Tutti gli articoli relativi a: pari opportunità | diritti

“Nel pantheon spazio alle donne”, di Roberta Agostini, Cecilia D’Elia, Titti Di Salvo, Valeria Fedeli, Pia Locatelli, Marinella Perroni

E’ difficile stabilire un pantheon una volta per tutte. soprattuto in un’epoca di fluidità e leggerezza del pensiero e dei riferimenti culturali, in un’ epoca in cui sono più i singoli a dettare le leggi dei riferimenti simbolici, piuttosto che le grandi organizzazioni collettive e i movimenti di massa. C’è un pantheon privato, di cui fanno parte i propri beniamini, uomini e donne illustri, campioni dello sport, e rock star. Ma anche persone incontrate nella vita. E ciascuno ha il proprio pantheon e se lo compone e cambia come vuole. Il pantheon di un’area politica, sociale e culturale invece è il frutto di una ricerca, dell’ascolto della memoria, della materialità di un percorso storico e dei suoi conflitti, ma anche dell’analisi del presente e del futuro. Del guardare i propri compagni di strada e i propri avversari. Non è un lavoro facile e implica delle responsabilità. Siamo impegnate nel centrosinistra, ognuna con la propria storia e collocazione, immaginiamo il centrosinistra come un movimento di massa, connesso da tante identità e sapori. Pensiamo che il centrosinistra …

“Troppi errori. Chi ha deciso di cambiare strategia?” di Massimo Soliani

Dilettantismo o irresponsabilità, e in ogni caso poco cambia». Gli incidenti di Roma, le cariche al corteo degli studenti sul Lungotevere e infine quelle immagini, assurde, dei lacrimogeni lanciati dalle finestre e dal tetto del ministero di Giustizia in via Arenula su una folla di ragazzini in fuga. Nelle parole di dirigenti e funzionari di polizia, a quarantotto ore dalla guerriglia, l’aggettivo che ricorre più spesso è «incredibile». Incredibile che qualcuno abbia deciso di disperdere il corteo in quel modo, incredibile la scelta di infrangere la testuggine che apriva il serpentone con quella carica a freddo, incredibile il volume di forza usato contro la testa del corteo e la caccia all’uomo scatenatasi poi per i vicoli del Ghetto e di Trastevere. Una bocciatura senza appello che agenti esperti, con anni di manifestazioni alle spalle, rivolgono alla gestione dell’ordine pubblico solo quando i taccuini sono chiusi e i registratori al sicuro dentro gli zaini. Per arrivare alla fine però, alle immagini dei lacrimogeni a via Arenula, occorre ripartire dall’inizio, dalla concatenazione di eventi che ha portato …

“I troppi buchi della legge 40”, di Luca Landò

Pezzo dopo pezzo, comma dopo comma. A otto anni di distanza la legge sulla fecondazione assistita si è trasformata in un lenzuolo bucato, un groviera normativo ben diverso dall’impianto legislativo che nel 2004 divise il Paese a metà. L’ultimo colpo è arrivato ieri. Si tratta della sentenza con cui il Tribunale di Cagliari ha riconosciuto il diritto di una coppia (lei talassemica, lui portatore sano) di ricorrere alla diagnosi preimpianto dell’embrione. Un diritto che la legge non nega ma nemmeno difende, lasciandolo così facile preda delle interpretazioni di comodo e dei governi di turno. È quello che successe con le linee guida del ministro Sirchia che durante il governo Berlusconi di fatto bloccò l’applicazione delle analisi preimpianto parlando di un loro utilizzo a solo scopo «osservazionale». Espressione contorta per dire che le analisi, anche se eseguite, non avrebbero mai potuto impedire l’inserimento dell’embrione, nemmeno di fronte alla certezza di una grave patologia. Il risultato è che oggi dei 76 centri pubblici che effettuano la «procreazione medicalmente assistita» nessuno (nessuno) offre quella diagnosi preimpianto che pure …

“Se la rete familiare non regge più”, di Elisabetta Gualmini

Questa volta non si tratta dell’annosa e arcinota questione giovanile. Dietro alle proteste e alle violente manifestazioni di piazza di ieri l’altro, in tante città italiane, c’è un’altra storia. Un cambiamento che colpisce tutta la società italiana, senza andare per il sottile, e che crea faglie sismiche tra generazioni, classi professionali, categorie con diversi tipi e livelli di istruzione. Il modello familistico è definitivamente finito. Le reti familiari di protezione sociale, rifugio di ultima istanza per intere generazioni di figli e di anziani non ancora o non più attivi, non sono più sufficienti per tappare i buchi di un welfare pubblico prosciugato, di un mercato del lavoro asfittico e di imprese in ginocchio. Basta guardare alle differenze tra la prima fase recessiva della crisi in corso (2007-2009) e la seconda. Dal 2010 in poi, non abbiamo solo perso di posti di lavoro (non solo tra i giovani); c’è stato anche un aumento imponente dell’offerta di lavoro, cioè del numero di persone disponibili a cercare un impiego. Lo spiega bene Stefania Tomasini nell’ultimo numero della rivista …

“Carcere ai giornalisti. Il Consiglio d’Europa «censura» la norma”, di Natalia Lombardo

Preoccupa non solo chi ha a cuore la libertà d’informazione in Italia e il ministro della Giustizia Severino, ma anche il Consiglio d’Europa, quanto accade al Senato sulla legge che riguarda la diffamazione a mezzo stampa, dopo che la pena del carcere è rispuntata grazie al voto segreto di un emendamento della Lega sostenuto dall’Api di Rutelli. Una legge nata male, tra pulsioni di vendetta da una fetta trasversale del Parlamento, e sulla quale il governo starebbe elaborando un decreto legge «minimale» per l’abolizione del carcere, da sostituire con sanzioni pecuniarie. Dopo il blitz di martedì nell’aula di Palazzo Madama il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, esprime «grande preoccupazione». Mantenere il carcere sarebbe un «grave passo indietro» e un «messaggio negativo ad altri paesi europei in cui la libertà dei media è seriamente minacciata». Il paradosso è che la legge è stata pensata proprio per evitare che Alessandro Sallusti andasse in carcere. Ora rischia davvero, 19 novembre scadono i trenta giorni dalla notifica. Il direttore del Giornale ieri ha scritto …

“Tra Savita e la morte”, di Massimo Gramellini

Savita è una giovane dentista indiana che abita in Irlanda con il marito Praveen, ingegnere. Aspetta un bambino da quattro mesi quando si presenta in ospedale. Ha dolori atroci alla schiena e la possibilità concreta di perdere, insieme col figlio, la vita. Al termine di una notte di scelte non facili, chiede ai medici di interrompere la gravidanza. Le rispondono che l’Irlanda è un Paese cattolico dove, finché si sente battere il cuore del feto, non è possibile interrompere niente. Savita non è irlandese e non è cattolica, ma deve stare alle regole. Soffrire. Aspettare. Il 23 ottobre il cuore del feto si ferma e i medici lo asportano, ma è troppo tardi. Il 28, a una settimana esatta dal ricovero, Savita muore di setticemia nell’ospedale universitario di Galway: in piena Irlanda, in piena Europa, in pieno ventunesimo secolo. Mi ostino a sperare che questa storia sia falsa o almeno incompleta. Che fra il comportamento dei medici cattolici e il decesso della dentista indiana non ci sia il nesso che traspare dalla denuncia dell’Irish Times, …

“In una villetta i resti di due donne scomparse otto anni fa”, di Conchita Sannino

Castel Volturno, i corpi in un’intercapedine Indagati i mariti, uno vive nella casa Era nel ripostiglio del “misantropo”, la tomba di due donne innocenti e mai cercate in otto anni. I loro cadaveri erano dietro quel bocchettone ad altezza di giardino, allo stesso livello dell’erba curata quasi ogni giorno dal vecchio. Uno solo, dei sei ridottissimi varchi che portano al sotterraneo dell’abitazione, era stato murato con il cemento, col pretesto dell’umidità, la vicinanza del litorale domizio. Perché? Quando l’occhio di un poliziotto è finito su quella strana ostruzione, ieri mattina, mentre a decine intervenivano con il georadar e l’intenzione di non uscire di lì senza una soluzione, il giallo che durava da troppo tempo a Castel Volturno imbocca finalmente la svolta. Così nel paesone costiero delle stragi di camorra e dei camping per famiglie, dei rifugi per latitanti e degli scivoli acquatici, riemergono i due poveri corpi di Elisabetta Grande e di sua figlia Maria Belmonte. Ridotti ormai a un mucchio di ossa, sono tornati alla luce dal buco nero, di ferocia orrore ignoranza, a …