“Lavoro, quella trappola chiamata contratto unico”, di Luigi Mariucci
Sul tema del cosiddetto “contratto unico” circolano molte proposte, tra loro radicalmente diverse, il cui solo tratto comune consiste in realtà nell’aggiungere un “contratto in più”. Rimarrebbero infatti in vigore molte altre forme contrattuali, dall’apprendistato al lavoro a termine, dal lavoro in affitto ad altre tipologie di contratti atipici. L’aggettivo “unico” è quindi mistificatorio: viene utilizzato a fini seduttivi. Tanto che da ultimo si usa l’espressione, certo inestetica ma più vera, di contratto“prevalente” Per ricostruire il senso della proposta occorre quindi risalire alla sua formulazione iniziale, importata in Italia ma dovuta in realtà a due economisti francesi (Cahuc e Kramarz), che ha ispirato in Francia il cosiddetto contratto di “nouvelle embauche”, dichiarato poi illegittimo dalla Corte d’appello di Parigi tra l’altro con la seguente e icastica motivazione: «È paradossale pensare che per aumentare l’occupazione si debbano liberalizzare i licenziamenti». L’idea originaria, per quanto criticabile, era tuttavia chiara: essa consisteva nello scambio tra un nuovo contratto di assunzione a termine, assistito da varie provvidenze economiche (quali una indennità in caso di cessazione del rapporto) e abrograzione …
