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Le “belle teste”, anche di provincia, e le nuove misure sulle “superborse”

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Per noi che in provincia ci abitiamo, non è poi così sorprendente quanto riportano i quotidiani nazionali: le “belle teste”, fra i nostri ragazzi, non crescono necessariamente solo nei licei delle grandi città, che vantano istituzioni scolastiche “blasonate” e, come corollario, neppure solo nelle famiglie più acculturate o abbienti (anche se entrambe le condizioni, la realtà ce lo dimostra, sono sicuramente avvantaggianti). Lo testimonia Il Messaggero con un articolo che raccoglie i nomi e gli istituti di provenienza degli studenti delle superiori che, quest’anno, hanno brillato nelle olimpiadi nazionali delle varie discipline, da quelle scientifiche a quelle umanistiche. Sono ragazzi con propensioni particolari per certe materie, disponibili a impegnare parte del loro tempo “libero” per preparare competizioni capaci di mettere in luce i loro talenti e, di riflesso, anche quelli dei loro insegnanti e delle scuole di provenienza. Modena, qualche anno fa, ospitò la finale internazionale di una di queste competizioni: la Olimpiadi internazionali della geologia (Ieso 2011). Toccammo con mano come in certi Paesi, soprattutto quelli asiatici (allora vinse un giovane coreano), lo Stato supporta questi ragazzi così promettenti, agevolandone gli studi sia in patria che all’estero, ritenendo che investire su di loro significa, anche, un ritorno per fortificare e diversificare le competenze diffuse interne al Paese stesso. Fino ad ora in Italia non è successo così: questi giovani che si classificano brillantemente alle Olimpiadi nazionali ricevono, (dopo qualche anno) una modesta cifra in denaro e la possibilità di essere iscritti nell’Albo nazionale delle eccellenze del Ministero dell’istruzione. Da quest’anno, grazie a una misura inserita nella legge di Bilancio 2017, i giovani che hanno talenti e meriti scolastici, e provengono da ambienti economicamente svantaggiati, potranno realizzare i loro sogni formativi universitari o presso le accademie e i conservatori: mi riferisco alle borse del valore di 15.000 euro che saranno erogate a 400 studenti, particolarmente “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”. Credo sia chiaro che siamo ben lontani dalla logica del “bonus”, ma ugualmente il provvedimento è stato criticato dalle associazioni studentesche, che lo hanno contrapposto alla attuale incapacità del sistema del “diritto allo studio” – che eroga le tradizionali borse per gli universitari – di fare fronte alle necessità di tutti i ragazzi idonei (per merito e reddito) a ricevere il beneficio ma che non lo ottengono per carenza di risorse. Su questo aspetto, la legge di bilancio appena approvata ha stabilizzato ad oltre 210 milioni le risorse statali ed ha modificato i criteri di riparto tra le regioni affinché si risponda al “fabbisogno” specifico dei territori: queste modifiche dovrebbero portare alla copertura totale degli idonei. So che ci saranno occasioni per approfondire queste misure con le associazioni studentesche (insieme, ad esempio, andranno definiti i criteri per il fabbisogno regionale): spero siano la sede per una valutazione pacata dei provvedimenti, dei quali non può sfuggire il forte carattere solidaristico (una offerta di strumenti diversi, adatti a rispondere a bisogni diversi, sociali ed economici). Il pacchetto di misure sull’accesso all’università inserito in legge di bilancio – che include anche la no tax area per gli universitari a basso reddito –  è lo strumento per rendere davvero esigibile il dettato costituzionale dell’articolo 34. Non poca cosa in un Paese che, per anni, ha continuato a tagliare, piuttosto che sostenere la crescita formativa dei propri giovani.

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Tumori, le terapie e l’importanza del rapporto medico-paziente

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Venerdì scorso ho partecipato, a Genova, a “Grandangolo 2016”, il convegno di ambito oncologico più importante a livello nazionale, perché è l’occasione per fare il punto sul trattamento standard delle principali neoplasie in relazione ai lavori più significativi pubblicati o presentati durante l’anno. Io ho portato la mia esperienza in un approfondimento sulla relazione medico-paziente che, troppo spesso, è lasciata alla sola “buona volontà” dei professionisti sanitari, sebbene essa, ne sono convinta, costituisca parte integrante del percorso di cura.

Ieri, sull’inserto Domenica del Sole 24 Ore, è apparso un articolo “La verità vi prego sulla chemio”, di Arnaldo Benini: un testo di stretta attualità e non solo per me che ero reduce dal Convegno, ma tutti coloro i quali hanno riflettuto, nei mesi scorsi, su alcuni casi di cronaca di donne che hanno rifiutato di sottoporsi a questa cura. In merito all’articolo, un amico oncologo mi ha scritto: «Concordo al 90% con quanto è scritto, ma il problema è maledettamente più complesso. Da uno studio, pubblicato sulla più importante rivista mondiale di Medicina NEJM, risulta che in un famoso Centro Anticancro Americano il 70% dei malati di tumore al polmone metastatico (che ha una sopravvivenza a 5 anni vicina allo zero) ritiene di fare la chemioterapia per guarire. Torniamo sempre al punto in questione: solo la conoscenza consente di fare le scelte giuste, ma spesso ci affidiamo più volentieri alla illusione, perché troviamo un barlume di speranza, ma la speranza può venire solo da una vera “presa in carico globale” fatta di competenza e umanità. Sono cose di cui dovremmo parlare più spesso nei rispettivi ambiti di lavoro, io e te ci proviamo, con non poche difficoltà.» Nulla da aggiungere: la sintesi è perfetta.

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Lotta alla povertà, la Regione Emilia-Romagna istituisce il reddito di solidarietà

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Un altro ambito, fondamentale, in cui la mia Regione, l’Emilia-Romagna, fa da apripista: l’Assemblea legislativa ha votato un progetto di legge – targato Pd e Sel – che istituisce, già dal 2017, il Res – reddito di solidarietà. Si tratta di un contributo massimo di 400 euro al mese, per un anno, destinato alle famiglie che hanno un Isee di 3mila euro o inferiore. Situazioni di marginalità economica, quindi, ma, purtroppo, molto diffuse: la stima è che, tra i fondi stanziati dalla Regione ottenuti sulla base di risparmi interni e quelli erogati dallo Stato come sostegno all’inclusione attiva, si potranno aiutare ben 35mila nuclei familiari. L’assegno è collegato a un progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo. Non una misura semplicemente assistenziale, quindi, ma un aiuto concreto, pensato per provare a porre un argine alle difficoltà che la crisi economica ha aperto e in cui persone sole o famiglie con figli piccoli o ancora lavoratori occasionali stanno sprofondando.

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Terremoto, convertito in legge il decreto per affrontare il sisma del Centro Italia

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Il decreto per affrontare il sisma del Centro Italia è stato convertito in legge con il voto favorevole di tutte le forze politiche (e la sola astensione di FdI). A testimonianza, nel giorno della visita del presidente della Repubblica alle zone terremotate, che la politica riesce ad assolvere al suo compito di servizio alla comunità quando sta al merito e dimentica di recitare a soggetto. Un’esortazione che ci riguarda tutti.

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Ma davvero il presidente della Repubblica in Italia non è un “mestiere per donne”?

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Nel luglio scorso, per volere della presidente Boldrini, l’atrio che conduce alla Sala della Regina a Montecitorioè stato trasformato nella Sala delle donne:il nuovo spazio è un riconoscimento e un tributo alle donne protagoniste dei primi 70 anni della Repubblica.
L’allestimento è sobrio, ma non perde in efficacia. Ci sono i ritratti delle 21 costituenti, su 556 eletti. Poi seguono le foto delle prime dieci sindache elette nel corso delle elezioni amministrative del ’46: una di esse parla modenese, quella che ritrae Elena Tosetti, sindaca di Fanano dal 1946 al 1950. Ci sono poi alcune immagini di Tina Anselmi, scomparsa il 1 novembre scorso, prima donna ministro nominata nel 1976 (a ben trent’anni dalla conquista dei diritti politici per le donne!); quelle della prima Presidente della Camera, Nilde Iotti, nel 1979 e della prima Presidente di Regione, Anna Nenna D’Antonio, nel 1981. E, poi, ci sono degli specchi a ricordare quei ruoli che, in Italia, non sono mai stati occupati da una donna: presidente del Senato, presidente del Consiglio, presidente della Repubblica. L’idea è che le bambine e le ragazze in vista alla Camera possano immaginarsi in uno di questi ruoli specchiandocisi: non per smania di protagonismo, ma in virtù del principio democratico che ci vede uguali nei diritti. O almeno così dovrebbe essere.
Interrogarsi sul tema della leadership femminile significa partire anche da questo, da quei ruoli preminenti nelle Istituzioni nazionali che non sono stati mai occupati da una donna.
E non è un problema solo italiano visto che, anche in quella che consideriamo la più grande democrazia del mondo, una donna, Hillary Clinton, non è riuscita a diventarne presidente. Se ne è parlato, la sera di sabato 10 dicembre, a Baggiovara, nel corso della serata degli auguri promossa dal Magazine Profilo donna. Tra le protagoniste della serata, la giornalista Silvana Giacomini ha presentato il suo ultimo libro su Hillary Clinton; mentre a me le organizzatrici dell’iniziativa hanno chiesto di aprire la serata con una riflessione su quello che sarà uno dei loro temi di lavoro del 2017: la leadership al femminile.
Come tante donne, in tutto il mondo, anche io credevo che questa sarebbe stata la volta buona, cioè che una donna sarebbe finalmente diventata presidente degli Stati Uniti d’America. Ma anche negli Usa, liberali e democratici (ma forse non così profondamente come potremmo immaginare), le donne ai vertici delle istituzioni sono poche. E questa “élite” – ne ha parlato recentemente anche Gianantonio Stella sul Corriere della Sera – sono ancora oggi troppo spesso legate al nome di un uomo, in qualche modo. Su 50 Stati dell’Unione, solo 6 hanno una donna come governatore (ma le cose non vanno molto meglio in Italia: solo 2 donne sono presidente di Regione) e si è dovuto aspettare il 1974, cioè 50 anni dopo il voto alle donne, per vedere la prima donna eletta a capo di uno Stato per i suoi soli meriti politici e personali e non, come era accaduto in passato, moglie o vedova di un ex governatore. Ragionamento valido anche oggi se è vero che Hillary è ormai nota in politica con il nome del marito: un aspetto particolarmente criticato dalle femministe storiche, ma che era stato ugualmente biasimato in maniera pesante, come ci ha ricordato Silvana Giacobini, quando, da moglie dell’allora governatore dell’Arkansas, si faceva ancora chiamare con il doppio cognome Hillary Rodham Clinton. E anche la nascente stella (almeno sui social) di Michelle Obama è, ancora una volta, quella di una donna sorretta da un forte “patronage”.
Nel suo discorso dopo la sconfitta, la stessa Clinton ha ammesso, rivolgendosi alle donne e alle bambine d’America: “non siamo riuscite a rompere il soffitto di cristallo, ma un giorno succederà”. E allora è davvero lecito domandarsi di cosa sia realmente fatto questo soffitto di cristallo che le donne, nel mondo, stanno cercando di infrangere, che hanno in molte parti sbeccato, che ha ormai brecce importanti, ma continua a resistere. E’ costituito di una solida materia, mix di ragioni culturali e sociali strettamente interconnesse che, nella pratica, diventano anche psicologiche e di rapporti di potere tra il genere maschile e femminile.
Le donne sono scienziate, sono astronaute, sono capitane d’impresa, sono politiche, sono amministratrici e tanto altro ancora: insomma, in ogni campo hanno dimostrato il loro valore, eppure… Un recente studio del World Economic Forum conteggia in 170 anni il tempo necessario affinché, a livello globale, si raggiunga la parità di retribuzione, a parità di mansioni, tra uomo e donna. Nell’Europa unita ne basterebbero 70, sempre che i Paesi meridionali, Italia compresa, e quelli orientali lavorino davvero sodo per colmare il gap che li divide dai Paesi dell’Europa del Nord. Perché non è solo una questione di normative e di servizi (anche se aiutano! In Emilia-Romagna, dove la rete dei servizi è diffusa, l’occupazione femminile è storicamente tra le più alte d’Italia): è anche, e soprattutto, una questione culturale e di stereotipi di genere. Un dato su tutti: in Islanda il 90% dei neo-padri usufruisce dei congedi parentali, in Italia solo il 4%. Un dato che auspichiamo possa migliorare grazie anche alla recente norma, inserita in legge di Bilancio 2017, che raddoppia, di fatto, il periodo di congedo obbligatorio per i padri lavoratori dipendenti.
Alla strutturale inferiorità della donna rispetto all’uomo, la maggioranza dei cittadini non crede più anche se… anche se persistono forti resistenze, magari ammantate dal tentativo di un ragionamento meno grezzo e più sofisticato.
Vorrei portarvi una esperienza personale, recente, che riguarda la riforma costituzionale, bocciata nel referendum del 4 dicembre. Indipendentemente da risultato, resta il fatto che la riformo all’art. 55 introduceva un concetto prezioso, frutto del lavoro di analisi dei movimenti femminili, purtroppo rimasto periferico nel dibattito referendario: mi riferisco alla costituzionalizzazione dell’equilibrio nella rappresentanza di genere nelle Istituzioni. L’approvazione di questa norma avrebbe rappresentato un passo in avanti ulteriore rispetto all’art. 3, quello che stabilisce il principio di uguaglianza, e all’art. 51, che ha introdotto il concetto di pari opportunità nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Proprio su questo articolo ho discusso su un social con un elettore, il quale sosteneva che la nostra Costituzione “si basa sul concetto di “meritocrazia” (per la verità assente nella Carta Costituzionale), cioè possibilità di contare solo sulla base delle proprie abilità e, quindi, solo le donne che hanno meriti emergono”. Ecco, senza nulla togliere a chi ha avuto successo nel suo percorso di vita e professionale, è proprio su un assunto di questo tipo che sta gran parte del problema. Non si tratta, infatti, solo di merito o di talento, ma di reali pari opportunità (e questo sì è un concetto presente nella Costituzione e che rende realmente esigibile quello di uguaglianza) per poter esprimere tutta la potenzialità dei propri meriti e dei propri talenti; in altri termini, si tratta della rimozione degli ostacoli di ordine culturale, sociale, economico che ancora oggi bloccano i percorsi e le scelte delle donne.
Guardiamo alla realtà italiana: dove le carriere procedono per via concorsuale le donne eccellono, quando le cariche diventano o nomine o elettive, allora le donne scarseggiano. Sono un esempio la magistratura, ma anche le carriere universitarie (solo 5 donne sono rettrici di atenei statali!) e quelle politico-istituzionali. Ad esempio, siamo davvero disposti a credere che, in 70 anni di vita della Repubblica, non ci siano mai state donne meritevoli di ricoprire la carica di Capo dello Stato o presidente del Consiglio o del Senato? Tra milioni di italiane? Suvvia, non inganniamoci (e non facciamoci ingannare!)
Esistono norme che vanno nella direzione delle pari opportunità, ma ne occorrono altre che favoriscono un cambio di mentalità, che non significano assistenzialismo, ma rimozione concreta degli ostacoli che ancora si frappongono alla reale parità tra i sessi, così come previsto dalla Costituzione.
Vi propongo un altro esempio, tratto dall’attualità. Vincenzo Barone, il direttore della Scuola Normale di Pisa,uno dei templi del sapereitaliano, ritiene necessario che sia giunto il tempo di una svolta culturale. Barone ha detto “Nella sede di Pisa abbiamo 35 professori e solo tre sono donne: è una situazione imbarazzante, completamente sbilanciata. D’ora in avanti, quando faremo un concorso, a parità di risultati tra concorrenti, sceglieremo la concorrente donna”. Una forzatura, certo, che pure non rinuncia a scegliere tra i migliori, ma che esprime una svolta culturale necessaria per porre rimedio a un disequilibrio che si evidenzia nel momento in cui, dalla fase di acquisizione delle competenze si passa alla loro spendibilità. In Italia, all’Università ci sono più studentesse che studenti, mediamente hanno anche i voti più alti e conseguono i risultati migliori, un patrimonio che si disperde nel momento in cui le ragazze cominciano a fare i conti con la realtà, con il mondo del lavoro, con la costruzione di una famiglia, con la necessità di bilanciare tutti i compiti che la società demanda ancora ed essenzialmente a loro. Lo dicono i dati sull’occupazione, sulla progressione di carriera, sulle retribuzioni. Un esempio per tutti: l’OCSE ci informa che in Italia una laurea vale per un uomo 178.000 dollari in termini di ritorno, per le donne solo 111.220. Chiaro, no?
Per concludere, disquisire se Hillary sia troppo algida o troppo legata all’establishment, ovvero se il modello di leadership femminile debba essere quello della “donna di picche” o quello della “donna di cuori”, come scriveva argutamente Gramellini in uno dei suoi editoriali, è esercizio di pensiero quasi del tutto fine a se stesso. La realtà dei numeri ci indica che siamo molto più indietro e la strada da percorrere ancora lunga. La domanda ultima che, come donne, ma anche come uomini, dovremmo porci è: “Quanto a lungo le ragazze italiane dovranno ancora riflettersi negli specchi della sala delle donne a Montecitorio, prima che la loro immagine possa essere sostituita da una fotografia?”

Di Viscardo Squartini (Opera propria) [CC BY-SA 3.0], attraverso Wikimedia Commons

Serve un piano «Formazione Italia» per salvare l’educazione superiore

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Il 12 settembre, quindi in tempi relativamente lontani dai commenti del post-voto referendario, pubblicai un articolo nel quale individuavo una parte della cura utile a comporre, a mio avviso, le gravi fratture del Paese. Dico subito che non fu frutto di una particolare capacità precognitiva, ma solo dell’osservazione del corpo sociale italiano negli ultimi 10 anni da un osservatorio particolare (quello di parlamentare).
Mentre in treno scendo a Roma per il voto di fiducia al nuovo Esecutivo, ripenso a queste 4 fratture (Sud e Nord, generazionale, di genere, sociale) e mi auguro che il presidente Gentiloni possa affrontare il tema nel proprio intervento alle Camere

 

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Italia terra di tutti dottori? No, è un luogo comune: l’Ocse certifica che l’Italia ha la più bassa percentuale di laureati in Europa. Questo deficit formativo è un enorme ostacolo alla crescita solidale, sostenibile e intelligente del nostro Paese ed è anche il miglior sostegno all’immobilità sociale e al mantenimento delle rendite di posizione, perché la laurea non è un pezzo di carta, bensì un percorso di formazione che consente al suo titolare di guadagnare di più, di reagire meglio alle crisi e di vivere più a lungo. E questo è tanto più vero in un Paese, il nostro, nel quale – come ha illustrato il Rapporto annuale Istat – la disuguaglianza nella distribuzione del reddito è aumentata in dieci anni. Per frenare tale deriva occorrono interventi che incidano sui meccanismi di formazione dei redditi primari e quindi aiutino le persone a dotarsi di competenze e capacità meglio remunerate sul mercato del lavoro, quindi quelli nel campo dell’istruzione e della formazione.

Non è più procrastinabile un progetto nazionale per la formazione superiore, in grado di rimuovere gli ostacoli, di carattere economico e sociale, che ancora si frappongono all’accesso agli studi superiori per migliaia di donne e uomini, non solo giovani, di garantirne il successo formativo e una coerente affermazione professionale e lavorativa, di sostenere la funzione sociale di chi fa ricerca e promuove innovazione, anche gratificandone il lavoro. Un programma pluriennale di respiro sistemico per la crescita del capitale umano e quindi per lo sviluppo del Paese, analogo a quello previsto per «Casa Italia», il piano per la prevenzione sismica lanciato dal Governo, basato su conoscenze, competenze e investimenti di lungo periodo.

Un programma “Formazione Italia” avrebbe peraltro la capacità di cominciare a ricomporre le 4 macro-fratture che attraversano la Penisola, come pericolose faglie di superficie:
1) la frattura tra i Nord e i Sud: tutti gli indicatori ci informano del divario sociale ed economico sempre più profondo che caratterizza le regioni italiane. Per l’Italia meridionale e insulare si assiste per di più ad un elevato depauperamento umano e culturale dovuto ai significativi flussi di mobilità giovanile verso le altre regioni del Paese. La mobilità territoriale è un fenomeno positivo se «circolare», cioè se la valorizzazione del talento e delle capacità realizzata nei territori di approdo porta a ricadute positive anche sui territori d’origine, ma oggi si assiste ad un fenomeno unidirezionale, da Sud verso Nord. Un dato per tutti: per il Rapporto Almalaurea solo l’11 per cento dei laureati del Sud rientra nella propria terra dopo aver studiato fuori;
2) tra le generazioni giovani e quelle mature: la generazione dei millennials – i venti/trentenni di oggi – ha di fronte un futuro molto più incerto di quanto non l’abbiano avuto i loro genitori e i loro nonni, almeno per quanto riguarda l’affermazione professionale ed economica personale. Una consapevolezza che induce loro a maturare sentimenti di “esclusione” dalla comunità sociale (soprattutto se per vedere riconosciuto il proprio talento occorre trasferirsi all’estero), di estraneità dai processi di decisione politica, di disinteresse nell’analisi dei fenomeni che siamo chiamati a vivere in questo tempo. Ma “perdendo” i giovani nel corpo sociale, perdiamo il futuro di tutti;
3) tra i generi: sulla base del Rapporto Od&MConsulting, il titolo di laurea garantisce migliori redditi a tutti ma soprattutto mitiga il differenziale retributivo di genere, poiché tra laureati le disuguaglianze di salario tra uomini e donne sono più contenute di quelle tra i non laureati;
4) tra i ceti sociali, sempre più cristallizzati: oggi il reddito dei figli è strettamente correlato alle condizioni materiali nelle quali si sono trovati nella loro adolescenza, quindi al livello professionale dei genitori e al titolo di godimento dell’abitazione. Il vantaggio reddituale è del 14%in Italia ma dell’8% in Francia. Nel nostro Paese, poi, il livello di istruzione dei genitori ha un effetto ancora maggiore: gli individui che hanno almeno un genitore con istruzione universitaria o di scuola secondaria superiore dispongono di un reddito rispettivamente del 29 e del 26 per cento più elevato di chi ha i genitori con un livello di istruzione da scuola elementare o media inferiore.

“Formazione Italia” deve essere un investimento urgente di risorse e di riflessioni sull’intera filiera della formazione superiore (università, ITS, AFAM e, se verranno realizzati, i percorsi di lauree professionalizzanti) ma, per essere realmente efficace, deve coinvolgere l’intera società a partire dalle istituzioni rappresentative e territoriali e dai corpi intermedi a vocazione sociale, culturale, economica e politica. Attualmente i cittadini assegnano all’università e alla formazione superiore il 40° posto tra le loro priorità. Solo se questo tema risalirà da tale posizione marginale, “Formazione Italia” avrà avuto successo. Non si tratta di un mero vantaggio di classifica, bensì di un passo avanti nella promozione personale e sociale dei singoli cittadini e nella realizzazione di una società competitiva e dinamica che si fa forte delle competenze di cittadinanza del presente.

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Università, le novità in Legge di Bilancio “Perché nessuno resti indietro”

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Ecco le misure, inserite nella legge di Bilancio 2017, inerenti al diritto allo studio, pensate per garantire l’accesso all’università e la prosecuzione degli studi a una più ampia fascia di studenti. La legge di Bilancio è stata approvata definitivamente dalle due Camere ed è ora in attesa di pubblicazione. I diversi commi sono accompagnati da una breve spiegazione sugli obiettivi sottesi ai provvedimenti.

TASSAZIONE UNIVERSITARIA

Con la legge di Bilancio 2017 è stata ridefinita la disciplina della tassazione universitaria: per gli studenti dei corsi di laurea, di laurea magistrale e dei corsi AFAM che appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a 13.000 euro, è istituita la “no tax area”. Per gli studenti con ISEE fino a 30.000 euro, invece, è stata definita una tassazione “calmierata”. Le nuove disposizioni riguardano gli studenti fino al primo anno fuori corso. I dottorandi di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse e dei contributi universitari. Si compensano gli atenei dei mancati introiti, conseguenti alle nuove norme, con un incremento del Fondo di finanziamento ordinario di 105 milioni di euro.  Ecco i commi all’articolo 1 della Legge di Bilancio dal 252 al 267:

252. Gli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali contribuiscono alla copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi mediante un contributo onnicomprensivo annuale, anche differenziato tra i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale, da versare all’università alla quale sono iscritti. Restano ferme le norme in materia di imposta di bollo, le norme in materia di esonero e di graduazione dei contributi, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, nonché le norme sulla tassa regionale per il diritto allo studio, di cui all’articolo 3, commi da 20 a 23, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Sono comunque ricompresi, all’interno del contributo onnicomprensivo annuale, i contributi per attività sportive.
253. L’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito da ciascuna università statale con il regolamento di cui al comma 254 del presente articolo. Tutti gli studenti, ad eccezione di coloro che ne sono esonerati ai sensi dell’articolo 3, comma 22, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, sono tenuti al pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio.
254. Ciascuna università statale, nell’esercizio della propria autonomia normativa, approva il regolamento in materia di contribuzione studentesca, nel rispetto dei criteri di equità, gradualità e progressività, nonché delle disposizioni dei commi da 252 a 267. In sede di prima applicazione, ciascuna università statale approva il proprio regolamento in materia di contribuzione studentesca entro il 31 marzo 2017. Il regolamento si applica a decorrere dall’anno accademico 2017/2018. In caso di mancata approvazione del regolamento entro il 31 marzo 2017, trovano comunque applicazione le disposizioni dei commi da 255 a 258.
255. Sono esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:
a) appartengono a un nucleo familiare il cui indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), calcolato secondo le modalità previste dall’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, nonché dall’articolo 2-sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2016, n. 89, è inferiore o eguale a 13.000 euro;
b) sono iscritti all’università di appartenenza da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno;
c) nel caso di iscrizione al secondo anno accademico abbiano conseguito, entro la data del 10 agosto del primo anno, almeno 10 crediti formativi universitari; nel caso di iscrizione ad anni accademici successivi al secondo abbiano conseguito, nei dodici mesi antecedenti la data del 10 agosto precedente la relativa iscrizione, almeno 25 crediti formativi.
256. Nel caso di iscrizione al primo anno accademico, l’unico requisito da soddisfare è quello di cui al comma 255, lettera a).
257. Per gli studenti che appartengono a un nucleo familiare il cui ISEE sia compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro e che soddisfano entrambi i requisiti di cui alle lettere b) e c) del comma 255, il contributo onnicomprensivo annuale non può superare il 7 per cento della quota di ISEE eccedente 13.000 euro.
258. Per gli studenti che appartengono a un nucleo familiare il cui ISEE sia inferiore a 30.000 euro e che soddisfano il requisito di cui alla lettera c) del comma 255, ma non quello di cui alla lettera b) del medesimo comma 255, il contributo onnicomprensivo annuale non può superare quello determinato ai sensi dei commi 255 e 256, aumentato del 50 per cento, con un valore minimo di 200 euro.
259. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce, nel rispetto di quanto previsto dai commi da 255 a 258 e del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale:
a) eventuali ulteriori casi di esonero, o graduazione, del contributo onnicomprensivo annuale, per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria individuale o alla particolare situazione personale;
b) le modalità di versamento del contributo onnicomprensivo annuale, in una o più rate, unitamente alle maggiorazioni dovute in caso di ritardo nel versamento.
260. Oltre al contributo onnicomprensivo annuale di cui comma 252, le università statali non possono istituire ulteriori tasse o contributi a carico degli studenti, fino al rilascio del titolo finale di studio, fatti salvi i contributi per i servizi prestati su richiesta dello studente per esigenze individuali e le imposte erariali.
261. Nel caso di studenti aventi la cittadinanza di Stati non appartenenti all’Unione europea, e non residenti in Italia, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE del nucleo familiare di appartenenza ai sensi dell’articolo 8, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università statali, anche in deroga ai criteri individuati nei commi da 255 a 258 del presente articolo.
262. Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell’università. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce il contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione.
263. Gli articoli 2 e 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, sono abrogati.
264. A decorrere dall’anno accademico 2020/2021, i limiti di importo ISEE di cui ai commi 255, 257 e 258 sono aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle norme dei commi da 252 a 267 del presente articolo.
265. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 55 milioni di euro per l’anno 2017 e di 105 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018. Le somme di cui al primo periodo sono ripartite tra le università statali, a decorrere dall’anno 2017, con riferimento all’anno accademico 2016/2017, e conseguentemente per gli anni successivi, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, cui si aggiunge, a decorrere dall’anno 2018, il numero degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale ai sensi del comma 255 del presente articolo, moltiplicati per il costo standard di ateneo per studente in corso.
266. Le disposizioni dei commi da 252 a 267 del presente articolo non si applicano alle università non statali, alle università telematiche e alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all’università degli studi di Trento.
267. Le istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, entro il 31 marzo 2017, adeguano i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca alle disposizioni dei commi da 252 a 266. In caso di mancato adeguamento entro il 31 marzo 2017, trovano comunque applicazione le disposizioni dei commi da 255 a 258. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nella ripartizione del fondo annuale di dotazione tra le istituzioni di cui al presente comma, tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

BORSE DI STUDIO

Aumentato stabilmente di 50 milioni di euro il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, che supererà quindi i 216 milioni. Le risorse saranno assegnate sulla base dei fabbisogni finanziari regionali, da attribuire entro il 30 settembre di ogni anno. Si prevede l’istituzione, in ogni regione, di un unico ente erogatore dei servizi per il diritto allo studio, nei cui organi direttivi è prevista una rappresentanza degli studenti.

268. Al fine di sostenere l’accesso dei giovani all’università, e in particolare dei giovani provenienti da famiglie meno abbienti, il fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è incrementato di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.
269. Ai fini della gestione delle risorse del fondo di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, ciascuna regione razionalizza l’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio mediante l’istituzione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di un unico ente erogatore dei medesimi servizi, prevedendo comunque una rappresentanza degli studenti nei relativi organi direttivi. Sono comunque fatti salvi i modelli sperimentali di gestione degli interventi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.
270. La norma del comma 269 costituisce principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica.
271. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 7, comma 7, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, e allo scopo di consentire che l’assegnazione delle risorse del fondo di cui al comma 268 del presente articolo avvenga, in attuazione dell’articolo 18, commi 1, lettera a), e 3, del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2012, in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che si esprime entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto può essere comunque adottato, determina i fabbisogni finanziari regionali.
272. Le risorse del fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, sono direttamente attribuite al bilancio dell’ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio, a norma del comma 269 del presente articolo, entro il 30 settembre di ciascun anno. Nelle more della razionalizzazione di cui al medesimo comma 269, tali risorse sono comunque trasferite direttamente agli enti regionali erogatori, previa indicazione da parte di ciascuna regione della quota da trasferire a ciascuno di essi.

BORSE DI STUDIO PER IL MERITO E LA MOBILITA’

Istituita l’assegnazione annuale di almeno 400 borse di studio nazionali per il merito e la mobilità, ciascuna del valore di € 15.000 annui, destinate a favorire l’iscrizione a corsi universitari statali ed a corsi AFAM di studenti con particolari meriti scolastici, o talenti, e provenienti da famiglie e basso reddito.

273. A decorrere dal 1º gennaio 2017, la Fondazione per il Merito, di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, assume la denominazione di «Fondazione Articolo 34». La nuova denominazione sostituisce la precedente, ovunque presente, nel medesimo decreto-legge n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, e in ogni altro provvedimento legislativo o regolamentare.
274. All’articolo 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I componenti dell’organo di amministrazione della Fondazione e il suo presidente sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze»;
b) al comma 6 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«e-bis) i criteri e le metodologie per l’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità».
275. Entro il 30 aprile di ogni anno, la «Fondazione Articolo 34», sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, bandisce almeno 400 borse di studio nazionali, ciascuna del valore di 15.000 euro annuali, destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, al fine di favorirne l’immatricolazione e la frequenza a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, nelle università statali, o a corsi di diploma accademico di I livello, nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, aventi sedi anche differenti dalla residenza anagrafica del nucleo familiare dello studente.
276. Sono ammessi a partecipare al bando di cui al comma 275 gli studenti iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:
a) l’ISEE, alla data di emanazione del bando, calcolato ai sensi dell’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, nonché dell’articolo 2-sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2016, n. 89, è inferiore o eguale a 20.000 euro;
b) le medie dei voti ottenuti in tutte le materie, negli scrutini finali del penultimo e del terzultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, nonché negli scrutini intermedi dell’ultimo anno, purché comunque effettuati entro la data di scadenza del bando, sono tutte eguali o superiori a 8/10;
c) i punteggi riportati nelle prove dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), relative alle materie di italiano e matematica, ricadono nel primo quartile dei risultati INVALSI della regione ove ha sede la scuola di appartenenza.
277. Il limite di importo dell’ISEE di cui al comma 276, lettera a), può essere aggiornato con cadenza triennale con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle norme dei commi da 273 a 289.
278. Sono altresì ammessi a partecipare al bando di cui al comma 275, in numero non superiore a due per ciascuna istituzione scolastica, gli studenti che soddisfano le condizioni di cui al comma 276, lettere a) e c), e che, pur non soddisfacendo la condizione di cui al comma 276, lettera b), sono motivatamente qualificati come eccezionalmente meritevoli dal dirigente scolastico della scuola secondaria di secondo grado di appartenenza, su proposta del collegio dei docenti.
279. I candidati ammessi a partecipare al bando ai sensi dei commi 276 e 278 sono inclusi in un’unica graduatoria nazionale di merito. Il punteggio assegnato a ciascun candidato è calcolato sulla base dei criteri di valutazione stabiliti nel bando e fondati sui valori di cui al comma 276, lettere a), b) e c), nonché sulla motivazione del giudizio di merito eccezionale di cui al comma 278. Nella fissazione dei predetti criteri, i valori delle medie di cui al comma 276, lettera b), sono rapportati ai valori delle medesime medie nelle scuole della provincia di appartenenza, come calcolati dall’INVALSI.
280. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono assegnate, nell’ordine della graduatoria nazionale di merito, entro il 31 agosto di ogni anno e sono corrisposte allo studente in rate semestrali anticipate, previa verifica del rispetto delle condizioni di cui ai commi 281 e 282.
281. La prima rata è versata allo studente al momento della comunicazione dell’avvenuta immatricolazione a un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico o a un diploma accademico di I livello, scelto liberamente dallo studente, fermo restando il superamento delle prove di ammissione, ove previste. La seconda rata è versata allo studente entro il 31 marzo dell’anno successivo.
282. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono confermate, negli anni accademici successivi al primo, per tutta la durata normale del relativo corso di laurea o corso di laurea magistrale a ciclo unico, o corso di diploma accademico di I livello, e sono versate in due rate semestrali annuali, entro il 30 settembre dell’anno di riferimento ed entro il 31 marzo dell’anno successivo, a condizione che lo studente, al 10 agosto di ogni anno accademico, abbia conseguito:
a) tutti i crediti formativi degli anni accademici precedenti;
b) almeno 40 crediti formativi dell’anno accademico in corso, con una media dei voti riportati in tutti gli esami sostenuti non inferiore a 28/30 e nessun voto inferiore a 24/30.
283. Gli studenti beneficiari delle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo sono esonerati dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio di cui all’articolo 3, commi 20, 21, 22 e 23, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché delle tasse e dei contributi previsti dagli ordinamenti delle università statali o delle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di appartenenza, ferma restando la disciplina dell’imposta di bollo.
284. Le borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 sono incompatibili con ogni altra borsa di studio, ad eccezione di quelle destinate a sostenere finanziariamente lo studente per soggiorni di studio all’estero, con tutti gli strumenti e i servizi del diritto allo studio di cui al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, nonché con l’ammissione alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale o ad altre consimili strutture universitarie che offrano gratuitamente agli studenti vitto e alloggio. Lo studente può comunque chiedere di usufruire dei servizi offerti dagli enti regionali per il diritto allo studio, al costo stabilito dai medesimi enti.
285. Alle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo si applicano, in materia fiscale, le disposizioni dell’articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476.
286. Per il finanziamento delle borse di studio di cui ai commi da 273 a 289 del presente articolo, sono attribuiti alla «Fondazione Articolo 34» 6 milioni di euro per l’anno 2017, 13 milioni di euro per l’anno 2018 e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019.
287. Al finanziamento dell’organizzazione e delle attività ordinarie della «Fondazione Articolo 34» sono attributi 2 milioni di euro per l’anno 2017 e 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2018.
288. Nelle more del raggiungimento della piena operatività della «Fondazione Articolo 34» e della nomina dei relativi organi di amministrazione, al fine di attuare tempestivamente le finalità dei commi da 273 a 289 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia, composta da tre membri designati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, incaricata di attivare le procedure relative all’emanazione del bando di cui al comma 275, ai fini dell’assegnazione e del versamento delle borse di studio agli studenti vincitori. Con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono definiti le modalità operative e organizzative della cabina di regia e il supporto amministrativo e tecnico alle attività della stessa, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Al raggiungimento della piena operatività della Fondazione e alla nomina dei relativi organi di amministrazione, la cabina di regia decade automaticamente dalle sue funzioni.
289. La quota parte delle risorse di cui al comma 286 eventualmente non utilizzate per le finalità di cui ai commi da 273 a 288, da accertare entro il 15 settembre di ogni anno con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e delle borse di studio iscritto nello stato di previsione del medesimo Ministero. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

ORIENTAMENTO PRE-UNIVERSITARIO E TUTORATO

Finanziati stabilmente con 5 milioni gli interventi di orientamento pre-universitario e di tutorato, per facilitare l’accesso agli studi superiori e contrastare la dispersione universitaria

290. In attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera a), della legge 19 novembre 1990, n. 341, nonché dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, sulla base degli obiettivi indicati dal comma 1 del medesimo articolo 3, le università e le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica organizzano specifici corsi di orientamento pre-universitario o pre-accademico destinati agli studenti, da svolgere, in collaborazione con le scuole e senza interferenze con l’attività scolastica ordinaria, durante gli ultimi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado o nel periodo intercorrente tra il conseguimento del diploma e l’immatricolazione.
291. All’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, dopo le parole: «connesse ai servizi» sono inserite le seguenti: «e al tutorato di cui all’articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341».
292. In attuazione dell’articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e ai fini di cui al comma 2 del medesimo articolo 13, le università organizzano specifiche attività di tutorato riservate a studenti iscritti al primo o al secondo anno di un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico che abbiano riscontrato ostacoli formativi iniziali, anche con collaborazioni a tempo parziale di studenti dei corsi di studio o degli anni superiori assegnate ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, come modificato dal comma 291 del presente articolo.
293. Per le finalità dei commi da 290 a 292 del presente articolo, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è incrementato di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017. Tale importo è ripartito annualmente tra le università tenendo conto delle attività organizzate dalle stesse per attuare piani pluriennali di interventi integrati di orientamento pre-universitario, di sostegno didattico e di tutorato adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, e dei commi da 290 a 292 del presente articolo, nonché dei risultati raggiunti.