Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

"L'economia ferma dei troppo ricchi e troppo poveri", di Carlo Buttaroni*

Per il premio Nobel Joseph Stiglitz, quando le disuguaglianze sociali crescono, s’innesca una spirale negativa. Nei Paesi dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri il prodotto interno lordo tende a decrescere. Quando si afferma una grande «classe media», invece, la prosperità si diffonde. Stiglitz, analizzando il caso degli Stati Uniti, rileva come nei due periodi storici in cui l’1% dei ricchi è arrivato a concentrare nelle proprie mani il 25% della ricchezza complessiva è poi scoppiata una terribile recessione. È quanto accaduto sia nel ’29 che nella crisi esplosa nel 2008. Due crisi, diverse nelle origini e negli effetti, ma unite significativamente dal fatto che, alla vigilia di entrambe, la polarizzazione della ricchezza aveva raggiunto quella che sembra sempre più una soglia che diventa molto pericoloso oltrepassare. Ancora, nel corso del 2010, quando l’intera nazione americana era nel pieno della battaglia contro la crisi, la piccolissima percentuale di popolazione super-ricca continuava a guadagnare il 93% del reddito aggiuntivo creato nel frattempo dalla fragile ripresa (da questa spaventosa disuguaglianza nasce …

"Il primato delle regole sul voto popolare", di Vladimiro Zagrebelsy

L’aspirazione dell’onorevole Biancofiore a ricorrere alla Corte europea dei diritti umani, in difesa del diritto di Silvio Berlusconi a un processo equo, non ha spazio nel sistema europeo di cui l’Italia è parte. Alla Corte europea possono ricorrere le vittime, non gli amici ed estimatori. Quella dichiarazione può dunque essere relegata tra le stravaganze. Ma non va lasciato in ombra un tema – quello delle conseguenze di condanne sul diritto dei cittadini di partecipare alle elezioni – che invece merita di essere trattato e discusso con riferimento al diritto europeo, cui l’Italia è legata. Per garantire la democraticità degli Stati europei, la Convenzione europea dei diritti umani stabilisce che le elezioni si svolgano in modo da assicurare «la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo». In linea di principio tutti i cittadini devono poter votare e poter portarsi candidati per essere eletti. Ma se questo è il principio, in tutti i sistemi vi sono limitazioni. Basti pensare ovviamente all’età minima per essere elettori o per essere eletti. Ma le leggi elettorali di …

"Perché abbiamo bisogno di politica", di Ilvo Diamanti

Ormai ci stiamo rassegnando alla precarietà. Alla provvisorietà come condizione stabile. Può apparire un discorso scontato, ma per questo è più significativo. Perché ci capita di ascoltarlo e di ripeterlo ogni giorno. In automatico. A proposito del lavoro, dei giovani, dell’economia, del mercato. Della politica. Già: la politica. Che offre rappresentanza e rappresentazione agli orientamenti e ai comportamenti pubblici dei cittadini. È il teatro della provvisorietà. Oggi: perché il domani non è pre-visto. In fondo, il governo guidato da Enrico Letta è “a tempo”. Non è stato formato per governare fino al termine della legislatura. Ma per fare le riforme necessarie a sbloccare il Paese bloccato. Per mantenere i conti in ordine, rilanciare lo sviluppo. Per rispettare i patti con l’Europa e i partner internazionali. Per riformare la legge elettorale e il bicameralismo, troppo perfetto per permettere governabilità. Per cui non è dato di conoscere quanto durerà il governo. Perché non è possibile sapere quanto tempo richiederà il rispetto di questi impegni. La legge elettorale: nella storia della Repubblica è stata “riformata” solo per via …

"L’Italia non è la Francia", di Carlo Galli

Modificare la Costituzione può significare l’attivazione del potere costituente, che realizza una piena discontinuità sistemica e ordinamentale: è quanto è accaduto, attraverso una guerra civile, nel passaggio dallo Statuto albertino alla Carta repubblicana. Oppure può significare una profonda sostituzione degli assetti materiali della costituzione vigente. Un ri-orientamento di fatto dei poteri sociali verso nuovi rapporti e nuovi valori. È quanto è avvenuto nel travagliato passaggio dal compromesso keynesiano fra capitale e lavoro che reggeva la fase centrale e finale della Prima repubblica alla flessibilità e alla subalternità normativa del lavoro che insieme alla disciplina di bilancio imposta all’Italia dall’interpretazione austera delle regole dell’euro connota la Seconda repubblica. Infine, può significare la riscrittura, secondo le procedure previste, di alcune parti della costituzione, come si è iniziato a fare per un input governativo che avrà il suo esito conclusivo nella discussione e nella decisione parlamentare, in commissione e in aula. Al di là del giudizio che si può dare sull’uso dell’art. 138 per modificare (sia pure senza stravolgerle) le stesse procedure della modifica, è chiaro che le …

"La vera priorità", di Michele Prospero

Il lavoro è democrazia. Con questo slogan si è svolta la manifestazione unitaria dei sindacati a piazza San Giovanni. È tornata così a parlare, dopo le nefaste consuetudini di divisioni e di accordi imposti con firme separate, quella parte di società che più paga la crisi ed è meno rappresentata. Non c’è nulla di più semplice nella galassia della comunicazione che la rimozione del lavoro, delle sue parole, dei suoi simboli, dei suoi riti. Senza lo spirito di lotta, e quindi senza il ritorno visibile dei sindacati nello spazio pubblico, il lavoro non esce dalla naturale spirale del silenzio. E, nel vuoto della rap- presentanza politica, crescono la rabbia, la sensazione di impotenza nei confronti di un fato inarrestabile. Dopo sei anni ininterrotti di crisi-contrazione e di duri sacrifici che si susseguono senza aprire alcuno spiraglio positivo, è un bel segnale che il lavoro si mobilita. E la recuperata soggettività del lavoro fa molto bene anche alla democrazia perché la rende immune da insane sensazioni di panico e dagli spasmi di decadenza, che sempre accompagnano …

"Open data, potere ai cittadini", di Alessandra Longo

Open data significa: ospedali più efficienti, strade più sicure, inquinamento sotto controllo, politica più trasparente. Decine di migliaia di nuovi posti di lavoro grazie alla crescita di servizi e aziende. È un percorso già abbracciato dai principali Paesi al mondo e al quale è chiamata ora anche l’Italia, in forte ritardo. L’ha chiesto la conferenza del G8, questa settimana, sottoscrivendo i cinque principi del l’Open Data Charter (www.gov.uk/government/publications/open-data-charter). L’ha affermato una direttiva europea sull’accesso alle informazioni nel settore pubblico, approvata in questi giorni dal Parlamento Ue. I Paesi membri hanno ora due anni di tempo per rendere disponibili i dati posseduti dalle pubbliche amministrazioni. Per l’Italia sarà un’impresa epica, dati i ritardi strutturali tecnologici che affliggono la nostra Pa. Lo sanno bene all’Agenzia per l’Italia digitale. Questo nuovo ente adesso avrà il compito – tra molte difficoltà – di traghettare l’Italia verso un futuro di trasparenza digitale che per molti Paesi è già presente. Lo dice un rapporto di Open Knowledge Foundation, pubblicato proprio in occasione del G8: «Siamo al settimo posto su otto per …

"Quando Renzi vincerà il gran ballo comincerà", di Eugenio Scalfari

Ci sarebbero oggi molti temi da passare al vaglio; riguardano i mercati, la liquidità, l’accoppiata Iva-Imu, il lavoro, la corruzione. Ma il numero uno dal quale partire riguarda una persona ed un nome. Strano a dirsi: non è Berlusconi, è Matteo Renzi, sindaco di Firenze e probabile candidato alla segreteria del Pd e alla leadership di quel partito. Scioglierà la riserva il primo luglio prossimo ma dall’aria che tira la sua decisione sembra affermativa. E se dirà sì, vincerà perché non ha veri avversari capaci di sbarrargli la strada. Renzi propone un partito con “vocazione maggioritaria”. Queste due parole significano un partito che combatta da solo per un riformismo radicale con forti venature di liberismo, ma attento anche a non perdere voti a sinistra; sensibile quindi ai temi del lavoro, ad un nuovo “welfare”, a incentivi alle imprese, alla diminuzione del cuneo fiscale, ad un ribasso dell’Irpef, al taglio di ogni finanziamento pubblico ai partiti. Cercherà di recuperare voti dal grillismo in decadenza e dagli elettori che hanno abbandonato Berlusconi rifugiandosi nell’astensione ma che non …