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Franceschini: "Ora intesa trasparente e larga in Parlamento", di Simone Collini

Referendum bocciato dalla Consulta: lei onorevole Franceschini era tra gli “uccelli del malaugurio bipartisan”, per dirla con I’Idv?
«Io ho firmato per il referendum e invitato il Pd a sostenerlo perché era un chiavistello per spingere a fare una nuova legge elettorale. Al di là delle chiacchiere, le valutazioni della Consulta sono di carattere giuridico, costituzionale, non politico. E non si può commentarle con un mi piace o non mi piace».

Di Pietro parla proprio di “decisione politica”, di “piacere” a Napolitano e di “deriva antidemocratica”.

«Faccio fatica a commentare assurdità simili, incredibili attacchi al Capo dello Stato. Di Pietro soltanto ieri aveva detto che avrebbe rispettato il responso della Consulta, qualunque fosse. E oggi usa parole di una simile violenza».

Come si risponde ora alla volontà espressa dagli elettori di cancellare il Porcellum?

«Approvando una nuova legge elettorale in Parlamento. Dopo il no della Consulta resta il nodo politico di quella forte domanda, che non era legata tanto al modello che sarebbe uscito dal referendum».

Il Mattarellum non piace al Pd?

«Il Pd ha presentato una sua proposta, intelligente ed equilibrata, che prevede il doppio turno corretto proporzionalmente. È stata approvata praticamente all’unanimità nel partito».

E in Parlamento? Ci sono le condizioni per approvare una nuova legge?

«Io sono abbastanza ottimista. Nessuno capirebbe, che si tratti di elettori di destra odi sinistra, se il Parlamento avendo più di un anno davanti e con un clima di sostanziale tregua non facesse una nuova legge elettorale. La gente ci correrebbe dietro, e a ragione».

Non teme un patto Pdl-Lega per blindare il Porcellum?

«Neanche chi preferisce questa legge potrà sottrarsi».

Lo dice anche dopo il voto su Cosentino?

«È stato un voto vergognoso, segreto perché lo ha chiesto il Pdl, e che tra l’altro arriva in un momento in cui c’è una caduta di credibilità a cui il Parlamento dovrebbe rispondere in ben altro modo. La Lega si era dichiarata favorevole all’arresto di Cosentino e dopo un intervento di Berlusconi, non sappiamo con quali argomenti, ha invertito posizione e salvato un incriminato per reati connessi alla criminalità organizzata. Vorrei capire i leghisti, che vengono in Aula a fare i bulli contro il governo Monti e quando il padrone fischia tornano all’ovile, come si giustificheranno ora di fronte all’opinione pubblica».

Sulla elettorale il confronto sarà tra le forze che sostengono Monti?

«Non solo, serve un’intesa il più possibile larga, che coinvolga anche Idv, Lega e anche le forze come Sel che non sono in Parlamento, perché questo argomento riguarda anche loro. Naturalmente, non serve l’unanimità, perché sarebbe un modo per non fare nulla. Però serve una mediazione che porti a un sistema che liberi dalle alleanze forzose, più proporzionale, basato sull’alternatività di Pd e Pdl e che preveda degli incentivi a dichiarare prima del voto le coalizioni».

Discutere anche di riforme istituzionali può aiutare o frenare?

«Dobbiamo mettere in condizione di governare chi vincerà le prossime elezioni, quindi dobbiamo anche riformare i regolamenti parlamentari e il sistema bicamerale. Per approvare una nuova legge elettorale bisogna prima sapere se ci sarà una sola Camera e quanti saranno i parlamentari. Naturalmente non si può aspettare la fine del percorso costituzionale. E allora serve un accordo politico trasparente in cui si stabilisca qual è la cornice istituzionale. Poi il Senato può lavorare sulle riforme istituzionali e parallelamente la Camera sulla legge elettorale».

Sarebbe opportuno istituire una commissione ad hoc?

«Niente bicamerali o altro, basta un accordo trasparente in Parlamento e poi si può cominciare a lavorare in fretta».

L’Unità 13.01.12

"Lavoro, c’è la proposta Pd. Bersani oggi vede Monti", di Simone Collini

Il titolo è «Per l’occupazione giovanile e femminile» e in dieci punti sintetizza la proposta di riforma del Pd sul mercato del lavoro. I vertici del partito ne parlano come di un «contributo» al confronto tra governo e parti sociali. E che oggi Pier Luigi Bersani porterà con sé all’incontro a Palazzo Chigi con Mario Monti, insieme ai «correttivi necessari» alla riforma delle pensioni («serve maggiore gradualità e bisogna tener conto dei casi particolari che oggi non hanno né lavoro né pensione») e alle 41 proposte di liberalizzazioni che avrebbero «effetto immediato» sul fronte delle professioni, dell’energia, dei trasporti, delle banche e delle assicurazioni.
ASSUMERE NON LICENZIARE
In particolare sul mercato del lavoro per Bersani (che vedrà il presidente del Consiglio dopo che a Palazzo Chigi saranno andati anche Alfano e Casini) va assicurata «flessibilità senza toccare l’articolo 18, perché oggi il problema è assumere, non licenziare, che è diventato molto facile». E la proposta ratificata ieri dopo quasi quattro ore di riunione del Forum Lavoro Pd è stata pensata in questo senso. Prevede «un contratto per l’ingresso dei giovani e per il reingresso dei lavoratori e delle lavoratrici deboli al lavoro stabile». Può durare dai sei mesi ai tre anni con retribuzione crescente. Per le aziende che stabilizzano ci sarebbero agevolazioni contributive e dopo tre anni i lavoratori avrebbero tutte le tutele, articolo 18 incluso. Durante la fase iniziale sarebbe invece possibile il licenziamento e il lavoratore riceverebbe «una compensazione monetaria crescente in riferimento alla durata del rapporto di lavoro».
Stefano Fassina, che ha lavorato alla proposta muovendosi «in coerenza» con quanto votato all’Assemblea nazionale Pd del maggio 2010 e alla Conferenza per il lavoro dell’estate scorsa, dice che al di là delle norme prospettate il messaggio che i Democratici vogliono mandare è anche di tipo politico, e cioè che ora «va giudicato centrale il percorso unitario tra i sindacati e un confronto vero tra governo e parti sociali». Il responsabile Economia e lavoro del Pd giudica positivamente la «larghissima condivisione» registrata sul documento con cui ha aperto i lavori. Nella sala Berlinguer di Montecitorio, oltre ai membri del Pd delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, sono arrivati anche Guglielmo Epifani e il segretario generale Fisac-Cgil Agostino Megale, il vicesegretario Cisl Giorgio Santini, il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy. Tutti d’accordo sulla necessità, sottolineata da Fassina, di intervenire con emergenza sugli ammortizzatori sociali e di sostenere «lo sforzo unitario dei sindacati e l’intenzione del governo di farne un momento serio».
LE CRITICHE DI ICHINO
Molto critico con la proposta ratificata dal Forum Lavoro è invece Pietro Ichino, che ha presentato al Senato una proposta di legge favorevole all’introduzione della “flexsecurity”. L’idea della segreteria, per il giuslavorista, «è del tutto inadeguata rispetto agli obbiettivi programmatici enunciati dal premier Mario Monti» e così «si rischia di essere tagliati fuori dal processo di riforma del mercato del lavoro». Per il senatore Pd il testo ratificato «si discosta» anche dalla proposta Nerozzi-Marini e il contratto d’ingresso sarebbe «a termine». Per Ichino (sostenuto in questo da Salvatore Vassallo) nella difesa dell’articolo 18 c’è «una impuntatura nominalistica totalmente priva di senso, basata oltretutto su di un preteso “principio” che non ha alcun fondamento». La norma che impedisce i licenziamenti non per giusta causa, insiste il giuslavorista, «oggi si applica soltanto al 3 per cento della forza-lavoro complessiva dell’ Unione europea e non può essere considerata come un diritto fondamentale immodificabile perché non ha carattere di universalità».
Critiche che non convincono Fassina, che fa notare come non sia specificato da nessuna parte che il contratto d’ingresso sia a termine. Né accetta di sentir dire che la battaglia in difesa dell’articolo 18 sia «nominalistica». Il Forum Lavoro ha ratificato e Bersani ha apprezzato, ma non è detto che dell’argomento non si torni a discutere all’Assemblea del Pd fissata per venerdì e sabato della prossima settimana.

L’Unità 13.01.12

"Nella Lega oggi sono tutti sconfitti sotto il peso delle contraddizioni", di Stefano Folli

Nella Lega che salva Nicola Cosentino hanno perso tutti. Coloro che hanno abbracciato la linea dura (Maroni); quelli che sono rimasti abbarbicati alla vecchia alleanza con Berlusconi (Bossi); e quanti hanno cambiato idea un po’ troppo spesso nelle ultime ore. E’ chiaro che si è votato soprattutto in base a considerazioni politiche. Ed è in termini politici che il Carroccio esce male da una giornata che potrebbe cambiare il destino del partito nordista.

Chi ha vinto, non c’è dubbio, è Berlusconi. Il salvataggio di Cosentino è anche la salvezza della sua leadership, riemersa come sempre nei momenti di difficoltà. E all’attivo dell’ex premier, bisogna riconoscerlo, c’è anche questo filo riannodato con il vecchio amico Bossi, costretto a sostenere che la Lega (il partito del cappio in Parlamento) «non è mai stata forcaiola». Fallisce il tentativo di ricostruire un’identità leghista al di là della lunga stagione berlusconiana. E’ il disegno perseguito da Maroni: dare un futuro al Carroccio oltre le lusinghe dell’uomo di Arcore. Ma l’ex ministro dell’Interno non ha avuto la forza o la tenacia o la capacità persuasiva per vincere la sua battaglia. Il richiamo del vecchio monarca è stato decisivo, anche se pagato a caro prezzo.

Quegli applausi, quell’entusiasmo con cui il centrodestra ha salutato l’esito del voto di Montecitorio rappresentano una brutta pagina per il Parlamento e la Lega ha dato il suo contributo a questo epilogo.

Se Maroni aveva accarezzato il disegno di impadronirsi del Carroccio in tempi brevi, ora deve ricredersi. Davanti a lui si apre una scomoda alternativa: acconciarsi a una lunga traversata del deserto, in attesa di tempi migliori (e non sarebbe la prima volta nella storia che ciò accade); oppure uscire dal partito, che è sempre una scelta pericolosa e di solito poco fortunata.

A sua volta, Bossi conferma di aver imboccato in modo irreversibile il viale del tramonto. E’ tuttora più forte del rivale Maroni, si conferma ancora in grado di correre in soccorso a Berlusconi; ma la base, quella che un tempo costituiva il “popolo di Bossi”, è sempre più attonita di fronte a certe scelte. Ed è incredibile il vuoto politico di un Parlamento che si accende solo nella battaglia pro o contro Cosentino, mentre i cittadini tremano di fronte alla prospettiva della recessione e del collasso dell’euro.

Dopo la giornata di ieri, lo spazio di Bossi tenderà a ridursi, al netto delle intemerate contro le liberalizzazioni o dei comizi pro-secessione. La tardiva riedizione del patto con Berlusconi, costruita sul voto di ieri, vedrà inevitabilmente la Lega in una posizione subordinata. Al punto che le voci sussurrano di un accordo segreto fra i due soci in vista di elezioni politiche da provocare entro l’anno. Ma si tratta di sussurri poco credibili. Il centrodestra Berlusconi-Bossi, in questa sua estrema incarnazione, non ha al momento una proposta politica, un’idea e nemmeno il coraggio di portare in tempi brevi il paese alle urne.

Se dovesse accadere, magari per un incidente di percorso, sarebbe il trionfo del corporativismo demagogico. Una mossa contro l’Europa, che l’Europa ci farebbe pagare. In realtà, il sogno delle elezioni anticipate serve a rassicurare un’area politica che è ancora molto vasta in Parlamento, che resta essenziale per la tenuta del governo Monti, ma che non ha carte significative da giocare. In altre parole, un’auto-illusione.

Il Sole 24 Ore 13.01.12

"Il sotterraneo mercato delle indulgenze", di Giovanni Bianconi

È andata com’era prevedibile andasse dopo l’indicazione del capo leghista Umberto Bossi, che pare aver ricompattato — a parte la fronda maroniana e qualche smagliatura nei rispettivi schieramenti — l’ex maggioranza che sosteneva il governo Berlusconi. Con una decisione presa più al mercato della politica che valutando la singola vicenda giudiziaria di un deputato inquisito per camorra; ciò che era immaginabile alla vigilia, l’ha dimostrato il dibattito parlamentare che ha accompagnato il voto.
Chi ha detto no all’arresto dell’onorevole Cosentino, magari dopo aver detto sì in Giunta, poteva almeno provare a dimostrare che c’era un po’ di fumus persecutionis nella seconda richiesta dei magistrati. Non limitarsi a dirlo come fosse, quello sì, un «teorema», magari citando più o meno a sproposito le poco comparabili vicende di Strauss-Kahn o di Enzo Tortora. Il quale, peraltro, fu eletto al Parlamento europeo nelle liste radicali dopo essere finito ingiustamente in carcere, non prima, e si dimise dalla carica pur di affrontare i suoi giudici al pari di un cittadino qualunque; ogni paragone con la vicenda Cosentino, per rispetto di tutti, sembra davvero improponibile. La Camera era chiamata a stabilire se la richiesta di cattura fosse commisurata alla gravità delle accuse mosse al parlamentare (fondate non solo su dichiarazioni di pentiti e intercettazioni, ma anche su fotografie e pedinamenti di chi utilizzava i «buoni uffici» dell’uomo politico considerato il «referente politico» del clan dei Casalesi), come se si trattasse di un indagato qualunque; oppure se, al contrario, ci sia stato nei suoi confronti un particolare accanimento derivante proprio dalla sua attività politica e dal ruolo che ricopre. Insomma, Cosentino perseguitato politico: per bizzarro che possa apparire, è quel che ha proclamato l’assemblea di Montecitorio. Qui non si tratta di recriminare perché una persona, deputato o meno, non è andata in galera prima dell’eventuale condanna. Anzi. Buon per Cosentino che l’ha scampata, a differenza del suo collega Papa che ha dovuto pagare lo scotto di un altro momento politico, di altre strategie e altri messaggi che la Lega volle mandare all’interno della ex maggioranza. Il mondo perfetto sarebbe quello dove la carcerazione preventiva non avesse ragione di esistere. Ma quel mondo purtroppo non c’è. E quello in cui ci tocca vivere sarebbe forse un po’ meno imperfetto se un parlamentare indagato per concorso con la camorra non riuscisse a evitare l’arresto solo perché un gruppo di pari grado politicamente schierati dalla sua parte decidono di non mandarcelo, a differenza degli altri indagati nello stesso procedimento. Questo, invece, è quel che è accaduto. Un rappresentante del Pdl, di professione avvocato, s’è lanciato in un’arringa difensiva in cui ha sostenuto che sul conto di Cosentino non ci sarebbe l’ombra di una prova, mentre altri personaggi coinvolti «sono effettivamente delinquenti». Alla faccia del garantismo. Qui la vera garanzia che sembra essere scattata non è quella, sacrosanta, dell’inquisito Cosentino che ha diritto al giusto processo e prima a un’indagine svolta nel rispetto delle regole, bensì quella dell’onorevole Cosentino che ha potuto approfittare di una ricomposizione politica decisa per motivi e prospettive che poco o nulla hanno a che vedere con la sua posizione giudiziaria. Tutto questo non fa bene all’immagine della politica, e rischia di allontanare ancora di più i cittadini da chi rappresenta le loro istituzioni; i sondaggi televisivi di ieri, per quanto valgono, lo fanno già intendere. Non solo. Il voto di ieri rischia di riproporre l’estenuante e asfissiante conflitto tra politica e magistratura, che si sperava potesse finalmente superarsi col cambio di governo. Per come è maturata, la decisione della Camera che per la seconda volta ha negato l’arresto dell’indagato-onorevole Cosentino suona pure come una sfida ai pubblici ministeri e ai giudici che l’avevano sollecitato. E sa molto di delegittimazione.

Il Corriere della Sera 13.01.12

"La scuola è la mia casa", di Luigi Berlinguer

Caro Direttore, «la scuola è la mia casa». Ho coniato questo motto per far capire la necessità di un cambiamento radicale dell’attività educativa, dell’istruzione. Ieri affidata al rapporto tra cattedra e banchi e oggi, almeno nei Paesi evoluti (non è ancora, purtroppo, il caso dell’Italia) in cammino verso una vera comunità educante. I Paesi che conservano la vecchia scuola (quella del sapere trasmesso solo per via orale dalla cattedra ai banchi, con le aule immutabili. Siamo nel terzo millennio ma quando si entra in un edificio scoalstico ancora troppo spesso sembra di essere tornati all’800) tagliano fuori un numero troppo grande di giovani e perdono progressivamente anche in qualità. La società della conoscenza è l’enorme sviluppo dei saperi, dei bisogni culturali (e civili) dei cittadini. Il diploma di scuola media non basta più. Per nessuno. La conseguenza è che occorre adeguare l’intero sistema formativo a tali necessità. Se vogliamo (in una cornice europea e sovranazionale) più cultura, più qualità, più istruzione, più professioni qualificate, più lavoro non alienante e meno precario, dobbiamo opportunamente soddisfare anche una enorme domanda di quantità. Se vogliamo valorizzare talento e merito – sempre decisivi – non possiamo farlo penalizzando tanti, molti, troppi. Nelle democrazie evolute – in questo una parte d’Europa insegna – i meritevoli sono incoraggiati e sostenuti laddove cresce, insieme, la qualità di tutti. Nel leggere il programma del ministro Profumo presentato in Parlamento in questi giorni, si coglie una sensibilità che mi pare vada in questa direzione. È una novità. Ad esempio, una forte sensibilità sulla questione sociale della scuola, sulle diseguaglianze, sugli abbandoni, sui gravi problemi del mezzogiorno e la parallela necessità di rafforzare strumenti di sostegno – anche economici – per coloro che non ce la fanno, per le famiglie dove maggiore è il disagio. Siamo un Paese che spreca parte troppo grande delle proprie intelligenze. Altrettanto significativo è quel che egli dice rispetto all’autonomia scolastica che in questi anni è stata bersaglio di insensibilità burocratiche e ostilità politiche. Il risultato è stato quello di lesinare alle scuole autonome tanto i finanziamenti (peraltro già stabiliti) quanto le necessarie norme di flessibilità. Davvero importante ame sembra, nel tentativo di restituire slancio e vigore al percorso dell’autonomia, il riferimento fatto dal ministro al cosiddetto “organico funzionale”. Di cosa si tratta? Èla dotazione per le scuole dell’organico necessario e di un leggero surplus capace di consentire una gestione elastica (e funzionale, appunto) delle risorse docenti. Si tratta di un importante strumento dell’autonomia come moderna visione dell’education, come motore per favorire la ricerca sui migliori metodi di apprendimento,come molla per aggiornare – alla luce di straordinari mutamenti, dal web alle scoperte scientifiche – i curriculi. Il ministro Profumo sembra chiamare il sistema nazionale d’istruzione nel suo complesso (anche su università e ricerca, ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano; sarà utile tornarci in un prossimo futuro) ad una sfida: una competizione virtuosa fra tutte le scuole per la continua qualificazione della loro offerta formativa. Si riaffaccia con l’organico funzionale anche qualche finanziamento, invertendo così la nefasta stagione dei tagli lineari. Per vincere questa sfida serve una valutazione dei risultati rigorosa, trasparente e indipendente. Ma, insieme, anche una promozione della professionalità docente: l’esperienza, ad oggi, della formazione in servizio è deludente. Un’ultima considerazione. L’idea di intervenire sulla struttura dei cicli scolastici per permettere a un giovane che studia in Italia di uscire dalla scuola a 18 anni come avviene nel resto d’Europa è segno che siamo sulla buona strada. Il tempo è breve. Dimostrare che, anche in Italia come nei Paesi più evoluti d’Europa, la «scuola è la mia casa» è una grande sfida. Ci sono migliaia di esperienze innovative nelle scuole italiane (chi volesse può fare un giro su www.educationduepuntozero.it). Il governo e la politica non le lascino sole.

L’Unità 13.01.12

"Il patto scellerato", di Roberto Saviano

Non tiri un sospiro di sollievo, Onorevole Cosentino, trattenga ancora il fiato. Non creda che questa congiura dell´omertà che si è frapposta tra lei e le richieste della magistratura, possa sottrarla dal dovere di rispondere di anni di potere politico esercitato in uno dei territori più corrotti del mondo occidentale. Non tiri un sospiro di sollievo, Onorevole Cosentino, perché quel fiato non dovrà usarlo solo per rispondere ai giudici. Il fiato che risparmierà lo deve usare per rispondere a chi ha visto come lei ha amministrato – e lo ha fatto nel peggiore dei modi possibile – la provincia di Caserta, plasmando una forma di contiguità, i tribunali diranno se giudiziaria ma sicuramente culturale, con la camorra. Onorevole Cosentino, per quanto ancora con sicumera risponderà che le accuse contro di lei sono vacue accuse di collaboratori di giustizia tossicodipendenti. I pentiti non accusano nessuno, dovrebbe saperlo. I pentiti fanno dichiarazioni e confessioni; i pm ne riscontrano l´attendibilità ed è l´Antimafia a formulare l´accusa, non certo criminali o assassini. Lei, ribadisco, non è accusato da pentiti, lei è accusato dall´Antimafia di Napoli.
Ma anche qualora i tribunali dovessero assolverla, lei per me non sarebbe innocente. E la sua colpevolezza ha poco a che fare con la fedina penale. La sua colpa è quella di avere, per anni, partecipato alla costruzione di un potere che si è alimentato di voti di scambio, della selezione dei politici e degli imprenditori peggiori, il cui unico talento era l´attitudine al servilismo, all´obbedienza, alla fame di ricchezza facile. Alla distruzione del territorio. La ritengo personalmente responsabile di aver preso decisioni che hanno devastato risorse pubbliche, impedito che nelle nostre terre la questione rifiuti fosse gestita in maniera adeguata. Io so chi è lei: ho visto il sistema che lei ha contribuito a produrre e a consolidare che consente lavoro solo agli amici e alle sue condizioni. Ho visto come pretendevate voti da chi non aveva altro da barattare che una “x” sulla scheda elettorale. Sono nato e cresciuto nelle sue terre, Onorevole Cosentino, e so come si vincono le elezioni. So dei suoi interessi e con questo termine non intendo direttamente interessi economici, ma anche politici, quegli interessi che sono più remunerativi del danaro perché portano consenso e obbedienza. Interessi nella centrale di Sparanise, interessi nei centri commerciali, nell´edilizia, nei trasporti di carburante, so dei suoi interessi nel centro commerciale che si doveva edificare nell´Agro aversano e per cui lei, da quanto emerge dalle indagini, ha fatto da garante presso Unicredit per un imprenditore legato ad ambienti criminali.
Onorevole Cosentino, per anni ha taciuto sul clan dei casalesi e qualche comparsata ai convegni anticamorra o qualche fondo stanziato per impegni antimafia non possono giustificare le sue dichiarazioni su un presunto impegno antimafia nato quando le luci nazionali e internazionali erano accese sul suo territorio. Racconta che don Peppe Diana sia suo parente e continua a dire essere stato suo sostenitore politico. La prego di fermarsi e di non pronunciare più quel nome con tanta disinvoltura. È un uomo già infangato per anni, i cui assassini sono stati difesi dal suo collega di partito Gaetano Pecorella, peraltro presidente della commissione bicamerale sulle ecomafie e membro della Commissione Giustizia. Perché non è intervenuto a difendere la sua memoria quando l´Onorevole Pecorella dichiarava che il movente dell´omicidio di Don Diana “non era chiaro” gettando, a distanza di anni, ancora ombre su quella terribile morte? Come mai questo suo lungo silenzio, Onorevole Cosentino? Sono persuaso che lei sappia benissimo quanto conti questo silenzio. È il valore che ha trattato in queste ultime ore con i suoi alleati politici. È questo suo talento per il silenzio a proteggerla ora. E´ scandaloso che in Parlamento si sia riformata una maggioranza che l´ha sottratta ai pubblici ministeri. Ma in questo caso nessuno, nemmeno Bossi – anche al prezzo di spaccare la Lega- poteva disubbidire agli ordini di un affannato Berlusconi.
Perché lei, Onorevole Cosentino, rappresenta la storia di Forza Italia in Campania e la storia del Pdl. E lei può raccontare, qualora si sentisse tradito dai suoi sodali, molto sulla gestione dei rifiuti, e sulle assegnazioni degli appalti in Campania. Può raccontare di come il centro sinistra con Bassolino, abbia vinto le elezioni con i voti di Caserta e come magicamente proprio a Caserta il governo di centro sinistra sia caduto due anni dopo. Lei sa tutto, Onorevole Cosentino, e proprio ciò che lei sa ha fatto tremare colleghi parlamentari non solo della sua parte politica. Sì perché lei in Campania è stato un uomo di “dialogo”. Col centro sinistra ha spartito cariche e voti. Onorevole Cosentino, so che il fiato che la invito a risparmiare in questo momento lo vorrebbe usare come fece con Stefano Caldoro, suo rivale interno alla presidenza della Regione. Ha cercato di far pubblicare dati sulla sua vita privata. Ha cercato di trovare vecchi pentiti che potessero accusarlo di avere rapporti con le organizzazioni criminali. Pubblicamente lo abbracciava, e poi lanciava batterie di cronisti nel tentativo di produrre fango. Onorevole Cosentino, so che in queste ore sta pensando a quanti affari potrebbe perdere, all´affare che più degli altri in questo momento le sta a cuore. Più del centro commerciale mai costruito, più dei rifiuti, più del potere che ha avuto sul governo Berlusconi. Mi riferisco alla riconversione dell´ex aeroporto militare di Grazzanise in aeroporto civile. Si ricorda la morte tragica di Michele Orsi, ammazzato in pieno centro a Casal di Principe? Si ricorda la moglie di Orsi cosa disse? Disse che lei e Nicola Ferraro eravate interessati alla morte di suo marito. Anche in quel caso ci fu silenzio. Michele Orsi aveva deciso di collaborare con i magistrati e stava raccontando di come i rifiuti diventano soldi e poi voti e poi aziende e poi finanziamenti e poi potere.
Lei si è fatto forte per anni di un potere basato sull´intimidazione politica e mi riferisco al sistema delle discariche del Casertano che a un solo suo cenno avrebbero potuto essere chiuse perché la maggior parte dei sindaci di quel territorio erano stati eletti grazie al suo potere: il destino della monnezza a Napoli – cui tanto si era legato Berlusconi – era nelle sue mani. Onorevole Cosentino, non tiri un sospiro di sollievo, conservi il fiato perché le assicuro che c´è un´Italia che non dimenticherà ciò che ha fatto e che potrebbe fare. Non si senta privilegiato, non la sto accusando di essere il male assoluto, è solo uno dei tanti, ahimè l´ennesimo.
Lei per me non è innocente e non lo sarà mai perché la camorra che domina con potere monopolistico ha trovato in lei un interlocutore. Non aver mai portato avanti vere politiche di contrasto, vero sviluppo economico in condizioni di leale concorrenza e aver difeso la peggiore imprenditoria locale, è questo a non renderle l´innocenza che la Camera dei Deputati oggi le ha tributato con voto non palese. Onorevole Cosentino prenderà questo atto d´accusa come lo sfogo di una persona che la disprezza, può darsi sia così, ma veniamo dalla stessa terra, siamo cresciuti nello stesso territorio, abbiamo visto lo stesso sangue e abbiamo visto comandare le stesse persone, ma mai, come dice lei, siamo stati dalla stessa parte.

La Repubblica 13.01.12

"Cinque soli contratti. Piattaforma unitaria contro la precarietà", di Massimo Franchi

Riduzione a sole cinque tipologie di contratto,mantenimento dei due pilastri degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione e mobilità/disoccupazione) allargandoli al maggior numero di lavoratori, dando grande importanza alle politiche attive per il lavoro a favore dei giovani e al re-inserimento per chi lo ha perso. Questa mattina alle 10 alla sede della Cisl, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti metteranno a punto la piattaforma comune che i sindacati confederali porteranno al tavolo sulla riforma del lavoro. Dopo gli incontri separati con il ministro Elsa Fornero, Cgil-Cisl-Uil, coinvolgendo anche l’Ugl di Giovanni Centrella, si ritrovano assieme consci che l’unità sindacale rafforza la loro posizione nella trattativa che il governo Monti convocherà a fine della prossima settimana con tutte le parti sociali. La bozza messa a punto parte dall’assunto, comune a governo e Confindustria, della priorità del tema della crescita e la necessità che l’oggetto del confronto non sia solamente il mercato del lavoro, come sottolineato dal documento conclusivo del Direttivo della Cgil di mercoledì. Partendo da questo assunto, l’idea base è quella di ridurre la precarietà. Per questo Cgil, Cisl e Uil hannoconcordato di ridurre le tipologie contrattuali dalle attuali 46 a cinque. La giungla dei contratti precari oggi proposti a qualsiasi giovaneche si affaccia sul mercato del lavoro, sfruttati dalle aziende perché favorevoli dal punto di vista contributivo e fiscale, verrebbe conglobata nel solo “lavoro in somministrazione”. Una tipologia che ha avuto un buon successo e garantisce livelli contributivi e agevolazioni fiscali equi. In questo modo si interviene in modo radicale nel contrastare tutte le altre tipologie, sanando gli abusi sui contratti di collaborazione e il tirocinio. Come altro grande strumento di ingresso ne lmondodel lavoro, i sindacati puntano forte al contratto di apprendistato, già sottoscritto unitariamente nell’estate scorsa. I giovani che entrano nelle aziende avrebbero quindi tre anni di formazione certificata durante i quali l’azienda può valutare il lavoratore e orientarne l’utilizzo sul luogo di lavoro nel modo migliore. Sul versante occupazione le altre due emergenze individuate dai sindacati sono quelle del lavoro femminile e della disoccupazione al Sud. Per questo Cgil, Cisl e Uil chiedono di rafforzare lo strumento del Contratto di inserimento, agevolandolo ulteriormente, e rilanciando il part-time. Afianco di queste due tipologie, rimane poi inalterata la centralità del contratto a tempo indeterminato senza alcuna modifica all’articolo 18 e alle tutele ora previste su licenziamenti e diritti individuali e sindacali. A fianco, quello a tempo determinato che però andrà regolamentato diversamente prevedendolo in modo più stringente solo per le tipologie di lavoro stagionale per i settori che ne hanno reale bisogno, primo dei quali il turismo. Passando agli ammortizzatori sociali, i sindacati partono dal presupposto che davanti alla crisi epocale che stiamo attraversando la legislazione italiana sul tema ha sostanzialmente tenuto, dando copertura a circa un milione e mezzo di italiani l’anno scorso per una spesa complessiva di 18 miliardi. Per questa ragione Cgil, Cisl e Uil propongono di mantenerne i due pilastri fondamentali: Cassa integrazione da una parte per chi rimane al lavoro, mobilità e indennità di disoccupazione per chi lo ha perso definitivamente o non lo ha mai avuto. In questo senso i sindacati propongono di estendere questi strumenti anche alle aziende sotto i 15 dipendenti e ai settori adesso scoperti, come quelli non industriali. Entrando nello specifico poi, per il futuro, si propone al governo il superamento della Cassa integrazione in deroga: si tratta dell’unica tipologia non coperta dalla contribuzione di aziende e lavoratori, diventando così uno strumento di cui le aziende abusano, scaricandolo sulla collettività. Sul pilastro mobilità-disoccupazione l’idea dei sindacati è quello di avviare una progressiva unificazione di questi due istituti, aumentando l’indennità di disoccupazione soprattutto per i giovani, portando la durata della copertura a due anni. Tutto l’impianto della piattaforma manterrebbe poi il vincolo imposto e più volte sottolineato dal ministro Fornero: «La riforma del mercato del lavoro andrà fatta a costo zero». Anche perché, come fanno notare i sindacati, ciò significa che potranno comunque spostarsi risorse da una voce all’altra,mantenendo inalterato il saldo. ❖

L’Unità 13.01.12