Latest Posts

“I mascalzoni d’oro”, di Francesco Merlo

Che, se fosse vero, meriterebbe il premio “Mascalzone d’oro”. Per circa dodici anni un bel numero di dipendenti del Comune della capitale avrebbero stampato biglietti del metrò falsi, li avrebbero distribuiti alle rivendite-spacciatrici e avrebbero gestito con riservata oculatezza la contabilità criminale, circa 90 milioni di euro l’anno, comprando il silenzio complice della politica, da destra a sinistra. E stiamo parlando della città governata prima da Veltroni e dopo da Alemanno.
Come si vede quest’impresa supera la pur fantasiosa tradizione dei nostri migliori magliari, stereotipi dell’Italia che fu povera e truffaldina, quelli delle banconote false stampate da Totò, Peppino e la banda degli onesti, o quelli che vendevano la Fontana di Trevi ai ricchi e ottusi americani in visita a Roma.
Da un lato dunque si scopre che, come ha detto il Papa, non c’è campanile d’Italia dove non si faccia la cresta sul danaro pubblico, dalle tangenti di Trezzano sul Naviglio sino alle nomine camorriste ai vertici delle Asl di Napoli, e dall’altro nella Capitale viene fuori, come raccontano Daniele Auteri e Carlo Bonini, un’evoluzione dell’antropologia criminale italiana così creativa e raffinata da fare dell’Atac, l’azienda dei trasporti del Comune, un’enorme società di falsi autentici: le false vendite e i falsi acquisti dei falsi autobus, i falsi impiegati che erano in realtà parenti, cugini, camerati di partito, belle cubiste… Ed erano falsi i biglietti, falsi i bilanci, falso tutto, anche gli ispettori che insabbiavano, proprio come nel film La stangata
dove erano false la ricevitoria, le scommesse, le corse e persino i cavalli.
Il sindaco Ignazio Marino, che ovviamente non è responsabile se non altro perché ancora non c’era, denunzia anche «il rapporto tra passeggeri e paganti» che, dice, «a Roma è tra i più bassi d’Europa ». Ma non tiene conto di quei romani che pagavano ma non risultavano paganti perché i loro biglietti erano falsi. E dunque erano fantasmi, falsi, anche i passeggeri. Più comprensibile è la rabbia dei pendolari che adesso si stanno organizzando in squadre denominate “Roma non paga l’Atac”: presidi, scioperi, manifestazioni contro la più grande azienda italiana del trasporto municipale, 120 mila dipendenti, un miliardo di passeggeri l’anno, un debito di un miliardo e seicento milioni, il teatro perfetto per la grande truffa del secolo.
Si sa che l’Italia non è il Paese di Dostoevskij ma appunto quello di Totò. E però c’è qualcosa di nuovo, né di tragico né di comico, nelle due notti d’albergo a Venezia — 1100 euro — che il capogruppo del Pd dell’Emilia Romagna ha messo in nota spese. Se è vero che la regia, come ha detto il Papa, è del demonio, ebbene si tratta di un demonio malmesso: il diavolo del mangiucchiamento a scrocco. Com’è infatti possibile che questo satanicchio emiliano in trasferta a Venezia non abbia avuto né cautela né vergogna? E davvero il presidente della Giunta regionale ligure è stato costretto a dimettersi per «la gogna mediatica» e perché «qualche amico mi ha pugnalato alle spalle», e non per quell’ammanco di trentaduemila euro che gli è stato contestato? Certo, c’è pure “la gogna mediatica” in questa Italia, tanto che io stesso debbo mordermi la lingua per non dire «ben gli sta» al sindaco di Adro, che è ai domiciliari per corruzione. È infatti il sindaco leghista che si esprimeva in lombardo, tappezzava la città con il sole delle Alpi e intanto toglieva il pane ai bambini poveri, negando loro l’accesso alle mense scolastiche. In questo senso garantista non è corruzione ma spreco il mezzo milione che la Rai ha destinato alla pacchianeria dei regali aziendali, argenteria più indecente che preziosa, orologi da ventimila euro l’uno, doni imbarazzanti per i quali la Rai non va perseguita né perseguitata e neppure sanzionata: per chi viola la decenza basta un po’ di vergogna.
Rimane difficile da capire perché mai pensassero di farla franca e perché non si sentissero né goffi né spericolati i consiglieri regionali della Sardegna (di tutti i partiti) quando, con i soldi dei “rimborsi politici” compravano pecore, scarpe da tennis, Rolex, penne stilografiche placcate in oro…, e ci sono persino le spese di un matrimonio. Davvero non c’è più alcun rapporto con i famosi costi della politica di cui parlava Craxi e con quella tiritera difensiva che tutti ancora recitano quando vengono presi con le mani nel sacco e cioè che la corruzione diffusa starebbe tutta nel «genere» e non del «degenere» della politica, e che quindi chi ha ecceduto, imbrogliato, coperto e accettato lo avrebbe fatto per il partito, per il gruppo, per l’ideale: mascalzoni sì, ma per servire meglio la democrazia.
Cosa c’entra il sacerdozio della politica con l’acquisto di salumi e formaggi a Bologna o con una penna di 500 euro e persino con tre pacchetti di caramelle? Perché un uomo politico, un eletto, pensa, senza ridere, di avere il diritto di mangiare le caramelle gratis? E dopo le famose feste con le teste di maiale e le pazzie economiche di “er Batman” com’è possibile che i gruppi dell’Assemblea dell’Emilia Romagna, compreso il Movimento cinque stelle e Sel, non abbiano imparato la lezione e siano adesso indagati per peculato?
In questa Italia della truffa e dell’arraffo, si tratti di una bottiglia di vino in Piemonte o di un appalto per la pulizia degli ospedali campani, per forza deve esserci qualcosa di più (o di meno) della furbizia classica e della cresta sulla spesa, che in fondo è sempre stata un segno di opulenza e di benessere. Forse c’è davvero lo Stato in decadenza in questi uomini di partito, forse le piccole abbuffate di questo ceto impiegatizio e roditore ripropongono, come estrema risorsa della politica, l’antico modello economico delle città barbaresche, quelle che crescevano grazie al «furto», forse l’Italia disperata della pirateria a scrocco è l’esemplificazione della profezia di Brecht: «La corruzione è la nostra unica e ultima speranza».

La Repubblica 09.11.13

“Io, docente pensionato. Al mio posto? Non un giovane”, di Giulio Ferroni

Quest’anno (per la precisione pochi giorni fa, il 1 novembre) sono andato in pensione, dopo aver superato i settant’anni di età: e con me nella mia Facoltà sono andati in pensione altri tredici colleghi e docenti del mio stesso ruolo e altri numerosi di ruoli diversi: sarebbe però possibile, per i professori ordinari (ma solo con determinati requisiti), rimanere in servizio ancora per altri ventiquattro mesi. Mi sembra comunque che questi casi di permanenza siano poco numerosi (almeno nel mio Ateneo, che è la Sapienza di Roma). So poi anche che non mancano colleghi che, come suggerisce il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, continuano ad insegnare gratis dopo il pensionamento: e certo è un titolo di merito, come lo sarebbe l’offerta della propria biblioteca alla propria università (anche se spesso le università non sono attrezzate per sistemate quei libri). È anche vero peraltro che si può sentire il pensionamento come una sorta di liberazione: dalla burocratizzazione che sta uccidendo la vitalità delle nostre università, dagli artificiosi meccanismi che sono stati messi in opera negli ultimi anni e che prevaricano in modo sempre più invadente sulla didattica e sulla ricerca (basta pensare al processo di valutazione, all’assoluta inaffidabilità del metodo e dei dati che ne sono scaturiti). Nella situazione attuale, d’altra parte, la partenza dei «vecchi» raramente viene ad avere come corrispettivo la trionfale avanzata dei «giovani»: dati i vincoli finanziari, all’università la «rottamazione» ha come esito la desertificazione, il progressivo svuotamento. Me ne sarei andato via anche prima dei settant’anni se avessi saputo che al mio posto poteva essere chiamato qualche valido giovane studioso. Vecchi o giovani, l’università rischia il collasso: e questa è un’altra delle ragioni della depressione di questo paese; e a proposito di vecchi e giovani, quest’anno non può non venire in mente il quadro desolato disegnato da Pirandello nel romanzo intitolato proprio «I vecchi e i giovani» (pubblicato proprio 100 anni fa, nel 1913). A me sembra che sarebbe il caso di scrollarsi di dosso la contrapposizione giovani/ vecchi: favorita e promossa dai media, essa fa audience, ma rende ancora più vecchi e decrepiti e non produce nessun posto di lavoro per i giovani. Quello che posso dire al ministro e che mi sento di suggerire è di pensare di più ai contenuti, a quello che i giovani e i vecchi possono ancora fare per uscire dalla cappa che ci opprime. Ma lo dice qui uno che è ormai vecchio e pensionato, che comunque sa di non essere stato mai un vero «barone».

L’Unità 09.11.13

******

Università, «i professori in pensione a 70 anni», di Luciana Cimino

Contro la gerontocrazia universitaria. La ministra all’Istruzione pubblica, Maria Chiara Carrozza, ne aveva già parlato giovedì, a ridosso del voto al Senato del dl scuola. «Lavorerò fino all’ultimo minuto contro ogni blocco del turnover alla Ricerca». Ieri è tornata ancora sull’argomento con un attacco frontale alle “baronie universitarie”. «A 70 anni i professori, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione, e offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, o offrire le proprie biblioteche all’università». Nel corso dell’intervista a Radio24 Carrozza non usa sfumature, «chi vuole rimanere in ruolo oltre i 70 anni offende la propria università e offende i giovani, non si può tenere il posto e pretendere di rimanere, solo perché è un diritto. In un momento di sacrifici per tutti, a maggior ragione li devono fare le persone che hanno 70 anni, e che hanno avuto tanto da questo mondo». E quanto al mancato avvicendamento nelle docenze, la ministra ribadisce: «abbiamo pensato di risparmiare bloccando il turnover per anni, il che significa la morte nell’università e nella ricerca. Significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l’università: il ricambio generazionale». Solo qualche giorno fa alla Statale di Milano sono state bloccate le richieste dei professori decisi a lavorare dopo i 70 anni. Si chiama «prolungamento» e i criteri vengono stabili in autonomia dai singoli atenei. Alla Statale di Milano nel 2013 sono 31 i docenti nati nel 1943 e nel 1944 che potrebbero andare in pensione, ma quasi la metà ha chiesto di restare fino a 72 anni. Tra questi molti nomi di rilievo dell’ambiente medico o accademico. «Anche a Torino abbiamo bloccato i prolungamenti», spiega Alessandro Ferretti, ricercatore e membro di Università Bene Comune. «Il fenomeno di chi avrebbe l’età pensionabile ma non vuole lasciare è diffusissimo, sta ai singoli atenei intraprendere azioni al riguardo». Alla Sapienza di Roma, per esempio, illustri professori hanno ingaggiato una tenzone con il rettore Luigi Frati, deciso a pensionare. Alcuni si sono rivolti al Tar. Tra questi anche un decano dell’ateneo, in cattedra dal 69. Una vicenda simile anche Perugia dove il Tar è stato chiamato ad esprimersi sul pensionamento di un docente. Secondo i dati di Coldiretti i professori universitari italiani hanno una media di 63 anni ma oltre un quarto ha più di 60 anni contro il 10% in Francia e Spagna e l’8% in Gran Bretagna. «Siamo tutti d’accordo che serva un ricambio generazionale ma prima il Miur deve rimettere il turnover al 100% dicono i ricercatori di Università Bene Comune – altrimenti mandare in pensione i settantenni senza ricambio vuol dire che gli atenei saranno costretti a chiudere alcune facoltà o a mettere il numero chiuso. Prima occorre un piano di reclutamento». Anche l’Andu (Associazione nazionale docenti universitari), si dice d’accordo con le parole della Ministra ma aggiunge «il blocco del ricambio generazionale ha lo scopo di ridurre l’offerta formativa e la ricerca. Ma chi volesse realmente aumentare il numero e la qualità dei docenti dovrebbe stabilizzare i migliaia di docenti e ricercatori precari». Mentre per gli studenti del coordinamento Link il problema del baronato non è costituito tanto dall’ età ma dalla gestione del potere e dal reclutamento. «Il sistema nepotistico/ feudale è causato dal super potere che hanno alcuni docenti – nota il portavoce nazionale Alberto Campailla questa cosa incide anche sul piano qualità e della libertà della ricerca. La gerontocrazia domina l’università attraverso gruppi di potere di modo che il reclutamento avvenga solo tramite cooptazione». «Molto positivo che il turnover torni a livelli fisiologici» anche per il presidentedella Crui (Conferenza dei Rettori), Stefano Paleari, «non possiamo continuare a lasciare i giovani al di fuori della prospettiva. Senza questo c’è solo un’altra via: fuggire». E la questione dei cervelli in fuga sembra essere un’altra priorità per la ministra che ha illustrato un progetto in te punti per far rientrare i ricercatori: «Turnover al 50% il prossimo anno; utilizzo delle poche risorse per la ricerca tutte su un programma per giovani ricercatori; premi agli atenei che hanno giovani ricercatori come responsabili dei progetti ricerca». «Nell’immediato futuro voglio far sì che per un’università costi meno chiamare una persona da fuori, favorendo così le carriere diagonali, rispetto a quelle interne».

L’Unità 09.11.13

“La riforma che serve alla Rai”, di Benedetta Tobagi

Caro direttore, infine, il conflitto d’interessi che grava sul sistema radiotelevisivo è tornato sui giornali. V’è tornato brevemente, sull’onda della trattativa saltata tra Maurizio Crozza e la Rai e delle virulente polemiche suscitate dagli attacchi innescati dall’onorevole Brunetta sui compensi delle star televisive del servizio pubblico. Ma ora tutto tace, di nuovo. Quanto sarebbe importante, invece, che il tema restasse all’ordine del giorno, emancipandosi dalla tirannia di un’agenda dettata da attacchi, dichiarazioni o boutade sulla privatizzazione della Rai o di qualche sua parte (svincolate da qualunque riflessione articolata), da rincorrere come criceti su una ruota impazzita. Sono molti i temi che meriterebbero di uscire dall’ombra per essere inseriti in un contesto di più ampio respiro, perché la televisione è ancora il mezzo che più influenza l’opinione politica degli italiani, quindi lo stato del sistema radiotelevisivo resta un problema cruciale di democrazia.
Non si discute, per esempio, del 57° posto dell’Italia nella classifica 2013 di
Reporters sans frontières, tra i Paesi con “problemi sensibili” in materia di libertà d’informazione. L’Italia è ancora “semilibera” anche secondo la rilevazione di Freedom house.
Le agenzie internazionali e il Consiglio d’Europa hanno ripetutamente segnalato le perduranti criticità del sistema radiotelevisivo italiano, legate a una normativa antitrust insufficiente e alle fonti di nomina degli organismi di governo della Rai e dei membri delle autorità garanti e di vigilanza, che assoggettano il servizio pubblico al controllo della politica. Giova ricordare anche la risoluzione del Parlamento europeo sullo stato dei diritti fondamentali nell’Unione Europea del 14 gennaio 2003, che esprimeva preoccupazione per la situazione in Italia, dove gran parte dei media e del mercato delle pubblicità è controllato, seppur in forme diverse, dallo stesso soggetto, che è anche leader politico. Il tempo passa, ma la situazione resta critica.
Non hanno ottenuto risonanza né pubblica riflessione i risultati dell’ultimo monitoraggio sul pluralismo televisivo pubblicati dall’Osservatorio di Pavia e dall’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom), che sul pluralismo è chiamata a vigilare a tutto tondo, relativi al settembre 2013. Dai dati, come ha rilevato, isolato, Roberto Zaccaria su articolo21.org è emerso un pesantissimo squilibrio informativo dei telegiornali delle reti Mediaset: 49% dello spazio al Pdl, contro il 21% del Pd, e il 5% del governo. Nello stesso periodo, per inciso, i dati sul pluralismo nei notiziari Rai mostrano equilibrio tra i due partiti maggiori, sia a livello aggregato, sia nei dati per rete (ancora sotto-rappresentato, invece, alla luce della delibera 472/13/CONS dell’Agcom, che invoca «un rigoroso ed effettivo equilibrio tra […] forze politiche omologhe», il M5S). L’Agcom, però, non ha battuto colpo. Non sanzioni, né richiami a Mediaset. Tacciono il presidente Cardani e i commissari Antonio Martusciello, ex dirigente Publitalia, in quota Pdl, e Francesco Posteraro, sponsorizzato dall’Udc, della Commissione per i servizi e i prodotti. L’Agcom — pur riconoscendo alla Rai il sostanziale rispetto del pluralismo — è stata assai sollecita, invece, nel richiamare Lucia Annunziata e Fabio Fazio, accogliendo un esposto di Brunetta la cui fondatezza è stata da più parti messa in discussione.
Dobbiamo dedurne che per l’autorità, garante di tutto il sistema, non solo della Rai, il pluralismo è un principio valido a corrente alternata?
Restando all’Agcom, tra breve (il termine di presentazione delle candidature è domani) la Camera sarà chiamata a nominare un nuovo commissario in sostituzione di Maurizio Décina, a suo tempo scelto dal Pd, dimessosi a inizio settembre, per gravi motivi personali. Sarebbe fondamentale, più che mai in un momento di così grande difficoltà e instabilità politica, che la scelta cadesse su una personalità di indubbio spessore e forti competenze, con una posizione netta e limpida (e aliena da qualsivoglia ombra di compromissione) rispetto al grumo di potere opaco che si è cementato attorno al nodo del conflitto d’interessi.
Tanti temi hanno bisogno di dibattito ampio e trasparente: la necessità di una seria normativa antitrust, la concessione e ripartizione delle frequenze, la
governanceRai — o dobbiamo ritenere che la legge Gasparri sia intoccabile come le tavole mosaiche? Su governancee antitrust, i disegni di legge accumulatisi negli anni restano a prender polvere negli archivi del Parlamento. Mi pare che sia venuta a mancare una consapevolezza diffusa della posta in gioco e della complessità dei problemi.
Qualcuno prova a parlarne — penso a Tana de Zulueta con l’Iniziativa cittadina europea per il pluralismo nei media (www.mediainitiative.eu), al movimento MoveOn con l’appello “La Rai ai cittadini”, ai convegni organizzati da Articolo21, fondazione Di Vittorio ed Eurovisioni in vista del rinnovo della concessione del servizio pubblico, in scadenza nel 2016 — ma con eco scarsissima nel sistema mediale. Dove si svolgono, oggi, i dibattiti sulle distorsioni del sistema radiotelevisivo italiano? Su un pluralismo che non trascuri la qualità dell’informazione? E sulla natura, la funzione, il destino del servizio pubblico? Quali sono, davvero, le posizioni in campo? Le prospettive future? E l’Agcom, sono tutti convinti che funzioni, così com’è? È ora di dare aria alle stanze, e contrastare la sciagurata tendenza per cui le decisioni reali maturano tra camarille riservate, mentre sulla scena pubblica lo spazio se lo prende chi la spara più grossa, chi solletica il malumore dei cittadini avvelenati dalla crisi. Poiché sta prendendo momento la competizione tra i quattro candidati alle primarie del Partito Democratico, lancio loro un appello, come cittadina, prima che come consigliere d’amministrazione Rai: prendete posizione in maniera articolata — non solo slogan, per carità! — rispetto a questi temi. Dichiarate le vostre proposte, la vostra visione, sul futuro di quel grande patrimonio che è il servizio pubblico, e non solo. Diventate il volano di una discussione aperta. Pubblica. Articolata. Davvero democratica.

L’autrice è consigliere di amministrazione della Rai

La Repubblica 09.11.13

“Il lungo pressing della famiglia”, di Francesco Bei

La richiesta di grazia c’è, nonostante la smentita dell’avvocato. È stata sottoscritta da tutti i figli di Berlusconi, in segreto, ma la firma risale ad agosto e non è mai stata presentata in maniera formale al Quirinale. Tecnicamente dunque non esiste. Eppure è vera: è rimasta una chimera, uno dei tanti finali possibili del film berlusconiano. Del resto, al di là delle contrapposte propagande e della guerra per bande in cui si sta dilaniando il Pdl, lo stesso Cavaliere resta ancora indeciso sul da farsi. Nell’inverno del suo travaglio, ieri sera è tornato a rifugiarsi ad Arcore, portando con sé più dubbi che certezze. Interrogativi confidati solo agli intimi, che riflettono l’angoscia vissuta in queste lunghe settimane ora che tutto sembra precipitare verso la conclusione della sua esperienza politica. A Gianni Letta, a Ennio Doris, ai figli, a Confalonieri ripete ad alta voce quello che rimugina ogni notte: «Dopo il voto sulla decadenza sarò arrestato? Come farò a difendermi? Mi conviene sostenere il governo o passare all’opposizione?». Domande a cui i falchi e le colombe hanno dato in questi giorni risposte totalmente opposte, alimentando in questo modo l’irresolutezza dell’interessato. Pure il giallo di ieri sera sull’annuncio di Marcello Dell’Utri riguardo alla grazia in fondo conferma che, intorno al corpo di Berlusconi, si sta combattendo una guerra senza esclusione di colpi. Anzi, è una delle mosse compiute dalla “lobby familiare”. Possibile che un uomo accorto come Dell’Utri sia scivolato su una notizia totalmente inventata? O si è trattato piuttosto di un ennesimo scossone dato dalla cerchia stretta del Cavaliere contro il partito dello sfascio, il partito della crisi, ben rappresentato proprio da Ghedini, sempre più consigliere politico che avvocato?
Berlusconi, con la Famiglia e l’Azienda — le due entità che davvero contano nelle scelte strategiche, ben oltre lo scomposto vociare dei comprimari del Pdl — è apparso di nuovo indeciso. E proprio nel momento in cui sembrava aver stabilito la rottura del patto di larghe intese, è tornato a ragionare. «Se restassi in maggioranza — ha riflettuto con un amico — potrei chiedere un aiuto al governo e al presidente della Repubblica». L’esempio di Giulia Ligresti e della Cancellieri sta lì a dimostrare che l’indulgenza a volte è massima. A spingerlo verso una soluzione di “appeasement” sono i figli, Marina anzitutto. Il coro famigliare, mentre il padre già immaginava di «fare campagna elettorale da fuori il parlamento, come Grillo», gli ha ricordato un fatto basilare: «Se passi all’opposizione diventi vulnerabile. Non solo i magistrati, a quel punto li avrai tutti contro: il governo, Letta, Alfano, Renzi, il Quirinale. Non ci sarà scampo». Il nuovo governo di emergenza nazionale, creato con il sostegno di una trentina di senatori alfaniani, andrà avanti come un bulldozer, approvando anche una legge elettorale a doppio turno per emarginare definitivamente Forza Italia. Uno scenario da incubo per Berlusconi e per le aziende.
Per questo, nei rovelli di queste ore, è tornata un’idea capace di lasciare tutti di stucco. Un colpo a sorpresa: Berlusconi non avrebbe nemmeno escluso di rimandare il Consiglio nazionale già convocato. Per evitare di imboccare una strada senza vie d’uscita.

La Repubblica 09.11.13

“Ora tocca alle banche dare una mano a imprese e famiglie”, di Angelo De Mattia

Molti non avevano previsto la decisione adottata ieri con la quale il Consiglio direttivo della BCE, con una forte maggioranza, ha stabilito di portare i tassi ufficiali di riferimento allo 0,25%. A maggioranza, non perché vi sia stato dissenso sul “ se” ridurre il costo del denaro, ma sul ”quando” ridurlo, sulla più opportuna tempistica da scegliere, ed è opportunamente prevalsa l’opzione dell’immediatezza. Le motivazioni alla base di delibere del genere, in applicazione dei criteri seguiti dal banchiere centrale, ricorrono pienamente: inflazione molto discosta dal 2%, euro forte, crescita moderata, sussistenza di differenziazioni nei mercati della zona-euro in tema di tassi e di finanziamento del debito sovrano. Il costo ufficiale del denaro ha così raggiunto il minimo storico. Per quanto si tratti di una eccellente delibera, che qualcuno ha definito storica, non è pensabile che essa sia la panacea. Incoraggia la crescita, ha detto Letta. Ma vale, oltreché per le quantità, per l’effetto – annuncio che la decisione provoca integrato dalla dichiarazione di Mario Draghi secondo la quale la Bce è pronta ad usare tutti gli strumenti in suo possesso per conseguire le finalità proprie dell’istituzione. La manovra non è stata accompagnata, per il momento, dalla penalizzazione dei depositi costituiti presso la Bce che sarebbe opportuna per evitare che le banche collochino presso di essa i fondi dalla stessa ottenuti con il rifinanziamento, costituendo così un freno alla deflusso della liquidità, ma è integrata dall’assicurazione che i prestiti della Banca centrale agli istituti – le operazioni Ltro a tre mesi – continueranno fino al secondo trimestre del 2015. Come sempre, si pone ora il problema di far sì che l’abbassamento dei tassi si riverberi a favore del finanziamento di imprese e famiglie, soprattutto in Italia. Riflesso non automatico, ma neppure facile, spesso accadendo che in specie le nostre banche sono pronte nell’innalzare il costo del denaro quando i tassi aumentano e lente nel ridurlo, anche per problemi di redditività, quando i tassi calano. E tuttavia le nostre banche commerciali, che già sono oggetto di critiche, per la verità non sempre fondate, per il modo in cui hanno impiegato finora l’abbondante liquidità ottenuta da Francoforte, dovrebbero avvertire il bisogno, anche per problemi di immagine, di dare un segnale nella concessione dei crediti e, per quel che riguarda le famiglie, nella erogazione dei mutui. Si sa che i problemi del credito dipendono sia dall’offerta, sia dalla domanda; sono conseguenza di ritardi e negligenze di cui ha parlato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco; chiamano in ballo i costi operativi, la governance, il patrimonio delle aziende di credito. Insomma, vi sono alla base anche cause strutturali, non certo rimuovibili con la manovra dei tassi. Tuttavia, segnali di cambiamento sono necessari anche nel costo del denaro. Diversamente, occorrerà pensare a meccanismi di premi e punizioni per la condotta delle politiche creditizie aziendali. Draghi ha tenuto a ricordare la necessità dell’irrobustimento patrimoniale delle banche. Allora il significato della decisione di ieri consiste anche in questo: la Bce sta svolgendo appieno il proprio compito; gli altri soggetti istituzionali, interni e comunitari, debbono agire avendo presenti le urgenze della crescita e dell’occupazione, nella zona-euro e nei singoli Paesi. Il Presidente della Bce ha negato che vi sia il rischio di deflazione, che sarebbe una malattia peggiore della recessione, ed ha affermato che si tratta di una fase di prolungata bassa inflazione che però non fa correre il rischio di una ”sindrome giapponese”. È da sperare che così sia e che la “trappola della liquidità” sia lontana; del resto, lo stesso Draghi ha ricordato che non si è ancora raggiunta la soglia minima dei tassi. Ma ciò che si attende ancora dalla Bce è la messa in opera di meccanismi che facciano defluire i rifinanziamenti ai prenditori di credito. È un aspetto cruciale che ben rientra nello strumentario al quale l’ex governatore della Banca d’Italia ha fatto riferimento. Naturalmente, l’azione efficiente delle politiche economiche e un mutamento della illusoria linea europea dell’austerità rappresenterebbero un fattore fondamentale che si combinerebbe virtuosamente con una misura della specie che venisse adottata dalla Bce. Così come sarebbe necessaria una linea di stretto coordinamento con le altre principali banche centrali, avendo potuto osservare da vicino gli impatti dell’indebolimento del dollaro sulla moneta unica. Insomma, dalla decisione della Banca centrale deriva anche una sferzata perché si cambi passo e si innovi ad altri livelli, internazionali, europei e interni.

L’Unità 08.11.13

“Meglio per voi se vi tenete l’Imu e detassate di più lavoro e imprese”, di Roberto Petrini

«Il problema dell’evasione fiscale in Italia è significativo: l’Iva gap è al primo posto in Europa». Il concordato con la Svizzera? «Ciascun paese può fare quello che ritiene, ma tenga conto che la Commissione ha già avuto un mandato dagli Stati membri per trattare con Berna». L’Imu? «Meglio abbassare le tasse su lavoro e società». Algirdas Semeta, commissario europeo alla fiscalità, a Roma per incontrare il ministro dell’Economia Saccomanni, esprime cautela, in attesa di conoscere maggiori dettagli, sull’ipotesi di accordo con la Svizzera per il rimpatrio dei capitali in Italia, e relativa sanatoria, cui sta lavorando il governo nell’ambito della legge di Stabilità.
Commissario Semeta, il premier Letta e il ministro dell’Economia Saccomanni hanno annunciato una misura volta al rientro dei capitali. Qual è l’opinione della Commissione sulla trattativa tra Italia e Svizzera ?
«La lotta alla frode a all’evasione è molto importante per la Commissione europea tant’è che è stato varato un Piano d’azione anti-evasione da parte di capi di Stato e di governo. Ciò non significa che gli stati membri non possano prendere le iniziative che ritengono più appropriate. Non conosciamo i dettagli dell’operazione e non possiamo dare un giudizio. In generale tuttavia posso enunciare le regole che valgono in questo campo: il rispetto del principio di non discriminazione e il rispetto della destinazione della parte relativa all’Iva contenuta nei capitali in rientro e destinata all’Unione europea. Aggiungo che personalmente non sono a favore dei condoni fiscali perché ritengo che possano generare un azzardo morale, ovvero aumentare la tentazione di evadere».
Ma le trattative con la Svizzera per il rientro dei capitali hanno il via libera di Bruxelles?
«Non esiste un divieto di trattativa per gli Stati interessati, che devono tuttavia tenere conto che esiste un negoziato a livello europeo e i limiti di cui dicevo. Gli Stati hanno dato alla Commissione un mandato per trattare con la Svizzera: nel momento fosse raggiunto un accordo, ne beneficerebbe
anche l’Italia».
Si discute in Italia sulla cancellazione della seconda rata dell’Imu. Lei che ne pensa?
«Le tasse sulla proprietà non sono strutturate a livello europeo, ogni stato membro può decidere liberamente. Tuttavia tenendo presente la situazione del-l’Italia, ogni misura che adotta in campo fiscale deve essere presa ed analizzata nell’ambito della strategia di raggiungimento dell’obiettivo di bilancio. Dal punto di vista della Commissione, ma anche per il mondo degli economisti e degli studiosi, le tasse sulla proprietà non sono un danno per la crescita, mentre lo sono quelle sul lavoro e sulle società».
A che punto è la lotta all’evasione fiscale in Europa?
«Bisogna ricordare che in maggio i capi di Stato hanno chiesto espressamente ai ministri delle Finanze di raggiungere un accordo sulla direttiva sulla tassazione dei risparmi entro l’anno e la Commissione sta spingendo. Nel 2013 abbiamo raggiunto obiettivi che non si raggiungevano da dieci anni».
C’è sempre l’ostacolo del segreto bancario: come procede il negoziato per lo scambio automatico di informazioni tra paesi?
«Lo scambio automatico di informazioni in Europa c’è dal 2005, l’Unione europea è stato il primo blocco di paesi a metterlo in pratica. Ora ci si propone di estenderlo ad altri tipi di reddito. Questo farebbe ancora una volta dell’Europa l’area che applica il maggior scambio automatico di informazioni. Parallelamente c’è un lavoro nell’ambito Ocse che si propone di incorporare positivamente le esperienze ottenute con il sistema americano Fatca (il Foreign account tax compliance act) e il sistema europeo per avere uno standard unico di scambio di informazioni applicabile a livello globale. Un lavoro che va avanti molto velocemente: dal 2014 l’Ocse pubblicherà i dettagli concreti dello standard e i paesi del G20 si sono già impegnati ad applicarlo dal 1° gennaio del 2016».
E l’evasione fiscale in Italia?
«Nelle nostre raccomandazioni specifiche sull’Italia di giugno abbiamo chiesto al paese di fare di più. Devo dire che l’Italia ha già cominciato a lavorare. Ma la questione resta significativa: ad esempio, il tax gap sull’Iva è di 36 miliardi di euro, secondo una nostra recente ricerca è il più alto in termini assoluti anche se in termini percentuali del Pil il dato è più contenuto».

La Repubblica 08.11.13

Approvato il dl scuola. Carrozza: “Già pronti i decreti attuativi”, di Salvo Intravaia

Nuove risorse alla scuola, agli insegnanti, al loro aggiornamento, e misure significative come l’entrata gratuita nei musei e nei siti archeologici per i docenti, la connessione a internet di aule e istituti parificati, e premi per gli studenti dell’arte e della musica. Sono i contenuti del decreto legge sulla scuola approvato oggi. Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha dichiarato, a Rai News 24, che i decreti attuativi del dl Istruzione, che ha ottenuto oggi il via libera definitivo dall’aula del Senato, sono pronti. “C’è poi – ha spiegato – attenzione al welfare studentesco: si parla per la prima volta, per esempio, degli studenti che si devono spostare per frequentare un istituto. Sul diritto allo studio abbiamo inserito 100 milioni di risorse permanenti, e molta attenzione è stata data anche all’edilizia scolastica e all’università”.

Il ministro ha aggiunto di essere ben consapevole che non ci si deve fermare alla norma primaria ma attuarla. “Vogliamo anche valorizzare l’autonomia scolastica: non vedo questo colosso centralizzato di Roma che comanda, ma bisogna dare fiato alla progettualità che la scuola sa esprimere”.

“Al Senato – ha precisato il ministro – ho preso un impegno per il futuro che spero proprio di riuscire a mantenere: mettere un punto definitivo al modello di finanziamento degli atenei e al tema del turnover. Lavorerò fino all’ultimo minuto contro ogni blocco del turnover alla Ricerca e per stabilire cosa è una università virtuosa”. “Finora – ha spiegato – l’approccio alla virtuosità è stato basato sui bilanci. Ma non basta: sono la didattica e la ricerca i compiti fondamentali degli atenei e serve una presenza territoriale delle università. Vorrei che la politica, quella buona, se ne occupasse di più, non portando allo sfinimento enormi comparti della ricerca”.

“Abbiamo bisogno di più laureati non di meno laureati – ha concluso – chiediamo di lavorare meglio, il finanziamento deve essere finalizzato a questo, ovvero laurearsi negli anni previsti e con ottime competenze. E’ ora che venga messo a punto un Testo unico su questo tema per discutere del futuro dell’Università”.

Pd: “Ottimo lavoro”. “Finalmente, dopo anni di tagli all’istruzione, un decreto che restituisce risorse e ripara i danni fatti dai governi procedenti”, ha detto la capogruppo Pd in commissione istruzione a palazzo Madama, la senatrice del Pd Francesca Puglisi. “Il decreto – ha sottolineato – contiene scelte precise per combattere la dispersione scolastica, per dare alla scuola e agli insegnanti la stabilità che serve per garantire la continuità didattica agli studenti, e mette mano alla grande emergenza nazionale dell’edilizia scolastica. Dopo aver attivato un miliardo di euro con i precedenti decreti, prosegue attivando mutui per gli enti locali che vogliono mettere in sicurezza gli istituti scolastici”. “Finalmente – ha concluso – l’istruzione è in buone mani”.

Sc: “Bene ma manca una visione strategica”. “Il nostro parere sul decreto istruzione è positivo – ha detto la senatrice di Scelta Civica e Stefania Giannini, relatrice sulla conversione in legge del dl istruzione – perché finalmente si mette la scuola al centro delle priorità del governo, sia pur con un decreto che manca di visione strategica. Devo, tuttavia, esprimere il corale sentimento di disagio che il senato ha provato nell’approvare questo decreto in tempi strettissimi. In contrasto evidente con il nostro dovere e la nostra volontà di approfondire e migliorare il lavoro fatto alla camera”.

“Le misure affrontate toccano temi innovativi che riguardano il welfare studentesco, cioè l’aiuto e sostegno nei confronti delle famiglie e degli studenti, il piano delle borse di studio, oppure l’articolo 10 sull’edilizia scolastica, da tempo ignorato. Mi auguro – ha concluso – che questo decreto rappresenti un primo passo per finanziare l’istruzione con investimenti veri e propri e non con accise su birra ed alcolici. L’istruzione dei nostri figli vale più di una birra”.

repubblica.it

******

“Decreto legge scuola, via libera dal Senato – Ecco cosa cambia”, da Agenzia DIre
Il Senato ha approvato il decreto legge in materia di istruzione, con 150 si’, 15 no e 61 astenuti, diventa legge. Ecco i punti:

– Per gli studenti e le famiglie

WELFARE DELLO STUDENTE:
100 milioni per aumentare il Fondo per le borse di studio degli studenti universitari a partire dal 2014 e per gli anni successivi. Lo stanziamento è consolidato e non temporaneo.

– 15 milioni vengono stanziati per il 2014 per garantire agli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione. I fondi saranno assegnati secondo criteri stabiliti in autonomia dalle Regioni e serviranno per coprire spese di trasporto, con particolare riferimento ai disabili. Potranno accedere alle erogazioni gli studenti delle scuole secondarie di I e II grado.

– 15 milioni spendibili subito per la connettività wireless nelle scuole secondarie, con priorità per quelle di secondo grado. Gli studenti potranno accedere a materiali didattici e contenuti digitali in modo rapido e senza costi. Il Miur, a partire dal 2014, invierà agli studenti iscritti agli ultimi due anni delle secondarie di secondo grado, per via telematica e entro il mese di marzo di ciascun anno, un opuscolo con l’elenco delle borse di studio e dei criteri per ottenerle.

– 3 milioni per il 2014 per premi destinati agli studenti iscritti alle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica. I premi saranno erogati in base alla condizione economica e al merito artistico degli studenti. E’ prevista una graduatoria nazionale di assegnazione che sarà resa nota sul sito Miur.

LIBRI DI TESTO:
Per quest’anno scolastico gli studenti di tutte le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione potranno utilizzare liberamente libri di testo nelle edizioni precedenti, purché conformi alle Indicazioni Nazionali. Possono essere indicati anche strumenti alternativi ai testi scolastici in coerenza con il Piano dell’offerta formativa, con l’ordinamento scolastico e con i tetti di spesa.
– 8 milioni complessivi (2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) vengono stanziati per finanziare l’acquisto da parte delle scuole (o reti di scuole) di libri di testo e ebook da dare in comodato d’uso agli alunni in situazioni economiche disagiate. Questa modalità è prevista anche per i supporti per la lettura di materiali didattici digitali da concedere agli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, nell’ambito degli interventi di promozione dello sviluppo della cultura digitale.

– I testi cosiddetti ‘consigliati’ potranno essere richiesti agli studenti solo se avranno carattere di approfondimento o monografico.

– L’adozione dei testi scolastici diventa facoltativa: i docenti potranno decidere di sostituirli con altri materiali.

– A partire dall’anno scolastico 2014/2015, nell’arco di un triennio, le scuole potranno elaborare materiale didattico digitale da utilizzare come libri di testo. Il dl indica la procedura di produzione e si prevede che l’opera didattica multimediale sia registrata con licenza che consenta condivisione e distribuzione gratuite e venga inviata al Miur, che provvederà a renderla disponibile a tutte le scuole statali.

LOTTA ALLA DISPERSIONE:
– 15 milioni (3,6 per il 2013, 11,4 per il 2014) per la lotta alla dispersione scolastica in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Sarà avviato un Programma di didattica integrativa che contempla il rafforzamento delle competenze di base e metodi didattici individuali e il prolungamento dell’orario per gruppi di alunni nelle realtà in cui è maggiormente presente il fenomeno dell’abbandono e dell’evasione dell’obbligo, con attenzione particolare alla scuola primaria e all’integrazione degli alunni stranieri. Le risorse stanziate per il funzionamento del Programma potranno essere utilizzate anche per il compenso delle prestazioni aggiuntive del personale docente coinvolto.

ORIENTAMENTO DEGLI STUDENTI:
– 6,6 milioni (1,6 per il 2013 e 5 per il 2014) per potenziare da subito l’orientamento degli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado. Sarà coinvolto nel processo l’intero corpo docente. Le attività eccedenti l’orario obbligatorio saranno opportunamente remunerate con il Fondo delle istituzioni scolastiche. Anche le Camere di commercio, le Agenzie per il lavoro e le Associazioni iscritte al Forum delle associazioni studentesche potranno essere coinvolte. L’orientamento dovrà essere effettuato nell’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado e a partire già dal quarto anno della scuola secondaria di secondo grado anche nell’ottica del Programma europeo ‘Garanzia per i giovani’. Sono previsti interventi specifici per l’orientamento degli studenti con disabilità. Le scuole dovranno inserire le loro proposte in merito sia nel Piano dell’offerta formativa che sul proprio sito. Saranno previste anche misure per far conoscere agli studenti il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda. Verrà avviato un programma sperimentale per gli anni 2014/2016 per permettere agli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado periodi di formazione presso le aziende.

Potenziamento dell’offerta formativa:
– 13,2 milioni (3,3 per il 2014 e 9,9 per il 2015) per potenziare l’insegnamento della geografia generale ed economica. Un’ora in più negli istituti tecnici e professionali al biennio iniziale.

– 3 milioni per il 2014 per finanziare progetti didattici nei musei, nei siti di interesse storico, culturale e archeologico o nelle istituzioni culturali e scientifiche. I bandi sono rivolti alle scuole, ma anche alle Università e alle Accademie delle Belle Arti e alle Fondazioni culturali. Si potranno ottenere anche cofinanziamenti da parte di fondazioni bancarie o enti pubblici/privati o da altri enti che ricevono finanziamenti dal Miur. L’amministrazione scolastica può promuovere, in collaborazione con le Regioni, progetti che prevedano attività di carattere straordinario anche contro la dispersione scolastica da realizzare con il personale delle graduatorie provinciali.

Rafforzata l’alternanza scuola-lavoro: sarà adottato un regolamento sui diritti e i doveri degli studenti dell’ultimo biennio della scuola di secondo grado impegnati nei percorsi di formazione. Detrazioni fiscali al 19% anche per le donazioni a favore di Università e Istituzioni di Alta formazione artistica. Le donazioni dovranno riguardare innovazione tecnologica, ampliamento dell’offerta formativa, edilizia. Parte del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa sarà vincolata alla creazione o al rinnovamento di laboratori scientifico-tecnologici che utilizzano materiali innovativi. Prevista l’acquisizione dei primi elementi della lingua inglese già nella scuola dell’infanzia.

TUTELA DELLA SALUTE A SCUOLA:
Ampliato il divieto di fumo a scuola: viene esteso anche alle aree all’aperto, ad esempio i cortili, che sono di pertinenza degli istituti. Vietato anche l’uso della sigaretta elettronica nei locali chiusi delle scuole. Saranno previsti incontri degli studenti con esperti delle Asl per parlare di educazione alla salute e dei rischi derivanti dal fumo. I proventi derivanti dalla violazione del divieto di fumare saranno reinvestiti in attività formative di educazione alla salute. Sono previste linee guida del Ministero per disincentivare in tutte le scuole la somministrazione di alimenti e bevande sconsigliati.
Nelle gare d’appalto per l’affidamento e la gestione dei servizi di refezione scolastica, si dovrà prevedere un’adeguata quota di prodotti agricoli ed agroalimentari provenienti da sistemi di filiera corta e biologica.

PER IL MONDO DELLA SCUOLA:

Continuità del servizio scolastico:
Cambia la procedura di assunzione dei dirigenti scolastici: saranno selezionati attraverso un corso-concorso annuale di formazione della Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Le graduatorie dell’ultimo concorso diventano a esaurimento e dovranno essere esaurite prima di procedere a una nuova selezione. Nelle regioni in cui i precedenti concorsi per dirigenti scolastici non si sono ancora conclusi saranno assegnati incarichi temporanei di presidenza a reggenti, assistiti da docenti incaricati. Questi ultimi sono esonerati dall’insegnamento. Sarà definito un piano triennale di immissioni in ruolo del personale docente, educativo e Ata – Ausiliario tecnico e amministrativo – per gli anni scolastici 2014/2016 (69mila docenti e 16mila Ata nel triennio). Il piano terrà conto dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno e dei pensionamenti. E’ prevista l’assunzione di 57 dirigenti tecnici (i cosiddetti ispettori) per il sistema della valutazione vincitori dell’ultimo concorso.
– Docenti inidonei per motivi di salute: fino alla conclusione dell’anno scolastico 2015/2016 possono essere utilizzati per iniziative per la prevenzione della dispersione scolastica, per attività culturali e di supporto alla didattica.

DOCENTI DI SOSTEGNO:
Per garantire la continuità nell’erogazione del servizio scolastico agli alunni disabili si autorizza l’assunzione a tempo indeterminato di docenti di sostegno (oltre 26.000). Si darà così una risposta stabile a più di 52.000 alunni oggi assistiti da insegnanti che cambiavano da un anno all’altro. È prevista l’unificazione delle quattro aree scientifiche dei docenti di sostegno per il futuro reclutamento. Dal 2015/2016 il riparto dei posti di sostegno garantisce una percentuale uguale tra Regioni.

EDILIZIA SCOLASTICA:
Per far fronte alle carenze strutturali delle scuole, per la costruzione di nuovi edifici scolastici, per l’adeguamento o la costruzione di nuove palestre nelle scuole e edifici e residenze universitarie di proprietà degli enti locali, le Regioni potranno contrarre mutui trentennali, a tassi agevolati, con la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa, la Cassa depositi e prestiti o con istituti bancari. Gli oneri di ammortamento saranno a carico dello Stato. Le rate di ammortamento dei mutui attivati sono pagate agli Istituti finanziatori direttamente dallo Stato.

-Dimensionamento:
A partire dall’anno scolastico 2014/2015 il ministro dell’Istruzione, di concerto con il ministro dell’Economia, previo accordo in Conferenza Unificata, definirà i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonché per la sua distribuzione tra le Regioni, che provvederanno autonomamente al dimensionamento scolastico sulla base di questo accordo.

– Formazione dei docenti:
10 milioni per il 2014 per la formazione del personale scolastico. In particolare, la norma punta ad un rafforzamento delle competenze digitali degli insegnanti, della formazione in materia di percorsi scuola-lavoro e a potenziare la preparazione degli studenti nelle aree ad alto rischio socio-educativo. Tra le attività di formazione rientra l’incremento delle competenze relative all’educazione all’affettività e al rispetto delle diversità e pari opportunità. Altri 10 milioni nel 2014 serviranno per l’accesso gratuito del personale docente di ruolo e con contratto a termine della scuola nei musei statali e nei siti di interesse archeologico, storico e culturale.

– Formazione nelle aziende:
Gli Istituti tecnici superiori possono stipulare convenzioni con imprese per la realizzazione di progetti formativi congiunti per un periodo di formazione regolato da un contratto di apprendistato. Questa possibilità riguarda anche le Università, con riconoscimento di un massimo di 60 crediti.

– Formazione Artistica musicale e coreutica:

5 milioni sono stanziati per il 2014 in favore degli Istituti superiori di Studi Musicali pareggiati per garantire la continuità didattica e fare fronte alle loro difficoltà finanziarie. 1 milione è stanziato per le Accademie di Belle Arti finanziate dagli Enti locali.
Sempre per garantire la continuità didattica, i contratti a tempo determinato dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam) attivati lo scorso anno accademico possono essere rinnovati per il successivo. Si prevede l’inserimento del personale docente con almeno 3 anni accademici di insegnamento in apposite graduatorie nazionali utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato in subordine alle graduatorie nazionali a esaurimento.

– Misure di semplificazione:
Il cosiddetto bonus maturità è abrogato ma sono salvaguardate le posizioni di coloro che in virtù del bonus si sarebbero potuti iscrivere ai corsi a numero chiuso, consentendo loro l’iscrizione in sovrannumero per l’anno accademico 2013/2014, ovvero al primo o secondo anno dell’anno successivo con riconoscimento di crediti. A partire dall’anno accademico 2013/2014, l’importo dei contratti dei medici specializzandi è determinato a cadenza triennale e non più annuale. L’ammissione alle scuole di specializzazione avverrà sulla base di una graduatoria nazionale. La durata dei corsi verrà ridotta con un decreto ministeriale per accelerare l’ingresso degli specialisti italiani nel mondo del lavoro, in linea con le migliori pratiche diffuse a livello europeo e con le esigenze del Servizio Sanitario Nazionale, con destinazione degli eventuali risparmi all’incremento dei contratti dei medici specializzandi. La durata del permesso di soggiorno degli studenti stranieri, per la frequenza di un corso delle istituzioni scolastiche, universitarie, dell’Afam o per formazione, è allineata a quella del corso di studi o di formazione, nel rispetto della specifica disciplina sulla verifica del profitto.

– Qualità della ricerca scientifica:

Per valorizzare il merito e l’eccellenza nella ricerca, la quota premiale del Fondo di finanziamento degli enti di ricerca (almeno il 7% del Fondo totale) è erogata, in misura prevalente, in base ai risultati della valutazione della qualità della ricerca effettuata dall’Anvur. Ricercatori, tecnologi e personale di supporto alla ricerca, per un massimo di 200 unità, potranno essere assunti dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia per attività di protezione civile, di sorveglianza sismica e vulcanica, nonché di manutenzione delle reti di monitoraggio. Fino al completamento delle procedure di assunzione potranno essere prorogati i contratti. Sono previste misure per facilitare l’assunzione di ricercatori e tecnologi da parte degli enti di ricerca.