisco può aiutare il Pil dell’arte”, di Lorenzo Bini Smaghi
L’Italia ha il più importante patrimonio culturale al mondo, ma la cultura contribuisce per poco più del 2% al Pil, meno della metà di Francia e Germania. Il potenziale di crescita è enorme, ma mancano capacità e fondi. Il dibattito italiano si è a lungo focalizzato su quest’ultimo aspetto, lamentando la scarsità di fondi pubblici e il trattamento fiscale poco favorevole ai contributi privati. D’altra parte, l’Italia non primeggia solo per l’entità del suo patrimonio ma anche, purtroppo, per il suo ingente debito pubblico.
Non sorprende dunque che le proposte di agevolazione fiscale per il settore della cultura che sono state finora avanzate siano state sistematicamente bocciate da chi ha come compito di tenere sotto controllo la finanza pubblica del Paese.
Bisogna dunque rovesciare il ragionamento e avanzare proposte che inneschino un nuovo processo di sviluppo nel settore della cultura in Italia senza pesare sul bilancio pubblico.
L’esperienza dimostra che il settore privato è disposto ed è interessato a finanziare la cultura, ma è scoraggiato dalla complessità delle procedure. Anche l’erario avrebbe un beneficio se un numero maggiore di aziende destinasse fondi al settore culturale, piuttosto che distribuirli sotto forma di utili. Il motivo è che le erogazioni a favore di enti no profit consentono di mantenere un flusso di fondi all’interno del sistema economico, sotto forma di acquisti di beni e servizi, mentre parte degli utili distribuiti esce dal sistema economico e fluisce in risparmio.
In concreto, la proposta consiste nell’incentivare l’elargizione liberale da parte di aziende e di privati, consentendone la deducibilità dal reddito imponibile. Per evitare che vi sia un impatto negativo per l’erario, l’erogazione a favore degli enti culturali viene sottoposta a una trattenuta fiscale in capo a questi ultimi. In altre parole, l’erogazione a favore degli enti culturali viene considerata, fino a un certo massimale (ad esempio, il l0% di ricavi) come un onere di gestione sul quale gli enti pagano una trattenuta (ad esempio, il 20%). Tale meccanismo crea un incentivo per l’azienda a destinare parte dei ricavi ad elargizioni liberali a favore di enti culturali, invece che distribuirli sotto forma di utili. Crea anche l’incentivo, per gli enti culturali a cercare finanziamenti privati. L’inversione dell’onere fiscale, da chi elargisce i fondi a chi li riceve, consente di evitare effetti negativi sulle entrate dello Stato (l’allegato disponibile sul sito web del Sole 24 Ore dimostra quanto sopra con esempi concreti e fornisce l’impianto normativo).
Bisogna considerare comunque che i privati sono disposti a finanziare attività culturali non solo per motivi di agevolazioni fiscali ma soprattutto se vi è un rendiconto di immagine e dunque se il progetto culturale è qualitativamente valido. Le istituzioni culturali italiane sono ancora poco attrezzate per attrarre finanziamenti privati. Devono migliorare la capacità di dotarsi di quei criteri di efficienza, trasparenza e rendicontazione che il settore privato richiede in cambio dei finanziamenti. La costituzione di una Anagrafe dei beneficiari delle erogazioni liberali della cultura, stabilita su base di criteri rigorosi (come la certificazione dei conti da parte di società di revisione), dovrebbe incentivare tale sviluppo. La trasformazione in fondazioni dei musei o dei poli museali è una ulteriore misura, adottata in altri paesi europei, che incoraggerebbe ulteriormente la partecipazione finanziaria e gestionale dei privati.
Metodologie moderne, sperimentate all’estero e applicate in Italia, ad esempio, da Palazzo Strozzi, consentono di dimostrare che un euro speso in cultura può generare un indotto sul territorio superiore a tre euro. La cultura non si mangia, ma di sicuro dà da mangiare.
La riforma del governo delle istituzioni culturali e degli incentivi non è solo nell’interesse del sistema culturale italiano. Aiuta l’economia a crescere e contribuisce a risanare le finanze pubbliche del Paese.
Il Sole 24 Ore 16.03.12