Tutti gli articoli relativi a: memoria

"Miriam Mafai, una vita in trincea tra giornalismo e battaglie civili", di Eugenio Scalfari

Se n´è andata una ragazza. Una vecchia e grande ragazza che ha combattuto battaglie civili per tutta la vita, volontaria, militante, giornalista e soprattutto persona. Con allegria. L´allegria di chi sa di compiere un dovere e di esprimere in quel modo il suo amore verso gli altri. Senza dimenticare l´amore verso se stessa che si chiama dignità.Insieme a tanti altri sentimenti intensamente vissuti, Miriam Mafai aveva nel sangue anche la capacità e la voglia di comunicare; il giornalismo per lei fu dunque una passione e una vocazione prima ancora che una professione. Una passione che favorì l´incontro tra la sua militanza di parte e lo sforzo di capire le ragioni degli altri che è la pre-condizione per il dialogo senza pregiudizi e quindi la possibile sintesi che assicura la convivenza sociale al tempo stesso dialettica e dinamica. La conobbi nell´ottobre del 1975. Ero nel mio ufficio all´Espresso in via Po 12 a Roma, quando il telefono squillò e una voce femminile mi chiese: «Lei è Scalfari? Sono Miriam Mafai. Vorrei vederla, è possibile?». Non c´era …

"L'Aquila che non c'è", di Ilaria Ravarino

In piazza Sallustio, quella che fu invasa dalle carriole, c’è talmente tanto silenzio che si sentono le lucertole strisciare nell’erba e i piccioni tubare fra le macerie. Una ventina di metri più indietro, oltre alle camionette dei militari che sorvegliano la zona rossa, si allunga il Corso: quello dove tre anni fa s’andava a fare shopping, e dove oggi alzano le serrande solo i pub per il giovedì universitario. È il 6 aprile 2012, sono passati tre anni dal terremoto che l’ha devastata, e L’Aquila è ferma nel tempo. Transenne che punteggiano facciate fatiscenti, insegne di negozi che non esistono più, porte spalancate sul nulla: più che una città, pare un set abbandonato all’incuria del tempo. In Piazza Duomo, dove il sabato c’era il mercato, i cani passeggiano pigri. Alcuni sono sdraiati sotto alle transenne dei lavori in corso. Altri giocano con i bambini: animali e bimbi sono le uniche creature, nel raggio di un paio di chilometri, a muoversi tra le macerie con serena indifferenza. “Io lo porto qui perchè mio marito insiste, ma …

"L'Aquila sfila in ricordo delle vittime il dolore della città a tre anni dal sisma", di Piera Matteucci

I parenti delle 309 vittime del terremoto che il 6 aprile 2009 ha distrutto la città, insieme a migliaia di cittadini, in un lungo e silenzioso corteo per le strade del centro storico. Poi alle 3:32, l’ora della scossa, la lettura dei nomi dei morti. Con l’obiettivo di non dimenticare. C’è la luna piena quando le diecimila fiammelle iniziano a muoversi dalla Fontana Luminosa. Non si sono fatti spaventare dal nubifragio che, fino a tarda sera, si è abbattuto sull’Aquila, e per il terzo anno, dopo la terribile notte del 6 aprile 2009 quando il terremoto ha devastato la città e numerosi paesi vicini, i parenti delle 309 vittime del sisma e migliaia di aquilani – tra cui il sindaco Massimo Cialente e il presidente della Provincia Gianni Chiodi, affiancati dal ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca – si sono riuniti in assoluto silenzio in una lunghissima fiaccolata. Il percorso è lo stesso dello scorso anno, molti i visi già visti e stessa la tristezza. Il dolore che ha segnato la storia di un’intera …

Intervista a Carlo Smuraglia «Inqualificabile odio per un uomo che ha dato tutta la vita per la libertà», di Salvatore Maria Righi

Il presidente dell’Anpi sugli attacchi alla figura di Rosario Bentivegna «Grave che vengano da chi predica memoria condivisa e pacificazione». Il giorno dopo la scomparsa di Bentivegna e gli attacchi alla sua figura, come «assassino» detto da Storace, la replica nelle parole e nel ricordo del numero uno dell’Associazione nazionale partigiani. Forse anche peggio degli insulti, «assassino», quel minuto di silenzio da spartirsi con Chinaglia. Con tutto il rispetto per Bob, non proprio geniale l’idea che è venuta al quinto municipio di Roma, mescolare la memoria di un partigiano con quella di un calciatore, già che c’erano potevano infilarci anche un tributo ai dischi in vinile. Vedi alla voce rispetto, insomma. Quello che non tutti hanno dimostrato per Rosario Bentivegna, coi suoi novant’anni di battaglie e di ferite, nonostante gli onori resi dal presidente della Repubblica, Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi, non si era però fatte molte illusioni «Spero sempre che prevalgano il buon senso e la ragionevolezza, ma che questi attacchi vengano proprio da chi predica la condivisione di valori e di una memoria comune …

"Via Rasella, la scelta di Sasà", di Bruno Gravagnuolo

Fu l’autore dell’attentato contro le SS che scatenò poi la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Aveva 90 anni. Come partigiano difese sempre l’azione che la Cassazione definì «legittimo atto di guerra». Comandava il nucleo di Centocelle e in quel frangente venne interpellato da Salinari a nome
dei gap comunisti: «Te la senti?…» E il suo destino cambiò. Per noi giovani Fgci del liceo Tasso della sezione Ludovisi era semplicemente «Sasà». Sapevo, sapevamo, che era stato uno dei protagonisti dell’attentato a Via Rasella. E anche per le polemiche perenni su quella azione, avevamo timore di «chiedere», e di conoscerlo. In realtà era un uomo semplice e affabile. Che ci raccontò più volte quella giornata, nella quale lui, travestito da netturbino, accese la miccia del tritolo dentro il carretto per farlo esplodere, giusto nel mezzo del corteo armato dei 33 Ss Bozen che transitavano nella celebre via, risalendola appena svoltato l’incrocio di Via del Tritone. Sasà era così: ex combattente non pentito, moderato e saggio, piuttosto di «destra» ai nostri occhi, molto togliattiano Pci. In realtà il personaggio era …

"Addio al partigiano Bentivegna organizzò l'attacco di via Rasella", di Mario Avagliano

E’ morto ieri pomeriggio, nella sua abitazione romana, Rosario Bentivegna, 89 anni, detto Sasà, nato a Roma il 22 giugno 1922 (l’anno della marcia fascista, «ma non ho fatto in tempo a farla», diceva lui ironicamente), ultimo orgoglioso superstite del commando di partigiani comunisti protagonisti dell’azione di via Rasella. Il 23 marzo 1944 fu proprio Bentivegna, travestito da spazzino, ad accendere la miccia dell’esplosivo che fece saltare in aria 32 soldati del Battaglione Bozen. I tedeschi punirono i romani con l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Nelle ultime settimane Bentivegna si era gravemente ammalato. È spirato tra le braccia della compagna Patrizia Toraldo di Francia. Domani mattina alle 10,30 sarà aperta al pubblico la camera ardente allestita presso la sala Peppino Impastato della Provincia di Roma. Tra i primi a esprimere il cordoglio è stato Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, in viaggio ad Auschwitz, che ha dichiarato: «E’ morto un eroe ingiustamente accusato». Un ricordo commosso di Bentivegna è giunto anche dal presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti («Fa parte di un gruppo …

“Tabucchi, tra amore e disincanto acerrimo amico della vita”, di Ernesto Ferrero

Nel 1970 fa il suo ingresso in Via Biancamano un giovane non ancora trentenne che può vantare una presentazione della grande Luciana Stegagno Picchio, sua maestra di letteratura portoghese a Pisa. Occhiali tondi, un accenno di calvizie, timido e rispettoso, ma fermo, convinto. Propone nientemeno che una antologia di poeti surrealisti portoghesi, quando la stella di Fernando Pessoa doveva ancora sorgere all’orizzonte (proprio per mano sua), José Saramago era alle prime prove e del Portogallo si sapeva soltanto che gemeva sotto la dittatura di Salazar. Oggi che il marketing ha surrogato le direzioni editoriali gli avrebbero riso in faccia. Da Einaudi lo inseriscono tra i primi numeri di una collana di punta, «Letteratura», che incrociava generi e discipline, tra Mandel’stam, Il Fotodinamismo Futurista di Bragaglia, Céline, Fausto Melotti e Cortázar. Ci avrebbe messo ancora dieci anni a diventare Antonio Tabucchi, il giovane studioso di Vecchiano che aveva trovato la sua vera patria a Lisbona, quel teatrino vecchiotto e un po’ fané di sogni, fantasmi, ombre, apparizioni, ambiguità, in cui si aggirava con il lieto stupore …