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Caro Andrea, ecco i meriti del nuovo sistema

FINALE EMILIA. INAUGURAZIONE DEL LICEO MORANDI. LA PALAZZINA CON I LABORATORI

Il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto, oggi, su Repubblica, critica il nuovo sistema di formazione e di accesso all’insegnamento dei docenti di scuola secondaria, oggetto di una delega al governo in discussione in Commissione Istruzione di Camera e Senato. Sono relatrice di questa delega, pertanto desidero rispondere ad Andrea Gavosto spiegando quelli che, secondo me, sono le novità e i meriti della riforma.

Caro Andrea,
il timore che la delega sulla formazione iniziale e accesso al ruolo dei docenti possa modificare in peggio la scuola italiana è totalmente infondato. Il nuovo sistema, infatti, consentirà di preparare docenti competenti nelle discipline e negli ambiti specifici della professione; si avvarrà di commissioni miste di esperti (provenienti da scuola e da università) per valutare, nel corso di un triennio, se la persona in formazione ha e sta acquisendo le qualità necessarie per diventare un docente (se non dovesse conseguirle, avrà un titolo adeguato per intraprendere un’altra strada, diversa dall’insegnamento); formerà docenti in numero coerente con i posti realmente a disposizione, aggredendo concretamente il fenomeno del precariato.

L’obiettivo prioritario oggetto della delega è quello di formare un neo-docente della scuola secondaria (giovane e motivato) tanto esperto dei saperi delle proprie discipline quanto già solido nelle competenze che caratterizzeranno la sua professione (da aggiornare e rafforzare con la successiva formazione in servizio), vale a dire quelle psicopedagogiche ed inclusive, relazionali, metodologico-didattiche, valutative, organizzative, di ricerca e di documentazione. Siamo tutti consapevoli che tali competenze, fortemente correlate tra di esse, crescano e si consolidino nel tempo, mano a mano che il docente affronta l’insegnamento e lo arricchisce con l’attività di studio e di riflessione sulla propria esperienza didattica. E proprio per questo non credo affatto – e non per pregiudizio, bensì per gli insuccessi concreti che abbiamo alle spalle in 30 anni di tentativi – che tale ricchezza e complessità di formazione e competenze possa essere affidata ad un biennio accademico successivo alla laurea triennale. Che voce avrebbe la scuola in questo modello in cui la supremazia progettuale e culturale è affidata all’Università, che rilascia il titolo conclusivo di un ciclo di studi? A cadere nell’antico vizio “del prima la teoria, poi la pratica” non è certamente il nuovo sistema proposto nella legge 107 e, ora, nella delega che prevede, per la prima volta rispetto ai temi della formazione dei docenti, la “collaborazione strutturata e paritetica fra scuola, università e istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”. Una frase che contiene una piccola rivoluzione progettuale! Sono consapevole che sia necessario esplicitate le modalità e gli strumenti con i quali agire questa collaborazione strutturata (dateci una mano perché questo accada nei migliori dei modi!), ma non si può negare che si tratti di un enorme passo avanti per estirpare il vizio della pratica separata dalla teoria, in particolare se lo si connette al contratto triennale, che segue il superamento del concorso, interamente dedicato alla “professionalizzazione” dell’aspirante docente. Un triennio durante il quale l’aspirante docente sarà indirizzato ed accompagnato – con oneri a carico dello Stato, inclusi quelli previdenziali e contributivi – nell’acquisizione progressiva delle competenze che gli consentiranno di essere un futuro bravo docente, mentre oggi, ammettiamolo, è l’aspirante docente che se ne deve fare carico con l’iscrizione ai costosi TFA/PAS e con la pratica esercitata in solitudine sui discenti, nei lunghi anni di precariato. In sintesi, potremmo dire che il triennio di formazione punta a costruire uno strettissimo, contemporaneo e indissolubile rapporto tra sapere e sapere agito, necessario per stimolare competenze professionali.
Tu poni una questione molto seria, che necessita di tutta la nostra intelligenza: giustamente, paventi che dopo aver superato un concorso, durante il contratto triennale a tempo determinato nessuno potrà “impedire il passaggio in ruolo del docente che si rilevi inadatto”. Personalmente ho più fiducia di te nelle capacità valutative delle commissioni “miste” – cioè composte da universitari e docenti e dirigenti scolastici – che dovranno esaminare ogni passo compiuto dal docente in formazione nel corso del triennio, ma convengo che occorra disciplinare i meccanismi di valutazione in itinere e in particolare la verifica finale, prima del passaggio in ruolo. Il mio invito è: riflettiamoci, e troviamo insieme (esperti, mondo della scuola e accademici) una metodologia che tuteli la scuola dall’ingresso di docenti immeritevoli. Peraltro, non si dimentichi che il titolo precedentemente conseguito con la laurea magistrale consentirà all’aspirante docente che abbia ottenuto un esito negativo nel corso del triennio professionalizzante di cercare e ottenere comunque un lavoro nell’ambito dei propri studi, mentre una laurea a indirizzo didattico, non sarà spendibile se non in ambito scolastico. Abbiamo davvero bisogno di giovani frustrati nelle loro attese professionali? Su questo aspetto, Ti chiedo un supplemento di riflessione, anche alla luce della legittima pressione esercitata dai precari ad essere stabilizzati dopo che sono stati abilitati alla professione dalle università e dopo che, per anni, hanno esercitato la professione in qualità di supplenti. Solo un concorso può dare la certezza di bandire un numero di posti strettamente connesso alle necessità didattiche: e il nuovo sistema si fa carico di questa esigenza. Lo so: abbiamo di fronte una sfida, ma non impossibile. Non possiamo lasciare decadere la delega che ha il coraggio di unire la formazione iniziale all’accesso alla formazione (lo riconosci anche tu che questo è un merito che non va liquidato come fosse un’inezia). Cosa ne ricaveresti, concretamente, da questa eventualità? Di compiere tre passi indietro. Si tornerebbe ad un velleitario sistema di abilitazione alla professione docente mediante un anno accademico, con sporadici contatti con la scuola; si continuerà ad accrescere il numero dei precari; scuola e università non progetteranno mai insieme la figura del docente. Davvero rimpiangi questo sistema? Lavoriamo a migliorare i contenuti della delega semmai, ma non torniamo indietro. Per il bene della scuola, di chi ci lavora e di chi ci studia.

Il Parlamento a tutela degli orfani, figli di madri vittime di crimini domestici

E’ uscito sul settimanale Notizie una mia riflessione, in occasione dell’8 marzo, sulla legge a tutela dei figli rimasti orfani in seguito a un crimine domestico. “Orfani due volte” come giustamente ha intitolato il settimanale. Proprio nel pomeriggio di mercoledì 1° marzo la Camera ha approvato, all’unanimità, la legge, che ora passa al Senato dove auspichiamo un’approvazione altrettanto larga e in tempi brevi. Ecco il testo della mia riflessione gentilmente pubblicata da Notizie:

IL PARLAMENTO A TUTELA DEGLI ORFANI, FIGLI DI MADRI VITTIME DI CRIMINI DOMESTICI
di Manuela Ghizzoni, componente della Commissione Cultura della Camera dei deputati

L’8 marzo, Festa della donna, negli ultimi decenni, si sdoppia sempre più tra festa commerciale e momento di riflessione sulla situazione femminile nel nostro Paese. Personalmente, vorrei incrementare questo secondo filone di analisi, affinché questa giornata possa essere davvero di festa per tutte. Fino a quando ci saranno donne violate, maltrattate e vituperate ci sarà ben poco da festeggiare. I numeri sono impressionanti. A ricordarli è stata la Polizia di Stato nell’ambito del lancio della campagna “Questo non è amore…”: in Italia, ogni 3 giorni e mezzo, avviene un omicidio in ambito familiare o affettivo. Ogni giorno, vengono compiuti ai danni delle donne 23 atti persecutori, 28 maltrattamenti, 16 episodi di percosse, 9 violenze sessuali. Cifre a cui si aggiunge tutto quel sommerso di violenza e sopraffazioni che non sfocia in una denuncia. Le storie tossiche che, pressoché giornalmente, la cronaca ci riporta nascono tutte, invariabilmente, con il racconto di comportamenti aggressivi, morbosi e intimidatori che, però, soprattutto agli inizi, vengono travisati dalle interessate, ma anche da parenti e amiche, come espressioni di un amore appassionato e innocua gelosia. E, invece, sono le avvisaglie di un crescendo di violenze che, complice la solitudine e l’isolamento delle vittime, si radicalizzano fino al doloroso esito finale: l’uccisione della donna, alla quale, purtroppo, molto spesso assistono i figli così come hanno assistito, impotenti, all’escalation di violenza. Sono loro, i figli, spesso minorenni, le altre vittime della barbarie domestica. Bambini e ragazzi che, secondo un recente studio, crescono nella convinzione che quella sia la normalità dei rapporti tra uomini e donne e che, se non aiutati, sono destinati a perpetuare quello schema affettivo innaturale e distruttivo. Rimasti da soli, con la madre morta e il padre in carcere o suicidatosi, assistono impotenti al dispiegarsi di una burocrazia insensata che, in molti casi, “premia” il genitore assassino con la pensione di reversibilità della moglie uccisa o addirittura con la sua eredità, sottraendo risorse proprio ai figli. E’ anche per cancellare queste mostruosità giuridiche che la Camera sta lavorando per approvare, in prossimità dell’8 marzo, una legge a tutela di questi ragazzi: “Modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici”. Contiene norme importanti, principi di civiltà a tutela dei minorenni, ma anche dei maggiorenni, divenuti orfani in seguito a un femminicidio. Si prevede per loro il patrocinio gratuito in tutti i procedimenti penali e civili che derivano dal reato commesso; la pensione di reversibilità; il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili dell’imputato a garanzia del risarcimento dei danni civili a favore, appunto, dei figli della vittima; l’assistenza medica e psicologica gratuita fino a che non si sia ripristinato un equilibrio psico-fisico possibile; l’indegnità del genitori omicida che viene escluso dall’asse ereditario; la garanzia della continuità affettiva. Il Fondo per le vittime della mafia, inoltre, viene allargato anche alle vittime dei crimini domestici per cui ben 2 milioni di euro saranno utilizzati per borse di studio e l’avvio nel mondo del lavoro di questi giovani orfani. Era l’impegno che la presidente della Camera Boldrini si era presa nei confronti di Nancy, studentessa di Giurisprudenza, che si è fatta portavoce dei giovani che, come lei e i suoi fratelli, hanno visto la propria vita familiare distrutta da un crimine domestico. E’ l’impegno che, come parlamentari, ci assumiamo nei confronti di queste vittime della sopraffazione nella relazione malata tra uomini e donne.

Il ministro Franceschini a Carpi, per ricordare da dove veniamo

Nel pomeriggio di mercoledì 1° marzo, a Carpi, è stato presentato il nuovo catalogo del Museo monumento al Deportato politico e razziale, curato da Marzia Luppi e Patrizia Tamassia. La chiusura dei lavori dell’iniziativa di presentazione era affidata al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, il quale ha colto l’occasione per una visita all’ex Campo di transito di Fossoli e poi al Museo Monumento al Deportato politico e razziale di Carpi. Per ricordare da dove veniamo.

Arriva a Bologna il Data center del Centro europeo per le previsioni meteorologiche


Una sfida vinta. Una grande soddisfazione. Un passo ulteriore verso l’Europa a discapito dei piccoli campanilismi. Ha tanti significati l’annuncio che Bologna, dal 2019, ospiterà il Data center del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine che troverà casa nel nuovo Tecnopolo, all’ex Manifattura Tabacchi di via Stalingrado. Si premia un territorio, capacità e competenze nate e sviluppate in loco sul trattamento dei big data, l’aver realizzato un lavoro di squadra tra locale e nazionale (tanti i Ministeri coinvolti, non solo quello dell’Istruzione, Università e Ricerca). Si aprono grandi prospettive a livello internazionale. La presenza del Centro farà da catalizzatore per altri enti e soggetti interessati sia sul fronte dei calcoli complessi che su quello delle ricerche meteorologiche, ma nel contempo rappresenterà una ulteriore promozione e crescita per tutto il territorio, le sue competenze, la sua capacità di coordinare una filiera, il suo saper fare e il suo stile di vita. Bravi a tutti coloro che hanno lavorato perché questo avvenisse!

La Dis-coll diventa strutturale e viene estesa ai lavoratori della ricerca


Una piccola battaglia vinta. Finalmente il riconoscimento di un diritto per i tanti giovani che sono impegnati nella ricerca nelle università italiane, che si salda su un principio: la ricerca è lavoro. La Commissione Lavoro della Camera ha approvato l’emendamento al disegno di legge delega sul lavoro autonomo non imprenditoriale che rende strutturale la cosiddetta Dis-coll, l’indennità di disoccupazione per i collaboratori (co.co.co e co.co.pro) e ne estende l’applicazione ad assegnisti e dottorandi di ricerca. Un primo passo in questa direzione, era stato già compiuto con il decreto Milleproroghe che, appena qualche giorno fa, aveva prorogato l’applicazione dell’indennità (istituita in forma sperimentale nel 2015 e poi estesa anche al 2016) fino a giugno di quest’anno. Alle proteste che si erano levate, i parlamentari Pd avevano assicurato che c’era l’impegno del Governo a rendere strutturale la misura di sostegno ai collaboratori che dovessero perdere il lavoro e ad estenderla alle figure “atipiche” della ricerva. Ora quell’impegno è stato mantenuto: dal 1° luglio 2017 non solo la Dis-coll diventa misura strutturale (non dovrà più essere prevista e prorogata da specifiche norme), ma si estende nella sua applicazione anche ai collaboratori che lavorano nel campo della ricerca nei nostri atenei, ovvero assegnisti e dottorandi di ricerca. Un tentativo in questo senso era già stato fatto durante la discussione delle leggi di bilancio per il 2016 e per 2017, purtroppo senza esito positivo: ma la tenacia che nasce dalle buone ragioni ci ha spinto a non abbandonare l’impegno. E la tenacia, sostenuta dalle associazioni di assegnisti e dei dottori di ricerca, ha finalmente dato gli esiti attesi. Il relatore del provvedimento Cesare Damiano ha assicurato che la Legge sul lavoro autonomo approderà in Aula nei primi giorni della prossima settimana: poi dovrà tornare al Senato in seconda lettura, ma l’impegno è ormai stato preso.

letto d'ospedale

Fine vita, acceleriamo sulla Legge per Disposizioni anticipate di trattamento


La drammatica vicenda umana di dj Fabo interroga la coscienza di tutti, compresi quelli che urlano intransigenza, quelli che urlano contro i politici imbelli, quelli che urlano per l’eutanasia. Come la penso io, l’ho già spiegato qualche giorno fa. Al di là del clamore mediatico che alcuni casi, eclatanti e molto dibattuti, sono in grado di raccogliere (Eluana Englaro, Terri Schiavo, Piergiorgio Welby), credo comunque che si debbano concentrare i nostri sforzi, intendo di parlamentari, per portare in Aula alla Camera il disegno di legge sulle Dat, le disposizioni anticipate di trattamento. E’ il cosiddetto “testamento biologico” che, nelle nostre terre, ha da tempo mosso i primi passi pratici, tanto che la provincia di Modena è la prima a livello nazionale per numero di Registri comunali istituiti. Secondo i dati forniti dall’associazione “Libera Uscita” sono, infatti, ben 19 i Comuni modenesi presso cui è stato istituito lo specifico Registro che raccoglie le volontà dei singoli cittadini sulla fine della propria vita, contro l’inutile accanimento terapeutico e la designazione di un proprio rappresentante che sia in grado di far valere le proprie volontà nel momento in cui non si abbia più la forza fisica e la coscienza di sé per poterlo fare autonomamente. Sono temi estremamente delicati, che riguardano la vita di tutti noi e di chi ci è più vicino. Arrivare a legiferare sull’argomento è doveroso e, io credo, ormai improrogabile. Il testo messo a punto, in seguito allo scrupoloso lavoro fatto in Commissione, si basa su un principio imprescindibile: il rispetto della volontà del paziente, anche quando non sarà più in grado di esprimerla coscientemente. Si prevede esplicitamente la possibilità di rifiutare trattamenti sanitari inutilmente accanenti, inclusi l’idratazione e la nutrizione artificiale, assicurando sempre l’erogazione delle cure palliative e, soprattutto, senza abbandonare il paziente al proprio destino. L’approvazione delle Dat costituirebbe un enorme passo in avanti nel campo della tutela dei diritti del cittadino. E questo Parlamento, pur così tanto bistrattato, in questi anni ha dimostrato di sapere compiere scelte considerate impensabili fino a poco tempo fa in difesa dei diritti civili.

Neofascismi, a Modena parliamone in un tavolo apposito


La mattina di lunedì 27 febbraio, insieme ai colleghi parlamentari modenesi del Pd Davide Baruffi e Stefano Vaccari e al consigliere regionale Pd Luca Sabattini, ho partecipato all’incontro promosso dall’Anpi per discutere di come affrontare il ripresentarsi di forze che si ispirano a ideologie neofasciste e che vogliono organizzare iniziative, manifestazioni o aprire circoli pseudo-culturali nel modenese. Come esponenti del Partito democratico siamo stati, e sempre saremo, al fianco di associazioni come l’Anpi che lavorano per affermare e difendere i valori democratici della nostra comunità. Desta grande preoccupazione l’affermarsi, soprattutto tra i giovanissimi, di idee e modalità di comportamento che fanno diretto riferimento a ideologie che credevamo già abbondantemente sconfitte dalla storia. E questo senza che vi sia una adeguata risposta sociale di contrasto e condanna: spesso, si registrano piuttosto sottovalutazioni e derubricazione del fenomeno a mero dibattito e confronto delle idee. Anche questa volta, all’incontro eravamo presenti soltanto noi del Partito democratico, nonostante il tema debba interessare e preoccupare tutta la nostra comunità. Eppure, episodi come le recenti contestazioni dei tassisti a Roma, appoggiate dalla sindaca Raggi, ma connotate da un linguaggio, da azioni e da una gestualità di chiara ispirazione fascista, dovrebbero tutti farci riflettere sulla attualità di quello che non è solo un pericolo eventuale e paventato. Com’è noto, il tema è affrontato in due distinte leggi (la legge Scelba e la legge Mancino) e nella disposizione transitoria della Costituzione. La stessa magistratura si è dimostrata non omogenea nell’applicazione della normativa: da una parte le prese di posizioni rigorose della Corte di cassazione e, dall’altra, le recentissime sentenze di alcuni giudici che hanno stabilito che un linguaggio di ispirazione razzista durante un incontro sportivo o, addirittura, saluti romani al camerata durante una commemorazione funebre, non costituiscano, visti gli ambiti particolari in cui si sono verificati, un vero pericolo di diffusione dell’ideologia fascista. Sul tema, crediamo, debba esserci una condivisione di obiettivi per poi capire quali azioni sia necessario intraprendere. E’ per questo che, come Pd, proponiamo che a Modena si costituisca un tavolo in cui siedano tutti i soggetti coinvolti – le istituzioni, i rappresentanti del Governo, i parlamentari di tutte le forze politiche, le associazioni, la magistratura – affinché ci si possa confrontare sulle difficoltà di applicazione della normativa vigente e su una sua eventuale necessità di manutenzione. Ad esempio, come Pd abbiamo già presentato sia alla Camera che al Senato due disegni di legge di modifica della Legge Scelba per vietare la commercializzazione dei gadget di ispirazione fascista e nazista, mentre la Regione Emilia-Romagna ha appena emanato una Legge sulla memoria del ‘900. Bisogna ribadire che l’apologia di fascismo è un reato, e come tale è da trattare. La diffusione di una ideologia neofascista non è espressione della libertà di pensiero, ma propaganda di ideologie che avversano proprio la libertà di pensiero ed espressione.