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Buone notizie per i dottorandi nella legge di Bilancio

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L’attenzione è giustamente puntata sulle consultazioni del presidente Mattarella e sulle possibili soluzioni della crisi di governo. In questa delicata situazione sta passando sotto relativo silenzio la legge di Bilancio, votata in via definitiva mercoledì pomeriggio al Senato. Non è però sfuggita all’ADI (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) una misura importante, inserita alla Camera grazie all’approvazione di un nostro emendamento (nel senso del PD), frutto dell’interlocuzione avuta in questi ultimi anni con l’Associazione: abolizione della tassazione per i dottorandi che non sono assegnatari di una borsa di studio. Il segretario nazionale, Giuseppe Montalbano, afferma: “È davvero un risultato storico quello ottenuto oggi dall’ADI. L’abolizione delle tasse per i dottorandi senza borsa rappresenta un decisivo passo in avanti. I colleghi non borsisti vengono finalmente liberati dal fardello di una tassazione iniqua e si aprono le porte all’abolizione totale della tassazione per tutti i dottorandi. L’impegno e la partecipazione pagano, ed oggi ne abbiamo avuto una bellissima conferma.” E’ un provvedimento che inciderà positivamente sulla vita di questi giovani, preziosa risorsa per il futuro del nostro Paese. Sono orgogliosa di aver contribuito al raggiungimento di questo risultato. Così come lo sono della decontribuzione per gli studenti universitari a basso reddito: una vera rivoluzione sociale e culturale che darà i suoi frutti di giustizia sociale

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Memoria, approvata la mozione sulle stragi nazi-fasciste del 1943-1945

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Il Transatlantico è il termometro della febbre politica: quando è affollato, soprattutto di “commentatori politici”, c’è in ballo qualcosa di grosso. E la febbre oggi è alta. Potete immaginare la ressa, dopo l’esito del voto e le annunciate dimissioni di Renzi, che produce un vocio crescente e incontrollato di ipotesi, illazioni, retroscena e dietrologie su quanto accadrà da domani o dopodomani, cioè dalla ufficializzazione della crisi di governo, allo svolgimento delle consultazioni e alla eventuale soluzione della crisi, qualunque essa sia. E mentre il Transatlantico “ipotizza” il domani, l’ordine del giorno dei lavori di Montecitorio (fissato da settimane) prevede che in Aula si voti la mozione, presentata dal PD, per l’esecuzione, in Germania, delle sentenze di condanna emesse dai tribunali italiani sulle stragi naziste compiute dal 1943 al 1945. Un periodo drammatico della nostra Storia costellato di eventi brutali, su molti dei quali ancora oggi non è stata fatta piena luce, come dimostrano le centinaia di fascicoli dissepolti dal cosiddetto Armadio della vergogna. Uno sguardo al passato, quello dei lavori d’Aula, per non vedere il futuro (di cui si vocifera in Transatlantico)? No, bensi un impegno morale da assolvere e un argomento importante da affrontare (chiedete ai parenti delle vittime), perché al giudizio della Storia, che non compete certo al Parlamento, deve accompagnarsi anche quella dei tribunali. La conciliazione non può essere oblio: a ricordarcelo sono le oltre 15.000 persone civili uccise in quegli anni. Vittime, nella stragrande maggioranza dei casi, che a distanza di 70 anni attendono ancora giustizia. Abbiamo il dovere di ricordare e di sostenere l’approfondimento storico di quegli anni, per ragioni di giustizia, di verità e per evitare pericolose revisioni di quanto accaduto.

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Referendum, la prima analisi dopo il voto del 4 dicembre

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Gli italiani si sono recati in massa alle urne, in percentuale poco al di sotto delle elezioni politiche del 2013: e questo è un fatto positivo, che misura lo stato di salute della nostra democrazia.
Si sono recati alle urne per bocciare senza appello la riforma costituzionale. O, forse, per bocciare senza appello il Governo. Le due cose in realtà non sarebbero sovrapponibili, ma mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo, in particolare dopo l’errore iniziale di Renzi di aver “personalizzato” il referendum. Non cerco scorciatoie assolutorie su un risultato netto ed inequivocabile, ma questi mesi di campagna elettorale (fatta di incontri, discussioni, dibattiti…) mi hanno dimostrato che stare al merito della riforma era molto difficile: inevitabilmente si scivolava a parlare di legge elettorale, del Governo, del futuro di Renzi, della minoranza del PD… Dopo 3 successivi voti positivi espressi alla Camera, resto convinta della bontà di questa riforma, che finalmente avrebbe dato corpo alle ipotesi di revisione istituzionale attese da 30 anni, senza stravolgere il nostro impianto di Repubblica parlamentare e permettendo, al contempo, una democrazia decidente. Ma gli italiani su questa proposta si sono pronunciati negativamente e questo, inevitabilmente, è un dato inappellabile. Quindi tutto resterà come ora, almeno per quanto riguarda la Carta Costituzionale. Sul fronte politico, invece, ci saranno molte modifiche che conseguono alle annunciate e mantenute dimissioni di Renzi, comunicate con un discorso ineccepibile.

ps: a Carpi, il mio Comune, contrariamente a quato accaduto nel Paese il sì ha prevalso con il 56,14% dei voti.

pps: vi suggerisco i link a due prime analisi del voto di ieri: la prima dell’Istituto Cattaneo sul comportamento degli elettori dei principali partiti, la seconda del Sole24Ore che mette in evidenza come il comportamento di giovani, disoccupati e meno abbienti abbia influito sull’affermazione del no.

Sanità, oltre 2.500 nuove immissioni in ruolo in Emilia-Romagna

Il modo migliore per tutelare l’eccellenza è continuare a dedicarle attenzione stragica e adeguate risorse. Credo sia questo il senso vero dell’azione messa in campo dalla Regione Emilia-Romagna sulla sanità: 25 milioni di investimenti per consentire l’immissione in ruolo, complessivamente, di 2.581 fra medici, infermieri e operatori, raggiungendo, unica in Italia, la copertura del 90% del turn-over.
#buonenotizie

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Un investimento da 25 milioni di euro che la Regione fa per l’immissione in corsia, nelle strutture e nei servizi sul territorio di nuovi professionisti e operatori sanitari – medici, infermieri, ostetriche, tecnici – per rafforzare la sanità dell’Emilia-Romagna e continuare a garantire, con l’obiettivo di migliorarli ancora, quegli standard di qualità che da tempo la collocano ai vertici nazionali ed europei.

Nell’ambito del Patto per il lavoro sottoscritto con organizzazioni sindacali e datoriali, enti locali, terzo settore e università con l’obiettivo di creare sviluppo e occupazione, sono stati sviluppati due accordi, sottoscritti dalla Regione il 19 settembre scorso con i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil e il 28 novembre con le rappresentanze della dirigenza medica dipendente e convenzionata delle Aziende sanitarie: grazie all’applicazione delle due intese, l’impegno della Regione consente di stabilizzare 402 operatori sanitari ora precari, di assumerne altri 500 e di garantire una copertura del turn-over pari al 90%, percentuale unica in Italia, un’operazione quest’ultima che porta all’immissione in ruolo altre 1.530 persone.

Inoltre, vengono confermati i contratti in essere dei 149 medici reclutati per vincere la sfida della riduzione delle liste di attesa, con i tempi per visite ed esami specialistici riportati entro i 30 e 60 giorni praticamente nella totalità dei casi. Complessivamente, dunque, la manovra messa in campo e gli impegni condivisi coinvolgono 2.581 operatori.

Misure per le quali non bisognerà aspettare: le assunzioni a tempo indeterminato già fatte o programmate entro l’anno nelle Aziende sanitarie della nostra regione riguardano 1.860 operatori e sono relative alle stabilizzazioni e alla copertura del 90% del turn-over, cioè delle figure a tempo indeterminato cessate.

“Il nostro impegno per la sanità e il welfare regionali ci permette di tenere insieme due aspetti fondamentali – afferma il presidente della Regione, Stefano Bonaccini – da una parte risposte ancor più efficaci alle esigenze di prevenzione, cura e assistenza dei cittadini, dall’altra la riorganizzazione e il rafforzamento delle strutture investendo anche sul personale, quei medici e quegli operatori sanitari il cui lavoro si rivela ogni giorno fondamentale per fare del sistema sanitario dell’Emilia-Romagna una eccellenza riconosciuta in Italia e nel mondo: e in particolare una copertura del 90% del turn-over credo davvero sia un dato straordinario, che dimostra l’efficacia delle politiche attuate. Con i sindacati e i rappresentanti della dirigenza medica è stato fatto un ottimo lavoro, e in tempi molto brevi, e oggi siamo in grado di rendere operativi gli accordi sottoscritti, i cui capisaldi sono le politiche occupazionali attive e le politiche per la valorizzazione professionale, sui quali puntare per l’ulteriore innovazione e qualificazione del sistema sanitario regionale. Abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra, condividendo un approccio concreto, in grado di rispondere alle esigenze di chi opera nella nostra sanità, e i risultati si vedono già: delle 402 stabilizzazioni previste, 365 assunzioni a tempo indeterminato sono già state effettuate, o sono programmate entro fine anno, e per altre 18 persone l’assunzione avverrà dopo il 1^ gennaio. Quello sul personale rappresenta un investimento importante- chiude il presidente della Giunta- che si aggiunge ai 150 milioni per l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento degli strumenti diagnostici e di cura, per alzare il livello delle prestazioni fornite, centrare risultati che parevano impossibili, e penso all’azzeramento delle liste d’attesa, e aprire la strada a provvedimenti importanti come la legge che rende obbligatorio vaccinare i bambini per poterli iscrivere ai nidi dell’Emilia-Romagna, prima norma in Italia che abbiamo voluto a tutela della salute pubblica e dei bimbi più deboli”.

“Anche sul versante delle politiche per la valorizzazione del personale un primo risultato è stato portato a casa – spiega l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi -. Abbiamo condiviso con tutte le rappresentanze sindacali un atto di indirizzo per utilizzare il 50% delle economie – questo peraltro è il limite massimo indicato dalle norme – che derivano da riorganizzazioni a favore del personale coinvolto. Nelle prossime settimane si lavorerà per individuare i percorsi più idonei per valorizzare, con fondi specifici già definiti nei due accordi sottoscritti, l’attività svolta dal personale dipendente del Servizio sanitario regionale a supporto della formazione universitaria, dando il giusto riconoscimento a una attività indispensabile per la formazione dei futuri professionisti della salute dell’Emilia-Romagna”.

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Editoria on-line, sull’iva l’Europa dà ragione all’Italia

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Ha avuto ragione l’Italia: l’Iva ridotta può essere applicata non solo sui libri e i giornali di carta, ma anche su quelli online. L’Esecutivo Renzi aveva deciso questa misura già due anni fa, nella convinzione che fosse utile per consentire l’espansione nel digitale dell’editoria nostrana. Oggi, anche l’Europa si accoda e invita tutti i governi ad applicare misure similari. L’Europa, se vuole continuare a essere motore di crescita, deve avere più coraggio

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Donne e riforma, esplicitato il concetto di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza politica

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E’ una novità importante, frutto delle annose, e non sempre facili, battaglie delle donne e dei loro movimenti. Con la riforma costituzionale entra in Costituzione il concetto dell’equilibrio tra i sessi nella rappresentanza politica. Il nuovo comma dell’articolo 55 recita: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza” (anche il successivo articolo 122, relativo alla composizione delle assemblee legislative, ora fa riferimento a tale equilibrio). Si tratta di un passo avanti ulteriore rispetto a quanto già stabilito dall’articolo 51, che ha introdotto il concetto di pari opportunità, sulla scorta della elaborazione culturale femminile. Nell’articolo 51, infatti, si stabilisce che tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso, possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge, ma una modifica del 2003 ha aggiunto: “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”, poiché non è sufficiente enunciare un diritto (l’accesso agli uffici pubiblici e alle cariche elettive) ma occorre rendere quel diritto realmente esigibile! Con la riforma costituzionale su cui saremo chiamati a votare domenica prossima, si rafforzano i principi già espressi e si introduce espressamente il concetto di una rappresentanza equilibrata tra donne e uomini nelle due Camere. Una evoluzione sostenuta dai cambiamenti, anche in termini di diversa consapevolezza, avvenuti nella società. Insomma una Costituzione viva, non immobile, che muta con i mutamenti della società. Anche per questo motivo domenica 4 dicembre #iovotosì

Riforma costituzionale, più strumenti al servizio della volontà popolare

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Uno degli argomenti usati dal fronte componente per il No al referendum (sorvolo sulle accuse di pseudo-fascismo, subordinazione ai poteri forti, apertura delle istituzioni ai corrotti etc. etc. etc.) è che la riforma costituzionale limiterebbe la democrazia e la volontà popolare. In uno degli ultimi post dedicati alla riforma, prima del silenzio elettorale e prima del voto, vorrei quindi ricordare tre modifiche che, a mio avviso, enfatizzano l’iniziativa legislativa popolare.

1) la prima riguarda il referendum abrogativo: nel caso le firme raccolte in calce al quesito raggiungano quota 800mila (dalle attuali 500mila) si abbassa il quorum necessario per la validità della consultazione, dalla metà più uno degli aventi diritto alla metà più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche. Gli ultimi referendum abrogativi hanno, infatti, segnato in maniera chiara la volontà dei votanti, ma non hanno raggiunto il quorum necessario per rendere valida la consultazione. In questo modo, rendendo più accessibile il raggiungimento il limite necessario, si favorisce l’espressione della volontà popolare.

2) Secondo strumento previsto: diventa obbligatorio, la prima volta, l’esame da parte del Parlamento di una proposta di legge di iniziativa popolare. Sarà successo a molti di voi di fermarsi a un banchetto e firmare a sostegno di una proposta di cui, una volta approdata in una delle due Camere, si son perse le tracce. E’ andata a finire così per la stragrande maggioranza delle proposte nate tra i cittadini. Ora, con le nuove norme, se una proposta di legge di iniziativa popolare ha raccolto almeno 150mila firme (non le 50mila attuali), ne viene garantito l’esame e la deliberazione finale (che potrebbe anche essere negativa, naturalmente, ma sarà comunque obbligatoria)

3) Terzo strumento previsto: vengono introdotti il referendum propositivo (accanto a quello abrogativo) e il referendum di indirizzo, strumenti innovativi che, in altri Paesi, sono utilizzati con frequenza dalle rispettive comunità. Mi è capitato di sentirmi dire: “Ma è solo una previsione senza reale forza, visto che se ne demanda l’attuazione a una successiva legge”. Si tratta della stessa modalità disposta dalla Costituzione vigente per il referendum abrogativo che, come abbiamo visto, non è stato uno strumento ipotetico, bensì reale.

Ho provato a raccontare una delle novità introdotte con la riforma. L’auspicio è che chi è ancora indeciso colga l’occasione di questi ultimi giorni prima del voto di domenica per documentarsi, leggere gli articoli rinnovatiì confrontandoli con quelli precedenti. Ognuno farà poi le proprie valutazioni, ma di una cosa sono certa, non vi troverete nessuna delle nefandezze di cui la riforma viene accusata, soprattutto in queste ultime settimane quando il confronto si è fatto più aspro. Stiamo al merito, votiamo con la testa e non con la pancia, votiamo per qualcosa e non contro qualcuno. E’ un’occasione di cambiamento che non tornerà tanto presto. Non disperdiamola. #IovotoSì

I, SabineCretella [GFDL, CC-BY-SA-3.0 or CC BY-SA 2.5-2.0-1.0], via Wikimedia Commons