Il mio intervento in Aula alla Camera in occasione della discussione sulla Legge di Bilancio 2017. Un intervento tutto dedicato all’importante pacchetto di azioni a sostegno del diritto allo studio universitario inserito nel provvedimento.
Il mio intervento in Aula alla Camera in occasione della discussione sulla Legge di Bilancio 2017. Un intervento tutto dedicato all’importante pacchetto di azioni a sostegno del diritto allo studio universitario inserito nel provvedimento.
“Vengo lì e ti brucio”: in queste parole, terribili, c’è tutta la violenta possessività dell’uomo che considera la compagna un oggetto di proprietà a cui non è consentito di rescindere unilateralmente il rapporto, anche se del tutto malato. “Vengo lì e ti brucio”: è quanto ha minacciato di fare un uomo a Castelfranco bussando alla porta della sua ex compagna, madre di suo figlio, che già lo aveva denunciato come stalker. Minacce che, quasi mai, rimangono tali: lo conferma la recente condanna a 18 anni di Paolo Pietropaolo, l’uomo che tentò di uccidere la compagna incinta all’ottavo mese dandole fuoco. In questo #25novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della #violenza sulle #donne, faccio mia la sollecitazione delle forze dell’ordine e delle donne dei centri anti-violenza: donne non tacete, denunciate gli uomini violenti, non c’è rabbia né malessere né difficoltà personali o economiche che possano giustificare percosse o minacce di ritorsioni sui figli o abusi psicologici e sessuali.
Fatelo prima che la situazione possa ulteriormente degenerare, fatelo innanzitutto per voi, dal circuito della violenza si può uscire. Compito delle istituzioni e della politica è creare le condizioni per sostenere le donne vittime di violenza, ma anche, e soprattutto, porre le basi affinché finalmente si riescano a cancellare anche gli ultimi strascichi di una cultura patriarcale e si affermi una reale parità tra i generi, costruita nella testa e nei sentimenti delle persone, prima ancora che nelle gerarchie delle organizzazioni. Di fronte ai numeri di questa mattanza a volte ci si scoraggia, ma in realtà passi avanti, dal punto di vista delle tutele, se ne sono fatti e se ne stanno facendo. L’esempio più recente è rappresentato dalle norme contenute nella legge di Bilancio in fase di definizione. Anche grazie ad emendamenti Pd, è stato introdotto il congedo per le lavoratrici autonome vittime di violenza, è stato aumentato di 5 milioni l’anno per il triennio 2017/2019 il finanziamento del Piano contro la violenza, è stato esteso il periodo di congedo paterno obbligatorio e facoltativo in occasione della nascita di un figlio. Sono misure di tutela e prevenzione importanti, che vanno nella giusta direzione, quella di sostenere le vittime, ma anche quella di creare le condizioni affinché la parità sia effettiva e praticata nella vita quotidiana, difficoltà comprese. #iostodallapartedelledonne.
Un’altra buona notizia per la nostra Università. Dopo gli emendamenti in tema di diritto allo studio, la Commissione Bilancio ha approvato un altro emendamento, a mia prima firma, che si propone di sanare un’altra anomalia del nostro sistema di reclutamento dei ricercatori e che amplia il numero di coloro che possono accedere al bando per diventare ricercatore di tipo b, l’anticamera per passare ad associato. Più in generale devo dire che la legge di Bilancio presentata dal Governo riserva una significativa e positiva attenzione al sistema universitario. In particolare prevede aggiuntivi finanziamenti destinati ai dipartimenti di eccellenza, una parte cospicua dei quali potrà essere destinata ad assumere ricercatori a tempo determinato cosiddetti di tipo (b). Com’è noto, si tratta del primo livello della carriera universitaria, quello che, al termine di un triennio, dà la garanzia di chiamata a professore associato purché l’interessato sia in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e di valutazione positiva dell’ateneo di appartenenza. E qui si inserisce l’emendamento che porta la mia prima firma, ma che è stato poi firmato da tutti i deputati Pd della Commissione Cultura e fatto proprio dall’intera Commissione. L’emendamento raccoglie una proposta avanzata dal Consiglio Universitario Nazionale ed estende la possibilità di partecipare ai concorsi a posti di ricercatore anche a coloro che, pur non avendo ricoperto posizioni di ricercatore di tipo (a) o di assegnista di ricerca, sono in possesso della specializzazione medica o dell’abilitazione scientifica nazionale. Si tratta cioè di persone che hanno già superato un difficile vaglio selettivo, ma a cui era poi precluso l’accesso ai concorsi per il primo livello della carriera docente. Si sana così un vulnus della normativa che finora consentiva ad un abilitato di partecipare ad un concorso per associato, ma non ad un concorso per ricercatore, cioè ad un posto di livello più basso di carriera. Dopo la grande emorragia di posti di docente universitario conseguente al blocco parziale del turn-over istituito ben otto anni fa, il precariato universitario e l’emigrazione all’estero sono letteralmente esplosi, col risultato che persone giovani di elevato valore scientifico, che spesso hanno potuto dedicarsi alla loro ricerca solo fuori dagli atenei o in università straniere, sono state giudicate dalle commissioni nazionali di abilitazione scientificamente mature per accedere alla docenza universitaria, ma non hanno potuto seguire il cursus ordinario di accesso previsto dalla legge. Ritengo questo provvedimento solo una tappa, pur importante, per altri traguardi cui dovremo puntare: da un lato porre fine al blocco del turn-over e così riaprire il canale normale delle assunzioni nelle università entro gli ordinari limiti della sostenibilità di bilancio in ciascun ateneo; da un altro, ripensare globalmente tutto il tema dell’accesso alla carriera di professore universitario riformando profondamente la Legge Gelmini che, a sei anni dall’entrata in vigore, ha già mostrato evidenti limiti.
Proposta emendativa pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 21/11/2016
45.2.
approvato
Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
6-bis. Al fine di favorire le modalità di utilizzazione dei finanziamenti di cui al presente articolo e ai precedenti articoli 43 e 44, alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 23, comma 4, dopo le parole: «ruoli universitari» sono aggiunte le seguenti: «ma consente di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell’ambito delle risorse vincolate di cui all’articolo 18, comma 4»;
b) all’articolo 24, comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguente: « b) contratti triennali, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all’articolo 16, ovvero siano in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché di assegni di ricerca di cui all’articolo 22, o di borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.».
Ghizzoni Manuela, Coscia Maria, Ascani Anna, Blazina Tamara, Bonaccorsi Lorenza, Carocci Mara, Coccia Laura, Crimì Filippo, Dallai Luigi, D’Ottavio Umberto, Iori Vanna, Malisani Gianna, Malpezzi Simona Flavia, Manzi Irene, Narduolo Giulia, Pes Caterina, Piccoli Nardelli Flavia, Rampi Roberto, Rocchi Maria Grazia, Sgambato Camilla, Ventricelli Liliana, Arlotti Tiziano
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Con l’approvazione di un mio emendamento alla legge di stabilità, sottoscritto da tutti i deputati Pd della Commissione Cultura, la no-tax area per gli studenti universitari prende forma più precisa ed estesa. Già il Governo aveva proposto nella versione iniziale della legge di stabilità che gli studenti che appartengono a famiglie con meno di 13.000 euro di ISEE (indice di reddito e patrimonio) non devono pagare alcuna tassa alle università per iscriversi alla laurea triennale, purché siano studenti in corso e attivi, cioè abbiano superato un certo numero di esami, mentre per le famiglie tra 13.000 e 25.000 euro di ISEE la proposta di legge stabiliva un calmieramento alle tasse universitarie in dipendenza dal valore dell’ISEE, con un’aliquota massima dell’8%.
Con l’emendamento il provvedimento di sgravio viene esteso alle lauree magistrali e agli studenti fino al primo anno fuori corso, in modo da coprire una fascia assai più ampia di studenti di tutti i corsi di studio e non lasciarli in difficoltà dopo la laurea triennale o nel caso di un piccolo ritardo nel completamento degli studi. Inoltre, a vantaggio delle famiglie del ceto medio impoverito, la fascia di calmieramento è stata estesa fino a 30.000 euro e l’aliquota abbassata al 7%. Infine anche i corsi di dottorato di ricerca, a cui si accede per concorso a numero chiuso, diventano gratuiti per chi non ha la borsa di studio. Si è pensato anche ai bilanci universitari perché l’emendamento ha portato da 85 a 100 milioni il fondo disponibile per compensare gli atenei del calo di gettito dovuto alla nuova decontribuzione.
Finalmente l’articolo 34 della Costituzione, quello che garantisce il diritto degli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi di raggiungere i gradi più alti degli studi, trova un’ampia applicazione e l’Italia si avvicina all’Europa, dove la no-tax area è già una realtà in molti Paesi. Speriamo anche di riportare nelle università gli studenti delle famiglie meno abbienti e così di poter tornare a puntare a quel 40% di laureati sulla popolazione che è l’obiettivo fissato dall’Europa e da cui l’Italia è lontanissima, anzi ne è purtroppo il Paese più lontano. La sfida passa ora alle università. Mi auguro che sappiano affrontarla e vincerla nell’interesse del nostro Paese.
Di Tungsten – photo taken by Tungsten, Pubblico dominio, Collegamento
Sarà anche un non-problema come qualcuno dei frequentatori della mia Pagina Fb ha decretato, ma il prevalere del proprio sentiment sulla realtà dei fatti è fenomeno così acclarato che il “mitico” Oxford Dictionary l’ha eletto come simbolo del 2016. L’aggettivo che i curatori del Dizionario (ma è solo un dizionario?) hanno scelto come parola dell’anno è “post-truth”, che non significa, come originariamente era, il dopo-verità, ma “indifferenza alla verità”. In parte, si sarebbero consolidati sulla “post-truth” che spopola sui social sia il voto pro-Brexit in Gran Bretagna che l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Semplificando, gli analisti hanno registrato che si è votato, in maggioranza, d’istinto e sull’onda di problemi percepiti. Ma si è trattato, molto spesso, di un istinto e di una percezione “social-guidato” a propria insaputa. Non aderisco alla facile tesi del “gomblotto”, ma è indubbio che l’Oxford Dictionary, con la sua scelta, indirettamente testimonia che l’indifferenza ai dati di realtà guida, sempre più, le nostre scelte. E’ esperienza comune che parte degli utenti social non riesca a distinguere la verità dei fatti da una opinione, sostenuta magari da web-bufale e molti preferiscono credere a tutto ciò che aderisce alle proprie tesi, piuttosto che metterle in discussione. Ma questo è un atteggiamento umano e comprensibile. Meno limpido è se quello che ci viene propinato è creato ad arte da manipolatori di professione. Nei mesi scorsi è finito in manette un hacker sudamericano che sostiene di aver contributo a falsare il risultato delle elezioni in Messico, a forza di squadre di troll e finti acconti social che avrebbero manipolato “l’opinione pubblica con la creazione di false onde di entusiasmo e derisione sui social media”. Un millantatore come sostengono dallo staff del presidente Pena Nieto o l’avanguardia di quel lavoro di “hackeraggio” sempre più cruciale nelle grandi campagne elettorali? Neppure i giornalisti di Bloomberg sono riusciti a fornire una risposta certa. Diciamo però che la strada è sempre più in salita per chi, ingenuamente, pensa che, anche in politica, ci si possa attenere ai fatti, al merito delle questioni…
Il soffitto di cristallo esiste e resiste e la parità di genere è ancora di là da venire, anche nelle società più aperte e culturalmente avanzate. La sconfitta di Hillary Clinton nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti ha riacceso l’attenzione su un tema critico per l’avanzamento della società, qualunque società: il gap persistente tra uomini e donne, nel mondo del lavoro, nella vita pubblica e in quella familiare. Certo la situazione è progressivamente migliorata, ma non poi tanto quanto vorremmo credere. Lo testimonia uno studio americano messo a punto da The Boston consulting group: le donne giovani, che si affacciano alla vita lavorativa, sono entusiaste e convinte di potersi confrontare alla pari con gli uomini; le donne più anziane sono, invece, molto più diffidenti e soprattutto disilluse. Non è solo una questione di atteggiamento mentale e di fiducia in se stesse. E’ la dura realtà dei fatti. Uno studio del World Economic Forum, riportato nei giorni scorsi da L’Unità, conteggiava in 170 anni il tempo necessario affinché, a livello globale, si raggiunga la parità di retribuzione, a parità di mansioni, tra uomo e donna. Nell’Europa unita ne basterebbero 70, sempre che i Paesi meridionali, Italia compresa, e quelli orientali lavorino davvero sodo per colmare il gap che li divide dai Paesi dell’Europa del Nord. Perché non è solo una questione di normative e di servizi: è anche, e soprattutto, una questione culturale e di stereotipi di genere. Un dato su tutti: in Islanda il 90% dei neo-padri usufruisce dei congedi parentali, in Italia solo il 4%. A dimostrazione che stare qui a disquisire se Hillary era troppo algida o troppo legata all’establishment, se il modello di leadership femminile debba essere quello della “donna di picche” o quello della “donna di cuori”, è esercizio di pensiero quasi del tutto fine a se stesso. La realtà dei numeri ci indica che siamo molto, ma molto più indietro.
Tra i tanti materiali che si trovano in rete, consiglio la visione di questo web doc “Nella sabbia del Brandeburgo” fatto di voci, immagini e disegni per raccontare una storia sconosciuta agli italiani e ai carpigiani, sebbene riguardi l’Italia e Carpi. Si tratta del massacro – purtroppo uno tra i tanti – di Treuenbrietzen, nel Brandeburgo, nel quale furono trucidati 127 internati militari italiani. Chi erano gli IMI? I 650.000 militari che dopo l’8 settembre si rifiutarono di combattere per i tedeschi e quindi furono deportati in Germania e sottoposti a condizioni disumane, sevizie e violenze, perché rei di aver “tradito” l’alleato nazista. Il loro rifiuto fu una Resistenza, esercitata lontana dall’Italia. Nel massacro di Treuenbrietzen, che – ironia della sorte – avvenne il 23 aprile cioè il giorno dopo la liberazione di Carpi, furono trucidati anche i nostri concittadini Mauro Bassi e Danilo Faglioni. Quattro i sopravvissuti, tra i quali il fiorentino Antonio Ceseri, che raccolse i pochi effetti personali dei caduti, incluso il diario di Mauro Bassi, e si diede pena, con un lungo viaggio, di portare la notizia alla famiglia carpigiana. Da allora è nata una amicizia, lunga una intera vita, che prosegue anche oggi, a compensazione di una morte assurda e ingiusta. Un diario è tutto ciò che rimane di un giovane uomo, strappato alla vita dall’ideologia nazista, dal fanatismo e dall’odio razzista contro i presunti traditori italiani. Un diario che diventa il testimone per trasmettere memoria di quanto accaduto, che passa di mano in mano, come eredità morale, e che viene raccolta con passione civica e amore familiare.
C’è la riflessione sulla trasmissione della memoria nel web doc, ma c’è anche molto altro ancora sulla Storia italiana, tedesca ed europea. Un web doc per conoscere cosa è accaduto (solo) settant’anni fa, per capire come tutto questo possa tornare, proprio in Europa, se non terremo alta la guardia. Un sentito ringraziamento agli autori Katalin Ambrus, Nina Mair e Matthias Neumann, per la sensibilità storica, l’accuratezza del racconto e la necessità di ragionare anche sul presente. Grazie alla Fondazione Fossoli per averlo fatto conoscere a Carpi.