Piumazzo, da sabato scorso 30 settembre, ha una scuola elementare più bella e più sicura di prima e, si sa, in una scuola bella si studia anche meglio. Ricordo ancora quando nell’ottobre del 2012 andammo a inaugurare la sede provvisoria dopo che il sisma aveva danneggiato lo storico edificio a cui gli abitanti della frazione di Castelfranco erano così affezionati. Allora prendemmo l’impegno di rifare la scuola più bella di prima, impegno, oggi, onorato. La nuova scuola sorge nel sedime di quella vecchia. La scelta di abbattere il vecchio edificio è stata sofferta, ma fare buona politica significa anche prendere decisioni che guardano all’interesse di un’intera comunità. E questa è stata una buona decisione: è stato costruito un nuovo edificio, con ampi spazi per le aule e i laboratori, in classe energetica A e, naturalmente, antisismico. La struttura provvisoria ora ospita due sezioni della scuola media, a dimostrazione ulteriore dell’importanza di investire nei presidi della cultura e della formazione, investimenti che vanno sempre a vantaggio di tutta la comunità. Per me, che ricordo ancora quando la scuola cominciava il 1° di ottobre, l’inaugurazione di sabato è stata anche occasione per riandare indietro nel tempo. Auguri, quindi, davvero sentiti a tutti i bambini e al corpo docente e amministrativo: che sia un buono e proficuo anno scolastico per tutti!
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Sabato 8 ottobre a San Prospero per l’inaugurazione di scuola e auditorium
Sabato prossimo, 8 ottobre, sarò a San Prospero in occasione dell’inaugurazione della scuola secondaria di I grado Papa Giovanni XXIII e dell’auditorium comunale Volmer Fregni.
Hillary Clinton, sul mettersi in gioco
“Mi rifiuto di cedere al mai. La parte più bella di un’esperienza è la voglia di provarci, di mettersi in gioco”. Hillary Clinton, verso l’8 novembre 2016
Hillary Clinton, su Donne e Democrazia
“Siamo qui per portare avanti la causa delle donne e per portare avanti la causa della democrazia, e rendere assolutamente chiaro che le due sono inseparabili. Non ci può essere vera democrazia fino a che le voci delle donne non saranno ascoltate” Hillary Clinton, verso l’8 novembre 2016
Parliamo di come ridare centralità alla didattica universitaria
Una didattica incentrata, in media, più sull’insegnamento e sul docente piuttosto che sull’apprendimento e sullo studente: è uno degli snodi salienti della ricerca sulla didattica universitaria presentata a Montecitorio in un’aula gremita di docenti e tecnici del settore, ma alla presenza pure di un gruppo di studenti. Un convegno che parla anche modenese: fortemente voluto dalla deputata Pd Manuela Ghizzoni e a cui ha partecipato una rappresentanza dei Giovani democratici modenesi. La ricerca, che ha approfondito diversi aspetti, ha l’obiettivo di avviare una riflessione su un tema centrale non solo nella vita degli accademici, ma soprattutto degli studenti.
Il video integrale del convegno sul sito della Camera dei deputati
Sala del mappamondo gremita, a Montecitorio, giovedì 29 settembre, per parlare di didattica universitaria, tema un po’ negletto, ma centrale nella vita dei docenti universitari e, naturalmente, degli studenti. Nel pomeriggio, a Roma, si è tenuta l’anteprima della presentazione della ricerca del professor Matteo Turri sulla didattica nell’Università, promossa dall’Associazione Italiana Editori e dalla Fondazione Giovanni Agnelli. La presentazione alla Camera è stata fortemente voluta dalla deputata modenese del Pd Manuela Ghizzoni, componente della Commissione Istruzione e da tempo impegnata sui temi dell’università. “Non è intenzione – ha spiegato Manuela Ghizzoni – dei promotori del convegno né di noi decisori politici di incidere sulla libertà di insegnamento dei docenti o sul numero di ore dell’insegnamento. Quello di cui vogliamo cominciare a discutere è, invece, la qualità della didattica e i livelli di apprendimento, tema di confronto e discussione quasi quotidiana nella Scuola, ma pressoché assente nel luogo per eccellenza della formazione superiore e dell’innovazione”. I 90 docenti universitari, di diverse discipline, ascoltati nel corso della raccolta dei dati della ricerca, confermano come, negli ultimi anni, ci sia stato, nel nostro sistema, uno sbilanciamento verso la ricerca, i cui risultati incidono sull’avvio e sulla progressione di carriera degli accademici, a discapito della didattica. Eppure c’è grande sensibilità tra i docenti verso il tema, anche se, in generale, in Italia, i metodi di insegnamento così come quelli per valutare i livelli di apprendimento risultano abbastanza conservativi, molto spesso mutuati dall’esperienza personale da ex studenti degli stessi docenti. In generale dalla ricerca emerge che si tratta di una didattica incentrata più sull’insegnamento e sul docente piuttosto che sull’apprendimento e sullo studente: a questo proposito sarebbe opportuno istituire in ogni ateneo un Centro dedicato all’analisi dei problemi relativi alla didattica, a supporto dei docenti e dell’innovazione della loro attività. Centri di riflessione collaborativa sul processo di formazione in grado di tenere conto del fatto che gli studenti oggi sono già “nativi digitali”, con un approccio all’apprendimento rivoluzionato rispetto al passato. “Il loro è un sapere più reperito che trasmesso – ha chiarito Manuela Ghizzoni – più basato sulle immagini che sulle parole, un sapere per certi versi “indisciplinato” e non disciplinare. E’ anche per l’attenzione che dobbiamo ai loro diritti che, credo, sia necessario cominciare a riflettere seriamente su come innovare anche nella didattica e nella valutazione, aspetti che pesano sulla loro vita di universitari “in formazione” per affrontare con saperi, competenze e abilità il futuro personale e professionale”.
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Dimissioni Capua, un paese incattivito che svilisce i propri talenti
Signora Presidente,
Ilaria Capua oggi ci chiede di lasciare il Parlamento. Capua è una virologa di fama internazionale che ha messo liberamente a disposizione dell’intera comunità scientifica internazionale le proprie scoperte e i dati sottostanti, e così ha condizionato lo stesso modo di fare ricerca nel mondo. La rivista Seed l’ha proclamata “mente rivoluzionaria”.
Se vogliamo rispettare la sua scelta, e le valutazioni personali che l’hanno determinata, dobbiamo accettarne le dimissioni, pur consapevoli che si tratta di una perdita secca per il Parlamento e per l’intero Paese.
Spero di riuscire a interpretare adeguatamente il sentimento di rammarico di tutto il gruppo del Partito democratico per la decisione della collega, e amica, Ilaria Capua.
Una decisione maturata in seguito a una vicenda in cui si intrecciano sospetti immeritati, ansie da scoop e un moralismo giustizialista di cui anche noi colleghi parlamentari, o almeno una parte di noi, è decisamente parte in causa.
Ilaria Capua è, innanzitutto una ricercatrice, non solo perché ha passato e tuttora trascorre la sua vita tra provette e microscopi, ma perché il metodo scientifico la accompagna nella quotidianità e nella politica, così da attraversarle e caratterizzarle entrambe per oggettività, affidabilità e spirito di condivisione. Sono questi i tratti che abbiamo apprezzato in lei nel lavoro gomito a gomito in Commissione Istruzione, associati all’assenza di ogni demagogia, all’ironia raffinata senza ombra di sarcasmo – ne sono una prova i ritratti di Abbecedario di Montecitorio – alla indiscutibile competenza. Una competenza non diventa mai supponenza anzi, semmai é lo spunto, da una parte, per guardare oltre la superficie, superare le convenzioni e non accontentarsi della risposta preconfezionata e, dall’altra, per non prendersi troppo sul serio.
Atteggiamenti e doti apprezzabili, come apprezzabile e straordinaria fu nel 2006 la scelta di condividere una sua scoperta: senza chiedere né brevetti né riconoscimenti economici, depositò la sequenza genetica del virus dell’aviaria in un database “open access”, cioè a libero accesso da parte di tutta la comunità scientifica, cambiando così, di fatto, i meccanismi internazionali alla base dei piani pre-pandemici. Questo fu il biglietto da visita con cui Ilaria Capua si presentò alla politica italiana nel 2013. Un profilo professionale tanto netto quanto adeguato per poter fare la differenza in Parlamento e incidere sulle politiche della ricerca pubblica. Ma, di fatto, non ce n’è stato il tempo.
Un anno dopo la sua elezione, nell’aprile 2014, il settimanale l’Espresso riporta con molto risalto la notizia che Ilaria Capua sarebbe iscritta nel registro degli indagati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, abuso di ufficio e traffico illecito di virus.
Iniziano due percorsi paralleli: il calvario umano e il procedimento giudiziario. Il secondo si conclude finalmente nel luglio di quest’anno con un proscioglimento pieno perché il “fatto non sussiste”. Il primo, la vicenda umana, si sa non trova mai un epilogo definitivo, ma oggi incontra un tornante importante.
Su di lei, come troppo spesso accade in questi casi, si scatenò una bufera mediatica e politica. Fu descritta come una “trafficante di virus” e sottoposta alla pubblica gogna. Sebbene ad aprile 2014 ad Ilaria Capua nulla fosse stato contestato formalmente, i colleghi deputati del M5S in Commissione – come resta agli atti – ne chiesero “formalmente le dimissioni dalla carica di vicepresidente della Commissione. Si ritiene, infatti, – dissero allora – che tale carica richieda, a chi la ricopra, trasparenza, stato d’animo e statura adeguati”.
In questa logica – che personalmente condanno – la statura morale sarebbe conferita o revocata da un improvvisato titolo di giornale, su una vicenda che poi sarebbe stata dichiarata ufficialmente insussistente, e non da un lungo curriculum professionale e personale.
Ma quanto accaduto in questi due anni di accuse, di ombre, di sospetti sussiste, eccome! E porta Ilaria Capua alla decisione di lasciare il Parlamento e l’Italia per trovare una nuova serenità professionale all’Università della Florida, che le ha offerto di dirigere un istituto di ricerca. Al di là delle decisioni strettamente personali, che vanno rispettate, i risvolti pubblici della sua vicenda consegnano alla politica diversi motivi di riflessione.
La prima riguarda il senso di fiducia, l’affidamento reciproco che dovrebbero costituire il cemento delle nostre comunità, locali e nazionale, ma che la cultura del sospetto sta progressivamente erodendo.
Una cultura del sospetto che abbonda e si radica sempre di più. Ogni scoop giornalistico diventa indice di colpevolezza e non di rado si trasla in condanna da parte di chi, fuori dai tribunali, si autoproclama giudice e autorità morale, come nel caso delle dimissioni chieste dal Movimento 5 stelle a Ilaria Capua per il mero “sentore” di indagine sul suo conto. Non dimentichiamolo mai, ma dovremmo tutti rispettare il un principio del nostro ordinamento giuridico e costituzionale, cioè la presunzione di innocenza e quindi considerare l’avviso di garanzia non come sinonimo di sentenza di condanna, ma più semplicemente come uno strumento a garanzia dell’indagato.
Una seconda riflessione – che tocca da vicino la mia ormai decennale attività parlamentare – è la constatazione, l’ennesima per la verità, che la ricerca scientifica, in Italia, interessa a pochi, nella politica come nella società, persino quando vengono offesi il buon nome e la serietà professionale di chi la pratica al massimo livello internazionale. Signora presidente, questo è un peccato capitale per un Paese che ha un bisogno assoluto di scommettere su innovazione e ricerca se vuole uscire dalla stagnazione in cui l’ha gettato la crisi economica.
Infine, un ultimo motivo di riflessione. Le dimissioni di una figura come quella di Ilaria Capua sono una perdita per il Parlamento: ha rappresentato un valore aggiunto, mai assimilato ai modi e alle logiche consolidate tipiche di questo consesso politico, senza adattarvisi velocemente come tanti altri che volevano aprire il Parlamento come un apriscatole.
Dopo due anni di sofferenza Ilaria Capua sta riacquistando la serenità personale con la scelta di cominciare a scrivere un nuovo capitolo della sua vita.
Noi però abbiamo maltrattato il suo talento e le potenzialità che non ha mai esitato a mettere generosamente a servizio prima della ricerca pubblica, poi della politica del nostro Paese.
Lasciandola libera di perseguire il suo progetto di vita personale e professionale, le dobbiamo chiedere scusa ma insieme cominciare a riflettere su un Paese incattivito che disperde e svilisce i propri talenti migliori, incapace di riconoscerne e preservarne il valore.
Istituire una laurea professionalizzante per i geometri
E’ stata presentata oggi a Montecitorio, nel corso di una conferenza stampa, la proposta di legge che riforma il percorso di accesso alla professione di geometra che porta, come seconda firma, quella della deputata modenese del Pd Manuela Ghizzoni, componente della Commissione Istruzione della Camera. Già avviate, da quest’anno accademico, alcune esperienze che condividono lo spirito della proposta di legge, anche con le competenze dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
La formazione del geometra, dopo ben 90 anni, cambia prospettiva: è stata presentata oggi, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Montecitorio, la proposta di legge che istituisce una nuova laurea universitaria da frequentare per conseguire il titolo triennale che abilita direttamente alla professione di geometra. Al percorso formativo superiore sarà possibile accedere dopo il diploma di scuola media superiore: anche se nelle attese dei proponenti ci sia aspetta che ad accedervi siano soprattutto i diplomati dagli Istituti Tecnici, settore Tecnologico, indirizzo “Costruzioni, Ambiente e Territorio (CAT)”. In attesa dell’esito dell’iter parlamentare, all’inizio di questo anno accademico, in Italia sono state avviate alcune esperienze che condividono lo spirito della proposta di legge, anche con le competenze della Università di Modena e Reggio Emilia. Un percorso virtuoso reso possibile grazie alla collaborazione degli Istituti Tecnici CAT locali e i Collegi Provinciali dei Geometri. La proposta di legge è a prima firma della deputata Simona Flavia Malpezzi e a seconda firma della deputata modenese del Pd Manuela Ghizzoni: “La proposta rappresenta la volontà di costruire dei percorsi didattici per i geometri che possano rafforzare le competenze, sia a livello teorico e sia a livello pratico – spiega l’on. Ghizzoni – Non si entra nel merito degli insegnamenti che dovrebbero caratterizzare la laurea perché non abbiamo intenzione di “ingessare” ora con una legge i contenuti culturali e formativi che dovranno modificarsi invece nel tempo rispetto alle esigenze della professione. Si prevede, infatti, di affidare a un decreto ministeriale successivo i contenuti specifici in termini di esami da sostenere e di competenze da acquisire”. Nel nostro Paese la professione di geometra è ancora regolamentata da un Regio Decreto del 1929 e viene svolta da oltre 100mila professionisti, di cui almeno 9mila donne. Una professione da avviare in modo autonomo, o in coworking con altri colleghi e tecnici, al fine di competere adeguatamente sul mercato nazionale e internazionale. “Lauree di questo tipo – conclude Manuela Ghizzoni – rappresentano una sfida per le università in termini di offerta formativa per i giovani che desiderano associare una solida formazione teorica all’esercizio della professione. Con questa nuova opportunità formativa riteniamo anche di poter contrastare il problema dell’abbandono degli studi universitari da parte dei diplomati degli istituti tecnici e professionali che si trovano ad affrontare percorsi non modulati rispetto alla loro preparazione scolastica, tradendo le loro aspirazioni reali”.