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“Omsa, dalle calze ai divani. Speranza solo per 120 operaie”, di Giulia Gentile

È una bella notizia per chi “entra” nei 120. Questa rischia di diventare una guerra fra poveri: e speriamo che chi ha urlato e lottato, per arrivare al risultato, non venga punito e fatto passare in coda nella selezione ». Nadia, 47 anni di cui 27 passati fra i macchinari per collant della Omsa, nel Ravennate, reagisce con stanchezza alle novità arrivate dalla Regione sul destino dello storico stabilimento di calze di proprietà del gruppo Golden lady. DUE ANNI DI LOTTE Il patron veneto del marchio, Nerino Grassi, a marzo 2010 aveva annunciato la decisione di chiudere in Romagna per investire – “grazie” a circa 200 euro di stipendio per ogni operaia, e a contratti di qualche mese – in Serbia. E dopo più di due anni di cassa integrazione per i 239lavoratori (solo 40 dei quali uomini), di battaglie, voci su possibili acquirenti, e trattative, ieri finalmente davanti al presidente della Regione, Vasco Errani, la ditta forlivese di divani Atl group ha formalizzato la volontà di acquistare da Golden lady lo stabilimento Omsa«per la cifra già pattuita» con Grassi (che dovrebbe aggirarsi intorno ai 13milioni di euro).Ma soprattutto, Atl group ha sottoscritto l’impegno ad assumere «non meno di 120» ex dipendenti del marchio di collant, che si andranno a sommare ai 300 già in forze ad Atl, una parte dei quali verranno trasferiti a Faenza. È qui che, per le operaie di calze – ma anche per Samuela Meci, sindacalista della Filctem-Cgil che ha seguito la vertenza fin dall’inizio, cominciano le preoccupazioni. Perché se è vero che, nei precedenti incontri fra proprietà, sindacati e rappresentanti istituzionali, le istituzioni locali si erano fatte garanti a che, anche le 119 lavoratrici in esubero, avessero un destino sicuro, per Meci è dal tavolo di ieri che «inizia un percorso » ancora tutto da fissare. Il contratto d’acquisto e il conseguente passaggio di lavoratori da una ditta all’altra dovrà avvenire «presumibilmente entro fine marzo 2012», recita l’accordo raggiunto ieri. Ciò significa, sottolinea Meci, che nel giro di un paio di settimane occorrerà «stabilire i criteri giusti con cui scegliere quei 120» lavoratori da formare per la produzione di divani, numero che i sindacati cercheranno di far salire di qualche unità. Inoltre, bisognerà «trovare percorsi, e ammortizzatori sociali, per chi resta fuori dal passaggio». E, fra sei mesi, vedrà scadere anche la proroga della cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, ottenuta a febbraio. Presupposto essenziale – si legge ancora nel verbale d’accordo – è la copertura finanziaria dell’investimento, pari a circa 20 milioni, da parte di un gruppo di banche. Nei piani della nuova azienda, poi, il trasloco potrebbe avvenire già in estate, e la produzione di divani partire addirittura in autunno. Altra novità dell’accordo, la Golden Lady manterrà la proprietà di un’area limitata dentro allo stabilimento di Faenza, dove aprirà un negozio “Golden Point” in cui verranno assunte 10-15 lavoratrici. Nei mesi scorsi si era parlato dell’ipotesi che i lavoratori in esubero venissero riassorbiti in un outlet in costruzione in zona, e in altre società di servizi. Il centro commerciale dovrebbe aprire anch’esso in autunno: «Ma ha come presupposto che siano stati venduti almeno il 70% dei negozi – dice Meci – e a fine 2011 eravamo ancora al 10%». Resta da vedere, poi, «con che tempi e come si muoverà il proprietario dell’outlet». È «il lavoro il nostro primo obiettivo – ha ribadito, ieri, Errani – ci sarà una risposta a tutti i lavoratori e lavoratrici della Golden Lady in forme diverse».❖

L’Unità 13.03.12

"Organico funzionale, paga il merito", da Italia Oggi

L’organico funzionale di scuola si farà e a partire dal 2013, ma senza intaccare i tagli operati con la riforma Gelmini. E senza indicare numeri certi sui nuovi organici. Salta infatti l’assunzione a tempo indeterminato di 10 mila prof destinati a combattere il disagio e il bullismo. É con queste novità che l’emendamento presentato alla camera dai Democratici al decreto semplificazioni è stato approvato e ora è all’esame del senato per il via libera definitivo. L’emendamento finale, dopo un lungo tira e molla con la commissione bilancio, prevede che con decreto del ministro dell’istruzione, di concerto con l’Economia, ogni tre anni, «nei limiti dei risparmi di spesa accertati con la procedura di cui al comma 9 dell’articolo 64 del decreto legge n. 112/2008, è definita la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie di rete sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare». Si tratta di nuovi organici, che superano la tradizionale distinzione tra organico di fatto e di diritto. Dovranno soddisfare tutte le esigenze, comprese le supplenze, senza più ricorrere al balletto dei contratti annuali ma con assegnazioni almeno triennali sulle singole scuole o reti di scuole. L’emendamento blinda in premessa i risparmi conseguiti dal decreto legge 112/2008, la prima manovra correttiva dei conti pubblici di Giulio Tremonti. Già, perché la riforma produrrà effetti anche nei prossimi anni, con la riduzione del numero di studenti per classe, per esempio, e soprattutto con la riduzione a 27 ore dell’orario di lezione obbligatorio delle quarte e quinte classi delle elementari che non hanno ancora fatto in tempo a recepire la riforma della Gelmini. Se il numero di ragazzi dovesse crescere e richiedere più personale, a questo si provvederà attraverso l’utilizzo del 30% dei tagli che il decreto Tremonti destinava a valorizzare il personale fino al 2012 e che il decreto Semplificazione dirotta sull’organico funzionale dei prossimi anni. É previsto anche un fondo aggiuntivo finanziato dai giochi, ma non è quantificato.
da ItaliaOggi 13.03.12

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“l’emendamento oggetto dell’articolo non é del Pd, bensí é stato presentato dai due relatori del provvedimento” (ndr)

“Organico funzionale, paga il merito”, da Italia Oggi

L’organico funzionale di scuola si farà e a partire dal 2013, ma senza intaccare i tagli operati con la riforma Gelmini. E senza indicare numeri certi sui nuovi organici. Salta infatti l’assunzione a tempo indeterminato di 10 mila prof destinati a combattere il disagio e il bullismo. É con queste novità che l’emendamento presentato alla camera dai Democratici al decreto semplificazioni è stato approvato e ora è all’esame del senato per il via libera definitivo. L’emendamento finale, dopo un lungo tira e molla con la commissione bilancio, prevede che con decreto del ministro dell’istruzione, di concerto con l’Economia, ogni tre anni, «nei limiti dei risparmi di spesa accertati con la procedura di cui al comma 9 dell’articolo 64 del decreto legge n. 112/2008, è definita la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie di rete sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare». Si tratta di nuovi organici, che superano la tradizionale distinzione tra organico di fatto e di diritto. Dovranno soddisfare tutte le esigenze, comprese le supplenze, senza più ricorrere al balletto dei contratti annuali ma con assegnazioni almeno triennali sulle singole scuole o reti di scuole. L’emendamento blinda in premessa i risparmi conseguiti dal decreto legge 112/2008, la prima manovra correttiva dei conti pubblici di Giulio Tremonti. Già, perché la riforma produrrà effetti anche nei prossimi anni, con la riduzione del numero di studenti per classe, per esempio, e soprattutto con la riduzione a 27 ore dell’orario di lezione obbligatorio delle quarte e quinte classi delle elementari che non hanno ancora fatto in tempo a recepire la riforma della Gelmini. Se il numero di ragazzi dovesse crescere e richiedere più personale, a questo si provvederà attraverso l’utilizzo del 30% dei tagli che il decreto Tremonti destinava a valorizzare il personale fino al 2012 e che il decreto Semplificazione dirotta sull’organico funzionale dei prossimi anni. É previsto anche un fondo aggiuntivo finanziato dai giochi, ma non è quantificato.
da ItaliaOggi 13.03.12

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“l’emendamento oggetto dell’articolo non é del Pd, bensí é stato presentato dai due relatori del provvedimento” (ndr)

“Organico funzionale, paga il merito”, da Italia Oggi

L’organico funzionale di scuola si farà e a partire dal 2013, ma senza intaccare i tagli operati con la riforma Gelmini. E senza indicare numeri certi sui nuovi organici. Salta infatti l’assunzione a tempo indeterminato di 10 mila prof destinati a combattere il disagio e il bullismo. É con queste novità che l’emendamento presentato alla camera dai Democratici al decreto semplificazioni è stato approvato e ora è all’esame del senato per il via libera definitivo. L’emendamento finale, dopo un lungo tira e molla con la commissione bilancio, prevede che con decreto del ministro dell’istruzione, di concerto con l’Economia, ogni tre anni, «nei limiti dei risparmi di spesa accertati con la procedura di cui al comma 9 dell’articolo 64 del decreto legge n. 112/2008, è definita la consistenza numerica massima degli organici delle autonomie di rete sulla base della previsione dell’andamento demografico della popolazione in età scolare». Si tratta di nuovi organici, che superano la tradizionale distinzione tra organico di fatto e di diritto. Dovranno soddisfare tutte le esigenze, comprese le supplenze, senza più ricorrere al balletto dei contratti annuali ma con assegnazioni almeno triennali sulle singole scuole o reti di scuole. L’emendamento blinda in premessa i risparmi conseguiti dal decreto legge 112/2008, la prima manovra correttiva dei conti pubblici di Giulio Tremonti. Già, perché la riforma produrrà effetti anche nei prossimi anni, con la riduzione del numero di studenti per classe, per esempio, e soprattutto con la riduzione a 27 ore dell’orario di lezione obbligatorio delle quarte e quinte classi delle elementari che non hanno ancora fatto in tempo a recepire la riforma della Gelmini. Se il numero di ragazzi dovesse crescere e richiedere più personale, a questo si provvederà attraverso l’utilizzo del 30% dei tagli che il decreto Tremonti destinava a valorizzare il personale fino al 2012 e che il decreto Semplificazione dirotta sull’organico funzionale dei prossimi anni. É previsto anche un fondo aggiuntivo finanziato dai giochi, ma non è quantificato.
da ItaliaOggi 13.03.12

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“l’emendamento oggetto dell’articolo non é del Pd, bensí é stato presentato dai due relatori del provvedimento” (ndr)

"Monti: Rai e giustizia, vertice giovedì. Nuovo scontro tra Bersani e Alfano", di Annalisa Cuzzocrea

Angelino Alfano protesta, accerchiato dagli “alleati”. Non vuole sentirsi dare dell´irresponsabile, ricorda che la vera emergenza è l´economia: «E Casini e Bersani di cosa vogliono parlare? Di Rai e giustizia». Alla fine però deve arrendersi: Pd e Udc dicono no ai veti del Pdl. Il governo fa lo stesso, e convoca un vertice in cui – il programma è dettagliato – ci saranno sia la riforma della giustizia che il futuro della tv pubblica.
L´assalto al gioco dei veti imposto da via dell´Umiltà parte al mattino con una dichiarazione di Enrico Letta: «Se Monti non convoca più vertici tra i leader della maggioranza inizia parabola discendente e rimane anche il Porcellum. Un incubo», scrive su Twitter il vicesegretario pd. Continua Casini: «È in atto un tentativo di indebolire il governo. È un errore molto grave, perché l´esecutivo ha risanato l´economia». E ancora: «L´unico modo serio per rispondere alla questione morale è fare al più presto la legge sulla corruzione senza rimandare tutto alle calende greche». Quanto all´appello di Orvieto, al richiamo dei moderati messo in atto da Alfano, il leader Udc risponde con scetticismo: «Cosa dovrei rispondere quando ci si appella all´unità dei moderati e insieme si fa un richiamo nostalgico al rapporto con la Lega?».
Bersani è il più duro: «Siamo in campagna elettorale?», chiede retorico, concedendosi a una ressa di telecamere e taccuini nel centro di Roma. «Io non me n´ero accorto prima che Alfano sollevasse molti temi polemici. È da irresponsabili accendere dei fuochi in un momento in cui bisogna comunque mandare avanti il governo». Quanto all´incontro fatto saltare dal Pdl la scorsa settimana, precisa: «Io non ho niente contro i vertici a tre. Tornare ai bilaterali mi sembrerebbe un passo del gambero». Invece, al segretario pd appare un salto in avanti parlare di un Monti bis: «Occupiamoci del Monti che c´è», è l´invito. E sulla Rai: «Non si dica che non si può, non si potrebbe. Io sono pronto ad appoggiare un decreto ben motivato che ne cambi la governance. Se poi non si fa non faccio saltare il governo per questo, ma non partecipo. C´è da fare un nuovo cda? Noi non partecipiamo».
Alfano ribatte a caldo: «Bersani mi dà dell´irresponsabile perché voglio parlare di banche e di lavoro. Apprendo inoltre da una battuta di Casini che per lui ora la priorità è il lavoro. La scorsa settimana era la giustizia, quindi benvenuto nel club…». E però, la nota inviata alle nove di sera da Palazzo Chigi sembra segnare uno stop al delfino: Monti convoca Alfano, Bersani e Casini giovedì alle 20. E annuncia: «Particolare attenzione sarà dedicata ad alcuni temi internazionali; alla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali; alle misure per la crescita, l´occupazione e la capacità di attrarre investimenti (tra le quali semplificazioni e giustizia); e alcune prossime scadenze per provvedimenti del governo (tra cui la Rai)». A tarda sera, il segretario Pdl – su Twitter – fa buon viso a cattivo gioco: «Il lavoro al primo posto! Parleremo anche di accesso al credito. Bene agenda Monti, ci sarò». E poi: «Di Rai e giustizia (ultime classificate nell´agenda) parli chi vuole».
Fatto sta che il gioco dei veti è rinviato al mittente. Se ci saranno, a questo punto, dovranno venir fuori a quel tavolo. E lì, saranno molto più difficili da difendere.

La Repubblica 13.03.12

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“Non accetto veti preventivi il governo ne sarebbe indebolito”, di FRANCESCO BEI

Nessuno può mettere veti preventivi. Perché «restringere il perimetro dell´azione di governo significherebbe indebolirlo. Non ce lo possiamo permettere in questo momento». Con tono pacato, al telefono da Bruxelles, Monti svolge la sua azione pedagogica su Angelino Alfano. È giunto il momento di recuperare «un terreno comune di analisi e di azione».
Alle sette di sera il premier vince così le ultime resistenze, ma il segretario del Pdl deve consultarsi, prende tempo. Poi arriva il via libera. Un esito scontato visto che, in caso contrario, c´era il rischio di avvitarsi in una spirale di recriminazioni tra i partiti. «Ma se viene meno la coesione politica tra di voi – ha spiegato Monti ad Alfano e agli altri due leader – è probabile che crolli anche la fiducia dei nostri interlocutori all´estero. Con le conseguenze che tutti possiamo immaginare». Insomma, il baratro è ancora lì, la discesa dello spread di questi ultimi giorni non deve ingannare. Soprattutto il Professore ha paura che la credibilità conquistata in questi mesi presso tutti gli organismi comunitari, a cominciare da quelli finanziari, possa rapidamente svanire.
Monti comprende le esigenze elettorali dei partiti, la difficoltà che sta vivendo Alfano nel Pdl, scosso da tensioni interne e con la prospettiva di un severo cappotto a maggio a causa della fine dell´alleanza del Nord. E tuttavia ha bisogno per il suo governo di «un orizzonte che vada oltre i prossimi due mesi», ovvero che guardi al di là delle amministrative. Da qui la necessità di riconvocare i tre leader a palazzo Chigi domani sera. Un evento simbolo, un chiaro segnale della ricomposizione della maggioranza da inviare all´estero.
Ed è pacifico per Monti che a quel tavolo «si discuterà di tutto». Anche di Rai e di quel ddl anticorruzione – nato all´acqua di rose – che Berlusconi non vuole rendere più stringente, nel timore che qualche pm se ne serva domani contro di lui. Affinché nessuno coltivi illusioni, a palazzo Chigi l´hanno scritto chiaro e tondo persino nel comunicato ufficiale. Rai e giustizia dunque, oltre a ovviamente all´articolo 18. «Su un determinato argomento capisco che possano esserci delle difficoltà – ammette il premier nei suoi ragionamenti – ma sia la Rai che la giustizia non possono uscire dall´azione di governo. Altrimenti prima o poi si arriverebbe alla paralisi». Il capo del governo è consapevole che il suo esecutivo si basa su una maggioranza composita di cui deve tenere conto. Ma non vuole rinunciare preventivamente a verificare se sia possibile trovare in Parlamento una soluzione anche sui provvedimenti più spinosi.
Sulla governance di viale Mazzini, oltretutto, il premier è convinto di aver già concesso molto al Cavaliere. Rinunciando di fatto all´ambizione di riformare una legge, come la Gasparri, che perpetua il dominio dei partiti sull´azienda. Monti era andato persino in tv ad annunciare che qualche novità ci sarebbe stata. E invece niente. Ma, almeno, sulle nomine del Cda che spettano al governo non intende farsi imporre pedine predefinite. Una posizione anticipata nei giorni scorsi anche al capo dello Stato, a cui il premier aveva riferito delle rigidità che stava incontrando sul fronte Rai e su quello giustizia.
Norme indigeste per il Pdl dunque, ma anche per il Pd. Con quella tattica del bilancino politico usata già per il decreto Salva-Italia e le liberalizzazioni: a ogni colpo a destra – stavolta le norme contro la corruzione, la Rai – deve corrispondere un colpo analogo a sinistra, in questo caso la riduzione dell´ombrello sociale rappresentato dall´articolo 18. Monti chiede e si aspetta da tutti «uno sforzo di mediazione», perché nessuno può pensare di entrare in quella riunione in un modo e uscirne con la stessa identica posizione. Ognuno rinunci a qualcosa. Soltanto così si ristabilirà «l´equilibrio» perduto. Del resto al rito del summit collettivo Monti non intende assolutamente rinunciare. Anzi, ha già fatto sapere di voler rilanciare, facendolo diventare un appuntamento fisso, a cadenza quindicinale. Inaccettabile invece sarebbe dover tornare ai bilaterali, alle estenuanti trattative con il blocchetto degli appunti in mano. Anche perché esporrebbero il capo del governo a un compito improbo di mediazione tra posizioni inconciliabili. «Il vertice con i tre segretari – spiegano dall´entourage del premier – diventa una stanza di compensazione in cui i partiti discutono tra di loro e tra di loro trovano il compromesso». Dunque Monti riserve a se il più confortevole ruolo di notaio. «Ma senza apparire come rinunciatari sull´agenda di governo. Questo non ce lo possiamo permettere».

La Repubblica 13.03.12

“Monti: Rai e giustizia, vertice giovedì. Nuovo scontro tra Bersani e Alfano”, di Annalisa Cuzzocrea

Angelino Alfano protesta, accerchiato dagli “alleati”. Non vuole sentirsi dare dell´irresponsabile, ricorda che la vera emergenza è l´economia: «E Casini e Bersani di cosa vogliono parlare? Di Rai e giustizia». Alla fine però deve arrendersi: Pd e Udc dicono no ai veti del Pdl. Il governo fa lo stesso, e convoca un vertice in cui – il programma è dettagliato – ci saranno sia la riforma della giustizia che il futuro della tv pubblica.
L´assalto al gioco dei veti imposto da via dell´Umiltà parte al mattino con una dichiarazione di Enrico Letta: «Se Monti non convoca più vertici tra i leader della maggioranza inizia parabola discendente e rimane anche il Porcellum. Un incubo», scrive su Twitter il vicesegretario pd. Continua Casini: «È in atto un tentativo di indebolire il governo. È un errore molto grave, perché l´esecutivo ha risanato l´economia». E ancora: «L´unico modo serio per rispondere alla questione morale è fare al più presto la legge sulla corruzione senza rimandare tutto alle calende greche». Quanto all´appello di Orvieto, al richiamo dei moderati messo in atto da Alfano, il leader Udc risponde con scetticismo: «Cosa dovrei rispondere quando ci si appella all´unità dei moderati e insieme si fa un richiamo nostalgico al rapporto con la Lega?».
Bersani è il più duro: «Siamo in campagna elettorale?», chiede retorico, concedendosi a una ressa di telecamere e taccuini nel centro di Roma. «Io non me n´ero accorto prima che Alfano sollevasse molti temi polemici. È da irresponsabili accendere dei fuochi in un momento in cui bisogna comunque mandare avanti il governo». Quanto all´incontro fatto saltare dal Pdl la scorsa settimana, precisa: «Io non ho niente contro i vertici a tre. Tornare ai bilaterali mi sembrerebbe un passo del gambero». Invece, al segretario pd appare un salto in avanti parlare di un Monti bis: «Occupiamoci del Monti che c´è», è l´invito. E sulla Rai: «Non si dica che non si può, non si potrebbe. Io sono pronto ad appoggiare un decreto ben motivato che ne cambi la governance. Se poi non si fa non faccio saltare il governo per questo, ma non partecipo. C´è da fare un nuovo cda? Noi non partecipiamo».
Alfano ribatte a caldo: «Bersani mi dà dell´irresponsabile perché voglio parlare di banche e di lavoro. Apprendo inoltre da una battuta di Casini che per lui ora la priorità è il lavoro. La scorsa settimana era la giustizia, quindi benvenuto nel club…». E però, la nota inviata alle nove di sera da Palazzo Chigi sembra segnare uno stop al delfino: Monti convoca Alfano, Bersani e Casini giovedì alle 20. E annuncia: «Particolare attenzione sarà dedicata ad alcuni temi internazionali; alla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali; alle misure per la crescita, l´occupazione e la capacità di attrarre investimenti (tra le quali semplificazioni e giustizia); e alcune prossime scadenze per provvedimenti del governo (tra cui la Rai)». A tarda sera, il segretario Pdl – su Twitter – fa buon viso a cattivo gioco: «Il lavoro al primo posto! Parleremo anche di accesso al credito. Bene agenda Monti, ci sarò». E poi: «Di Rai e giustizia (ultime classificate nell´agenda) parli chi vuole».
Fatto sta che il gioco dei veti è rinviato al mittente. Se ci saranno, a questo punto, dovranno venir fuori a quel tavolo. E lì, saranno molto più difficili da difendere.

La Repubblica 13.03.12

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“Non accetto veti preventivi il governo ne sarebbe indebolito”, di FRANCESCO BEI

Nessuno può mettere veti preventivi. Perché «restringere il perimetro dell´azione di governo significherebbe indebolirlo. Non ce lo possiamo permettere in questo momento». Con tono pacato, al telefono da Bruxelles, Monti svolge la sua azione pedagogica su Angelino Alfano. È giunto il momento di recuperare «un terreno comune di analisi e di azione».
Alle sette di sera il premier vince così le ultime resistenze, ma il segretario del Pdl deve consultarsi, prende tempo. Poi arriva il via libera. Un esito scontato visto che, in caso contrario, c´era il rischio di avvitarsi in una spirale di recriminazioni tra i partiti. «Ma se viene meno la coesione politica tra di voi – ha spiegato Monti ad Alfano e agli altri due leader – è probabile che crolli anche la fiducia dei nostri interlocutori all´estero. Con le conseguenze che tutti possiamo immaginare». Insomma, il baratro è ancora lì, la discesa dello spread di questi ultimi giorni non deve ingannare. Soprattutto il Professore ha paura che la credibilità conquistata in questi mesi presso tutti gli organismi comunitari, a cominciare da quelli finanziari, possa rapidamente svanire.
Monti comprende le esigenze elettorali dei partiti, la difficoltà che sta vivendo Alfano nel Pdl, scosso da tensioni interne e con la prospettiva di un severo cappotto a maggio a causa della fine dell´alleanza del Nord. E tuttavia ha bisogno per il suo governo di «un orizzonte che vada oltre i prossimi due mesi», ovvero che guardi al di là delle amministrative. Da qui la necessità di riconvocare i tre leader a palazzo Chigi domani sera. Un evento simbolo, un chiaro segnale della ricomposizione della maggioranza da inviare all´estero.
Ed è pacifico per Monti che a quel tavolo «si discuterà di tutto». Anche di Rai e di quel ddl anticorruzione – nato all´acqua di rose – che Berlusconi non vuole rendere più stringente, nel timore che qualche pm se ne serva domani contro di lui. Affinché nessuno coltivi illusioni, a palazzo Chigi l´hanno scritto chiaro e tondo persino nel comunicato ufficiale. Rai e giustizia dunque, oltre a ovviamente all´articolo 18. «Su un determinato argomento capisco che possano esserci delle difficoltà – ammette il premier nei suoi ragionamenti – ma sia la Rai che la giustizia non possono uscire dall´azione di governo. Altrimenti prima o poi si arriverebbe alla paralisi». Il capo del governo è consapevole che il suo esecutivo si basa su una maggioranza composita di cui deve tenere conto. Ma non vuole rinunciare preventivamente a verificare se sia possibile trovare in Parlamento una soluzione anche sui provvedimenti più spinosi.
Sulla governance di viale Mazzini, oltretutto, il premier è convinto di aver già concesso molto al Cavaliere. Rinunciando di fatto all´ambizione di riformare una legge, come la Gasparri, che perpetua il dominio dei partiti sull´azienda. Monti era andato persino in tv ad annunciare che qualche novità ci sarebbe stata. E invece niente. Ma, almeno, sulle nomine del Cda che spettano al governo non intende farsi imporre pedine predefinite. Una posizione anticipata nei giorni scorsi anche al capo dello Stato, a cui il premier aveva riferito delle rigidità che stava incontrando sul fronte Rai e su quello giustizia.
Norme indigeste per il Pdl dunque, ma anche per il Pd. Con quella tattica del bilancino politico usata già per il decreto Salva-Italia e le liberalizzazioni: a ogni colpo a destra – stavolta le norme contro la corruzione, la Rai – deve corrispondere un colpo analogo a sinistra, in questo caso la riduzione dell´ombrello sociale rappresentato dall´articolo 18. Monti chiede e si aspetta da tutti «uno sforzo di mediazione», perché nessuno può pensare di entrare in quella riunione in un modo e uscirne con la stessa identica posizione. Ognuno rinunci a qualcosa. Soltanto così si ristabilirà «l´equilibrio» perduto. Del resto al rito del summit collettivo Monti non intende assolutamente rinunciare. Anzi, ha già fatto sapere di voler rilanciare, facendolo diventare un appuntamento fisso, a cadenza quindicinale. Inaccettabile invece sarebbe dover tornare ai bilaterali, alle estenuanti trattative con il blocchetto degli appunti in mano. Anche perché esporrebbero il capo del governo a un compito improbo di mediazione tra posizioni inconciliabili. «Il vertice con i tre segretari – spiegano dall´entourage del premier – diventa una stanza di compensazione in cui i partiti discutono tra di loro e tra di loro trovano il compromesso». Dunque Monti riserve a se il più confortevole ruolo di notaio. «Ma senza apparire come rinunciatari sull´agenda di governo. Questo non ce lo possiamo permettere».

La Repubblica 13.03.12

“Monti: Rai e giustizia, vertice giovedì. Nuovo scontro tra Bersani e Alfano”, di Annalisa Cuzzocrea

Angelino Alfano protesta, accerchiato dagli “alleati”. Non vuole sentirsi dare dell´irresponsabile, ricorda che la vera emergenza è l´economia: «E Casini e Bersani di cosa vogliono parlare? Di Rai e giustizia». Alla fine però deve arrendersi: Pd e Udc dicono no ai veti del Pdl. Il governo fa lo stesso, e convoca un vertice in cui – il programma è dettagliato – ci saranno sia la riforma della giustizia che il futuro della tv pubblica.
L´assalto al gioco dei veti imposto da via dell´Umiltà parte al mattino con una dichiarazione di Enrico Letta: «Se Monti non convoca più vertici tra i leader della maggioranza inizia parabola discendente e rimane anche il Porcellum. Un incubo», scrive su Twitter il vicesegretario pd. Continua Casini: «È in atto un tentativo di indebolire il governo. È un errore molto grave, perché l´esecutivo ha risanato l´economia». E ancora: «L´unico modo serio per rispondere alla questione morale è fare al più presto la legge sulla corruzione senza rimandare tutto alle calende greche». Quanto all´appello di Orvieto, al richiamo dei moderati messo in atto da Alfano, il leader Udc risponde con scetticismo: «Cosa dovrei rispondere quando ci si appella all´unità dei moderati e insieme si fa un richiamo nostalgico al rapporto con la Lega?».
Bersani è il più duro: «Siamo in campagna elettorale?», chiede retorico, concedendosi a una ressa di telecamere e taccuini nel centro di Roma. «Io non me n´ero accorto prima che Alfano sollevasse molti temi polemici. È da irresponsabili accendere dei fuochi in un momento in cui bisogna comunque mandare avanti il governo». Quanto all´incontro fatto saltare dal Pdl la scorsa settimana, precisa: «Io non ho niente contro i vertici a tre. Tornare ai bilaterali mi sembrerebbe un passo del gambero». Invece, al segretario pd appare un salto in avanti parlare di un Monti bis: «Occupiamoci del Monti che c´è», è l´invito. E sulla Rai: «Non si dica che non si può, non si potrebbe. Io sono pronto ad appoggiare un decreto ben motivato che ne cambi la governance. Se poi non si fa non faccio saltare il governo per questo, ma non partecipo. C´è da fare un nuovo cda? Noi non partecipiamo».
Alfano ribatte a caldo: «Bersani mi dà dell´irresponsabile perché voglio parlare di banche e di lavoro. Apprendo inoltre da una battuta di Casini che per lui ora la priorità è il lavoro. La scorsa settimana era la giustizia, quindi benvenuto nel club…». E però, la nota inviata alle nove di sera da Palazzo Chigi sembra segnare uno stop al delfino: Monti convoca Alfano, Bersani e Casini giovedì alle 20. E annuncia: «Particolare attenzione sarà dedicata ad alcuni temi internazionali; alla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali; alle misure per la crescita, l´occupazione e la capacità di attrarre investimenti (tra le quali semplificazioni e giustizia); e alcune prossime scadenze per provvedimenti del governo (tra cui la Rai)». A tarda sera, il segretario Pdl – su Twitter – fa buon viso a cattivo gioco: «Il lavoro al primo posto! Parleremo anche di accesso al credito. Bene agenda Monti, ci sarò». E poi: «Di Rai e giustizia (ultime classificate nell´agenda) parli chi vuole».
Fatto sta che il gioco dei veti è rinviato al mittente. Se ci saranno, a questo punto, dovranno venir fuori a quel tavolo. E lì, saranno molto più difficili da difendere.

La Repubblica 13.03.12

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“Non accetto veti preventivi il governo ne sarebbe indebolito”, di FRANCESCO BEI

Nessuno può mettere veti preventivi. Perché «restringere il perimetro dell´azione di governo significherebbe indebolirlo. Non ce lo possiamo permettere in questo momento». Con tono pacato, al telefono da Bruxelles, Monti svolge la sua azione pedagogica su Angelino Alfano. È giunto il momento di recuperare «un terreno comune di analisi e di azione».
Alle sette di sera il premier vince così le ultime resistenze, ma il segretario del Pdl deve consultarsi, prende tempo. Poi arriva il via libera. Un esito scontato visto che, in caso contrario, c´era il rischio di avvitarsi in una spirale di recriminazioni tra i partiti. «Ma se viene meno la coesione politica tra di voi – ha spiegato Monti ad Alfano e agli altri due leader – è probabile che crolli anche la fiducia dei nostri interlocutori all´estero. Con le conseguenze che tutti possiamo immaginare». Insomma, il baratro è ancora lì, la discesa dello spread di questi ultimi giorni non deve ingannare. Soprattutto il Professore ha paura che la credibilità conquistata in questi mesi presso tutti gli organismi comunitari, a cominciare da quelli finanziari, possa rapidamente svanire.
Monti comprende le esigenze elettorali dei partiti, la difficoltà che sta vivendo Alfano nel Pdl, scosso da tensioni interne e con la prospettiva di un severo cappotto a maggio a causa della fine dell´alleanza del Nord. E tuttavia ha bisogno per il suo governo di «un orizzonte che vada oltre i prossimi due mesi», ovvero che guardi al di là delle amministrative. Da qui la necessità di riconvocare i tre leader a palazzo Chigi domani sera. Un evento simbolo, un chiaro segnale della ricomposizione della maggioranza da inviare all´estero.
Ed è pacifico per Monti che a quel tavolo «si discuterà di tutto». Anche di Rai e di quel ddl anticorruzione – nato all´acqua di rose – che Berlusconi non vuole rendere più stringente, nel timore che qualche pm se ne serva domani contro di lui. Affinché nessuno coltivi illusioni, a palazzo Chigi l´hanno scritto chiaro e tondo persino nel comunicato ufficiale. Rai e giustizia dunque, oltre a ovviamente all´articolo 18. «Su un determinato argomento capisco che possano esserci delle difficoltà – ammette il premier nei suoi ragionamenti – ma sia la Rai che la giustizia non possono uscire dall´azione di governo. Altrimenti prima o poi si arriverebbe alla paralisi». Il capo del governo è consapevole che il suo esecutivo si basa su una maggioranza composita di cui deve tenere conto. Ma non vuole rinunciare preventivamente a verificare se sia possibile trovare in Parlamento una soluzione anche sui provvedimenti più spinosi.
Sulla governance di viale Mazzini, oltretutto, il premier è convinto di aver già concesso molto al Cavaliere. Rinunciando di fatto all´ambizione di riformare una legge, come la Gasparri, che perpetua il dominio dei partiti sull´azienda. Monti era andato persino in tv ad annunciare che qualche novità ci sarebbe stata. E invece niente. Ma, almeno, sulle nomine del Cda che spettano al governo non intende farsi imporre pedine predefinite. Una posizione anticipata nei giorni scorsi anche al capo dello Stato, a cui il premier aveva riferito delle rigidità che stava incontrando sul fronte Rai e su quello giustizia.
Norme indigeste per il Pdl dunque, ma anche per il Pd. Con quella tattica del bilancino politico usata già per il decreto Salva-Italia e le liberalizzazioni: a ogni colpo a destra – stavolta le norme contro la corruzione, la Rai – deve corrispondere un colpo analogo a sinistra, in questo caso la riduzione dell´ombrello sociale rappresentato dall´articolo 18. Monti chiede e si aspetta da tutti «uno sforzo di mediazione», perché nessuno può pensare di entrare in quella riunione in un modo e uscirne con la stessa identica posizione. Ognuno rinunci a qualcosa. Soltanto così si ristabilirà «l´equilibrio» perduto. Del resto al rito del summit collettivo Monti non intende assolutamente rinunciare. Anzi, ha già fatto sapere di voler rilanciare, facendolo diventare un appuntamento fisso, a cadenza quindicinale. Inaccettabile invece sarebbe dover tornare ai bilaterali, alle estenuanti trattative con il blocchetto degli appunti in mano. Anche perché esporrebbero il capo del governo a un compito improbo di mediazione tra posizioni inconciliabili. «Il vertice con i tre segretari – spiegano dall´entourage del premier – diventa una stanza di compensazione in cui i partiti discutono tra di loro e tra di loro trovano il compromesso». Dunque Monti riserve a se il più confortevole ruolo di notaio. «Ma senza apparire come rinunciatari sull´agenda di governo. Questo non ce lo possiamo permettere».

La Repubblica 13.03.12