Tutti gli articoli relativi a: pari opportunità | diritti

“Non ci saranno più vittime fantasma”, di Luciano Gallino

La sentenza di Torino riveste un´importanza fondamentale in tema di tutela della salute sui luoghi di lavoro. Essa stabilisce anzitutto una relazione stretta tra una sostanza alla quale gruppi di lavoratori sono stati esposti in azienda e una patologia che li colpisce anche molti anni dopo. Per oltre un secolo, infatti, le famiglie dei lavoratori deceduti a causa dell´amianto sono state sconfitte in tribunale, con l´eccezione di rari casi individuali. Gli avvocati della difesa, infatti, riuscivano a insinuare nei giudici il dubbio che un cancro alla pleura o al polmone potesse davvero manifestarsi a decenni di distanza dal periodo di esposizione ad esso. In realtà sulla pericolosità delle polveri di amianto, dovuta alla loro conformazione vetrosa, aveva richiamato l´attenzione un´ispettrice di fabbrica inglese sin dal 1898. Nel corso del Novecento la sua denuncia fu seguita da quella di numerosi medici in Francia, Usa, Canada, Germania, Sud Africa, oltre che nel Regno Unito. Ma pur nei casi in cui si era arrivati a una causa, la parte civile ebbe sempre la peggio nel tentativo di dimostrare …

""Colpevoli", giustizia per i morti d’amianto", di Mario Calabresi

La prima parola è quella che conta: “Colpevoli”. Ci siamo battuti per avere giustizia e oggi l’abbiamo avuta». Bruno Pesce, il sindacalista della Cgil che per primo diede retta alle denunce dei lavoratori, sta dritto in piedi in mezzo all’Aula e ascolta col nodo in gola l’infinito elenco di persone che il giudice Giuseppe Casalbore sta leggendo. Ci metterà tre ore e un minuto il presidente della Corte a pronunciare i 2900 nomi di chi ha diritto ad essere risarcito, perché ammalato o familiare di una vittima dell’amianto prodotto dalla Eternit. Romana Blasotti Pavesi, 82 anni, donna simbolo di questa battaglia, rimane in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto, è come se li ricordasse tutti, uno ad uno, quelli che se ne sono andati. Tra loro c’erano suo marito Mario, sua sorella, un nipote, un cugino e infine la figlia Maria Rosa. Tutti portati via dal mesotelioma, il tumore dell’amianto per cui non esistono cure. Questo elenco non è solo un atto di giustizia ma somiglia anche a un omaggio alla memoria e ricorda …

“”Colpevoli”, giustizia per i morti d’amianto”, di Mario Calabresi

La prima parola è quella che conta: “Colpevoli”. Ci siamo battuti per avere giustizia e oggi l’abbiamo avuta». Bruno Pesce, il sindacalista della Cgil che per primo diede retta alle denunce dei lavoratori, sta dritto in piedi in mezzo all’Aula e ascolta col nodo in gola l’infinito elenco di persone che il giudice Giuseppe Casalbore sta leggendo. Ci metterà tre ore e un minuto il presidente della Corte a pronunciare i 2900 nomi di chi ha diritto ad essere risarcito, perché ammalato o familiare di una vittima dell’amianto prodotto dalla Eternit. Romana Blasotti Pavesi, 82 anni, donna simbolo di questa battaglia, rimane in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto, è come se li ricordasse tutti, uno ad uno, quelli che se ne sono andati. Tra loro c’erano suo marito Mario, sua sorella, un nipote, un cugino e infine la figlia Maria Rosa. Tutti portati via dal mesotelioma, il tumore dell’amianto per cui non esistono cure. Questo elenco non è solo un atto di giustizia ma somiglia anche a un omaggio alla memoria e ricorda …

"Ai manager Eternit 16 anni di reclusione per i parenti delle vittime 120 milioni", di Federica Cravero e Sarah Martinenghi

Il tribunale di Torino condanna Schmidheiny e il barone De Cartier a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione di cautele. Lunghissima la lista dei risarcimenti. A ciascuno parente delle vittime andranno 30 mila euro di risarcimento. Le lacrime dei familiari durante la lettura del verdetto. “Colpevoli dei reati a loro contestati”. Queste le prime frasi lette dal giudice del processo Eternit. La lettura della sentenza è tuttora in corso. Il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni, sono stati condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche. La condanna vale per i reati commessi negli stabilimenti piemontesi di Casale e Cavagnolo, dal 13 agosto 1999 in avanti. Quelli precedenti risultano invece prescritti, come i reati contestati negli stabilimenti di Bagnoli (in provincia di Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). Lunghissimo l’elenco dei risarcimenti: ai sindacati andranno 100 mila euro, 4 milioni al Comune di Cavagnolo, 15 milioni all’Inail (da revisionare in sede civile), 5 milioni all’Asl. …

“Ai manager Eternit 16 anni di reclusione per i parenti delle vittime 120 milioni”, di Federica Cravero e Sarah Martinenghi

Il tribunale di Torino condanna Schmidheiny e il barone De Cartier a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione di cautele. Lunghissima la lista dei risarcimenti. A ciascuno parente delle vittime andranno 30 mila euro di risarcimento. Le lacrime dei familiari durante la lettura del verdetto. “Colpevoli dei reati a loro contestati”. Queste le prime frasi lette dal giudice del processo Eternit. La lettura della sentenza è tuttora in corso. Il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni, sono stati condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche. La condanna vale per i reati commessi negli stabilimenti piemontesi di Casale e Cavagnolo, dal 13 agosto 1999 in avanti. Quelli precedenti risultano invece prescritti, come i reati contestati negli stabilimenti di Bagnoli (in provincia di Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). Lunghissimo l’elenco dei risarcimenti: ai sindacati andranno 100 mila euro, 4 milioni al Comune di Cavagnolo, 15 milioni all’Inail (da revisionare in sede civile), 5 milioni all’Asl. …

“Dramma carceri nella paralisi “tecnica” e politica”, di Vladimiro Zagrebelsky

L’ attenzione alla gravità delle condizioni di vita in carcere viene spesso richiamata da episodi clamorosi o tragici, come le morti in carcere e in particolare i suicidi di detenuti. Non meno significativi i suicidi compiuti da agenti di custodia, poiché anch’essi sono spia del clima carcerario troppo degradato e teso per essere sopportato. Ma l’occasionale attenzione dell’opinione pubblica presto svanisce, mentre il problema resta, giorno per giorno, ormai da troppi anni. Nelle carceri italiane i detenuti sono ora circa 68.000 e sono ristretti in prigioni che potrebbero riceverne solo 45.000. Il sovraffollamento è la principale ragione delle condizioni inaccettabili in cui la detenzione ha luogo, sia per coloro che sono in espiazione di una pena definitiva, sia per le persone che sono detenute per ragioni cautelari nel corso del procedimento. Condizioni inaccettabili in linea generale, anche se qua e là, per le migliori condizioni delle strutture e le iniziative dei direttori degli istituti, la situazione è migliore e non drammatica. Ma si tratta di eccezioni, cosicché è ormai evidente che il problema è sistemico …

"Dramma carceri nella paralisi “tecnica” e politica", di Vladimiro Zagrebelsky

L’ attenzione alla gravità delle condizioni di vita in carcere viene spesso richiamata da episodi clamorosi o tragici, come le morti in carcere e in particolare i suicidi di detenuti. Non meno significativi i suicidi compiuti da agenti di custodia, poiché anch’essi sono spia del clima carcerario troppo degradato e teso per essere sopportato. Ma l’occasionale attenzione dell’opinione pubblica presto svanisce, mentre il problema resta, giorno per giorno, ormai da troppi anni. Nelle carceri italiane i detenuti sono ora circa 68.000 e sono ristretti in prigioni che potrebbero riceverne solo 45.000. Il sovraffollamento è la principale ragione delle condizioni inaccettabili in cui la detenzione ha luogo, sia per coloro che sono in espiazione di una pena definitiva, sia per le persone che sono detenute per ragioni cautelari nel corso del procedimento. Condizioni inaccettabili in linea generale, anche se qua e là, per le migliori condizioni delle strutture e le iniziative dei direttori degli istituti, la situazione è migliore e non drammatica. Ma si tratta di eccezioni, cosicché è ormai evidente che il problema è sistemico …