Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

“Cinque miliardi dai capitali in Svizzera”, di Federico Fubini

Sanzioni più basse che in Austria o in Gran Bretagna, intorno al 12% delle somme rimpatriate, in cambio dei nomi dei consulenti che hanno aiutato i clienti a nascondere patrimoni in Svizzera. Un gettito supplementare per lo Stato che nel 2014 può arrivare intorno ai cinque miliardi di euro, con flussi di entrate fiscali di circa trecento milioni l’anno in seguito. E la depenalizzazione dei casi di evasione su cifre elevate, pur di invogliare i proprietari di grandi fortune ad alzare il velo sui loro fondi all’estero. L’AGENZIA delle Entrate e il governo sono nella fase finale di preparazione delle misure per il rientro dei capitali, ma non sarà uno scudo fiscale: non è prevista tutela dell’anonimato degli italiani che fino ad ora hanno nascosto i loro soldi in Svizzera. Formalmente non sarà neppure un condono, ma una sanzione (ridotta) dopo una «dichiarazione volontaria» di chi fino ad oggi ha tenuto dei fondi in un paese che tutela il segreto bancario. Di certo però, come le varie misure di scudo, anche questa è destinata a …

Intervenire per decreto? Costituzionalisti divisi”, di Rachele Gonnelli

Scale che ripartono da dove iniziano, labirinti che evocano prospettive impossibili e circuiti infiniti. Volendo visualizzare il dibattito tortuoso sulla riforma della legge elettorale l’unico paragone che appare adatto è con i quadri di Escher. Un rompicapo e un enigma che incrocia prospettive politiche e scenari inusitati. Si dice letteralmente «sconcertata», ad esempio, Lorenza Carlassarre, professoressa emerita di diritto costituzionale a Padova, passata dalla commissione dei saggi voluta del presidente Napolitano, da cui si è dimessa, in prima fila nell’associazione Libertà e Giustizia insieme a Gustavo Zagrebelsky. Proprio perché, a suo dire, «tutto è sovvertito, siamo in una situazione tale, con questo governo che non è negli schemi di un governo parlamentare di nessuna democrazia rappresentativa perché rappresenta gli opposti, forze che non possono esprimere una linea politica comune», che non è del tutto da escludere l’idea che il governo, di fronte al perdurare di uno stallo parlamentare sulla legge elettorale, possa intervenire per decreto. Per Carlassarre i requisiti richiesti la necessità e l’urgenza «ci sono tutti». Stefano Ceccanti, costituzionalista del Pd vicino a Renzi, …

“Il prezzo della scissione”, di Piero Ignazi

Gli scontri all’interno della corte berlusconiana sembrano svolgersi in una cornice da ancien régime: chi viene cacciato dal re subisce l’ostracismo e l’esilio, e per lui non c’è altra sorte della solitudine e della miseria. Il Cavaliere ha evocato la fine mesta della ribellione di Gianfranco Fini per esorcizzare l’ipotesi di una scissione da parte dei “governativi” di Angelino Alfano. Ma è rimasto fermo allo schema vincente del dicembre 2010, quando si affermò per una manciata di voti. E rimuove i dati di realtà emersi in questi ultimi anni. Il primo fatto dissonante riguarda il diverso assetto politico rispetto a tre anni fa. Allora Berlusconi era a capo del governo e gestiva tutte le risorse che derivavano da tale posizione. Abbandonare il Cavaliere in quella fase comportava un allontanamento dal locus del potere. Di fronte ad un Pd ancora ripiegato su stesso per le ferite della sconfitta elettorale e per gli strascichi del passaggio di consegne da Veltroni a Bersani via Franceschini, Berlusconi appariva il Re Sole della politica italiana. In secondo luogo, Gianfranco Fini …

“I danni del mito presidenzialista”, di Michele Prospero

Stallo al Senato. E sembra al momento sfumare l’ampio consenso parlamentare necessario per rimuovere la legge elettorale Calderoli. Malgrado le aggettivazioni denigratorie che sin dalla nascita l’accompagnarono, il Porcellum fu imposto dalla destra nel 2005. Fu imposto perché nelle sue forzature (premi in seggi senza alcun limite) e nelle sue finzioni (elezione diretta del premier d’Italia) apparve come un logico completamento di un disegno costituzionale che prevedeva il premierato assoluto. Un capo con il nome indicato sulla scheda, che ingaggia in solitudine la competizione elettorale per ricevere l’investitura popolare al comando. E poi un lungo elenco di deputati a fare da contorno, privi di ogni autonomia e quindi subalterni rispetto al leader che li ha nominati. Questa è l’accoppiata diabolica che il congegno introduceva. Se non si coglie la perversa funzionalità del Porcellum alla logica mitica della presidenzializzazione, con la leadership che prosciuga la rappresentanza politica e svuota le prerogative del Parlamento, non si comprende la difficoltà odierna a rimuovere un dispositivo inquietante. Il Porcellum rimane un solido convitato di pietra perché ancora resistono ambiguamente …

“Il diritto di chi vota”, di Massimo Giannini

Non c’è riforma più tradita di quella che riguarda il sistema elettorale. I partiti ne discutono, inutilmente e strumentalmente, ormai da otto anni. Da quando il centrodestra berlusconiano, già allora dilaniato dalle contese ereditarie e dalle confusioni identitarie, impose al Parlamento e al Paese la famosa «legge porcata». Concepita in una baita delle Dolomiti dai sedicenti «saggi» dell’allora Cdl, fin troppo lucidi a dispetto dei tanti bicchierini di grappa bevuti per l’occasione. Il loro unico obiettivo era sabotare la vittoria elettorale dell’Unione di Prodi e, in subordine, espropriare gli elettori del diritto di scegliere i propri eletti. Missione compiuta. Da allora, un ceto politico sempre più impresentabile ha rinnovato ciclicamente la promessa di correggere quell’«errore », e di farsi perdonare quell’orrore. Oggi dobbiamo prendere atto che questo Parlamento non è in grado, per cinismo e opportunismo, di onorare l’impegno. In Commissione Affari Costituzionali del Senato va in onda l’ennesima, penosa messinscena. Quello che importa è solo il tornaconto dei commedianti, e non l’interesse del pubblico. Ogni gruppo recita a soggetto, anche se di malavoglia, perché …

“Democratici e socialisti”, di Claudio Sardo

Ospitare a febbraio il congresso del Partito socialista europeo è per il Pd un’opportunità. Per entrare finalmente nella casa che ormai è anche sua e contribuire da subito ad allargarla e rinnovarla. Quello di Roma non sarà un congresso ordinario: la scelta di caratterizzare le elezioni europee con un candidato comune – Martin Schulz – alla presidenza della Commissione è una risposta importante alla crisi di fiducia e di legittimità della Ue. Non basterà, certo, da sola a cambiare la rotta segnata da un lato dalle politiche di austerità e dall’altro dal prevalere del metodo intergovernativo. Ma indicherà alla sinistra europea la sola strada che porta al riscatto dell’Unione: la strada federale di un governo economico e democratico dell’euro, dove i parametri sociali (occupazione, scuola, povertà, etc) possano contare almeno quanto i parametri dei bilanci pubblici, dove ci si possa battere per una nuova sovranità dei cittadini. La sinistra non è stata abbastanza europeista quando era al governo di quasi tutti i Paesi Ue. Ora è a un bivio: senza un balzo «federalista» e «comunitario» …

“Un patto per rifondare la politica”, di Carlo Buttaroni

Se un giorno, improvvisamente, la politica non fosse più lì a sovraintendere ai nostri deboli istinti e alle nostre pulsioni, sarebbe la fine della società così come la conosciamo. L’individuo si troverebbe solo e indifeso, privato dell’unico strumento che gli permette di vivere insieme al suo prossimo, definendo fini comuni e stabilendo norme in grado di tutelare il bene comune e gli interessi individuali. È grazie alla politica che l’uomo ha potuto progressivamente trovare gli adattamenti alla sua natura sociale, rendendo possibile la nascita di ciò che è stato poi chiamato «nazione», raggiungendo una stabilità «culturale» basata su una ragione forte e rendendo organizzato ciò che gli animali possiedono solo per istinto. Ma oggi la politica è in grave sofferenza di fronte agli scenari frammentati sui quali è chiamata a dare risposte. È in difficoltà di fronte alla crescita di «comunità parallele» che non possono essere ricomprese in nessun insediamento preesistente. È quasi paralizzata di fronte a masse d’individui iscritti in una fluttuante geografia del consenso. Una politica, insomma, spaventata dalle scelte che è chiamata …