"L’amaro 8 Marzo delle madri licenziate", di Gian Antonio Stella
«Iddio c’ispira rimettere il nostro atroce duolo nelle fibbra più intima del di Lei Buon Cuore, che far potesse muovere a pietà i Padroni che mandassero un po’ di lavoro, ci accontentiamo almeno di quel poco che si aveva ultimamente, ma del tutto lasciarci prive… Con poco si può fare qualcosa, ma niente, proprio niente ci toglie la forza della vita, che non si farebbe caso se si fosse sole… Ma i figli, l’innocenti da sfamare… Questo è il guaio, questo è il tormento nostro!» Sono passati 84 anni da quando quattromila «impiraresse» inoltrarono quella straziante supplica al podestà di Venezia. È cambiato tutto, da allora. E quel mestiere che per secoli aveva dato da vivere malamente (a fine Ottocento guadagnavano un quinto della paga di un operaio) a migliaia di nonne, di madri, di figlie che passavano le giornate a infilare perle di Murano nelle collanine vendute in giro per il pianeta non esiste più. La prima pagina de «La nuova Venezia» dell’altro giorno, però, sembrava uscita da quel mondo antico di violenza, arretratezza, …
