Tutti gli articoli relativi a: memoria

"I bavagli e la mafia", di Rita Borsellino

Caro Direttore,sono trascorsi diciotto anni dalle stragi di Capaci e via D´Amelio. Quasi due decenni, nel corso dei quali abbiamo atteso che fosse fatta luce su ragioni e responsabili di quelle stragi in cui hanno perso la vita undici persone, uomini e donne delle istituzioni. Abbiamo saputo da sempre, per usare le parole di Giovanni Falcone, che sono morti perché lo Stato non è riuscito a proteggerli. Oggi, sappiamo anche che proprio dentro lo Stato c´è chi ha fatto di tutto perché non si scoprisse la verità. E non mi riferisco alle oscure trame che a più riprese sono emerse da indagini giudiziarie e inchieste giornalistiche, senza mai trovare conferme definitive. Parlo di fatti concreti e gravissimi, che non possono essere tacciati di mero complottismo o di faziosa mistificazione. Perché è un fatto che in tutto questo tempo, mentre la società reagiva alle stragi abbracciando e promuovendo la cultura della legalità, mentre l´ala militare di Cosa Nostra finiva in galera e la politica partecipava in pompa magna alle commemorazioni, la storia giudiziaria sulle stragi del …

"20 maggio '70: è legge lo Statuto dei lavoratori", di Alberto Papuzzi

La gestazione era durata anni. La prima idea fu di Di Vittorio. Lo varò il ministro Donat-Cattin, segnò uno spartiacque storico. Quando in data 20 maggio 1970 entra in vigore la legge chiamata Statuto dei lavoratori siamo nella fase forse più cruenta della vita italiana dopo fascismo e guerra: sono trascorsi solo cinque mesi dalla bomba di piazza Fontana e non più di un anno dalla rivolta degli operai veneti a Valdagno. A Torino grandi scioperi martellano le officine Fiat. Mentre nel paese è ancora vivo il ricordo degli eccidi di Avola in Sicilia e di Battipaglia nel Salernitano, dove la polizia aveva sparato sui braccianti in sciopero, con un bilancio di quattro morti e oltre duecento feriti. La nuova legge è anche una risposta a questi drammi. In realtà era un progetto che veniva da molto lontano: Giuseppe Di Vittorio, da Cerignola, il celebre leader della Cgil, aveva invocato nuove norme a protezione del lavoro fin dall’inizio degli anni cinquanta. Ma bisogna aspettare che la società italiana cambi identità, da paese agricolo a realtà …

Uguaglianza e libertà. Per tenere unito il nostro Paese

Gianni Cuperlo, a capo del Centro Studi del Pd, dalle pagine de l’Unità prende spunto dal 150° anniversario dell’Unità d’Italia per interrogarsi su quale sia il compito del PD in un Paese il cui volto è profondamente mutato negli ultimi anni. Ma un paese può finire? Può rompersi come un legno secco? Noi diciamo di No e a parole lo dicono tutti. Eppure nell’Italia di oggi la domanda non è assurda e riguarda il futuro di questo nostro paese. In fondo cosa tiene insieme una nazione? Lo Stato certo, nel senso delle sue istituzioni. E poi una cultura. E uno spirito di comunità, sentirsi parte di uno stesso destino. Tre elementi – istituzioni, cultura, comunità – impossibili da sciogliere. La crisi di uno può innescare spinte divaricanti, anche serie. Ma solo la crisi congiunta dei tre può condurre a una secessione. Magari “strisciante” come ha scritto Gianfranco Viesti ma non per ciò meno drammatica. L’Italia che celebra il 150° della sua Unità è una realtà interamente compresa in questa domanda: se ha un senso e …

«Quale unità custodire», di Michele Ainis

L’unità nazionale è figlia della storia, di processi culturali, fatti linguistici, intraprese politiche, fenomeni sociali. Ma è anche frutto del diritto: senza coesione giuridica non c’è unità politica, senza un tessuto di regole comuni e condivise è impossibile la stessa convivenza. Dunque il diritto non può creare l’unità nazionale, però deve alimentarla, e in conclusione deve conservarla. A questa vocazione risponde innanzitutto la legge più alta, quella scolpita nelle tavole costituzionali. Nei 150 anni dell’Italia unita ne incontriamo due, diverse nella propria genesi, nella concezione dei rapporti fra lo Stato e i cittadini, nell’architettura della cittadella pubblica. Eppure c’è almeno un filo di continuità fra lo Statuto Albertino e la Carta repubblicana: l’uno e l’altra sono stati concepiti con lo sguardo rivolto al futuro, alle generazioni che verranno. Nel più autorevole commento allo Statuto, firmato da Racioppi e Brunelli, quest’ultimo era raffigurato come una sorgente di «principii in attesa della loro sostanza vitale». Un secolo più tardi Piero Calamandrei illustrò il medesimo concetto sui banchi dell’Assemblea Costituente; e rivolgendosi agli altri deputati li esortò a …

"Italiani a metà un popolo diviso", di Ilvo Diamanti

Fieri di appartenere alla comunità nazionale anche se spesso pronti a considerare il Sud un peso. L’Italia si presenta ai 150 anni dell’Unità con molte contraddizioni ma con un’identità. Costruita soprattutto intorno all’attaccamento ai familiari e all’arte di arrangiarsi. Ecco perché, nonostante le tensioni, continuiamo a sentirci cittadini dellostesso Paese. E perché rischiamo di scoppiare. Ci si avvia al 150esimo anniversario dell’unità nazionale fra molte divisioni. Tanto che alcuni fra i più autorevoli componenti del Comitato dei Garanti per le celebrazioni si sono dimessi. Per primo: Carlo Azeglio Ciampi, il Presidente della Repubblica che, nel corso del suo mandato, ha investito sulla riaffermazione delle feste e dei simboli nazionali. Un atteggiamento che non pare condiviso dalla maggioranza di governo. Nella Lega, soprattutto. I cui leader, a partire da Bossi, fanno a gara nel sottolineare che c’è poco da celebrare. Che, per i padani veri, l’unità d’Italia anzi: l’Italia stessa non merita di essere celebrata. Così, ci si avvia a questo 150enario in modo dimesso e reticente. Un po’ come l’atteggiamento degli italiani verso l’Italia, descritto …

«Noi, portatori sani di memoria con il nome dei nonni mai conosciuti», di Giovanni Bianconi

«Piacere, Aldo Moro». «Ma… è parente?». «Sì, sono il nipote». L`ha dovuto ripetere tante volte, e crescendo l`orgoglio della sua risposta aumentava. Perché prima ha imparato a voler bene al nonno mai conosciuto, poi all`uomo politico strappato all`Italia col sequestro del 16 marzo 1978, la strage degli uomini della scorta, fino all`omicidio del 9 maggio. Dieci anni dopo, nel 1988, è nato un altro Aldo Moro, figlio del figlio dello statista assassinato dalle Brigate rosse, che oggi fa il grafico, è contento di portare quel nome e non prova alcun imbarazzo di fronte a chi gliene chiede conto: «E un onere che non mi pesa, posso affermare che i miei genitori non hanno commesso alcun azzardo a chiamarmi così. Sono lieto di evocare una persona tanto particolare e una storia che non ho vissuto personalmente, ma che interessa tutti; molti compagni di scuola hanno deciso di documentarsi sulla figura e la vicenda di mio nonno dopo avermi conosciuto». II 9 maggio la Repubblica italiana celebra la giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle …

Celebrare il 150° dell’Unità d’Italia non è retorica né tempo perso e denaro sprecato

Le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia iniziate ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Quarto non sono un esercizio retorico, ma un programma proiettato nel futuro. “Ricordare lo stato unitario – ha detto il Capo dello Stato – non è uno spreco di tempo né di denaro, è un investimento per il domani, per favorire la soluzione dei problemi che sono dinanzi a noi. Non c’è retorica – ha detto Napolitano – nel recuperare con fierezza il valore dell’unità e dell’indivisibilità nazionale”. Con Nord e Sud uniti per il progresso. Il discorso, che pubblichiamo in versione integrale, è stato un richiamo alle responsabilità e all’attaccamento ai valori dello Stato. Napolitano al Quirinale sta rilanciando i valori della nostra Costituzione (per noi la più bella del mondo) con l’obiettivo della coesione tra le forze politiche e sociali presenti nel paese, tendendo sempre a unire, mai a dividere come nota oggi in un commento “Il Sole 24 Ore”. Un monito a chi, da Sud e soprattutto da Nord, tira per la giacchetta l’unità nazionale e …