Ad oggi, nonostante a più riprese – prima con il decreto Art bonus e poi con il ddl Concorrenza, fermo da molti mesi al Senato – si sia cercato di introdurre un principio di salvaguardia del lavoro di studiosi e ricercatori, non è ancora possibile riprodurre liberamente, e in maniera gratuita, manoscritti e documenti di archivio per finalità non lucrative, appunto di studio e di ricerca. E’ per questo motivo che ho presentato una interrogazione al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini per chiederne un intervento in via amministrativa, nell’attesa di una norma specifica. Il tema è particolarmente sentito, tanto che circa 3mila studiosi di tutto il mondo hanno sottoscritto l’appello del movimento “Fotografie libere per i Beni culturali”. Di recente, nel maggio scorso, anche il Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici si è fatto portavoce dell’esigenze espressa dagli studiosi di una riforma del regime delle riproduzioni dei beni archivistici e bibliografici, naturalmente nel rispetto delle esigenze di conservazione e delle norme a tutela del diritto di autore e della riservatezza. Quello che era uscito dalla porta della legge sull’Art bonus, in seguito a una modifica approvata in sede di conversione in legge del decreto, si sta ora cercando di recuperare con la Legge annuale per il mercato e la concorrenza, grazie a un emendamento presentato al Senato. Nell’attesa che il provvedimento compia il suo percorso tra i due rami del Parlamento, però, ho pensato che fosse opportuno chiedere l’intervento diretto del ministro affinchè, con un proprio provvedimento amministrativo, sani il vulnus in modo da agevolare la ricerca scientifica condotta ogni giorno da studiosi e ricercatori nel settore del patrimonio culturale, già costretti ad operare in condizioni economiche e professionali assai precarie, il più delle volte armati della sola passione.
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Tempa rossa, dalla gogna mediatica all’indifferenza per le richieste di archiviazione
Un’altra vicenda giudiziaria che si avvia alla chiusura con l’archiviazione; dal clamore mediatico si passa al generale silenzio dei media. Forse avete dimenticato la vicenda di Tempa rossa e della sguattera guatemalteca – archiviata alla categoria “indignazione” – ma a marzo occupò le prime pagine dei giornali con ripercussioni politiche non banali. Il ministro Federica Guidi fu travolta dallo scandalo sollecitato dalla pubblicazione di telefonate con l’allora compagno Gianluca Gemelli: telefonate non penalmente rilevanti, ma che rivelavano anche aspetti privati di un rapporto al capolinea, dati in pasto all’opinione pubblica che si fissò su quel termine (“sguattera guatemalteca”) che sviliva la donna e il suo ruolo pubblico. Il ministro non fu indagato, ma si dimise. La vicenda fu cavalcata, con indignata gravità dalle opposizioni, Movimento 5 stelle in primis, traendone un vantaggio in termini di consensi. A distanza di poco meno di un anno, la Procura di Roma, a cui per competenza è arrivata l’indagine, chiede l’archiviazione per i principali indagati, inclusi Gianluca Gemelli e l’ammiraglio De Giorgi, accusato di abuso d’ufficio e che in estate è andato silenziosamente in pensione. La notizia che allora aveva riempito le prime pagine, scivola ora in quelle interne di alcuni quotidiani. La ministra Guidi fece bene a dimettersi: oltre alla rilevanza penale delle proprie azioni, per un politico – rispetto al comune cittadino – c’è il tema dell’opportunità e delle condizioni in cui svolgere il proprio mandato e la vicenda Tempa rossa ne aveva compromesso la serenità necessaria. Ma la questione generale – e rilevante per gli indagati – è che la presunzione di innocenza, caposaldo del nostro ordinamento giuridico, si è ormai trasformata per i cittadini e l’informazione in presunzione di colpevolezza. Vero, il giustizialismo imperante è stato alimentato da corruzione dilagante e da uno svilimento dell’etica pubblica, ma con l’acqua sporca si sta gettando anche il bambino perché sono tante, troppe, le indagini che, a mesi di distanza, dimostrano l’inconsistenza di presunti reati. Anche i 5 stelle stanno scoprendo il principio del garantismo, un po’ opportunisticamente, per la verità, dopo le vicende che hanno coinvolto l’Amministrazione romana. Resipiscenza tardiva e a senso unico. Intanto il danno, in tante vicende (penso a quella dellacollega deputata e virologa di fama internazionale Ilaria Capua) ormai è stato fatto, per lo più nell’indifferenza di chi, al primo ruggito del clamore mediatico, si era tanto indignato.
photo credit: Palazzochigi Electrolux: a Palazzo Chigi la firma dell’accordo via photopin (license)
Terra dei padri, anche io aderisco al presidio Anpi
Insieme ai colleghi modenesi del Pd Baruffi, Guerra, Pini e Vaccari, anche io sarò presente al presidio antifascista organizzato per il pomeriggio di sabato prossimo davanti al Sacrario della Ghirlandina. L’apertura del circolo La Terra dei Padri rischia di trasformarsi in una ferita per la città di Modena e per valori dell’antifascismo che sono strettamente connessi con il nostro territorio. L’obiettivo di tale struttura è quello di veicolare vera e propria cultura neo-fascista per il tramite di manifestazioni cosiddette “culturali”. Riteniamo tutto ciò chiaramente incompatibile con la nostra città e riteniamo che tale iniziativa vada contrastata politicamente e legalmente. Oltre all’intervento degli organismi preposti dalla legge a vigilare contro i pericoli di rigurgiti di fascismo, è necessaria la mobilitazione della società civile modenese per questo, come parlamentari Pd, aderiremo al presidio presso il Sacrario dei Caduti della Ghirlandina convocato per il 14 gennaio alle ore 16 dall’ANPI provinciale. Modena è e rimarrà una città antifascista.
Sulla sicurezza importante il dialogo fra Ministero ed Enti locali
Giovedì il sindaco di Modena e presidente della Provincia Gian Carlo Muzzarelli incontrerà il ministro dell’Interno Marco Minniti per affrontare il tema sicurezza. Insime ai colleghi modenesi del Pd Baruffi, Guerra, Pini e Vaccari, già all’indomani dell’insediamento del neo-ministro, ci erano attivati per segnalare le sollecitazioni in materia arrivate da diverse parti della provincia. Il tema della sicurezza resta, anche in questo inizio d’anno nuovo, uno dei capitoli più delicati con i quali le istituzioni sono chiamate a confrontarsi, in particolar modo gli Enti locali e i sindaci, i primi ai quali i cittadini rivolgono le loro istanze. Proprio perché convinti che un tema così complesso e articolato, come quello della sicurezza, non possa che essere affrontato attraverso la fattiva collaborazione di tutti i livelli istituzionali, come parlamentari Pd, già all’indomani dell’insediamento del nuovo Governo ci siamo attivati presso il nuovo ministro dell’Interno Minniti per segnalare le diverse sollecitazioni che, proprio sul tema sicurezza, provenivano da sindaci e associazioni di categoria del nostro territorio, con il duplice obiettivo da un lato, di far giungere quelle stesse richieste direttamente a chi è chiamato ad intervenire in modo più complessivo sulle tematiche legate alla sicurezza, ma al contempo anche di fornire al livello ministeriale un quadro quanto più preciso e puntuale della situazione del territorio modenese. Solo attraverso, vogliamo ripeterlo ancora una volta, un’azione sinergica e coordinata di tutti i soggetti e i livelli istituzionali, che siamo certi non mancherà anche sul nostro territorio, sarà possibile mettere in campo azioni che rispondano in modo concreto alla domanda vera di sicurezza dei cittadini.
photo credit: RX Coolpix Tropea, Italy via photopin (license)
M5s, il matrimonio mancato e il naufragio degli opportunismi
Quanto il tentativo di pilotare dall’alto finisce in débâcle. Vale per Grillo, ma vale anche per Verhofstadt. Entrambi avevano mire altre, rispetto alla motivazione politica, per creare un unico Gruppo al Parlamento europeo. Entrambi, abbastanza sorprendentemente viste le derive populiste vincenti negli ultimi anni, sono rimasti con il cerino in mano e sono state proprio le argomentazioni politiche a prevalere. Gli iscritti del M5stelle avevano votato per l’abbraccio con Alde, ma lo stesso Di Maio, vista l’assoluta incongruenza politica dei due programmi, aveva cercato di buttarla sul tatticismo, parlando di un’operazione tecnica e non politica. Verhofstadt, che aveva cercato la sua personale resurrezione politica rimpolpando numericamente il suo Gruppo, si è visto contestato dalle delegazioni dei più importanti Paesi europei. Qui non c’è stata la fantomatica rivolta dei Poteri forti, come ha cercato di argomentare Grillo. Gli opportunismi di entrambe le fazioni sono semplicemente naufragati in un sussulto della politica dei valori e dei principi. Forse c’è ancora speranza per questa Europa…
Europarlamento, quel trasloco “di opportunità” dai 5stelle da Farage ai liberali di Alde

Decidere l’appartenenza ad una famiglia politica europea è questione di non poco conto per la missione di un partito. La discussione nel Pd è durata anni e solo con Matteo Renzi segretario si è riusciti a chiudere, in una delle prime Direzioni nazionali della sua segreteria, sull’ingresso nella famiglia socialista europea che, per l’occasione, al Parlamento europeo, è diventata Gruppo dei Socialisti e Democratici.
Nel Movimento 5 stelle la questione del trasloco dagli euroscettici di Farage al gruppo dei liberali “ultraeuropeisti” dell’Alde è stata resa nota, proposta e sottoposta a votazione degli iscritti nel giro di 36 ore. Alla base dell’iniziativa, più che le motivazioni politiche – cioè, in altre parole, la coincidenza di valori e di una visione per il futuro – ci stanno ragioni pratico-organizzative. Sul suo blog Grillo scrive: “Far parte di un gruppo politico significa avere diritto di parola durante le sessioni plenarie del Parlamento, essere rappresentati all’interno della Conferenza dei Presidenti, avere la possibilità di seguire l’iter legislativo come autori di regolamenti europei, ottenere fondi da spendere sul territorio, per le numerose attività d’informazione e formazione, rivolte ai cittadini italiani ed europei. Rifiutare di appartenere a un gruppo politico significa confluire nel raggruppamento dei Non Iscritti e perdere ognuna di queste opportunità.”
In altre parole, come in Italia anche in Europa il M5S, potendo scegliere, starebbe da solo ma così perderebbe delle “opportunità”, quindi meglio provare a cercare nuove “opportunistiche” alleanze approfittando del fatto che a “metà di una legislatura (dopo due anni e mezzo dall’inizio della stessa) si aprono i negoziati tra gruppi politici”. E ben venga l’intesa con gli eurodeputati di ALDE (Alliance of Liberals and Democrats of Europe), un tempo non molto lontano criticatissimi ma – ora – “gli unici ad aprire il dialogo con noi”.
Alla base dell’accordo – che sancisce “totale e indiscutibile autonomia di voto”, una sorta di separati in casa – nulla di realmente impegnativo se non il rispetto di alcuni diritti e principi etici propri di ogni forza democratica (“condivisione dei valori di democrazia diretta, trasparenza, libertà, onestà; partecipazione dei cittadini nella vita politica delle Istituzioni europee”) e l’impegno di uno schieramento compatto relativamente a 4 battaglie comuni: “semplificazione dell’apparato burocratico europeo, la risoluzione dell’emergenza immigrazione con un sistema di ricollocamento permanente, la promozione della green economy e lo sviluppo del settore digitale e tecnologico con maggiori possibilità occupazionali”.
Un po’ pochino o meglio un po’ troppo strumentale per chi si pone l’obiettivo di “fare il massimo per realizzare il programma del Movimento 5 Stelle in Europa”. Ovviamente non la pensano così gli iscritti certificati del M5S: dei 40.654 votanti, si son espressi a favore per il passaggio all’ALDE il 78,5% dei votanti. Non la consueta percentuale bulgara, ma comunque schiacciante rispetto alle altre due opzioni, cioè confluire nel raggruppamento dei Non Iscritti o rimanere nel gruppo politico EFDD. Ma per un passaggio armi e bagagli da un gruppo all’altro, le motivazioni più persuasive non sono state probabilmente quelle organizzative, bensì quelle – legittime – che fanno immaginare “le magnifiche sorti e progressive” del Movimento: “ALDE conta 68 eurodeputati e con la presenza del Movimento 5 Stelle diventerebbe la terza forza politica al Parlamento europeo. Questo significa acquisire un peso specifico di notevole importanza nelle scelte che si prendono. Significa in molti casi rappresentare l’ago della bilancia…” Traduco: avremo più potere, avremo posti chiave nelle commissioni e avremo più fondi da spendere sul territorio.
Ecco, il re è sempre più nudo. Parlare di superiorità morale non significa averla. Parlare di programma del M5S in Europa non significa averlo.
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