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La memoria del Novecento, sabato 10 a Ponte Alto

Sabato 10 settembre sarò a Ponte Alto per l’iniziativa  “La memoria del Novecento” insieme all’assessore alla Cultura della Regione Emilia-Romagna Massimo Mezzetti, il vice-sindaco di Modena Gianpietro Cavazza, il presidente Anpi Modena Aude Pacchioni e Claudio Silingardi, dell’Istituto Storico di Modena. A coordinare l’iniziativa sarà Grazia Baracchi, responsabile Scuola della Segreteria provinciale del Pd modenese. Appuntamento per le ore 20.30 alla Sala Europa.

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Perchè l’Università di Modena ha stregato Mr Facebook

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Avevo già commentato il dono di Mark Zuckerberg alla Università di Modena, ma l’articolo di Fabio Poletti pubblicato su La Stampa di questa mattina stimola alcune ulteriori considerazioni:

1. Un paio di anni fa, all’uscita della classifica delle università redatta dal Sole 24 ore, a Modena si sprecarono commenti non molto lusinghieri per Unimore: allora mi limitai a suggerire che questi strumenti sono utili nella misura in cui conosciamo (e quindi possiamo interpretare) i parametri valutati per redatte la classifica. Oggi, arriva la conferma di quel lontano suggerimento: un sistema complesso e di formazione come un’ateneo non si può buttare giù dalla torre per unediocre posizionamento in classifica o innalzato al cielo per l’ottima performance di un dipartimento… spero che tutti i commentatori – esperti e no – traggano da questa vicenda la voglia di conoscere meglio e in profondità la complessità questo mondo;

2. Il sistema universitario pubblico è sottofinanziato, ormai da 10 anni. Il “dono” del mega server – in realtà frutto di un bando vinto dai ricercatori modenesi e quindi credo che si potrebbe parlare di “premio” – ammonta a 50.000 euro. Certo non una cifra astronomica ma praticamente impossibile da sostenere per le esangui casse degli atenei. La prossima legge di bilancio è alle porte e su questo versante occorre fare molto più di quanto non si sia fatto fino a ora. So che arrivati a questo punto qualcuno sta già digitando: “ma non siete voi al governo? “. Sì, vero, ma quel voi comprende tanti soggetti – politico ed istituzionali (ad esempio, la Ragioneria dello Stato) – in costante rapporto dialettico… A noi, sensibili alla causa, il compito di convincerte gli altri che senza investimenti nella.ricerca non si va da nessuna parte.

3. Questione di genere: davvero le donne sono estranee alle tematiche STEM, ossia Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica. No, ovvio, e la prova è l’ing Rita Cucchiara, per fare un esempio modenese. Ma bisogna abbattere ancora tante convenzioni, pregiudizionari ed ostacoli… la strada da percorrere è ancora lunga.

4. In effetti le procedure che le università devono seguire sono pari a quelle imposte ai ministeri o catasti, che però non devono competere con istituti internazionali per i quali la velocità di decisione è di azione è fondamentale. E se è giusto, per ridurre i costi, ricorrere alla Consip o al mercato elettonico per determinati acquisti, per altri si rivela solo una inutile pastoia, per non parlare del controllo preventivo della Corte dei Conti per noi contratto di valore superiore ai 5000 euro. Su questi temi occorre una decisa azione di semplificazione, che significa puntare sui principi di trasparenza e responsabilità rispetto al controllo delle procedure.

Perchè manca l’antisismica?

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Di seguito l’articolo pubblicato su l’Unità sabato 3 settembre firmato insieme alla collega Raffaella Mariani:

Su una questione sembrano essere tutti d’accordo. Mille volte meglio prevenire che dover poi, a posteriori, cimentarsi nella drammatica conta delle vittime e dei danni. E allora perché la prevenzione sismica in Italia non decolla? Esempi virtuosi, come quello di Norcia dove non sono stati registrati feriti, non mancano. Eppure, quando c’è da costruire in sicurezza, ma lontani da un’emergenza sismica, quando c’è da rivolgersi a professionisti in grado di dare le opportune indicazioni, le lamentele per l’eventuale incremento dei costi non mancano. Le imprese che avevano costruito i capannoni industriali seguendo l’ultima normativa antisismica varata dalla Regione Emilia-Romagna, ad esempio, con il terremoto del 2012 non riportarono danni. Eppure la normativa era stata osteggiata a causa proprio dell’aumento delle spese e per la presunta burocratizzazione delle procedure. Da notare che nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto erano stati pochissimi gli interventi effettuati per miglioramento ed adeguamento antisismico dei fabbricati privati e produttivi che pure potevano beneficiare del bonus fiscale del 65%, essendo situati in zona ad alta attività sismica. Pur tenendo conto della scarsa informazione sulle misure in vigore, questo dimostra che non è automatico né scontato che i cittadini vogliano o possano usufruire dei benefici fiscali. Tra i principali motivi vi sono problemi che andranno affrontati nella prossima legge di Bilancio:

1) la crisi ha impoverito le famiglie intaccandone i risparmi e quindi la disponibilità finanziaria per coprire la quota non agevolata dell’intervento di messa in sicurezza statica. Spesso, poi, il valore dell’immobile è inferiore a quello dell’intervento da effettuare, quindi anche l’ipotesi di poter ottenere un mutuo è difficilmente percorribile: se non si mette in campo una garanzia statale è molto difficile che la misura possa prendere il largo.

2) posto che la famiglia abbia le risorse per intervenire, può verificarsi il caso che il bonus fiscale superi le detrazioni annue, vanificando il meccanismo compensatorio a vantaggio del contribuente. Un esempio per capirci: puoi detrarre 5000 euro, ma le imposte da versare sommano a 2000 oppure addirittura sei a credito. In questa situazione si annulla ogni beneficio. I tempi di recupero dell’investimento in 10 anni, poi, sembrano a molti pensionati, e non solo, troppo lunghi e non realizzabili;

3) infine, la norma prevede la detrazione per interventi riferiti a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive; le seconde case, magari ereditate dai genitori, non rientrano nella disposizione. Ma abbiamo invece visto come nei paesi colpiti dal sisma (così come accade per la stragrande maggioranza dei piccoli centri appenninici) sia prevalente proprio questa tipologia di abitazione.

A questi temi, da affrontare con urgenza, va aggiunta una questione che ci sta particolarmente a cuore: l’approvazione del disegno di legge a sostegno della formazione e della ricerca nelle discipline geologiche. Dopo avere ottenuto l’ok unanime alla Camera, attende quello del Senato. Si tratta di una norma importante per un Paese a forte sismicità e gravato da dissesto idro-geologico, che peraltro contribuirebbe a diffondere una esatta cultura della prevenzione grazie anche alla valorizzazione dei Dipartimenti di Scienze della terra, che oggi in molti atenei sono stati aggregati ad altre strutture scientifiche, non sempre coerenti. Sono stati gli stessi geologi a rilanciare l’allarme: “Nel Paese dei disastri naturali chiudono i Dipartimenti di Scienze della Terra”. Ecco, è ora che la proposta di legge riprenda celermente il suo cammino insieme a quello della legge quadro sulle calamità naturali, la cui approvazione, come già ci aveva insegnato il terremoto dell’Emilia, non può più essere rimandata. L’Italia ha conosciuto molti sismi disastrosi e da quelle esperienze è nato un sistema di gestione dell’emergenza di cui poter essere, oggi, orgogliosi. Altrettanto dobbiamo fare per la ricostruzione e la prevenzione, affinché anche per queste fasi si realizzi un modello che sia efficace e dia speranza.

Manuela Ghizzoni e Raffaella Mariani, deputate Pd e presentatrici della proposta di legge per il sostegno della formazione e della ricerca nelle discipline geologiche

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Sisma Centro Italia, Errani l’uomo giusto, Dell’Orco diffama

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Il deputato 5 stelle Dell’Orco straparla, o peggio, se parla con convinzione allora diffama. Perché se c’è un aggettivo che chi lo conosce associa al nome Vasco Errani è onesto, oltre che competente. Far intendere – come fa il collega Dell’Orco con il suo tweet – che ci sia una qualsivoglia connessione tra la nomina di Errani a commissario straordinario per il sisma nel 2012 e l’inchiesta Aemilia è mistificare la realtà. Perché se c’è una cosa per cui Errani ha lavorato, in questi anni, è proprio l’obiettivo per cui ogni euro speso per il cratere sismico fosse rintracciabile e impiegato in maniera legittima. Errani, poi, non è un “disoccupato”, come poco elegantemente si è espresso Dell’Orco. E’ un amministratore che, quando è stato coinvolto in una inchiesta, ha deciso di fare un passo indietro e attendere tutti i gradi di giudizio e la completa assoluzione prima di tornare a dare la propria disponibilità a ricoprire incarichi pubblici. I 5 stelle che, a parole, celebrano la trasparenza, dovrebbero almeno rispettarne la dirittura morale e la coerenza. Pensare a Vasco Errani come commissario per la ricostruzione nelle zone colpite dal sisma nel Centro Italia significa puntare sull’esperienza, sulla competenza e, quindi, su di un modello, quello della ricostruzione emiliana, che, pur migliorabile, rappresenta comunque una strada sperimentata di ricostruzione trasparente, controllata e basata sulla collaborazione tra i diversi livelli istituzionali, dal territorio al centro. Certo si deve sempre fare meglio, meno burocrazia, però, non può tradursi in meno controlli e minore rigore. E su questo, siamo certi, Vasco Errani sarà come sempre assolutamente coerente

Perché la prevenzione non decolla? Una riflessione sulle criticità e sulle azioni necessarie

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Il Governo ha stanziato i primi 50 milioni per la fase di emergenza, attingendo dal Fondo nazionale per le Emergenze, istituito nel 2013, e che per quest’anno ha una dotazione di 249 milioni. Una scelta politica giusta. Bene, quindi, considerando che nel caso del terremoto Emilia il governo Monti racimolò solo 10 milioni per le prime urgenze (mentre il Fondo della Protezione Civile era stato azzerato). Dopo l’emergenza seguirà la lunga fase della ricostruzione. Ma prevenire non sarebbe meglio? Certo, mille volte meglio tenuto conto, peraltro, che nessuna vita persa, comunque, può essere restituita. Prendiamo Norcia: è vero che non si trova nell’epicentro del sisma, ma l’esperienza dei terremoti precedenti ha insegnato ad intervenire con metodi costruttivi adeguati alla sismicità del territorio e lì non si registra nemmeno un ferito. Eppure, quando c’è da costruire in sicurezza, ma lontani da un’emergenza sismica, i mugugni e le lamentele per l’eventuale incremento dei costi non mancano. Prendiamo un altro esempio, ma di casa nostra, vale a dire le imprese che avevano costruito i capannoni industriali seguendo l’ultima normativa antisismica varata dalla Regione Emilia-Romagna: non hanno riportato danni. Eppure, ricordo ancora le critiche nei confronti della nuova normativa, osteggiata per l’incremento dei costi costruttivi e per la presunta burocratizzazione delle procedure, che qualcuno si affrettò ad attribuire alla volontà della politica di sostenere non la sicurezza dei cittadini ma le ditte costruttrici e i professionisti del settore. Il sisma del 2012 ci ha dimostrato che non era così. Quindi, bisogna andare avanti con la prevenzione. A questo proposito, stamattina i telegiornali rilanciano la notizia che nelle zone colpite dal sisma sono stati pochissimi gli interventi per adeguamento antisismico dei fabbricati privati che potevano beneficiare del bonus fiscale del 65% essendo situate in zona ad alta attività sismica. È una questione sulla quale ragionare, perché anche questi dati dimostrano che non è automatico né scontato che i cittadini vogliano o possano usufruirne. Credo abbia ragione chi attribuisce la scarsa efficacia di questa misura ad alcuni motivi, che andranno affrontati nella prossima legge di Bilancio:

1) la crisi ha impoverito le famiglie intaccandone i risparmi e quindi la disponibilità finanziaria per coprire la quota non agevolata dell’intervento di messa in sicurezza statica; a questo fatto si aggiunge che molto spesso il valore dell’immobile su cui intervenire è inferiore a quello dell’intervento da effettuare, il che esclude anche la eventuale possibilità di accendere un mutuo, ammesso che una famiglia voglia accollarsi un debito in un periodo di crisi… Se non si mette in campo una garanzia statale è molto difficile che la misura possa prendere il largo…

2) posto che la famiglia abbia le risorse per intervenire, può verificarsi il caso che il bonus fiscale superi le detrazioni annue, così che si vanifica il meccanismo compensatorio a vantaggio del contribuente. Un esempio per capirci: potresti detrarre 5000 euro ma le imposte da versare sommano a 2000 oppure addirittura sei a credito. In questa situazione, si annulla ogni beneficio;

3) infine, la norma prevede la detrazione per interventi riferiti a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive; le seconde case, magari ereditate dai genitori, non rientrano nella disposizione. Ma abbiamo invece visto come nei paesi colpiti dal sisma (così come accade per la stragrande maggioranza dei piccoli centri appenninici, che hanno subito i fenomeni di depopolamento) sia prevalente il proprio questa tipologia di abitazione.

Sono questioni difficile ed onerose, certo, ma dobbiamo affrontarle per fare in modo che le norme approvate siano realmente efficaci.

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L’angosciosa conta delle vittime, il gran lavoro dei soccorsi e l’amore italico della polemica

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Questo nuovo terremoto ci riempie di angoscia, ma ci costringe anche, sulla base dell’esperienza vissuta sulla nostra pelle, a riflettere sui temi correlati, ad esempio come affrontare la fase emergenziale e poi quella della ricostruzione. Difficile però fare riflessioni ponderate, mentre l’amore italico per la polemica – in alcuni casi fondata, in altri no – si espande dalle tastiere. Provo ad andare con ordine. In molti hanno espresso fastidio per la visita del presidente del Consiglio Renzi sui luoghi del disastro e hanno invocano azioni concrete, invece che passerelle. Comprendo coloro i quali chiedono che non vengano intralciate le operazioni di salvataggio e che gli operatori della sicurezza non vengano distolti dal loro impegno per scortare il premier o la presidente della Camera, ma è altrettanto vero che le comunità colpite e i loro amministratori hanno la necessità – e lo dico per esperienza personale – di sentire che l’intera nazione si è stretta “fisicamente” intorno a loro. In questi momenti è fondamentale tenere “accesa la speranza” anche attraverso gesti simbolici. Ad essi, ovviamente, devono accompagnarsi anche gesti concreti per affrontare l’emergenza: a questo proposito una importante azione è già stata compiuta, e in “tempi non sospetti”, dato che il Fondo per le emergenze nazionali dispone oggi di 234 milioni di euro, previsti dalla legge di stabilità. Si tratta di una scelta politica precisa. Ricordo che nel 2012 – governo Monti – il fondo era stato azzerato e il Governo riuscì a racimolare solo 10 milioni per le far fronte alle prime necessità del “nostro” sisma. Mi ha poi fatto molto pensare la notizia del crollo della scuola antisismica di Amatrice. Mi ha ricordato quello che mi spiegò sinteticamente un tecnico, subito dopo le scosse di maggio 2012. Se una struttura è antisismica non significa che sia indistruttibile, come il termine indurrebbe a pensare. Significa, semmai, che dovrebbe reggere il tempo necessario per permettere a chi è dentro di poter scappare, prima del crollo (è una spiegazione efficace, che coincide con quanto potete legge su Wikipedia in tema di tecniche antisismiche). E’ una differenza non da poco che, ad Amatrice, non si è potuta testare visto che, per fortuna, le scuole sono ancora chiuse. Lo dico perché è facile, dalle nostre tastiere, lanciare invettive, che risultano, magari, poi infondate. Bisognerebbe conoscere bene le singole situazioni. Quell’edificio aveva subito opera di consolidamento oppure di messa a norma? Non lo sappiamo, ma sono due cose molto differenti. La prima scossa è durata due minuti e mezzo: 152 secondi, un’eternità di terrore, ma comunque utili per poter uscire in tempo se il tetto non ti crolla addosso subito. Solo parlarne, ci riempie di orrore. Ma sono tutte situazioni su cui andrà fatta chiarezza. Gli interventi erano stati portati a termine rispettando i vincoli previsti? Che tipo di intervento era stato deciso? I materiali usati erano adeguati? Avremo modo di cercare anche queste risposte. Purtroppo, la scossa micidiale dura due minuti, la ricostruzione completa richiederà molti anni…

(fonte immagine: ingv)

Da Ventotene un messaggio forte per l’Europa del futuro

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Da Ventotene, l’isola dove un gruppo di antifascisti condannati al confino concepì l’idea di un’Europa federale, arriva un messaggio forte di rilancio dell’Europa, a partire dai giovani. Sia il presidente francese Hollande che la cancelliera tedesca Merkel, così come il presidente del Consiglio Renzi, hanno ribadito l’importanza di rilanciare non solo l’occupazione, ma anche la mobilità dei giovani e gli investimenti sul patrimonio culturale, vero antidoto alla paura che il terrorismo vuole instillare nelle nostre comunità. Questo tri-laterale a Ventotene è risultato significativo per diversi aspetti. Innanzitutto, quello simbolico. Dopo lo scossone Brexit, ripartire da Germania, Francia e Italia significa ritornare a quel nucleo originario di Paesi fondatori di un primo embrione di Europa, la Comunità economica del carbone e dell’acciaio (c’erano anche Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi). Senza scomodare l’ingombrante paragone con Adenauer, Schuman e De Gasperi, Merkel, Hollande e Renzi hanno la piena consapevolezza del passaggio cruciale e delicato per il futuro di un’Europa unita che unita non è mai diventata veramente. E poi un significato pratico-operativo. I problemi che ci pressano da vicino sono le ondate migratorie, il terrorismo internazionale, la crisi economica, la disomogeneità interna all’Ue resa più acuta dalla decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione. Puntare sui giovani e sulla cultura, significa puntare sul futuro e su una nuova idea di Europa. E’ una strada obbligata. Ha ragione Hollande: bisogna rilanciare l’Erasmus, la mobilità studentesca, ma, aggiungo io, bisogna farlo investendo risorse locali e internazionali. Oggi l’Erasmus, strumento utilissimo di conoscenza fuori dai propri confini (universitari e nazionali), di comparazione e approfondimento disciplinare oltre che di apprendimento delle lingue, è appannaggio delle famiglie in condizioni sociali più forti, visto che gli investimenti nazionali e dei singoli atenei non sono in grado di coprire interamente tutte le spese che la permanenza di mesi all’estero comporta. L’auspicio è che questi temi importanti saranno ancora oggetto di ulteriori analisi e sviluppo nei prossimi incontri, a cominciare dal bilaterale Italia-Germania che sarà ospitato nelle nostre terre, a Maranello, il 31 agosto prossimo.