Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

"La dignità variabile della Lega", di Claudio Sardo

Chissà se i vari Salvini, Borghezio, Calderoli sono stati avvisati. Chissà se la loro coscienza ha avuto un sussulto. Chissà se gli elettori leghisti avvertiranno la drammatica contraddizione del Nord, che è pur sempre il meridione di un altro Nord. Il governatore Bobo Maroni ha polemizzato contro l’imminente referendum svizzero che punta a respingere i frontalieri italiani. Parole severe e giuste in difesa dei lombardi che lavorano in Svizzera (e tornano la sera nelle province di Como e Varese). «Gli Svizzeri – ha detto – non possono considerare i lavoratori lombardi come dei topi. Sono lavoratori che hanno una dignità che va rispettata. Rendono un servizio alla società ticinese e senza di loro non so cosa potrebbe accadere». «Bala i ratt» (ballano i topi): questo è il vergognoso slogan del partito di ultra-destra (Udc), promotore del referendum. Ma purtroppo non è molto diverso dagli insulti che i leghisti hanno rivolto alla ministra Kyenge. Purtroppo questi sono gli umori e le paure che anche la Lega alimenta, come l’Udc svizzera. E questi partiti xenofobi sono i …

Grasso: «Così difendo la dignità del Senato», di Claudia Fusani

Il presidente di Palazzo Madama spiega la decisione riguardante Berlusconi: «Non sono un vigliacco. Da me nessuna persecuzione». I parlamentari di Fi abbandonano l’aula urlando «vergogna» e chiedendo le dimissioni «Non sono un vigliacco, difendo la dignità del Senato perché mai nella storia della Repubblica e di questa istituzione è capitato di dover leggere nell’atto di citazione di un giudice che qui, in quest’aula, in queste stanze, in determinate sedute ci sono stati atti di mercimonio del mandato parlamentare». Il presidente del Senato prende posto nel suo scranno alle 11 e 30 di ieri mattina e avvia una requisitoria, che è anche l’arringa di se stesso, che mai avrebbe immaginato di dover pronunciare. Tra qualche fischio e molti applausi, Piero Grasso, che in oltre trent’anni di magistratura ha vissuto processi e interrogatori ben più duri, spiega con la sua faccia e massima calma le ragioni di una scelta che «non è una condanna e meno che mai una persecuzione» verso una parte politica e il suo leader Silvio Berlusconi bensì l’unico modo «per non castrare …

"Il senato super-light", di Francesco Maesano

Durante la direzione Pd di ieri Matteo Renzi ha tracciato i contorni della “sua” camera alta. Vi siederanno in 150 tra sindaci, presidenti e società civile Non solo risparmi. Durante la direzione Pd di ieri Matteo Renzi ha tenuto a chiarire che la sua proposta di riforma del senato della repubblica, che pure a regime promette di arrivare a quel famoso miliardo di risparmi, non ha solo il senso di una spending review istituzionale. Il faro è l’Italia dei comuni, perché «la centralità del rapporto tra cittadino ed eletto non ce l’ha il consigliere regionale». E allora i 150 posti della nuova camera alta che il segretario Pd ha in mente saranno divisi tra i 108 sindaci dei comuni capoluogo di provincia, i 21 presidenti di regione più altri 21 esponenti della società civile «temporaneamente cooptati dal presidente della repubblica per un mandato». Secondo lo schema di Renzi l’assemblea di palazzo Madama, che perderebbe così la sua natura elettiva, non avrebbe parola sulla fiducia al governo o sulla legge di bilancio. Addio al bicameralismo perfetto. …

"La tregua può fare il gioco della destra", di Elisabetta Gualmini

È tornato, a quanto pare per rimanere, almeno un anno, il governo di servizio. Ieri alla direzione del Pd, Matteo Renzi ha ricondotto il Letta-Alfano alla sua natura e alla sua misura. Un governo anomalo, speciale, frutto della paralisi successiva alle elezioni del 2013, di cui il Pd è diventato l’azionista di gran lunga maggiore, di cui continua ad essere il sostenitore più leale, ma che non può riconoscere come il «suo» governo. In questo quadro, al presidente del Consiglio spetta la gestione del personale (con eventuale rimpasto) e l’ordinaria amministrazione. Al Pd il compito di dettare, passo dopo passo, un’agenda sufficientemente ambiziosa. Enrico Letta, fa buon viso a un gioco che al tempo stesso gli concede il tempo richiesto e lo ridimensiona. Parla del partito-comunità, di un gioco di squadra, implicitamente riconoscendo a Renzi la fascia del capitano. Lo scambio è chiaro. Innanzitutto il Pd confida di incassare la riforma del sistema elettorale, scongiura il baratro proporzionalista predisposto dai giudici della Corte Costituzionale, ristabilisce le condizioni minime per un ritorno al voto (in qualsiasi …

"Il giorno del giudizio", di Massimo Giannini

NON serviva il genio della lampada, per capire che la difficile «coabitazione» tra Letta e Renzi non avrebbe retto alla prova dei fatti. Non serviva la malizia dei «disfattisti», per immaginare che la pazienza del premier temporeggiatore non sarebbe stata compatibile con l’urgenza del segretario riformatore. E infatti si avvicina il giorno del giudizio. Il 20 febbraio si capirà se il governo ha la forza per andare avanti, o se il Pd ha la forza per «cambiare schema». Cioè per «traslocare» il suo leader da Palazzo della Signoriaa Palazzo Chigi. Questa, dunque, è ormai la posta in gioco. Più ancora, forse, delle elezioni anticipate, che pure restano sullo sfondo. I «duellan-», per la prima volta riuniti l’uno di fronte all’altro in direzione, hanno provato a troncare le polemiche e a sopire i conflitti. Fino a un certo punto, hanno cercato di parlare d’altro, riducendo il dibattito al Nazareno a una surreale rimpatriata tra dorotei. Renzi e Letta sembravano Andreotti e Forlani, ricongiunti in una riunione di corrente che offende le intelligenze del partito e le …

"Renzi: «Lo schema può cambiare». La discussione sul governo rinviata al 20", di Rudy Francesco Calvo

Matteo Renzi non chiude la porta a nessuna ipotesi. Anzi, nel suo intervento conclusivo alla direzione del Pd di ieri, ha proposto addirittura di riconvocare quell’organismo il 20 febbraio con un unico, chiaro punto all’ordine del giorno: la scelta tra continuare a sostenere questo governo, dar vita a un Letta bis o portare lo stesso Renzi a palazzo Chigi. «Io – ha chiarito il segretario dem – non mi sono mai allontanato dallo schema che ci ha posto il presidente del consiglio: un percorso di 18 mesi per uscire dalla crisi finanziaria e approvare un pacchetto di riforme. Vogliamo cambiare schema? Parliamone». Non è arrivato, quindi, quel “no” chiaro di Renzi all’ipotesi della staffetta a palazzo Chigi, l’unica risposta che avrebbe definitivamente archiviato quella soluzione. E quel “no” non è stato pronunciato nemmeno da Graziano Delrio, nell’incontro mattutino con il capo dello stato, che certamente ha segnato anche l’andamento della direzione. Giorgio Napolitano ha chiesto al ministro, con il quale ha un buon rapporto, un chiarimento rispetto ai tanti articoli dedicati dai giornali a questa …

"Città metropolitane, riforma necessaria", Graziano Delrio scrive al Direttore de La Stampa

Gentile Direttore, Se il nostro Paese manca di competitività una delle ragioni è nell`assetto istituzionale superato contro cui si scontra la capacità di reagire e di investire della società. Questo accade in modo vistoso nelle aree in cui si concentrano le migliore energie: le aree urbane. Proprio là dove il Paese ha le maggiori risorse – fintanto che resistono – cioè imprese, università, creatività, popolazione, nodi infrastrutturali, là l`impotenza si sente in modo più amaro. Con tutta la buona volontà delle istituzioni locali e del virtuoso tessuto sociale italiano, pur avendone le potenzialità Milano non riesce a competere con Francoforte, né Roma con Parigi, e Marsiglia e Lione sembrano su un altro pianeta rispetto alle nostre Genova e Napoli. Sono trent`anni che sí discute della riforma delle città metropolitane e in queste settimane, con il voto al Senato, c`è la possibilità di farla decollare. In questi ultimi due anni e ultimi mesi i sindaci di Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze e altri ancora hanno costruito con le imprese, le università, le professioni, il mondo del …