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Napolitano celebra il Giorno del Ricordo: "La visione europea ci permette di superare derive nazionalistiche"

“Desidero anzitutto rinnovare il profondo sentimento di vicinanza e di solidarietà mio personale e delle Istituzioni repubblicane ai famigliari – che sono con noi oggi – delle vittime delle orrende stragi delle foibe e ai rappresentanti delle Associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia e dell’esodo di intere popolazioni”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso celebrativo del Giorno del Ricordo al Quirinale.

“Impegnarsi- ha sottolineato il Capo dello Stato – è stato giusto e importante. Si è posto fine a ‘ogni residua congiura del silenzio – come già dissi lo scorso anno – a ogni forma di rimozione diplomatica o di ingiustificabile dimenticanza rispetto a così tragiche esperienze'”. E il Capo dello Stato ha richiamato l’incontro dello scorso anno a Zagabria e poi a Pola con il Presidente croato, conclusosi con una dichiarazione congiunta che afferma: “In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo come è giusto la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all’avvenire che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione”.

Il Presidente Napolitano ha quindi colto la suggestione del Prof. Pupo che “ci invita ad affrontare quella che ha definito la ‘parabola drammatica dell’italianità adriatica’ all’interno di una visione storica più larga, che ci consenta di penetrare in tutta la loro complessità le contrapposizioni e lacerazioni che le nostre aree di confine hanno vissuto nella fase conclusiva della II Guerra mondiale e subito dopo. E tra i drammi di quel tormento storico ci furono perfino conflitti, che ebbero un costo atroce di vite umane, tra le formazioni partigiane che combatterono dalla stessa parte contro il nazifascismo. Si, serve ricordare anche per ripensare a tutti i fatali errori al fine di non ripeterli mai più”.

“In questa prospettiva e con questi sentimenti – ha annunciato il Capo dello Stato – è mia intenzione, in una prossima già programmata visita in Friuli, rendere omaggio alle vittime dell’eccidio di Porzûs”.

Il Presidente ha voluto anche ringraziare per la loro presenza a Roma, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, i Presidenti della Slovenia e della Croazia “che hanno voluto così testimoniare la loro amicizia per il nostro paese e la loro adesione ai princîpi e valori democratici su cui poggia la costruzione europea. E’ la visione europea che ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche, di far convivere etnie, lingue, culture e di guardare insieme con fiducia al futuro. E’ in Europa che dobbiamo trovare nuovi stimoli, facendo leva anche sulle minoranze che risiedono all’interno dei nostri Paesi e che costituiscono nello stesso tempo una ricchezza da tutelare, un’opportunità da comprendere e cogliere fino in fondo.Lo dobbiamo tanto alle generazioni che hanno sofferto nel passato quanto alle nuove, cui siamo in grado di prospettare società più giuste e più solidali, capaci di autentica coesione perché nutrite di senso della storia, ricche di una travagliata e intensa esperienza di riconciliazione e di un nuovo impegno di reciproco riconoscimento”.

www.quirinale.it

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Napolitano celebra il Giorno del Ricordo: “La visione europea ci permette di superare derive nazionalistiche”

“Desidero anzitutto rinnovare il profondo sentimento di vicinanza e di solidarietà mio personale e delle Istituzioni repubblicane ai famigliari – che sono con noi oggi – delle vittime delle orrende stragi delle foibe e ai rappresentanti delle Associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia e dell’esodo di intere popolazioni”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso celebrativo del Giorno del Ricordo al Quirinale.

“Impegnarsi- ha sottolineato il Capo dello Stato – è stato giusto e importante. Si è posto fine a ‘ogni residua congiura del silenzio – come già dissi lo scorso anno – a ogni forma di rimozione diplomatica o di ingiustificabile dimenticanza rispetto a così tragiche esperienze'”. E il Capo dello Stato ha richiamato l’incontro dello scorso anno a Zagabria e poi a Pola con il Presidente croato, conclusosi con una dichiarazione congiunta che afferma: “In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo come è giusto la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all’avvenire che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione”.

Il Presidente Napolitano ha quindi colto la suggestione del Prof. Pupo che “ci invita ad affrontare quella che ha definito la ‘parabola drammatica dell’italianità adriatica’ all’interno di una visione storica più larga, che ci consenta di penetrare in tutta la loro complessità le contrapposizioni e lacerazioni che le nostre aree di confine hanno vissuto nella fase conclusiva della II Guerra mondiale e subito dopo. E tra i drammi di quel tormento storico ci furono perfino conflitti, che ebbero un costo atroce di vite umane, tra le formazioni partigiane che combatterono dalla stessa parte contro il nazifascismo. Si, serve ricordare anche per ripensare a tutti i fatali errori al fine di non ripeterli mai più”.

“In questa prospettiva e con questi sentimenti – ha annunciato il Capo dello Stato – è mia intenzione, in una prossima già programmata visita in Friuli, rendere omaggio alle vittime dell’eccidio di Porzûs”.

Il Presidente ha voluto anche ringraziare per la loro presenza a Roma, in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, i Presidenti della Slovenia e della Croazia “che hanno voluto così testimoniare la loro amicizia per il nostro paese e la loro adesione ai princîpi e valori democratici su cui poggia la costruzione europea. E’ la visione europea che ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche, di far convivere etnie, lingue, culture e di guardare insieme con fiducia al futuro. E’ in Europa che dobbiamo trovare nuovi stimoli, facendo leva anche sulle minoranze che risiedono all’interno dei nostri Paesi e che costituiscono nello stesso tempo una ricchezza da tutelare, un’opportunità da comprendere e cogliere fino in fondo.Lo dobbiamo tanto alle generazioni che hanno sofferto nel passato quanto alle nuove, cui siamo in grado di prospettare società più giuste e più solidali, capaci di autentica coesione perché nutrite di senso della storia, ricche di una travagliata e intensa esperienza di riconciliazione e di un nuovo impegno di reciproco riconoscimento”.

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"Riforme, il Pd ci crede Berlusconi pensa a sé e a controllare Casini", di Andrea Carugati

Fioccano gli incontri, pubblici e riservati, i partiti si annusano, ma ancora sulla riforma della legge elettorale poco o nulla si muove. Ieri si sono parlati in pubblico Franceschini e Cicchitto. Clima cordiale, è già questa è una novità, dopo anni di scontri in aula. Entrambi respingono con sdegno le accuse di «inciucio». «Schiocchezze», taglia corto il capogruppo Pd. «Le regole si scrivono tra avversari», rincara il collega del Pdl. Si cerca un «minimo comune denominatore», ma le distanze restano. Il Pdl fatica a rinunciare al premio di maggioranza, vuole un modello
di tipo spagnolo, più chiaramente bipolare. Franceschini parte dal sistema tedesco, che è molto proporzionale ma ha i collegi uninominali, assai utili a riavvicinare elettori ed eletti. Il capogruppo Pd cerca una mediazione, ipotizza «premi di coalizione» per favorire chi dichiara le alleanze prima del voto. E insiste su una «mozione comune» in Parlamento, da votare «entro marzo», che fissi almeno la «cornice» di un percorso di riforma, i principi condivisi. Non solo dai due maggiori partiti. «Bisogna coinvolgere tutti, anche le forze minori,ma partendo dai partiti che sostengono il governo».
Il Pdl insiste nel mettere in agenda anche le riforme costituzionali, il Pd teme che possa essere «un alibi per non fare niente». Il punto su cui l’intesa pare più solida è il no alle preferenze. «C’è rischio di interferenze della criminalità, soprattutto al
Sud», dice Cicchitto. Come uscirne? Franceschini punta sui collegi uninominali, Cicchitto sulle liste cortissime (ma bloccate) del sistema spagnolo. Il capogruppo Pd insiste su una riunione di tutti i capigruppo di Camera e Senato, per mettere nero su bianco un documento che affronti anche i regolamenti parlamentari e la riforma
Cicchitto frena: «Prima ci vuole l’intesa tra i leader di partito». Berlusconi, durante una riunione Pdl, ha frenato: «Non dobbiamo esporci troppo, altrimenti il fallimento sarà imputato a noi». E ancora: «Nonpossiamo rompere con la Lega e dobbiamo evitare che Casini corra da solo alle amministrative». Anna Finocchiaro è pessimista: «Non vedo la giusta consapevolezza da parte di tutti sull’urgenza di cambiare il Porcellum».E avverte: «Il Pd non accetterà giochetti». Il Pd intanto ieri ha incontrato una delegazione di Sel guidata da Gennaro Migliore. Gli uomini di Vendola sono
stati «rassicurati». «Non ci saranno sbarramenti inaccettabili, né espliciti né impliciti». Se questa è l’aria, Di Pietro e Vendola possono archiviare l’idea di fare una lista civica comune per opporsi all’«inciucio» Pd-Pdl per tagliare fuori i partiti minori. Di Pietro ribadisce le sue richieste: «Si discuta in Parlamento, non nei retrobottega». Casini benedice da lontano il dialogo Pd-Pdl: «Mi fa piacere, prima tutte le energie venivano spese per delegittimarsi a vicenda…».
SCONTRO SULLE FIRME PER LE LISTE
Intanto in Commissione alla Camera proprio la materia elettorale diventa oggetto di scontro. Succede che la proposta Pd per limitare i soggetti autorizzati ad autenticare le firme per le liste elettorali venga presa d’assalto da una serie di emendamenti (della Lega ma anche di Pdl, Idv e radicali) tesi in sostanza adabolire la raccolta
firme per tutti i partiti già presenti in Parlamento. Tra i vari emendamenti, spunta anche l’idea di abolire le firme per tutti i tipi di elezione, comprese le comunali. Alla fine Gianclaudio Bressa, (firmatario con Franceschini della proposta originaria)
decide di ritirarla. «Il nostro obiettivo era moralizzare le procedure sulle firme, evitando anche episodi fraudolenti», spiega. «Se invece si pensa all’abolizione delle firmeo ad un condono generalizzato, non ci stiamo». La stessa Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ieri ha approvato una proposta di legge bipartisan
per i consigli e le giunte comunali e circoscrizionali, che prevede come minimo un terzo di donne in lista e la possibilità di esprimere una doppia preferenza, a patto che sia data a un candidato di «genere diverso».

L’Unità 10.02.12

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Ecco le bozze segrete anti-Porcellum”, di Rudy Francesco Calvo

La proposta degli sherpa del Pd piace a Terzo polo e Sel, non a Pdl e MoDem
Molto tedesco, un’apparenza di spagnolo, parecchi aggiustamenti all’italiana. È la ricetta segreta che il Pd ha portato nei giorni scorsi al tavolo del confronto sulla legge elettorale. Un modello sostanzialmente proporzionale che, proprio per questo, è stato molto apprezzato sia dai centristi che dai vendoliani.
A elaborare la bozza, alla quale potranno ancora essere applicati correttivi, sono stati Luciano Violante e Gianclaudio Bressa, su mandato di Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. I punti forti della proposta, sui quali si basa l’asse con Terzo polo e Sel, sono lo sbarramento al 5 (o 4) per cento e l’attribuzione dei seggi a partire da un collegio unico nazionale: chi supera la soglia, insomma, ottiene un numero di seggi proporzionale alla percentuale di voti ottenuta, da ripartire poi nei territori. La scelta degli eletti avviene in maniera mista.
A numero di parlamentari invariato, se quindi non ci sarà la riforma costituzionale che dovrebbe ridurlo, i 630 deputati saranno selezionati in tre diverse tranches: 250 sulla base di collegi uninominali; 250 in liste bloccate circoscrizionali più corte di quelle attuali (ma un’altra opzione è quella di “ripescare” i migliori perdenti nei collegi); i rimanenti 130 seggi servirebbero invece a recuperare i vincitori “eccedenti” dei collegi (cioè quei candidati che, pur vincendo all’uninominale, non rientrerebbero nel numero di eletti che spetterebbe al loro partito sulla base della sola spartizione proporzionale; sono quei seggi che in Germania vengono aggiunti al numero complessivo dei deputati, operazione impossibile in Italia, dove il numero dei parlamentari è fissato dalla Costituzione).
Al netto degli “eccedenti”, i seggi rimanenti sono redistribuiti proporzionalmente alle coalizioni dichiarate prima del voto, che superano il 10 per cento. Una soglia studiata “ad arte” per far rientrare anche il Terzo polo. Non un vero premio di maggioranza, quindi, in quanto (nelle condizioni attuali) difficilmente potrà servire a creare una maggioranza autonoma in grado di sostenere il governo, rendendo più probabile la necessità di nuove alleanze da definire in parlamento. Con i centristi a fare da ago della bilancia.
Accanto a questa proposta di stampo tedesco, sul tavolo ce n’è un’altra più spagnoleggiante. Si tratta del disegno di legge presentato dal senatore del Pdl Giuseppe Saro e ripreso con qualche modifica dai democrat veltroniani Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo.
A sostenerlo, com’è evidente, ci sono quella componente dei berluscones più convinta della necessità di una riforma (capitanata da Gaetano Quagliariello) e, sull’altra sponda, la parte “maggioritaria” del Pd, rappresentata soprattutto da MoDem.
Una bozza che favorisce i due partiti più grandi, senza penalizzare troppo quelli medi (Lega, Udc, Sel, Idv): un effetto che si ottiene spostando l’assegnazione dei seggi dal livello nazionale alla circoscrizione, in modo da alzare (meno rispetto alla Spagna) la soglia di sbarramento implicita. La scelta degli eletti avverrebbe comunque in parte nei collegi uninominali e in parte in piccole liste bloccate.
Sulla base di queste due proposte, gli incontri più o meno riservati tra i partiti proseguono. Ieri la delegazione del Pd ha ricevuto quella di Sel e martedì vedrà Idv e del Terzo polo. Franceschini, che ieri ha partecipato a un’iniziativa di AreaDem insieme a Fabrizio Cicchitto, spinge per arrivare entro marzo a una mozione parlamentare comune di tutte le forze che sostengono il governo Monti. Il capogruppo del Pdl mantiene il suo scetticismo sul confronto in atto, ma ha dichiarato ieri la sua preferenza per il modello spagnolo.

da Europa Quotidiano 10.02.12

“Riforme, il Pd ci crede Berlusconi pensa a sé e a controllare Casini”, di Andrea Carugati

Fioccano gli incontri, pubblici e riservati, i partiti si annusano, ma ancora sulla riforma della legge elettorale poco o nulla si muove. Ieri si sono parlati in pubblico Franceschini e Cicchitto. Clima cordiale, è già questa è una novità, dopo anni di scontri in aula. Entrambi respingono con sdegno le accuse di «inciucio». «Schiocchezze», taglia corto il capogruppo Pd. «Le regole si scrivono tra avversari», rincara il collega del Pdl. Si cerca un «minimo comune denominatore», ma le distanze restano. Il Pdl fatica a rinunciare al premio di maggioranza, vuole un modello
di tipo spagnolo, più chiaramente bipolare. Franceschini parte dal sistema tedesco, che è molto proporzionale ma ha i collegi uninominali, assai utili a riavvicinare elettori ed eletti. Il capogruppo Pd cerca una mediazione, ipotizza «premi di coalizione» per favorire chi dichiara le alleanze prima del voto. E insiste su una «mozione comune» in Parlamento, da votare «entro marzo», che fissi almeno la «cornice» di un percorso di riforma, i principi condivisi. Non solo dai due maggiori partiti. «Bisogna coinvolgere tutti, anche le forze minori,ma partendo dai partiti che sostengono il governo».
Il Pdl insiste nel mettere in agenda anche le riforme costituzionali, il Pd teme che possa essere «un alibi per non fare niente». Il punto su cui l’intesa pare più solida è il no alle preferenze. «C’è rischio di interferenze della criminalità, soprattutto al
Sud», dice Cicchitto. Come uscirne? Franceschini punta sui collegi uninominali, Cicchitto sulle liste cortissime (ma bloccate) del sistema spagnolo. Il capogruppo Pd insiste su una riunione di tutti i capigruppo di Camera e Senato, per mettere nero su bianco un documento che affronti anche i regolamenti parlamentari e la riforma
Cicchitto frena: «Prima ci vuole l’intesa tra i leader di partito». Berlusconi, durante una riunione Pdl, ha frenato: «Non dobbiamo esporci troppo, altrimenti il fallimento sarà imputato a noi». E ancora: «Nonpossiamo rompere con la Lega e dobbiamo evitare che Casini corra da solo alle amministrative». Anna Finocchiaro è pessimista: «Non vedo la giusta consapevolezza da parte di tutti sull’urgenza di cambiare il Porcellum».E avverte: «Il Pd non accetterà giochetti». Il Pd intanto ieri ha incontrato una delegazione di Sel guidata da Gennaro Migliore. Gli uomini di Vendola sono
stati «rassicurati». «Non ci saranno sbarramenti inaccettabili, né espliciti né impliciti». Se questa è l’aria, Di Pietro e Vendola possono archiviare l’idea di fare una lista civica comune per opporsi all’«inciucio» Pd-Pdl per tagliare fuori i partiti minori. Di Pietro ribadisce le sue richieste: «Si discuta in Parlamento, non nei retrobottega». Casini benedice da lontano il dialogo Pd-Pdl: «Mi fa piacere, prima tutte le energie venivano spese per delegittimarsi a vicenda…».
SCONTRO SULLE FIRME PER LE LISTE
Intanto in Commissione alla Camera proprio la materia elettorale diventa oggetto di scontro. Succede che la proposta Pd per limitare i soggetti autorizzati ad autenticare le firme per le liste elettorali venga presa d’assalto da una serie di emendamenti (della Lega ma anche di Pdl, Idv e radicali) tesi in sostanza adabolire la raccolta
firme per tutti i partiti già presenti in Parlamento. Tra i vari emendamenti, spunta anche l’idea di abolire le firme per tutti i tipi di elezione, comprese le comunali. Alla fine Gianclaudio Bressa, (firmatario con Franceschini della proposta originaria)
decide di ritirarla. «Il nostro obiettivo era moralizzare le procedure sulle firme, evitando anche episodi fraudolenti», spiega. «Se invece si pensa all’abolizione delle firmeo ad un condono generalizzato, non ci stiamo». La stessa Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ieri ha approvato una proposta di legge bipartisan
per i consigli e le giunte comunali e circoscrizionali, che prevede come minimo un terzo di donne in lista e la possibilità di esprimere una doppia preferenza, a patto che sia data a un candidato di «genere diverso».

L’Unità 10.02.12

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Ecco le bozze segrete anti-Porcellum”, di Rudy Francesco Calvo

La proposta degli sherpa del Pd piace a Terzo polo e Sel, non a Pdl e MoDem
Molto tedesco, un’apparenza di spagnolo, parecchi aggiustamenti all’italiana. È la ricetta segreta che il Pd ha portato nei giorni scorsi al tavolo del confronto sulla legge elettorale. Un modello sostanzialmente proporzionale che, proprio per questo, è stato molto apprezzato sia dai centristi che dai vendoliani.
A elaborare la bozza, alla quale potranno ancora essere applicati correttivi, sono stati Luciano Violante e Gianclaudio Bressa, su mandato di Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini. I punti forti della proposta, sui quali si basa l’asse con Terzo polo e Sel, sono lo sbarramento al 5 (o 4) per cento e l’attribuzione dei seggi a partire da un collegio unico nazionale: chi supera la soglia, insomma, ottiene un numero di seggi proporzionale alla percentuale di voti ottenuta, da ripartire poi nei territori. La scelta degli eletti avviene in maniera mista.
A numero di parlamentari invariato, se quindi non ci sarà la riforma costituzionale che dovrebbe ridurlo, i 630 deputati saranno selezionati in tre diverse tranches: 250 sulla base di collegi uninominali; 250 in liste bloccate circoscrizionali più corte di quelle attuali (ma un’altra opzione è quella di “ripescare” i migliori perdenti nei collegi); i rimanenti 130 seggi servirebbero invece a recuperare i vincitori “eccedenti” dei collegi (cioè quei candidati che, pur vincendo all’uninominale, non rientrerebbero nel numero di eletti che spetterebbe al loro partito sulla base della sola spartizione proporzionale; sono quei seggi che in Germania vengono aggiunti al numero complessivo dei deputati, operazione impossibile in Italia, dove il numero dei parlamentari è fissato dalla Costituzione).
Al netto degli “eccedenti”, i seggi rimanenti sono redistribuiti proporzionalmente alle coalizioni dichiarate prima del voto, che superano il 10 per cento. Una soglia studiata “ad arte” per far rientrare anche il Terzo polo. Non un vero premio di maggioranza, quindi, in quanto (nelle condizioni attuali) difficilmente potrà servire a creare una maggioranza autonoma in grado di sostenere il governo, rendendo più probabile la necessità di nuove alleanze da definire in parlamento. Con i centristi a fare da ago della bilancia.
Accanto a questa proposta di stampo tedesco, sul tavolo ce n’è un’altra più spagnoleggiante. Si tratta del disegno di legge presentato dal senatore del Pdl Giuseppe Saro e ripreso con qualche modifica dai democrat veltroniani Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo.
A sostenerlo, com’è evidente, ci sono quella componente dei berluscones più convinta della necessità di una riforma (capitanata da Gaetano Quagliariello) e, sull’altra sponda, la parte “maggioritaria” del Pd, rappresentata soprattutto da MoDem.
Una bozza che favorisce i due partiti più grandi, senza penalizzare troppo quelli medi (Lega, Udc, Sel, Idv): un effetto che si ottiene spostando l’assegnazione dei seggi dal livello nazionale alla circoscrizione, in modo da alzare (meno rispetto alla Spagna) la soglia di sbarramento implicita. La scelta degli eletti avverrebbe comunque in parte nei collegi uninominali e in parte in piccole liste bloccate.
Sulla base di queste due proposte, gli incontri più o meno riservati tra i partiti proseguono. Ieri la delegazione del Pd ha ricevuto quella di Sel e martedì vedrà Idv e del Terzo polo. Franceschini, che ieri ha partecipato a un’iniziativa di AreaDem insieme a Fabrizio Cicchitto, spinge per arrivare entro marzo a una mozione parlamentare comune di tutte le forze che sostengono il governo Monti. Il capogruppo del Pdl mantiene il suo scetticismo sul confronto in atto, ma ha dichiarato ieri la sua preferenza per il modello spagnolo.

da Europa Quotidiano 10.02.12

"Trova le differenze", di Massimo Gramellini

Nell’arco di tre mesi il settimanale più famoso del mondo ha dedicato la copertina a due premier diversissimi, nati incredibilmente nello stesso Paese: il nostro. Rimangono le questioni irrisolte. Chi ha le orecchie più grandi? Chi incarna la destra moderna? A chi si è ispirato Leonardo per il sorriso della Gioconda? Come è possibile che in appena tre mesi – il tempo che Alemanno impiega per mettere le catene – secondo il titolista di «Time» siamo passati dallo status di economia più pericolosa del pianeta a quello di ultima speranza d’Europa? Da chi comprereste una barzelletta usata? (Io da Monti: adoro l’umorismo lugubre). L’italiano medio somiglia a uno dei due o il suo sogno è essere Monti di giorno e Berlusconi la notte? Quando mai metteranno Bersani sulla copertina di «Time»?

da www.lastampa.it

“Trova le differenze”, di Massimo Gramellini

Nell’arco di tre mesi il settimanale più famoso del mondo ha dedicato la copertina a due premier diversissimi, nati incredibilmente nello stesso Paese: il nostro. Rimangono le questioni irrisolte. Chi ha le orecchie più grandi? Chi incarna la destra moderna? A chi si è ispirato Leonardo per il sorriso della Gioconda? Come è possibile che in appena tre mesi – il tempo che Alemanno impiega per mettere le catene – secondo il titolista di «Time» siamo passati dallo status di economia più pericolosa del pianeta a quello di ultima speranza d’Europa? Da chi comprereste una barzelletta usata? (Io da Monti: adoro l’umorismo lugubre). L’italiano medio somiglia a uno dei due o il suo sogno è essere Monti di giorno e Berlusconi la notte? Quando mai metteranno Bersani sulla copertina di «Time»?

da www.lastampa.it

I sindacati insistono:«La riforma non si fa senza risorse nuove», di Luigina venturelli

I tempi narrativi e gli interrogativi lasciati in sospeso potrebbero essere quelli di una sceneggiatura cinematografica. Il dibattito preliminare alla riforma del mercato del lavoro continua a caricarsi di suspence: si concluderà, accordo o meno, con una modifica anche dell’articolo 18? L’esecutivo ne parla, con alterne fortune ed accenni più o meno espliciti, da settimane. Ed ogni volta, di fronte alla reazione compatta e furibonda dei sindacati, il tema viene temporaneamente archiviato. Ma non definitivamente.
IL FANTASMA DELL’ARTICOLO 18 Complici, soprattutto, le pressioni di Confindustria per l’abolizione della norma simbolo dello Statuto dei lavoratori. Anche ieri la presidente uscente Emma Marcegaglia, al termine di un lungo incontro informale con il ministro del Welfare Elsa Fornero, ha puntualizzato di aver parlato «non solo di articolo 18, ma anche di quello». Smentendo così le dichiarazioni opposte dei tre leader confederali, che ritengono impropria una discussione sulla facilità di licenziamento in questo momento di emergenza occupazionale. Il dubbio non viene sciolto nemmeno dal tavolo tecnico permanente deciso da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria per dare un contributo tecnico al governo in vista della riforma del mercato del lavoro. Ieri pomeriggio la prima riunione delle parti sociali (la successiva, causa allarmismo maltempo, è prevista per lunedì) per discutere – ha riferito ancora la presidente degli industriali – di «apprendistato, contratto di inserimento, quella che il ministro chiama la cattiva flessibilità in entrata, riforma degli ammortizzatori sociali, ed anche di articolo 18». Ma, su quest’ultimo punto, i rappresentanti sindacali al tavolo hanno mantenuto la consegna del silenzio. Ne hanno parlato, invece, i tre leader confederali, ieri in piazza del pantheon a Roma per un presidio unitario sulla riforma previdenziale (resta ancora da sciogliere, infatti, il nodo delle oltre 60mila persone “esodate o mobilitate” che in seguito alla riforma Fornero rischiano di restare per anni senza uno stipendio e senza pensione). Innanzitutto per smentire le indiscrezioni di stampa su un possibile scambio tra i sindacati e il governo, per ottenere qualcosa sulle pensioni al prezzo di una posizione più morbida sui licenziamenti senza giusta causa: «L’art.18 è una norma di civiltà. E su questo non c’è nessuna possibilità di ragionare» ha chiarito la segretaria della Cgil, Susanna Camusso.
IL NODO DEGLI AMMORTIZZATORI Ma c’è un altro argomento su cui la trattativa tra parti sociali e Palazzo Chigi rischia di farsi più difficile del previsto: quello degli ammortizzatori sociali o, meglio, delle risorse messe a disposizione per la loro riforma, che i sindacati vorrebbero estensiva, per dotare di coperture di welfare anche i lavoratori che ne sono privi. Il ministro Fornero ha già messo le mani avanti, definendo «drammatici » i vincoli d bilancio esistenti.Ma non ci sta la leader di Corso Italia: «Non si può fare senza soldi. Non la possono pagare i lavoratori e non si possono caricare le imprese». Sugli stessi toni il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, «fiducioso» sulla possibilità di trovare un accordo sulla riforma del lavoro con le imprese «se gli imprenditori sono in buona fede e – riferendosi all’articolo 18 – se non vogliono un trofeo». Prova ne sia l’intesa già trovata con le associazioni datoriali sugli ammortizzatori. Ovviamente, per «mantenere quelli che ci sono» e, soprattutto, per «rafforzarli». Anche per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, sono necessarie «nuove risorse». In tal senso «la dichiarazione del ministro Fornero sul fatto che non ci sono soldi non è incoraggiante». Rischia, piuttosto, di inasprire il dibattito complessivo: «Non vorremmo che l’unica riforma sia quella che fa aumentare coloro che perdono il posto di lavoro, rendendo più facili i licenziamenti ».

L’Unità 10.02.12