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"La ripresa non passa dall’Italia. Nel 2010 crescita sotto l’1%", di Marco Ventimiglia

«La schiarita c’è, ma anche tante nubi minacciose». È la metafora usata ieri dal neo commissario Ue agli affari economici e monetari, il finlandese Olli Rehn, per fotografare l’attuale situazione dell’economia europea. Logico che, visto il suo ruolo super partes, non abbia delineato più nel dettaglio la sua visione meteorologica, parlando ad esempio del tipo di circolazione “atmosferica” relativa alle singole nazioni della zona euro nell’anno in corso. Non lo ha fatto, ma al suo posto ci hanno pensato i numeri relativi alle stime del pil 2010, una serie di cifre che fotografa un Paese, il nostro, ancora al palo dopo il durissimo biennio precedente. Davvero difficile, infatti, anche per i forzati dell’ottimismo di Palazzo Chigi, considerare una bella ripartenza quel+0,7% destinato all’Italia. Un progresso, per capirci, che renderebbe necessari quasi un decennio per tornare ai livelli 2007 del prodotto interno lordo.
PROBLEMA COMPETITIVITÀ Guardando al dettaglio delle stime, l’Italia, dopo il -0,2% degli ultimi tre mesi del 2009, avrà nel corso del 2010 un Pil altalenante: tornerà infatti a crescere dello 0,4% nel primo trimestre 2010, dello 0,1% nel secondo, dello 0,2% nel terzo e dello 0,3% nel quarto. Una ripresa mignon – spiega la Commissione Ue – favorita sopratutto dalla ripartenza delle esportazioni e da quella dei consumi. Con le famiglie italiane sì grandi risparmiatrici, ma che col miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari dovrebbero tornare a spendere qualcosa di più, favorite anche da un’inflazione che pur attestandosi nel 2010 all’1,7% (contro l’1,1% della zona euro) resterà contenuta. Uno scenario non incoraggiante e comunque soggeto a possibili peggioramenti. Tra i principali rischi per il nostro Paese, infatti, la Commissione Ue indica soprattutto quello legato all’aumento della disoccupazione, visto che l’impatto sociale della crisi è lungi dall’essersi esaurito. E questo potrebbe penalizzare la ripresa dei consumi, fondamentale nel caso italiano. Anche perché, secondo Bruxelles, la ripresa degli investimenti delle imprese italiane resterà quest’anno «debole». Rehn ha quindi ricordato in conferenza stampa come in Italia, alla pari di altri Paesi, resti da risolvere il problema della scarsa competitività. Per quanto riguarda le altre nazioni della zona euro, la media stimata dalla commissione è analoga al progresso previsto per l’Italia, +0,7%, ma in realtà si tratta di un dato che va scorporato con attenzione. Ad esempio, le due tradizionali locomotive industriali del vecchio continente, Francia e Germania si muoveranno in avanti con una velocità quasi doppia, arrivando a segnare un incremento del pil pari all’1,2%. A seguire ci sono i Paesi Bassi con uno 0,9%. Peggiore, invece, la situazione del Regno Unito, che nel 2010crescerà dello 0,6%, e della Spagna che sarà l’unico dei grandi Paesi Ue a restare in recessione (-0,6%). Fuori da Eurolandia, invece, è la Polonia a confermarsi una delle «locomotive» continentali, con una crescita nel 2010 del 2,6%, rivista al rialzo dall’1,8% delle precedenti previsioni. «È vero – ha spiegato Rehn – che l’economia si è rimessa in moto dopo la recessione più profonda della storia Ue. Ma le speranze per una crescita un po’ più solida già da quest’anno sono state vanificate dai brutti dati dell’ultimo trimestre 2009».
L’Unità 26.02.10

"Un G8 da 500 milioni", di Primo Di Nicola

Tra la Maddalena e L’Aquila speso oltre mezzo miliardo per tre giorni di vertice. Con appalti affidati ai soliti amici. Ecco la lista di tutti gli sprechi della megalomania del premier L’ex arsenale militare ristrutturato per ospitare il G8.
Il vertice G8 più caro della storia: oltre mezzo miliardo di euro per soli tre giorni di riunioni. Una follia mediatica per assicurare una platea tra i grandi della Terra al capo del governo Silvio Berlusconi nel momento di massima crisi per lo scandalo Noemi. Cinquecentododici milioni 474 mila euro, per la precisione, è la somma finale pagata dagli italiani per quel summit trasferito a L’Aquila dall’8 al 10 luglio 2009. E, mentre i terremotati abruzzesi soffrivano nell’afa delle tendopoli, gli uomini di Guido Bertolaso spendevano 24 mila euro in asciugamani, 22 mila 500 euro in ciotoline Bulgari d’argento, altri 350 mila per televisori Lcd e al plasma e 10 mila euro per i bolliacqua del the. Alla faccia degli intenti frugali, che avevano convinto a rinunciare alle strutture della Maddalena per testimoniare la solidarietà dei Grandi alle vittime del sisma, non si è risparmiato su nulla.

Il gran banchetto Eppure per dotare l’isola sarda di alberghi, sale conferenze, porti e giardini erano già stati bruciati 327 milioni 500 mila euro. Fondi che ora gli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze rileggono in una chiave diversa, descrivendoli come il banchetto di una “cricca” tutta presa dalla spartizione di appalti senza concorrenza e senza trasparenza. I magistrati hanno arrestato i protagonisti di quelle opere: Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola, ai vertici della struttura di Bertolaso che ha gestito l’affare, e il costruttore rampante Diego Anemone, dominus di queste opere. Ma lo stesso numero uno della Protezione civile è sotto inchiesta, come altri tecnici e imprenditori impegnati nei cantieri sardi. Tutte le opere della Maddalena sono diventate inutili quando il premier ha deciso di cambiare scenario e spostare la riunione internazionale all’Aquila, tra le macerie e i senzatetto. Una mossa di grande effetto mediatico, che ha ridotto a zero il rischio di manifestazioni no global e ha anche azzerato l’agenda dei lavori, sottraendo in nome del lutto il premier al rischio di insuccessi diplomatici o di imbarazzi per lo scandalo di escort e festini presidenziali. Il tutto a carissimo prezzo: altri 184 milioni 974 mila euro bruciati per le tre giornate abruzzesi. In tutto, appunto, oltre mezzo miliardo: il tributo dei contribuenti italiani al vertice più folle, costoso e inutile della storia recente. E come nell’assegnazione delle opere della Maddalena, anche scorrendo la lista dei lavori per l’Aquila le sorprese abbondano.

Ci sono anzitutto i soliti noti del ristretto giro di Palazzo Chigi e che tra i clienti privilegiati di tutti gli eventi internazionali non mancano mai. Come Relais le jardin che per oltre un milione di euro si è aggiudicata la fornitura del servizio di catering per i banchetti organizzati per i capi di Stato. Solo che Relais non è una società qualsiasi: appartiene alla famiglia di Stefano Ottaviani, sposato con Marina Letta, figlia di Gianni, l’onnipotente sottosegretario alla presidenza del Consiglio. O come la Triumph dell’immancabile Maria Criscuolo, incaricata dei materiali per giornalisti e delegazioni estere e del servizio di interpretariato con un compenso di un milione 250 mila euro.

Colpo Grosso Altro caso in cui i legami con la presidenza del Consiglio contano eccome è quello di Mario Catalano. Famoso come scenografo di “Colpo grosso”, la prima scollacciatissima trasmissione andata in onda sulle tv private negli anni Ottanta, Catalano è già stato premiato dal Cavaliere a inizio legislatura con una ricca consulenza a Palazzo Chigi dove cura l’immagine del premier e gli eventi pubblici in cui è coinvolto. Ma evidentemente la prebenda non basta ed ecco infatti Catalano accorrere tra le macerie dell’Aquila per le performance del presidente. Con l’incarico di verificare, vai a capire perché proprio lui, la piena applicazione della legge 626 che regola la sicurezza sul lavoro. Il tutto per altri 92 mila euro.Chi invece ha conquistato a sorpresa la vetrina del G8 è Giulio Pedicone, titolare della Pedicone Holding e della Las Mobili, azienda abruzzese che fabbrica attrezzature per uffici. Imprenditore venuto dal niente, Pedicone ha visto la sua carriera coronata dal vertice dove la Las è stata chiamata direttamente e senza alcuna gara a fornire mobili per circa 300 mila euro. Gli uomini di Bertolaso non ammettono dubbi sul fatto che ciò è avvenuto «dopo un’approfondita indagine di mercato». Altrettanto sicuro però è che della Pedicone Holding, titolare del 64 per cento della Las, dal 2007 è sindaco supplente Gianni Chiodi, commercialista con studio a Teramo in società con Carmine Tancredi (a sua volta cugino di Paolo, senatore del Pdl), ma soprattutto presidente della Regione Abruzzo dal dicembre 2008 e commissario delegato all’emergenza terremoto e alla ricostruzione.

In alto le bandierine Il legame con il governatore è solo una delle note singolari in una lista della spesa sterminata. Dei circa 185 milioni divorati dal summit, 52 milioni 666 mila euro sono stati utilizzati da Bertolaso in parte per investimenti in «infrastrutture tecnologiche» e il resto in «spese di funzionamento » ossia per forniture e servizi, dalla ristorazione alle bandierine per le auto. Altri 43 milioni 807 mila euro se ne sono andati invece per rimborsare gli interventi fatti da altre amministrazioni, come la Guardia di Finanza che ha ospitato la sede del G8, o il Provveditorato alle opere pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna che ha curato l’adeguamento della scuola sottufficiali e del minuscolo aeroporto di Preturo assieme alla realizzazione della strada per Coppito. Infine ulteriori 88 milioni 500 mila euro sono stati stanziati dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti ai dicasteri della Difesa e degli Interni, oltre alle Capitanerie di porto, per finanziare la cupola protettiva che ha difeso quei tre giorni di incontri: una triplice barriera di sicurezza in cielo, mare e terra.

Immergersi nella lunga catena di 145 fatture saldate dalla Protezione civile per l’evento fa scoprire più di una nota stonata. Lussi e sprechi che poco si addicono a un vertice spostato tra i terremotati in nome della sobrietà e della solidarietà. In una regione che aveva pianto almeno 308 morti per il sisma e doveva restituire una vita dignitosa a 80 mila senzatetto, i gadget delle grandi occasioni paiono affronti. Trascurando le ciotoline d’argento Bulgari gentile omaggio per i capi di Stato, si va dalle 60 penne “edizione unica” fornite da Museovivo al costo di 26 mila euro e utilizzate dai leader solo per apporre il loro prezioso autografo sui trattati. Ci sono poi la fornitura di poltrone Frau per le sedute di quei tre giorni e costate 373 mila euro; gli addobbi floreali per 63 mila euro; la pellicola protettiva per il rivestimento degli ascensori (9 mila); i portablocchi notes forniti dalla rinomata Pineider al prezzo di 78 mila euro.

Premier in primo piano E non è finita. Si possono forse trascurare le grosse commesse nelle quali primeggiano Selex e Seicos (Finmeccanica) per le forniture tecnologiche relative alla sicurezza (oltre 18 milioni di euro) con la centrale di coordinamento delle forze schierate, Telecom per gli apparati telefonici(12 milioni) e Limelite per la realizzazione dell’areagiornalisti (altri 2 milioni)? E poi: Studio Ega per l’accoglienza e prenotazioni alberghiera delle delegazioni (2 milioni e mezzo); Tecnarr per l’allestimento della sala conferenze (quasi 2 milioni); Semeraro per gli arredi (1 milione 700 mila euro); Composad per i frigoriferi e altri arredamenti (1 milione 500 mila euro); Jumbo grandi eventi per le prenotazioni e il trasporto delle delegazioni (1 milione 200 mila euro). Per non parlare della D and d lighting & truck, sponsorizzatissima a Palazzo Chigi per soddisfare tutte le esigenze sceniche e televisive del premier: al G8 è stata premiata con una commessa di un milione 700 mila euro per la fornitura di attrezzature tecniche.
Insomma, una vera abbuffata. Nella quale si sommano pure le spese per il logo della manifestazione (22 mila euro); le prese elettriche; i pennoni portabandiere e le bandiere (155 mila); 30 distruggi-documenti come nei film di 007 (13 mila euro); asciugamani elettrici; stampe (126 mila); tessuto e divise per steward e hostess (18 mila euro); altre divise non meglio specificate (54 mila euro) e persino la fornitura di tessuto e adesivi per personalizzare le transenne dentro e fuori la caserma di Coppito e i contenitori per la raccolta differenziata. Altra follia da oltre 20 mila euro.

Ma gli aspetti suggestivi non sono finiti. Una “spesa infrastrutturale” di Bertolaso viene considerata la copertura (anche con fondi extra budget G8, non è chiaro) di una lacuna da sempre lamentata dai guidatori sull’autostrada Roma-Aquila- Pescara da anni gestita in concessione da Carlo Toto, l’ex proprietario di AirOne. Il problema? Su questa autostrada era pressoché impossibile ascoltare Isoradio, la rete Rai con le notizie in tempo reale sul traffico. Ma alla vigilia del G8 ecco entrare in azione Bertolaso. Certo ai pendolari abruzzesi costretti a fare la spola con la capitale pesava viaggiare senza le informazioni sul traffico. E qualcuno deve avere pensato che anche i cortei blindati dei Grandi avevano bisogno dei bollettini sulle code lanciati da Onda verde: così Isoradio è stata installata lungo tutta l’autostrada dalle cento gallerie a spese della Protezione civile. Un regalo a Toto che vanifica l’accordo tra Rai e società autostradali che pure obbligherebbe la prima a reperire le frequenze e le seconde a garantire l’acquisizione e la manutenzione degli impianti.

Scuola modello Singolare anche la sorte dei quasi 29 milioni rimborsati dalla Protezione civile per le spese di “investimento” eseguite da altre amministrazioni pubbliche. Ben 23 milioni se ne sono andati per gli interventi nella scuola sottufficiali delle Fiamme Gialle. In questa caserma serrata da alte mura che si sviluppano su oltre due chilomentri per 45 ettari si sono concentrati i lavori per creare gli ambienti del vertice inclusa la ristrutturazione di 1.090 stanze nelle quali hanno soggiornato i leader e i loro staff. Sono stati ritinteggiati la decina di edifici che la compongono; è stata installata una rete in fibra ottica; sono stati sistemati oltre 120 mila metri quadrati di verde; piantati alberi ad alto fusto; le camere sono state arredate al top, dotandole di tv, telefoni e ogni altro tipo di comfort (di cui adesso godrebbero i senzatetto del sisma). Ma ci sono stati pure i lavori radicali negli impianti: l’adeguamento della rete di distribuzione dell’energia elettrica, la manutenzione delle apparecchiature da cucina e persino la messa a punto della pressione dell’acqua.

Soldi ben spesi? I restauri in genere valorizzano gli investimenti immobiliari. Ma qui è diverso. La caserma non è di proprietà dello Stato: con le cartolarizzazioni volute dal vecchio governo Berlusconi per reperire denaro fresco per le casse pubbliche, è stata venduta nel 2004 e appartiene ora a un pool di banche e istituzioni finanziarie come Immobiliare Sgr spa, Imi, Barclays Capital, Royal Bank of Scotland e persino Lehman Brothers. A loro lo Stato paga ogni anno 13 milioni di euro di affitto. Un canone ragguardevole, che nel 2009 si è arricchito anche dei vantaggi conseguenti ai faraonici lavori di adeguamento pretesi dall’impresa B&B Berlusconi-Bertolaso sulla struttura.

Opere dispendiose a fronte delle quali la proprietà non si è lasciata intenerire. Il pool ha preteso dalla Protezione civile due regali polizze assicurative. Una per la completa copertura dei rischi infortuni dei partecipanti al vertice (Ati Willis spa, 50 mila euro): non fosse mai che Obama scivolasse dalle scale. L’altra polizza per risarcire gli eventuali attacchi terroristici alla caserma nonostante caccia supersonici, missili terra-aria e migliaia di uomini in armi. Non solo, a G8 terminato hanno ottenuto il totale ripristino dei luoghi, ossia il ritorno delle sale da summit al loro compito di scuola militare costato altri 4 milioni di euro. Con tanti saluti ai terremotati aquilani che continuano a protestare per le carenze della ricostruzione e vogliono rimuovere da soli le macerie.
L’Espresso 25.02.10

In Abruzzo i problemi non sono finiti

“I problemi all’Aquila non sono finiti benché si pensi il contrario in giro per l’Italia”. Non passa come titolo sul tg la verità e tocca al segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a L’Aquila per sostenere la candidatura di Stefania Pezzopane, smontare la macchina propagandistica dell’avvenuta ricostruzione della città: “Questo è il luogo che più di tutti ha dimostrato la potenza dell’informazione del nostro paese, l’Italia oggi non ha la percezione del problema. In questa città c’è stata l’estremizzazione della politica berlusconiana: il fare per creare consenso”.

Ma il mito del fare si sposta con Berlusconi e tutti i suoi riflettori senza aver risolto molto, vista la situazione che si può vedere facendo un giro nel centro deserto e pieno di macerie della città, una zona off limits oggi agli stessi abitanti. Ma il centro de l’Aquila è oggi una zona d’ombra pericolante e dimenticata, che Berlusconi e Bertolaso ignorano.

Terremotati di serie B.
E’ brutto dirlo, ma gli aquilano differentemente dagli altri terremotati dovranno pagare le tasse a partire dal secondo semestre del 2010, mentre i pedaggi hanno già dovuto cominciare a pagrali tutti quelli sistemati eni residence in altre città o regionie costretti a fare da pendolari. Come se non bastasse le tasse devono pagarle anche coloro che col terremoto hanno perso il lavoro o la loro attività. Il governo non ha mai stanziato i soldi per la ricostruzione ma solo quelli per l’emergenza e dopo quasi un anno dal terremoto nulla è cambiato. La ricostruzione non è mai partita e le famiglie abruzzesi non sanno ancora cosa sarà del loro futuro. Invece “questa gente deve essere aiutata – non c’è prospettiva di rinascita senza il lavoro e senza un’autonomia credibile, in cui lo stato si imoegni a trovare i fondi da far gestire ai sindaci e alla provincia e non a penalizzarli togliendo loro risorse”.

Stefania Pezzopane corre per la riconferma alla guida della provincia de L’Aquila e sulla condotta da tenere Bersani e lei la pensano allo stesso mondo: non bisogna strumentalizzare il terremoto per la campagna elettorale, ma ciò non significa non parlarne affatto specie se i diritti dei terremotati come in questo caso non sono garantiti. “Noi vogliamo dare una mano per i prossimi anni e vogliamo essere presi per mano da una persona che è stata qui fin dal primo momento, che sa bene che la strada la si fa insieme alla gente, guardando in faccia i problemi e il presidente della provincia Stefania Pezzopane è una persona così. L’Aquila scelga il meglio, noi siamo sicuri che Stefania è il meglio, una di voi che merita di continuare a governare perchè è sul territorio giorno dopo giorno e ne conosce i problemi, non si sposta da qui” ha concluso Bersani.

“La gente non deve aver paura di venire abbandonata dallo Stato qualora il Pdl perda le elezioni” dice lei. Stefania Pezzopane vuole vincere per la propria terra, per gli abruzzesi fa campagna continuando a chiedere la zona franca, a battersi per salvare posti di lavoro e creare occupazione: “Abbiamo salvato molti posti di lavoro, abbiamo tenuto testa ad una situazione drammatica che dura oramai da 11 mesi e che non finirà presto con precisione e rigore e questo ci ha portati ad essere ammirati da tutt’Italia”. Lo ricorda con orgoglio, rivendicando un ruolo che le apprtiene per impegno e capacità e che di certo gli elettori nons tenteranno a riconoscerle.

Poi dal segretario nazionale arriva l’affondo contro il governo:”Bisogna prendere iniziative serie per portare 5 milioni di tonnellate di macerie fuori dalla città, non può ricadere tutto sulle spalle del sindaco Cialente. Bisogna dare forza agli enti locali che non scappano via, che devono stare qua. Non come lo Stato che se ne è già scappato!”.

Già, prendi i primi piani ai tg e scappa. Con YouDem siamo tornati nel centro de L’Aquila: non vi sono cantieri per la ricostruzione, il centro storico è completamente fermo, le macerie del 6 aprile sono ancora lì a testimoniare il non fatto ma soprattutto il non-deciso. Come si selezionano e conservano le macerie dei beni storico-artitistici e delle case del centro storico?. Le immagini televisive hanno mostrato che l’Aquila è una città disabitata. Il governo non solo ha abbandonato la ricostruzione del centro storico, ma anche la ripresa delle attività commerciali, artigiane, professionali, della piccola e media impresa.

Più fondi per la ricostruzione. “Rivendico il fatto che quello de L’Aquila sia trattato come tutti gli altri terremoti. Conosco abbastanza il bilancio dello Stato per sapere che non si stanno chiedendo cose impossibili, è inutile che Tremonti dica che non ci sono i soldi. Con una linea di investimento fatta per bene si possono risolvere tanti problemi. Vi dico quello che mi è capitato di dire in Parlamento un anno fa: il primo passo va fatto mentre si ha ben chiaro il secondo, il terzo, il quarto: cosa che all’Aquila non è successa. Ci sono due-tre cose importanti, e una di queste è l’economia…se non c’e’ lavoro cosa si fa? Noi abbiamo preso l’iniziativa e siamo riusciti a ottenere 8 milioni di euro per il rilancio delle aree industriali”.

Bersani ha poi aggiunto: “So che ci sono imprese disponibili a questo. Il governo si è occupato troppo poco delle pratiche che servono a valorizzare queste risorse, è curioso che sia l’onorevole Giovanni Lolli del PD a dover fare la spola tra Sviluppo Italia e Finmec, quando i ministri ci sono per questo! Comunque credo che nei prossimi giorni la cosa potrà andare in porto anche burocraticamente. Per quello che sta a noi cercherà di dare un segnale alle imprese che hanno vocazione in questo territorio perche’ vengano e dimostrino che hanno fiducia. La cosa fondamentale è che diano un po’ di lavoro”.

Lolli alla Camera, Lusi e Legnini al Senato, da 11 mesi per il PD presentano emendamenti volti a far ripartire la ricostruzione e la ripresa dell’attività lavorativa, sistematicamente respinti dalla maggioranza e dai parlamentari della Destra abruzzese. Lusi promette che per la ricostruzione “gli abruzzesi ci vedranno sempre in prima linea e che non saranno le finte assicurazioni dei politici della maggioranza a fermarci. È giunto il momento che sulla ricostruzione, sulla sospensione e sulla restituzione delle imposte, sui danni diretti e indiretti di tutti i comuni e i cittadini colpiti dal terremoto, dentro e fuori il cratere, il Governo passi dalle parole ai fatti mettendo in moto, senza più indugio, fondi e progetti per un enorme cantiere per far rivivere il capoluogo e i comuni abruzzesi colpiti dal sisma”.

La giornata aquilana di Bersani non ha potuto non toccare il tema della Protezione Civile che è un organo di stato e non di governo, e di Guido Bertolaso, responsabile della Protezione Civile e sottosegretario: “Non si può confondere il ruolo di capo della Protezione Civile con il ruolo di membro del governo. Il capo della Polizia non è il ministro degli Interni e nemmeno il sottosegretario agli Interni. Non bisogna confondere lo Stato con il governo che sono cose diverse tra loro. E allora bisogna partire da queste piccole cose che vanno ripristinate diversamente o ci facciamo prendere la mano da meccanismi sbagliati. I governi passano, lo stato resta. Io non ce l’ho con Bertolaso, è giusto prendere gli applausi per conto della Protezione civile, ma quando ci sono anche cose che non vanno bisogna anche sapersi prendere la responsabilità. In caso contrario si incrina la credibilità di questa istituzione. La protezione civile deve operare perchè questo è il suo compito”.

“Questa campagna elettorale per il PD ha un valore diverso da quella precedente – spiega Giovanni Lolli deputato PD- è una campagna speciale perchè vincere significa mettere una tacca per la difesa e la salvezza de L’Aquila. che è stata preda di sciacalli e avvoltoi”.

“Ce la faremo facendo passare l’idea di un PD che con i piedi per terra convince la gente. E’ un’idea bellissima” – conclude Bersani un incontro importante in una città che non va mai dimenticata.

Antonella Madeo, Marco Laudonio.
www.partitodemocratico.it

"Scuole in bancarotta. Superiori, iscrizioni al buio", di Maristella Iervasi

La Gelmini va avanti a colpi “spot” distruggendo la scuola pubblica. L’ultima “sfornata” è la Guida alla “nuova” scuola secondaria superiore. Oltre centoventi pagine che si possono scaricare dal sito del Miur “per orientare gli studenti nelle scelte”. Il tutto alla vigilia del via alle iscrizioni. Iscrizioni ai “nuovi licei, istituti tecnici e professionali della Gelmini” che però sono al buio.
A tutt’oggi nessuno sa che scuola farà il prossimo anno. Non c’è traccia dei regolamenti definitivi: i testi non sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale e quindi sono privi di valore giuridico. Di conseguenza le scuole quindi non possono “promuovere” l’offerta formativa. Non possono confermare il bilinguismo. Non possono sapere quante classi prime potranno attivare e su quale organico contare. Nella nuova scuola targata Gelmini c’è di tutto, tranne la programmazione dell’istruzione sul territorio. Si sa soltato che il riordino riguarderà solo le classi prime e che ai licei si studierà meno che alla medie. Come dire, la Gelmini sembra far di tutto per “affossare” la scuola statale. Per di più lasciando oggi più di ieri – i presidi con le casse vuote.

Scuole in bancarotta. Quasi tutti gli istituti statali d’italia hanno finito i soldi. I dirigenti scolastici sono costretti a tassare le famiglie per continuare a sopravvivere e non chiudere i “portoni” per collasso. Il contributo volontario ai genitori viene chiesto per tutto: per pagare le supplenze ma anche per non lasciare le aule e i ragazzi privi di gessetti, carta igenica, detersivi e fotocopie. E’ questa l’unica entrata certa su cui le scuole possono contare per il futuro. Ammonta ad oltre un miliardo il debito del governo con le scuole. Ma la Gelmini non se ne preoccupa, si sottrae al finanziamento della scuola (se è pubblica) e continua ad agire a “colpi” di circolari, come quella sulla compilazione dei bilanci che ha letteralmente messo le scuole in ginocchio. Manuela Ghizzoni, parlamentare del Pd, ha posto la questione in una interrogazione in Parlamento e il sottosegretario Pizza nella replica ha “cercato di attribuiri al governo Prodi” la difficilissima condizione finanziaria degli istituti. Che dati alla mano – sottolinea Ghizzoni – è invece da collegare all’esecutivo Berlusconi. Tra il 2002 e il 2006, infatti, sono stati progressivamente decurtati i trasferimenti delle risorse alle scuole. Una condizione incancrenita poi dalla politica dei tagli del duo Gelmini-Tremonti”.

Lo sciopero del 12 marzo Un regolare avvio del prossimo anno scolastico è sempre più difficile. Il sindacato Flc-Cgil guidato da Mimmo Pantaleo ha impugnato davanti al Tar la circolare ministeriale iscrizioni alla “nuova” superiore. E intanto cresce il tam-tam in tutt’Italia per lo sciopero del 12 marzo, indetto dal più grande sindacato dei lavoratori.

“Macelleria sociale” «Si prospetta una ulteriore macelleria sociale nell’istruzione pubblica. Quelle che la ministra Gelmini definisce riforme si traducono esclusivamente in tagli pesantissimi senza alcuna logica di cambiamento organizzativo, didattico e di programmi». Così Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, commenta gli interventi del governo sulla scuola. «Si peggiora di giorno in giorno -spiega Pantaleo- la qualità dell’apprendimento, negando alle nuove generazioni il diritto allo studio. I regolamenti sulla secondaria superiore, peraltro non ancora pubblicati e quindi privi di qualsiasi efficacia, hanno come unica logica quella di ridurre le ore d’insegnamento e il numero delle materie, nonchè la cancellazione di tutte le sperimentazioni. Nella primaria, dopo avere demolito l’esperienza del modulo innovativo dei tre insegnanti sulle due classi, il prossimo anno -aggiunge il sindacalista – ci sarà meno tempo pieno e, sopratutto, l’impossibilità di garantire il modulo delle 30 ore».

Per Pantaleo, «si svuota di ogni contenuto culturale e didattico l’obbligo scolastico, le scuole sono senza soldi e molti edifici scolastici cadono a pezzi o sono insicuri». «Un vero e proprio disastro – aggiunge – che determinerà nel prossimo anno 25.000 docenti e 25.000 Ata in meno, mentre la ministra Gelmini intende dare soldi alle scuole private.

È ora di ribellarsi – conclude Pantaleo – al massacro della scuola pubblica: per queste ragioni attiveremo in tutte le scuole assemblee permanenti aperte a studenti, genitori, associazioni e precari. Lo sciopero generale del 12 marzo sarà solo la prima importante tappa di una mobilitazione sempre più ampia con forme di lotta sempre più clamorose».
L’Unità 25.02.10

Scuola, Pd: da Gelmini ingerenza su scelte associazioni professionali. Ghizzoni: interrogazione contro nuova circolare ministeriale

“Siamo all’ingerenza, all’invasione di campo del ministero nelle libere scelte organizzative delle associazioni professionali della scuola”. Lo denuncia la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni che ha presentato oggi un’interrogazione parlamentare sulla recente circolare ministeriale sui collocamenti fuori ruolo e comandi dei dirigenti scolastici e del personale docente. “Da oggi in poi sarà di fatto il ministero a scegliere il personale da distaccare e non più le associazioni. Infatti – spiega Ghizzoni – le associazioni potranno fornire una lista senza indicare più le priorità e il ministero avrà le mani libere di scegliere all’interno della lista. Si tratta di una scelta sbagliata che rischia di produrre un forte condizionamento, ai limiti dell’arbitrarietà, alla vita dell’associazionismo professionale e, nelle diverse sensibilità culturali che le associazioni esprimono nel pluralismo delle proposte e delle attività di ricerca e formazione. Questi temi sono oggetto di una nostra interrogazione al ministro Gelmini”, conclude Ghizzoni.

Biotestamento, modifica al ddl: stop a nutrizione se non più efficace

La commissione Affari sociali della Camera ha dato, a maggioranza, con il voto contrario dell’opposizione (tranne Paola Binetti) parere positivo all’emendamento del relatore Domenico Di Virgilio che modifica il comma 5 dell’articolo 3 sulla legge sul biotestamento, quello dedicato all’alimentazione e nutrizione artificiale.
Stop nutrizione se non efficace. L’emendamento approvato prevede che alimentazione e nutrizione «devono essere mantenute fino al termine della vita ad eccezione dei casi in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo».

Nutrizione resta non oggetto dichiarazione. L’emendamento prevede in ogni caso che l’alimentazione e la nutrizione «non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». Sarà il medico, secondo Di Virgilio, anche se questo aspetto non compare nell’emendamento approvato, a decidere quando la nutrizione risulti fisiologicamente dannosa e dunque non più efficace. Va inoltre sottolineato che la modifica al ddl Calabrò apportata questa mattina va letta alla luce di un altro emendamento (il 3.11) del relatore Domenico Di Virgilio, che allarga la platea «ai pazienti non più in grado di intendere e di volere».

Ddl in Aula dopo Regionali. Il disegno di legge sul testamento biologico, ora in discussione in commissione Affari sociali di Montecitorio, arriverà in Aula solo dopo le elezioni regionali. A dirlo è il relatore del provvedimento Domenico Di Virgilio, a margine dei lavori in commissione. «È difficile fare previsioni precise ma sicuramente il ddl rimarrà in commissione fino a dopo le elezioni regionali».

Turco (Pd): la partita non è finita. Il partito Democratico in commissione Affari sociali ha votato «con rammarico» contro l’emendamento. Lo afferma al termine dei lavori il capogruppo del Pd, Livia Turco, che aveva chiesto «una riformulazione» dell’emendamento del relatore in base ad altri due emendamenti, a firma Turco e Calgaro. «Non lo abbiamo votato perchè lo riteniamo peggiore del nostro, che avevamo presentato e che invece ci è stato precluso, e perché l’emendamento non sposta niente, introduce solo una cosa che dovrebbe essere normale. Ma oggi in commissione ho visto molti dubbi anche da parte della maggioranza, dunque ritengo che la partita non sia finita. Da parte nostra ripresenteremo in Aula il nostro emendamento».

Roccella: spazio per maggiore condivisione. «Stiamo cercando di mettere a punto un testo coerente, per quanto possibile condiviso, e rispettoso di alcuni principi come la tutela della vita e il diritto alle cure. Credo che l’emendamento approvato oggi vada in questa direzione». Così il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella commenta aggiungendo «abbiamo tempo per arrivare all’aula e dunque per trovare formulazioni più condivise».
Il Messaggero 25.02.10

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Biotestamento. Turco, grande pasticcio, maggioranza ottusa
Contraddizioni e mancanza di chiarezza nella nuova norma

“L’ideologia porta al pasticcio. La maggioranza ha di fatto introdotto la possibilità di sospendere la nutrizione artificiale ammettendo così che è un atto medico, a differenza di quanto sostenuto fino a qui”. Lo dice Livia Turco, capogruppo Pd in commissione affari sociali della Camera.

“Votando l’emendamento Di Virgilio – prosegue Turco – la maggioranza ha fatto un pasticcio perché non è chiaro in quali casi concreti sia possibile la sospensione e chi la decida. L’emendamento approvato parla di eccezionalità del caso e dell’efficacia dei trattamenti medici ‘nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo’. Ma chi stabilisce se si è davanti a un caso eccezionale o no? Chi decide se i trattamenti medici non possono più fornire i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche del corpo? E quali sono queste funzioni essenziali del corpo? Una totale confusione e mancanza di chiarezza che in una materia delicata come questa sono inaccettabili. Tant’è che anche i deputati della maggioranza erano in evidente disagio e molti hanno votato solo per disciplina di partito confidando in una modifica in aula. Da parte nostra ripresenteremo l’emendamento bocciato la settimana scorsa e che prevede, con chiarezza e coerenza, in quali casi sia possibile sospendere la nutrizione; quando non è più in grado di alleviare le sofferenze il medico e i familiari possono decidere la sospensione della nutrizione. Ancora una volta, l’arroganza e l’ottusità della destra ha portato al voto di una norma disumana che non tiene neanche conto delle richieste avanzate con chiarezza dai medici”.

Catastrofe ecologica

L’onda nera di combustibili e gasolio fuoriuscita dal deposito della Lombarda Petroli ha raggiunto il Po. Le barriere non sono riuscite a fermarla. Marevivo: «A rischio 10mila specie». L’allarme lanciato con tre ore di ritardo.
Una devastazione ecologica senza precedenti, un atto terroristico contro l’ambiente. Non usa mezzi termini Dario Allevi il presidente della Provincia di Monza e Brianza durante la conferenza stampa al depuratore del fiume Lambro. L’onda scura di combustibili e gasolio fuoriuscita lunedì dal deposito della Lombarda Petroli di Villa Santa (Monza), ha raggiunto nelle prime ore della mattinata di ieri il fiume Po. Vani gli sforzi di Arpa e protezione civile per arginare l’ondata di idrocarburi: le barriere non sono riuscite a contenere la pressione sul fondo della corrente.

A rischio ora sono soprattutto le aree agricole del lodigiano e del piacentino e della Bassa padana. «È difficile fare delle stime dei danni economici ed ambientali in questo momento», spiega Barbara Meggetto, direttore di Legambiente Lombardia. «Dobbiamo aspettarci una situazione gravissima». L’associazione ha invocato per questo lo stato di emergenza nazionale. L’assessore regionale al Territorio, Davide Boni, ha invece anticipato che la Regione Lombardia chiederà al governo lo stato di calamità per assicurare in tempi brevi il finanziamento degli interventi.

«Un eventuale riversamento in mare potrebbe compromette l’ecosistema marino»: è l’allarme che lancia Rosalba Giugni, presidente dell’Associazione Marevivo, che aggiunge: «Oltre 10mila specie sono a rischio potenziale». La compagnia Lombarda Petroli non ha rilasciato informazioni certe relative alla quantità di inquinanti riversata nel Lambro, ma nei prossimi giorni i tecnici Arpa potrebbero trovare le cifre. Le stime offerte si aggirano su 15mila metri cubi, ma non ci sono conferme al momento. Inizialmente si sarebbero dispersi nell’area industriale per poi entrare nel sistema di fognature e confluire poi nel fiume Lambro, da anni la cloaca degli stabilimenti brianzoli.

Non ci sono più dubbi, invece, sulle cause dell’incidente. Un atto doloso portato avanti da ignoti, probabilmente interessati a danneggiare l’azienda, da vari anni alle prese con problemi economici e licenziamenti. La struttura, localizzata nei pressi del centro di Monza, versa in condizioni terribili tra cisterne arrugginite e autobotti abbandonate nei parcheggi. Ora però la stessa Lombarda Petroli di Giuseppe Tagliabue rischia di essere incriminata. Secondo la procura di Monza sarebbero passate oltre tre ore dal momento dell’incidente e dai primi soccorsi.

«Siamo stati noi a contattare la Lombarda petroli» specifica Filippo Carimati, presidente di Bianzacque, società che gestisce il depuratore di Monza, «e non loro. Un fatto gravissimo che delinea responsabilità da parte dell’azienda». Se infatti la Lombarda petroli avesse contattato la Polizia provinciale per denunciare tempestivamente l’avvenuto, grazie alla regolazione dei flussi del depuratore si sarebbe potuto contenere anche la prima ondata fuoriuscita che ora ha raggiunto il fiume Po. «Grazie all’abile lavoro dei tecnici», continua il presidente di Brianzacque, «siamo comunque riusciti a contenere il 70% degli idrocarburi fuoriusciti.

L’omissione dell’avviso dell’accaduto è stata fatale: si sarebbe potuto limitare ulteriormente il disastro». In questo momento si lavora alacremente al depuratore di Monza per eliminare la melma oleosa. In tre settimane tornerà in funzione dopo essere stato bonificato e ristrutturato. Intanto tonnellate di elementi inquinanti e scarichi industriali confluiranno nelle acque del Lambro, aggravando ancor di più la situazione. Corrono ai ripari i Comuni bagnati dal fiume, le cui amministrazioni si costituiranno parte civile per far fronte ai danni subiti. Preoccupati i cittadini. L’aria tra Monza e Pavia è infestata dagli effluvi tossici. «è impressionante», commenta Franco di Milano. «Sembra un crema nera».

E, di fronte ad un bicchiere d’acqua del rubinetto, nonostante le rassicurazioni delle autorità, rimane insoluto un inquietante sospetto.

Terranews 25.02.10

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“Lambro, dietro quel sabotaggio appalti e un progetto milionario”, di Gabriele Cereda

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell’antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po. La Procura indaga sul sottobosco degli appalti.
È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po.
Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del Noe, il nucleo ecologico dell´Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti.
La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. Nessun dubbio che si sia trattato di un sabotaggio a cui hanno preso parte almeno tre persone. Per svuotare le cisterne è necessario sbloccare le valvole, attivare nella giusta sequenza tre comandi e attendere che gli idrocarburi vengano aspirati dal fondo e pompati in apposite tubature. Solo a questo punto si possono aprire le ultime paratie che dovrebbero essere collegate ad autobotti. L´amministratore delegato della Lombarda Petroli, Giuseppe Tagliabue, è stato interrogato a lungo. Sarebbero emerse gravi carenze nella sicurezza dell´impianto.

Nei prossimi giorni verrà sentita anche la famiglia Addamiano: i fratelli Giosuè, Rosario e Matteo, alla guida del holding Addamiano Engineering di Nova Milanese, fondata negli anni Sessanta. I costruttori si sono presentati ai cancelli della Lombarda Petroli per verificare di persona quanto accaduto sui terreni dove a breve prenderà il via il loro progetto di riqualificazione urbana. L´idea di Ecocity è trasformare l´ex raffineria in una cittadella ecosostenibile. Il masterplan è stato realizzato dall´architetto Massimo Roj in collaborazione con progettisti del Politecnico. La prima parte, 80mila metri quadri dedicati all´industria, è già stata realizzati.

Presto dovrebbe partire l´intervento per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri. Ed entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere per l´edificazione dell´ultima parte, quella direzionale (44mila metri quadri), che si troverebbe proprio dove oggi ci sono le cisterne del deposito carburanti della Lombarda Petroli da cui è uscita la terrificante onda nera che ora avanza lungo il Po. Nel quartiere svetteranno proprio due delle cisterne, simbolo della old economy, reperto di archeologia industriale, che saranno inserite nel nuovo contesto fatto di verde, piazze e piste ciclabili. «È prematuro dire se quanto accaduto rallenterà il nostro lavoro» fanno sapere gli Addamiano. Di certo c´è che questa non è la loro unica opera di lottizzazione di grosse dimensioni.

Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l´Italia di quartieri ecosostenibili, ma in questo momento soffrono di scarsa liquidità come molti imprenditori del settore. Un dato, quest´ultimo, che non è sfuggito agli inquirenti che hanno deciso di compiere una serie di accertamenti proprio in questa direzione. E la pista degli interessi legati al mattone prende corpo anche nelle dichiarazioni del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha dichiarato: «Se la magistratura dovesse individuare nella speculazione edilizia il movente di quest´azione criminalesarebbe necessario porre un vincolo urbanistico su tutte le aree attorno al Lambro».

L´ex raffineria della Lombarda Petroli non è per la verità nelle vicinanze del fiume ferito, ma il sospetto che dietro il sabotaggio alle cisterne ci sia un qualche misterioso interesse legato al futuro di tutta quell´area è la principale pista su cui, per ora, si stanno concentrando procura e carabinieri
La Repubblica 25.02.10