Tutti gli articoli relativi a: memoria

“Addio a Giuliana Dal Pozzo, direttrice di Noi Donne e fondatrice di Telefono Rosa”, di Roberta Agostini

A 91 anni se n’è andata una delle grandi protagoniste di una stagione straordinaria nel segno delle battaglie per l’emancipazione delle donne. “Esprimiamo il nostro cordoglio per la scomparsa di Giuliana Dal Pozzo, una donna che ha speso la sua vita per le battaglie a favore dei diritti delle donne. Il suo impegno contro la violenza di genere ha aperto la strada a tutte noi ed ha contribuito al lavoro per realizzare strumenti concreti e norme efficaci contro il femminicidio. La battaglia per la piena affermazione della parità delle donne è stata per lei una scelta di vita, come giornalista, direttrice di Noi donne e come fondatrice di Telefono Rosa. Non la dimenticheremo, ma cercheremo di far vivere le sue scelte e le battaglie che tanto hanno contribuito ad aprire spazi di libertà nel nostro Paese” così Roberta Agostini, Portavoce della Conferenza Donne Democratiche. Giuliana Massari Dal Pozzo è morta a Roma all’età di 91 anni. Nel 2007 il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la nomina Grande Ufficiale al merito della Repubblica per la sua …

«Sulla strage di piazza Fontana non si smetta di cercare la verità», di Luigi Ferrarella

«Chi è nato dopo il 12 dicembre 1969 non sa praticamente niente della strage di piazza Fontana, e i meno giovani hanno la tendenza a dimenticare o a ritenere che sia qualcosa che appartiene solo al passato. Invece — avverte il professor Carlo Smuraglia, ex senatore, ex Csm, presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia — tenere viva la memoria di cosa questa strage abbia significato nella vita del Paese è un compito che sarà sempre attuale finché non avremo raggiunto, se non la giustizia, almeno la verità sulla strage. Ogni anno noi abbiamo questo dovere». «Noi» chi? «I mezzi di informazione, per cominciare. Poi soprattutto la scuola, per evitare che accada che alla domanda su piazza Fontana capiti di ascoltare dai ragazzi le risposte più astruse. E le istituzioni, che devono sottrarre all’oblio la memoria viva di fatti di questa gravità, anche per garantire che lo Stato venga sottratto a rinnovati rischi antidemocratici che può correre in taluni frangenti». Altrimenti? «Altrimenti resta una cosa giusta ma non basta il semplice ricordo: portare la corona di fiori …

«Madiba ci ha insegnato cosa significhi dignità e giustizia», di Umberto De Giovannangeli

«Per la sua lotta contro ogni forma di sfruttamento, per essere stato ogni giorno della sua vita dalla parte dei più deboli, degli esclusi, Nelson Mandela è stato un punto di riferimento, una inesauribile fonte di speranza e di coraggio per i popoli oppressi dell’America latina». Ad affermarlo è Rigoberta Menchù Tum, 54 anni, pacifista guatemalteca, premio Nobel per la Pace 1992, assegnatole «in riconoscimento dei suoi sforzi per la giustizia sociale e la riconciliazione». Giustizia e riconciliazione: valori che, rimarca la Nobel, «hanno accompagnato “Madiba” per tutta la sua lunga, straordinaria vita». I grandi della Terra hanno dato ieri l’ultimo saluto a Nelson Mandela. Cosa ha rappresentato Mandela per le lotte di liberazione dei popoli latinoamericani? «Ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento, un moltiplicatore di coraggio e di speranza. Nelson Mandela è stato un leader che ha saputo dare voce ai tanti a cui veniva impedito. “Madiba” non ha lottato solo contro l’odiosa discriminazione razziale, ma si è sempre speso, con intelligenza, determinazione e generosità, contro tutte le forme di apartheid che segnano …

“Il mio Madiba, Lincoln dell’Africa”, di Barack Obama

È difficile fare l’elogio di qualsiasi uomo, racchiudere nelle parole non soltanto i fatti e le date che ne hanno segnato la vita, ma la verità fondamentale e intima di quella persona.Le sue gioie profonde e i suoi dolori; i momenti di pace e le qualità che ne hanno illuminato l’anima. Quanto maggiormente è difficile farlo nel caso di un gigante della storia, che ha messo una nazione intera in marcia verso la giustizia e così facendo ha messo in marcia miliardi di persone in tutto il mondo! Nato durante la Prima guerra mondiale, molto lontano dai corridoi del potere, dopo un’infanzia trascorsa a fare il pastore di bestiame e a imparare dagli anziani della sua tribù Thembu, Madiba sarebbe emerso come l’ultimo grande liberatore del XX secolo. Come Gandhi, egli avrebbe guidato un movimento di resistenza, un movimento che agli esordi aveva ben poche prospettive di successo. Come King, egli avrebbe dato voce forte e potente alle richieste degli oppressi e alla necessità morale di giustizia razziale. Avrebbe affrontato una prigionia disumana, iniziata all’epoca …

“Il Museo del Deportato torna alla città”, di Serena Arbizzi

Quarant’anni per non dimenticare e per ribadire l’importanza della Memoria e valorizzare questo luogo tributandogli importanza nazionale ed oltre. Si è conclusa con quest’intento la cerimonia con cui ieri sono stati celebrati i 40 anni del Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti, uno dei più rilevanti musei in memoria della deportazione a livello internazionale. All’iniziativa di ieri, svoltasi alla Sala dei Mori di Palazzo Pio e nel pomeriggio all’ex Campo di Fossoli, hanno partecipato, oltre al sottosegretario del ministero dei Beni Culturali Ilaria Borletti Buitoni, l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti, il sindaco Enrico Campedelli, la direttrice regionale della Soprintendenza, Carla di Francesco e un mosaico del mondo dell’associazionismo. Erano presenti, con il fazzolettone a righe bianco azzurre annodato al collo, esponenti dell’associazione nazionale ex deportati provenienti da diverse parti d’Italia, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, e altre associazioni che fecero parte del Comitato promotore del museo, insieme a rappresentanti di musei ed enti nazionali e internazionali. Le autorità insieme al presidente della Fondazione Fossoli Lorenzo Bertucelli hanno riaperto il …

“L’albero della libertà”, di Walter Veltroni

Ora che Nelson Mandela se n’è andato, dopo una lunga travagliata agonia, sembra quasi impossibile che non ci sia più. In Sud Africa lo chiamavano «padre». A me ha sempre fatto venire in mente un albero, uno di quei grandi alberi africani enormi, solidi pieni di radici e di rami. A quell’albero un popolo intero si è aggrappato. A quell’albero il mondo intero ha guardato con ammirazione. Non è stato sempre così, ci sono stati decenni in cui l’apartheid regnava incontrastato, in cui Nelson era «soltanto» il detenuto numero 46664. Chiuso dentro una cella di pochi metri quadrati, sottoposto ad un controllo feroce, a terribili pressioni e violenze ha saputo cambiare le cose. Mandela è davvero un simbolo. La storia ha voluto che la sua liberazione abbia seguito di poco la caduta del muro di Berlino: un secolo che ave- va conosciuto due guerre mondiali, l’orrore dei campi di sterminio si concludeva con due eventi simbolici di riconquista della libertà. L’INCONTRO Ho conosciuto e incontrato Mandela diverse volte, occasioni ufficiali che hanno ben presto lasciato …

“Il duce semidio e l’amnesia italiana”, di Franco Cordero

Giovedì 10 aprile 1930, nella Casa del Fascio sulla milanese piazza Belgioioso, l’arcivescovo cardinale Ildefonso Schuster benedice l’ivi fondata Scuola di mistica fascista. L’insegna antirazionalistica è esplicita nell’aggettivo: i discenti s’immergono nel «pensiero del Duce»; al quale debbono una «fede intransigente», ribadita nel triplice imperativo «credere, ubbidire, combattere». Ormai ha uno status metaumano l’ex socialista anarcoide: dirigeva l’Avanti; improvvisamente bellicoso contro i reazionari Imperi centrali, s’era guadagnata l’espulsione dal partito antimilitarista. Post vittoria mutilata (così la deplora D’Annunzio) scompare al primo vaglio elettorale: nemmeno un seggio, ma riapparso come mano armata delle classi padronali nel velleitario biennio rosso, non ancora quarantenne, dal 31 ottobre 1922 guida un lunghissimo governo (20 anni,8 mesi, 25 giorni) nella girandola dei ministri, finché i carabinieri l’arrestano a Villa Savoia, domenica 25 luglio. Sapeva gestire l’anima collettiva e se avesse l’astuzia cautelosa dell’allievo dittatore spagnolo, Francisco Franco y Bahamonde, invecchierebbe tra Villa Torlonia e Sala del Mappamondo, magari entrando in guerra dalla parte vincente contro lo psicotico caporale austriaco. Ha tre doti utili nell’Italia ancora controriformista: parla e scrive in …