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“L’articolo 18 frena gli investimenti Il posto fisso? E’ un valore positivo”

Monti: “La riforma già a marzo, possibili novità sui licenziamenti. Dobbiamo tutelare i giovani chi si trovano in uno stato di schiavitù”. «Se per posto fisso intendiamo un posto di lavoro che ha una su stabilità è ovvio che è un valore positivo». Il premier Mario Monti in videoforum a Repubblica.it, precisa la frase sul posto fisso monotono. «Una frase come quella presa fuori dal contesto puo’ prestarsi ad equivoco», ammette il presidente del consiglio che spiega di aver fatto riferimento «alla sfida del cambiamento di lavoro nel corso della vita» in particolare per i giovani.

Questi i principali punti dell’intervento di Monti:

“Già a marzo è possibile la modifica dell’articolo 18”
«Stiamo vedendo al tavolo sulla riforma del lavoro come si può contemperare la garanzia del rispetto di certi diritti del singolo lavoratore con forme che non scoraggino le imprese dall’assumere maggiormente e dobbiamo anche compararci con il piano internazionale» spiega il premier, secondo cui l’articolo 18 è «centrale nella discussione nel senso che è uno dei temi e siccome in passato per gli uni era la punta di una spada offensiva, per altri centro di scudo difensivo, e sembrava la contrapposizione tra orazi e curiazi. Il nostro scopo è passare dai simboli e i miti alla realtà». La riforma del mercato del lavoro è «un mosaico, non bisogna precludersi di usare ogni tessera». Monti ha anche indicato per «fine marzo il termine che il governo si è dato per varare la riforma».

“Trovare lavoro ai giovani è l’obiettivo centrale del nostro governo”
«Creare lavoro per i giovani è l’obiettivo centrale di tutta la politica economica e sociale del governo, se ci si riesce e ci vorrà del tempo, ma questo non significa che i giovani debbano e possano avere quel lavoro per tutta la loro esistenza, il cambiamento è da guardare positivamente e non negativamente. Se ci si riesce, e ci vorrà del tempo – aggiunge il premier – non significa che i giovani che troveranno un lavoro debbano o possano avere quel lavoro per tutta la loro esistenza. Se in una società esiste il lavoro ed esistono delle tutele di base il cambimento è da riguardare positivamente e non negativamente».

“E’ necessario tutelare chi si trova in una situzione di schiavitù”
«Avere la sfida del cambiamento di lavoro nel corso della propria vita è una cosa positiva, è una cosa che stimola, per arrivare a dare un lavoro ai giovani bisogna tutelare un po’ meno chi è già molto tutelato, quasi blindato nella cittadella, mentre c’è chi si trova quasi in una situazione di schiavitù, in una forma estrema di precariato».

“Nel mercato del lavoro il modello non sono gli Usa, ma la Danimarca”
Più che gli Stati Uniti, il modello cui guarda il governo per il mercato del lavoro è quello della
“mitica” Danimarca. Il premier sottolinea che «gli Usa non è che siano un esempio da imitare completamente. Sicuramente hanno un mercato del lavoro molto flessibile ed è più facile che altrove trovare il lavoro, ma in molti settori è molto poco tutelato il lavoratore che perde un lavoro. Se proprio si deve cercare un modello, meglio certi Paesi del nord, come la ‘mitica’ Danimarca che tutela il singolo lavoratore più che il posto del lavoro». Ovvero, «quando un lavoratore non può più lavorare in una certa fabbrica, ha una serie di tutele lui, non il posto in quella fabbrica che deve essere cancellato. Per fare questo occorrono tantissime cose che stiamo cercando di mettere in atto». Dunque «occorre creare più occasioni di lavoro per i giovani, un po’
meno tutelati in modo trincerato ma più posti di lavoro. E un Paese è capace di creare più o meno posti di lavoro a seconda di quanto è competitivo. Gli sforzi che stiamo facendo per diventare
più competitivi, mirano a far sì che le aziende possano espandersi, anzichè ridimensionarsi o chiudere».

“Con la disciplina di bilancio si convincerà la Merkel sugli eurobond”
L’euro è una moneta robusta, ma l’introduzione degli eurobond potrebbe contribuire a rafforzarla ulteriormente. Il premier, che si è detto ottimista sul fatto che una volta che l’accordo sulla disciplina di bilancio sarà definitivamente perfezionato anche la Germania si convincerà di questo.
«L’Euro è una creatura giovane, direi adolescente, ma è un giovane robusto che ha dato prova di grande forza», sottolinea Monti, ricordando che però «c’è stato un problema nella gestione dell’eurozona, e ci sono diverse posizioni circa l’importanza degli eurobond per irrobustire l’euro, io sono tra quelli, come il mio predecessore al tesoro Tremonti, che considerano gli eurobond possano avere una parte importante». Per Monti, «con la Cancelliera Merkel divergiamo sul ruolo oggi degli eurobond, ma siamo d’accordo sul fatto che una volta che sarà definitivamente perferzionato il meccanismo di disciplina di bilancio in Ue si potrà guardare più serenamente anche da parte tedesca all’introduzione degli eurobondo e l’euro sarà maggiormente potenziato».

“Il mondo bancario è stato molto disturbato dal mio governo”
«L’azione del governo vuole colpire un po’ tutti, magari ci sono norme meno evidenti ma il mondo
bancario è stato molto disturbato, già a dicembre con una norma che vieta ad un membro di un cda di una banca di sedere nel cda di un’altra banca e questo vale anche per le assicurazioni». Monti spiega come le norme che impediscono «ai membri del cda di una banca di sedere nel cda di un’altra banca» servano a impedire che «l’essere seduto in certi salotti della finanza porti a una situazione di scarsa concorrenza tra le banche».

“Siamo soddisfatti per lo spread”
Il Governo è contento dell’andamento dello ‘spread’ tra Btp e Bund tedeschi, ma quanto ottenuto fin
qui non è ancora abbastanza: «Mentre parliamo è 372 punti base, 200 punti più basso del 574 che era il 9 novembre, quando c’è stata la svolta politica e io sono stato raggiunto a Berlino – manco a farlo apposta – da una telefonta del capo dello Stato. Siamo soddisfati – spiega il premier – che sia 200 punti più basso, ma non ci basta nella dimensione e nella struttura: nella dimensione perché rispetto ai giudizi positivi questa diminuzione non riflette ancora la messa in sicurezza dei conti italiani».

Se lo spread non è ancora sceso come dovrebbe, in base alle manovre messe in campo dall’Italia, è per «quello che è diventato un rischio ‘euro-zona’ più diffuso nei mercati”. D’altro canto, l’accordo di lunedì scorso tra i Paesi Ue sul ‘fiscal compact’ produrrà «miglioramenti, che credo ci saranno nelle prossime settimane». Inoltre, ha aggiunto, attualmente i tassi sui titoli a breve termine sono scesi di più di quelli a lungo termine e questo “non ci piace ancora, i tassi rimangono un po’ troppo altini sui titoli a più lungo termine”. Colpa di una scarsa fiducia dei mercati nei confronti della politica italiana, sfiducia che secondo Monti verrà via via eliminata.

“L’Italia è ridotta male per colpa di governi buonisti”
L’Italia è «ridotta un po’ male» perché per troppo tempo i Governi che si sono succeduti hanno avuto un atteggiamento troppo «buonista». Monti punta il dito in particolare contro i governi degli
anni ’80 e primi ’90. «Perché l’Italia è ridotta un po’ male? Perché per decenni i governi italiani hanno avuto troppo cuore, hanno diffuso troppo buonismo sociale, soprattutto prima che
arrivasse l’Europa un po’ austera a renderci più attenti». C’è stato un periodo, ha ricordato, durante il quale «l’Italia aveva un disavanzo pubblico che era dell’8-10-12% Pil. Non c’era neanche dibattito, neanche consapevolezza di questo. Perché i governi, molto politici, accoglievano le richieste delle varie parti e la somma delle spese pubbliche era molto superiore alle entrate. Anno dopo anno si creava il debito pubblico. Un debito che è andato a gravare su persone che allora non votavano o non erano ancora nate”.

Quelle persone, ha sottolineato Monti, «sono i giovani di oggi che non trovano lavoro». Dunque, «va tenuto presente che più si eroga ‘bontà di cuore’ oggi, più si creano condizioni che graveranno come il piombo su quelli che verranno dopo. Per questo che i giovani italiani non trovano lavoro, perché si è detto di sì a tutti. Per questo un governo come il nostro ha il compito anche di spiegare che ciò che sembra sgradevole, può anche darsi che lo sia, ma ha l’intenzione di riequilibrare le cose”. E Monti ha concluso ricordando che «con la fretta della nostra manovra di dicembre abbiamo pur sempre introdotto una cosa che non abbiamo chiamato patrimoniale per non urtare sensibilità, ma abbiamo di fatto introdotto un’imposta su molte componenti del patrimonio, perché pensiamo che quando c’è da risanare una situazione c’è da fare attenzione al’equità».

da lastampa.it

"Sconfitta per la giustizia e la memoria", di Andrea Tarquini

E’ una grave sconfitta, e soprattutto un serio rovescio per la giustizia e la memoria dell’orrore del terzo Reich e del diritto delle sue vittime ad avere giustizia, quella incassata dall’Italia alla Corte internazionale dell’Aja 1 sul doloroso tema della sorte dei criminali nazisti ancora in vita e liberi. Stamane il tribunale internazionale ha infatti dato ragione alla Germania nel contenzioso che opponeva i due paesi sulla liceità di inchieste e procedimenti giudiziari a carico di cittadini tedeschi che prestarono servizio nelle forze occupanti durante la seconda guerra mondiale responsabili di crimini di guerra o crimini contro l’umanità.

Ha ragione Berlino, ha sentenziato la Corte dell’Aja, in quanto il principio di immunità, cioè in sostanza il divieto di estradare propri cittadini per consegnarli a qualsiasi magistratura straniera, è iscritto nel Grundgesetz, la sua Costituzione postbellica. E non è tutto: l’immunità legale, spiega ancora il verdetto del tribunale internazionale, significa anche che sono illegittime le richieste d’indennizzo avanzate tramite la giustizia italiana per le vittime delle atrocità naziste contro la popolazione civile o i loro familiari o discendenti.

Un caso concreto, citato dalla Corte dell’Aja: l’Italia si sarebbe messa dalla parte del torto, sempre secondo i suoi giudici, per aver violato
la sovranità della Germania quando nel 2008 la giustizia italiana decise che il cittadino italiano Luigi Ferrini aveva diritto a un indennizzo da parte della Germania per essere stato deportato in Germania nel 1944 per lavorare come forzato nell’industria degli armamenti del Reich.

La sentenza della Corte dell’Aja quindi conferma l’immunità agli ultimi assassini, agli ultimi zelanti esecutori di Hitler. Come i responsabili dei massacri presso Arezzo, a Civitella, Cornia e San Pancrazio, dove i soldati del Reich trucidarono 203 persone. Nel luglio 2010 la Corte internazionale aveva già respinto 2 il ricorso dell’Italia.

da repubblica.it

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Stragi naziste, Berlino vince il ricorso bloccate le indennità alle vittime italiane

La Corte internazionale di giustizia dell’Aja accoglie le richieste della Germania. La Cassazione che l’aveva ritenuta mandante dell’eccidio di Civitella del 1944. Secondo i giudici dell’Onu, “un tribunale penale non può condannare uno stato sovrano”. Il ministro degli esteri Terzi: “Rispetto la sentenza, ora dialogo con i tedeschi”. Berlino: “Sentenza importante”. La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha accolto il ricorso della Germania contro l’Italia per ottenere il blocco delle indennità alle vittime dei crimini nazisti. Secondo la sentenza l’Italia “ha mancato di riconoscere l’immunità prevista dal diritto internazionale” a Berlino per i reati commessi dal Terzo Reich.

La lettura della sentenza è durata 80 minuti. La Corte ha accolto tutti i punti di ricorso presentati dalla Germania che accusava l’Italia e il suo sistema giudiziario di “venire meno ai suoi obblighi di rispetto nei confronti dell’immunità di uno stato sovrano come la Germania in virtù del diritto internazionale”. La Corte dell’Aja ha poi concordato con la richiesta di Berlino di “ordinare all’Italia di prendere tutte le misure necessarie” affinché le decisioni della giustizia italiana che contravvengono alla sua immunità siano prive d’effetto e che i suoi tribunali non pronunzino più sentenze su simili casi.

Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha commentato: “L’Italia rispetta la sentenza dell’Aja, anche se i suoi contenuti non coincidono con le sue posizioni e al tempo stesso intende proseguire ad affrontare insieme alla Germania tutti gli aspetti che derivano dalle dolorose vicende della Seconda Guerra Mondiale”. Insomma, ora il governo italiano si affida al negoziato per affrontare il caso con i tedeschi. A sua volta, Berlino parla di “giudizio importante per la Germania e l’intera comunità
internazionale”. Secondo il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, il giudizio “non è contro le vittime del nazismo”, la cui “sofferenza” è “già pienamente riconosciuta dal governo tedesco”.

Il contenzioso tra Italia e Germania presso la Corte dell’Aja, il più alto organo giudiziario dell’Onu, è cominciato il 23 dicembre del 2008, quando Berlino ha deciso di ricorrere contro la sentenza della Cassazione del 21 ottobre 2008 che ha riconosciuto la Germania responsabile 1 per essere stata la ‘mandante’ dei militari nazisti che il 29 giugno del 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando a donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese.

La sentenza della Cassazione a suo tempo è stata considerata un ‘precedente storico’ sancendo per la prima volta il diritto per le vittime delle stragi naziste ad essere risarcite nell’ambito di un procedimento penale. Prima di allora c’erano state solo delle sentenze nelle cause civili per risarcimento danni chiesto dai cosiddetti ‘schiavi di Hitler’. Nessun altro Paese al mondo aveva mai intentato cause di risarcimento nei confronti della Germania in ottemperanza alla clausola dell’immunità giurisdizionale. Il contenzioso tra Roma e Berlino ha portato all’iscrizione di un’ipoteca giudiziaria su Villa Vigoni, centro culturale italo-tedesco in provincia di Como.

“Sono molto sorpreso e colpito da questa sentenza”, dice il presidente nazionale Anpi, Carlo Smuraglia. “Quando si tratta dei diritti umani, non ci sono trattati che tengano. La cosa più importante”, osserva Smuraglia, “è che non cessi, in ogni caso, l’affermazione dei diritti e soprattutto non venga meno la ricerca della verità e della responsabilità e quindi si vada avanti nei processi in corso e in quelli che potranno ancora venire”.

da repubblica.it

“Sconfitta per la giustizia e la memoria”, di Andrea Tarquini

E’ una grave sconfitta, e soprattutto un serio rovescio per la giustizia e la memoria dell’orrore del terzo Reich e del diritto delle sue vittime ad avere giustizia, quella incassata dall’Italia alla Corte internazionale dell’Aja 1 sul doloroso tema della sorte dei criminali nazisti ancora in vita e liberi. Stamane il tribunale internazionale ha infatti dato ragione alla Germania nel contenzioso che opponeva i due paesi sulla liceità di inchieste e procedimenti giudiziari a carico di cittadini tedeschi che prestarono servizio nelle forze occupanti durante la seconda guerra mondiale responsabili di crimini di guerra o crimini contro l’umanità.

Ha ragione Berlino, ha sentenziato la Corte dell’Aja, in quanto il principio di immunità, cioè in sostanza il divieto di estradare propri cittadini per consegnarli a qualsiasi magistratura straniera, è iscritto nel Grundgesetz, la sua Costituzione postbellica. E non è tutto: l’immunità legale, spiega ancora il verdetto del tribunale internazionale, significa anche che sono illegittime le richieste d’indennizzo avanzate tramite la giustizia italiana per le vittime delle atrocità naziste contro la popolazione civile o i loro familiari o discendenti.

Un caso concreto, citato dalla Corte dell’Aja: l’Italia si sarebbe messa dalla parte del torto, sempre secondo i suoi giudici, per aver violato
la sovranità della Germania quando nel 2008 la giustizia italiana decise che il cittadino italiano Luigi Ferrini aveva diritto a un indennizzo da parte della Germania per essere stato deportato in Germania nel 1944 per lavorare come forzato nell’industria degli armamenti del Reich.

La sentenza della Corte dell’Aja quindi conferma l’immunità agli ultimi assassini, agli ultimi zelanti esecutori di Hitler. Come i responsabili dei massacri presso Arezzo, a Civitella, Cornia e San Pancrazio, dove i soldati del Reich trucidarono 203 persone. Nel luglio 2010 la Corte internazionale aveva già respinto 2 il ricorso dell’Italia.

da repubblica.it

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Stragi naziste, Berlino vince il ricorso bloccate le indennità alle vittime italiane

La Corte internazionale di giustizia dell’Aja accoglie le richieste della Germania. La Cassazione che l’aveva ritenuta mandante dell’eccidio di Civitella del 1944. Secondo i giudici dell’Onu, “un tribunale penale non può condannare uno stato sovrano”. Il ministro degli esteri Terzi: “Rispetto la sentenza, ora dialogo con i tedeschi”. Berlino: “Sentenza importante”. La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha accolto il ricorso della Germania contro l’Italia per ottenere il blocco delle indennità alle vittime dei crimini nazisti. Secondo la sentenza l’Italia “ha mancato di riconoscere l’immunità prevista dal diritto internazionale” a Berlino per i reati commessi dal Terzo Reich.

La lettura della sentenza è durata 80 minuti. La Corte ha accolto tutti i punti di ricorso presentati dalla Germania che accusava l’Italia e il suo sistema giudiziario di “venire meno ai suoi obblighi di rispetto nei confronti dell’immunità di uno stato sovrano come la Germania in virtù del diritto internazionale”. La Corte dell’Aja ha poi concordato con la richiesta di Berlino di “ordinare all’Italia di prendere tutte le misure necessarie” affinché le decisioni della giustizia italiana che contravvengono alla sua immunità siano prive d’effetto e che i suoi tribunali non pronunzino più sentenze su simili casi.

Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha commentato: “L’Italia rispetta la sentenza dell’Aja, anche se i suoi contenuti non coincidono con le sue posizioni e al tempo stesso intende proseguire ad affrontare insieme alla Germania tutti gli aspetti che derivano dalle dolorose vicende della Seconda Guerra Mondiale”. Insomma, ora il governo italiano si affida al negoziato per affrontare il caso con i tedeschi. A sua volta, Berlino parla di “giudizio importante per la Germania e l’intera comunità
internazionale”. Secondo il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, il giudizio “non è contro le vittime del nazismo”, la cui “sofferenza” è “già pienamente riconosciuta dal governo tedesco”.

Il contenzioso tra Italia e Germania presso la Corte dell’Aja, il più alto organo giudiziario dell’Onu, è cominciato il 23 dicembre del 2008, quando Berlino ha deciso di ricorrere contro la sentenza della Cassazione del 21 ottobre 2008 che ha riconosciuto la Germania responsabile 1 per essere stata la ‘mandante’ dei militari nazisti che il 29 giugno del 1944 uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando a donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese.

La sentenza della Cassazione a suo tempo è stata considerata un ‘precedente storico’ sancendo per la prima volta il diritto per le vittime delle stragi naziste ad essere risarcite nell’ambito di un procedimento penale. Prima di allora c’erano state solo delle sentenze nelle cause civili per risarcimento danni chiesto dai cosiddetti ‘schiavi di Hitler’. Nessun altro Paese al mondo aveva mai intentato cause di risarcimento nei confronti della Germania in ottemperanza alla clausola dell’immunità giurisdizionale. Il contenzioso tra Roma e Berlino ha portato all’iscrizione di un’ipoteca giudiziaria su Villa Vigoni, centro culturale italo-tedesco in provincia di Como.

“Sono molto sorpreso e colpito da questa sentenza”, dice il presidente nazionale Anpi, Carlo Smuraglia. “Quando si tratta dei diritti umani, non ci sono trattati che tengano. La cosa più importante”, osserva Smuraglia, “è che non cessi, in ogni caso, l’affermazione dei diritti e soprattutto non venga meno la ricerca della verità e della responsabilità e quindi si vada avanti nei processi in corso e in quelli che potranno ancora venire”.

da repubblica.it

Alle regioni 25 milioni, priorità nidi e anziani. Intesa con il governo

Il ministro Riccardi: “In un momento di crisi, in cui le famiglie rischiano l’impoverimento e le risorse sono limitate, è necessario scegliere con attenzione le priorità di intervento, evitando dispersione di risorse attraverso interventi a pioggia”. “In un momento di crisi, in cui le famiglie italiane rischiano l’impoverimento e le risorse sono limitate, è necessario scegliere con estrema attenzione le prioritaà di intervento: quest’anno le risorse del Fondo nazionale della famiglia destinate alle Regioni dovranno essere impiegate per gli asili nido e per l’assistenza domiciliare degli anziani”. E’ quanto ha dichiarato il ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi, che ha la delega per le politiche familiari, al termine della Conferenza unificata, dove è stata siglata un’intesa tra governo e regioni. ”
Abbiamo voluto in questo modo evitare­ – ha spiegato Riccardi – la dispersione delle risorse attraverso logiche di interventi a pioggia, individuando invece due priorità vincolanti: gli asili nido e l’assistenza domiciliare. Bambini, anziani e disabili sono infatti le categorie più esposte agli effetti della crisi economica”. La decisione riguarda, tra l’altro, la ripartizione del Fondo per le politiche della famiglia per l’anno 2011, che destina 25 milioni statali, che si aggiungono alla spesa sociale regionale, a interventi di competenza regionale in favore della famiglia. Il ministro ha proposto e così è stato deciso con le Regioni, i Comuni e le Province, che le risorse provenienti dal Fondo per le politiche della famiglia dovranno essere utilizzate per i servizi socio-educativi per la prima infanzia e per l’assistenza domiciliare, in coerenza con la strategia del governo Monti che punta a convogliare risorse su obiettivi precisi. Le risorse destinate all’assistenza domiciliare dovranno comunque riguardare interventi riferibili alla componente sociale. (Redattore Sociale)

www.partitodemocratico.it

Facebook, Ghizzoni “C’è differenza tra la piazza virtuale e il bar”

“E’ molto grave che chi riveste ruoli istituzionali non sappia comportarsi di conseguenza”. I casi di Lugli e Russo dimostrano che su Facebook si ha l’illusione di poter “lanciare il sasso, nascondere la mano… e pensare di rimanere impuniti”: non può e non deve essere così. Il commento in proposito della parlamentare Pd Manuela Ghizzoni: «Le parole sono pietre e Facebook è un luogo di condivisione, non il bar del paese. E’ grave che chi ha compiti istituzionali non sappia vederne la differenza. Nei giorni scorsi il consigliere comunale del Pdl di Mirandola Marian Lugli che scrive “Muori Monti”, ieri il consigliere comunale del Pdl di Carpi Antonio Russo che bolla Oscar Luigi Scalfaro, ex presidente della Repubblica e uno dei padri costituenti, come un “assassino”. Mi chiedo se queste persone in un incontro pubblico o in un faccia a faccia con altri si sarebbero permessi un linguaggio così greve. Non voglio certo stigmatizzare i social network, però è un dato di fatto che la piazza virtuale sembra offrire l’opportunità di “lanciare il sasso, nascondere la mano… e pensare di rimanere impuniti”. Non è così, e non deve essere così. Da un lato occorre una rinnovata consapevolezza di sé e del proprio ruolo da parte delle persone, dall’altro però occorre anche che i partiti siano conseguenti. Non può essere un caso che quando fatti di questo tipo capitarono nel Pd i protagonisti abbiano poi dovuto dimettersi dal loro incarico istituzionale e di partito. Non è chiedendo di scusarsi, come ha fatto l’onorevole Bertolini con Lugli, che si può chiudere impunemente la questione. Anche questo, credo, faccia parte di quell’impoverimento del senso di una comunità che sfocia così facilmente nell’antipolitica o nel qualunquismo».

"Orfini: La Rai va a picco", di Natalia Lombardo

Ieri il Cda della Rai si è riunito per la prima volta senza il consigliere Rizzo Nervo, ed è stata rinviata la grana del piano Fiction sforbiciato di 30 milioni. L’onda lunga dello strappo sulle nomine ha prodotto un paradosso: Angelo Maria Petroni, il consigliere che rappresenta il Tesoro ma che è ancora convinto di rispondere a Tremonti, non solo non dà conto di questo, ma in una lettera al presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, accusa il presidente Garimberti di «delegittimare l’azienda» nel contestare la spaccatura del consiglio e l’ingovernabilità della Rai. Altro fronte polemico dal Veneto, dove il Governatore leghista, Luca Zaia, ha detto di non pagare il canone perché non ha la tv, ma anche perché «non vale il prezzo».

Pier Luigi Bersani ha a cuore la sorte della tv pubblica, e il Pd «non parteciperà» al rinnovo del Cda con le regole della legge Gasparri, avverte Matteo Orfini, responsabile cultura e informazione del Pd.

Il Pd considera la situazione in Rai un’emergenza democratica. Quali iniziative sono state messe in campo?

«Premetto che non si tratta di una “normale” crisi della Rai, né della banale per quanto esecrabile lottizzazione. Qui un Cda in scadenza ha nominato a maggioranza i direttori delle principali testate, nonostante i presidenti della Rai e della Vigilanza chiedessero nomine condivise. Una situazione non più sostenibile, quindi daremo battaglia sul piano parlamentare e su quello pubblico. Presto in un question time chiederemo a Mario Monti nei panni di ministro del Tesoro, quindi l’azionista, cosa ne pensa del voto del suo rappresentante nel Cda, Petroni. Poi chiederemo ai presidenti e ai capigruppo delle Camere che vengano messe in calendario la nostra proposta di legge, e le altre, per cambiare la governance Rai».

Perché passi serve però una condivisione, e l’accordo col Pdl non c’è.

«Certo che serve una condivisione, anche per una riforma minima. Se questa non si trova chiederemo all’azionista, il Tesoro, di interessarsene».

Gasparri lo grida in modo strumentale, ma effettivamente due sentenze della Consulta limitano il potere di intervento del governo sulla tv pubblica. Cosa può fare Monti?

«Non potrà fare un decreto, ma una proposta di legge sulla quale cercare la condivisione in Parlamento sì. O, nel caso più drammatico, commissariare la Rai: la crisi economica è nota, e c’è una paralisi gestionale».

Ma il governo potrebbe anche far rinnovare il Cda con le attuali regole della Gasparri. Il Pd lo accetterebbe?

«Noi non partecipiamo, e spero che lo facciano anche l’Idv e il Terzo Polo. Si possono anche nominare persone autorevoli, ma il Pd non ci sta a rinnovare un parlamentino che non funziona e discute giorni per decidere le vicedirezioni dei Tg. Molti sono affezionati a questo sistema, anche nel Pd, ma non ci stiamo. Quindi, se noi non parteciperemo, il governo sarà obbligato a intervenire. Se ci tiene a mostrarsi coraggioso non vorrà che la Rai venga distrutta così».

Il presidente Garimberti ha fatto bene a chiedere un incontro a Monti?

«Il presidente Rai, al di là di quel che dice Gasparri, ha tutto il diritto di parlare con l’azionista. Piuttosto, Garimberti e Van Straten dovrebbero essere più coerenti: dicono che il consiglio è “ingovernabile” ma poi rimangono dentro. Insomma, cos’altro deve succedere?».

Quali saranno le iniziative pubbliche?

«La prossima settimana, forse una iniziativa in un teatro vicino alla Rai. Vogliamo denunciare che il ruolo servizio pubblico non è garantito da un così catastrofico direttore generale, e contestare le enormi diseguaglianze retributive: ci sono precari pagati poche centinaia di euro e top manager che continuano ad avere compensi altissimi anche quando non svolgono più la funzione. Per dire, un ex dg perché deve continuare a percepire lo stesso stipendio da direttore generale? E questo mentre a Rai Corporation si licenziano senza giusta causa 40 dipendenti (negli Usa non c’è l’articolo 18…) e si affidano le loro funzioni all’esterno. Poi a Viale Mazzini si pagano mega consulenze a pensionati, come Minoli, che tra l’altro non ha ancora risposto sul caso Agrodolce».

Quindi come li vede i 300mila euro a puntata per Celentano a Sanremo?

«Be’, la Rai non può dare chachet così alti in una situazione del Paese così difficile, non si possono sprecare soldi pubblici, si chieda alle star di venire incontro. Celentano farà beneficenza? Bravissimo, ma la faccia con i soldi suoi».

L’Unità 03.02.12

“Orfini: La Rai va a picco”, di Natalia Lombardo

Ieri il Cda della Rai si è riunito per la prima volta senza il consigliere Rizzo Nervo, ed è stata rinviata la grana del piano Fiction sforbiciato di 30 milioni. L’onda lunga dello strappo sulle nomine ha prodotto un paradosso: Angelo Maria Petroni, il consigliere che rappresenta il Tesoro ma che è ancora convinto di rispondere a Tremonti, non solo non dà conto di questo, ma in una lettera al presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, accusa il presidente Garimberti di «delegittimare l’azienda» nel contestare la spaccatura del consiglio e l’ingovernabilità della Rai. Altro fronte polemico dal Veneto, dove il Governatore leghista, Luca Zaia, ha detto di non pagare il canone perché non ha la tv, ma anche perché «non vale il prezzo».

Pier Luigi Bersani ha a cuore la sorte della tv pubblica, e il Pd «non parteciperà» al rinnovo del Cda con le regole della legge Gasparri, avverte Matteo Orfini, responsabile cultura e informazione del Pd.

Il Pd considera la situazione in Rai un’emergenza democratica. Quali iniziative sono state messe in campo?

«Premetto che non si tratta di una “normale” crisi della Rai, né della banale per quanto esecrabile lottizzazione. Qui un Cda in scadenza ha nominato a maggioranza i direttori delle principali testate, nonostante i presidenti della Rai e della Vigilanza chiedessero nomine condivise. Una situazione non più sostenibile, quindi daremo battaglia sul piano parlamentare e su quello pubblico. Presto in un question time chiederemo a Mario Monti nei panni di ministro del Tesoro, quindi l’azionista, cosa ne pensa del voto del suo rappresentante nel Cda, Petroni. Poi chiederemo ai presidenti e ai capigruppo delle Camere che vengano messe in calendario la nostra proposta di legge, e le altre, per cambiare la governance Rai».

Perché passi serve però una condivisione, e l’accordo col Pdl non c’è.

«Certo che serve una condivisione, anche per una riforma minima. Se questa non si trova chiederemo all’azionista, il Tesoro, di interessarsene».

Gasparri lo grida in modo strumentale, ma effettivamente due sentenze della Consulta limitano il potere di intervento del governo sulla tv pubblica. Cosa può fare Monti?

«Non potrà fare un decreto, ma una proposta di legge sulla quale cercare la condivisione in Parlamento sì. O, nel caso più drammatico, commissariare la Rai: la crisi economica è nota, e c’è una paralisi gestionale».

Ma il governo potrebbe anche far rinnovare il Cda con le attuali regole della Gasparri. Il Pd lo accetterebbe?

«Noi non partecipiamo, e spero che lo facciano anche l’Idv e il Terzo Polo. Si possono anche nominare persone autorevoli, ma il Pd non ci sta a rinnovare un parlamentino che non funziona e discute giorni per decidere le vicedirezioni dei Tg. Molti sono affezionati a questo sistema, anche nel Pd, ma non ci stiamo. Quindi, se noi non parteciperemo, il governo sarà obbligato a intervenire. Se ci tiene a mostrarsi coraggioso non vorrà che la Rai venga distrutta così».

Il presidente Garimberti ha fatto bene a chiedere un incontro a Monti?

«Il presidente Rai, al di là di quel che dice Gasparri, ha tutto il diritto di parlare con l’azionista. Piuttosto, Garimberti e Van Straten dovrebbero essere più coerenti: dicono che il consiglio è “ingovernabile” ma poi rimangono dentro. Insomma, cos’altro deve succedere?».

Quali saranno le iniziative pubbliche?

«La prossima settimana, forse una iniziativa in un teatro vicino alla Rai. Vogliamo denunciare che il ruolo servizio pubblico non è garantito da un così catastrofico direttore generale, e contestare le enormi diseguaglianze retributive: ci sono precari pagati poche centinaia di euro e top manager che continuano ad avere compensi altissimi anche quando non svolgono più la funzione. Per dire, un ex dg perché deve continuare a percepire lo stesso stipendio da direttore generale? E questo mentre a Rai Corporation si licenziano senza giusta causa 40 dipendenti (negli Usa non c’è l’articolo 18…) e si affidano le loro funzioni all’esterno. Poi a Viale Mazzini si pagano mega consulenze a pensionati, come Minoli, che tra l’altro non ha ancora risposto sul caso Agrodolce».

Quindi come li vede i 300mila euro a puntata per Celentano a Sanremo?

«Be’, la Rai non può dare chachet così alti in una situazione del Paese così difficile, non si possono sprecare soldi pubblici, si chieda alle star di venire incontro. Celentano farà beneficenza? Bravissimo, ma la faccia con i soldi suoi».

L’Unità 03.02.12