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“Investire in conoscenza per uscire dalla crisi”, di Valentina Santarpia

L’Italia deve investire in conoscenza per cambiare il futuro: la ricetta è più o meno risaputa, è lo chef che la suggerisce stavolta a stupire: si tratta di Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia, che parlando al Forum del libro di Bari ha lanciato un accorato appello per rilanciare la scuola e l’università italiana e contrastare quell’«analfabetismo funzionale» che ci mette agli ultimi posti della classifica per livello d’istruzione rispetto agli altri Paesi avanzati. «Il rendimento dell’investimento in conoscenza- ha ricordato il numero uno di palazzo Koch citando Benjamin Franklin – è pi ù alto di quello di ogni altro investimento. E’ la radice del progresso umano e sociale, la condizione per lo sviluppo economico». Per cui la chiave dell’Italia per ritrovare la forza di crescere e competere sui mercati globali, spiega il governatore, sta tutta nella capacità di investire in «capitale umano». I DATI – Vanno tutti nella stessa direzione: il livello di istruzione dei giovani italiani è «ancora distante da quello degli altri Paesi» e questo, sottolinea Visco, «è particolarmente grave». Nellaclassifica dell’Ocse, …

“Gli errori della scienza troppo competitiva”, di Anna meldolesi

«La ricerca scientifica ha cambiato il mondo. Ora deve cambiare se stessa ». Il monito arriva dall’ Economist , che questa settimana dedica la copertina alla vulnerabilità della scienza agli errori. Il settimanale economico non è tenero: sostiene che il successo del passato è padre del cedimento attuale. Che i ricercatori d’oggi, per sopravvivere in un ambiente sempre più competitivo, sfornano risultati in quantità a scapito della qualità. Anzi «a detrimento della scienza e dell’umanit à». Una vera strigliata. Ma lo stato di salute della nobile impresa della conoscenza è davvero così precario? Prima di rispondere vale la pena di passare in rassegna le condivisibili argomentazioni che l’Economist sviluppa per arrivare alla sua diagnosi. Troppo spesso gli esperimenti sono mal progettati. Non sempre i ricercatori padroneggiano gli strumenti statistici necessari per interpretare i dati. A volte cedono all’umana tentazione di addomesticare i risultati senza esserne pienamente consapevoli. In qualche raro ma gravissimo caso, truccano le carte scientemente, con dolo. Ma il problema principale non sono i singoli ricercatori che, per quanto cognitivamente allenati, possono sbagliare …

“Aiuto, stanno finendo i soldi anche per i premi Nobel”, di Anais Ginori

Quando scrisse il suo testamento nel 1895, un anno prima di morire a Sanremo, Alfred Nobel si raccomandò: «Investimenti sicuri e senza rischio». Un secolo dopo, il tesoretto lasciato dal ricco chimico svedese è ancora nelle casseforti della fondazione di Stoccolma. Si tratta di 31 miliardi di corone dell’epoca, l’equivalente di 1,7 miliardi di corone attuali, quasi 194 milioni di euro. In tutti questi decenni, i ricavi finanziari del patrimonio di Nobel sono serviti a finanziare il lavoro di 829 laureati, personalità che si sono “distinte”, secondo il testamento, nella fisica, la chimica, la letteratura, la medicina, l’economia e la promozione della pace. Eppure la crisi bussa anche alla porta dei Nobel. A lanciare l’allarme è Lars Heikensten, ex governatore della banca centrale svedese che dal 2011 è alla guida dell’omonima fondazione. La gloriosa istituzione non è ancora in bancarotta, tutt’altro, però comincia a preoccuparsi di come salvare il suo patrimonio in un’epoca in cui le Borse crollano, i fondi di investimento prendono rischi sconsiderati, i titoli di Stato non sono più una garanzia, la …

“Evoluzione, si cambia discendiamo tutti dalla stessa specie”, di Marco Cattaneo

Prima un albero, poi un cespuglio e adesso un ramoscello striminzito. Potrebbe essere questa l’ultima versione della metafora che descrive il cammino dell’evoluzione umana. Come riferisce un articolo su Science, infatti, David Lordkipanidze e i suoi colleghi che studiano i preziosi fossili umani di Dmanisi, in Georgia, risalenti a un milione e 800.000 anni fa, hanno avanzato una proposta che stravolgerebbe tutto lo schema della nostra evoluzione, almeno negli ultimi tre milioni di anni. Secondo l’idea del cespuglio avanzata da Stephen Jay Gould, il modello più accreditato dell’evoluzione umana vuole che molte specie siano convissute, lungo i 5-7 milioni di anni in cui ci siamo separati dalla linea evolutiva degli scimpanzé. In particolare, a partire da circa tre milioni di anni fa sarebbero stati presenti, più o meno contemporaneamente, tre nostri parenti, Homo habilis, H. rudolfensis e H. ergaster, vissuti tutti in Africa. A cui poco dopo, per i tempi dell’evoluzione, si sarebbe aggiunto Homo erectus. Erano state le notevoli differenze morfologiche dei fossili più antichi, scoperti in luoghi distanti e attribuiti a epoche diverse, …

“Moderni samurai”, di Pietro Greco

Lo possiamo leggere in due modi “Il bagnino e i samurai”, il libro che Daniela Minerva e Silvio Monfardini hanno appena pubblicato per l’Editore Codice. Entrambi pregnanti. Entrambi istruttivi. Il primo è quello della storia, triste e appassionata, dell’ennesima occasione perduta. Di un paese, l’Italia, che avrebbe potuto essere leader nel settore, strategico da ogni punto di vista, dell’industria dei farmaci antitumorali e che non ha saputo (voluto) esserlo. Ma lo possiamo anche leggere come un rapporto sulla duplice anomalia italiana: quella di una parte rilevante (di una parte prevalente) della classe industriale e politica che, incredibile a dirsi nell’«era della conoscenza», non crede nella ricerca scientifica e, invece, di un manipolo – sempre più piccolo, ma sempre più determinato – di moderni samurai, i ricercatori, che malgrado tutto tangono agganciato il vagone dell’Italia al treno dell’innovazione e, dunque, al futuro. La storia riguarda la nascita dell’oncologia medica in Italia e nel mondo. Per dirla in maniera piuttosto rozza, l’oncologia medica è quella branca della medicina che cerca di curare il cancro avvalendosi di farmaci. …

“Piccoli bulli crescono in tempi di crisi”, di Carlo Buttaroni

Benvenuti nel mondo dei giovani senza identità, dove le storie di vita s’incrociano, dove innocenza e violenza si mescolano senza soluzione, dove il disagio è negli sguardi anche di chi ha l’aria sfrontata e l’atteggiamento da «bullo». Benvenuti nel mondo dei giovani oltre i limiti, bambini diventati adolescenti sulle note del Grandefratello, con i sogni presi in prestito da una pubblicità che trasforma la vita in un videogame e i sentimenti condensati sul display di un cellulare. Giovani cresciuti sotto il segno della globalizzazione, della comunicazione mobile, di internet e delle classi multietniche. Lo abbiamo immaginato come un mondo di speranze, lo abbiamo scoperto carico di incognite. Benvenuti nel mondo dove vittime e carnefici si nutrono dello stesso disagio, condividono le stesse paure e le stesse insicurezze. E insieme percorrono il miglio verde che separa la vita dalla sua dissolvenza. L’ultimo tratto di strada di una generazione sulla quale nessuno ha investito nulla. Non i politici, alla ricerca di consensi e voti; non i media, perché ci sono copie da vendere e obiettivi di audience …

“Quei cinquecento euro in più guadagnati da chi si laurea e va via”, di Alessandra Dal Monte

Mille e trecento euro netti al mese a quattro anni dalla laurea. È lo stipendio medio dei «figli della crisi», i giovani italiani che hanno finito gli studi universitari (triennali) nel 2007 e che si sono immessi nel mondo del lavoro in concomitanza con l’inizio della recessione economica mondiale. La maggior parte di questi ragazzi ha trovato un posto, una piccola parte no — e si va ad aggiungere a quel milione di giovani tra i 16 e i 24 anni che oggi in Italia non sta né studiando né lavorando —, ma in generale i laureati italiani hanno pagato lo scotto della crisi più dei coetanei di altri Paesi. Lo dimostra l’elaborazione degli ultimi dati Istat sull’inserimento professionale dei laureati (relativi al 2011) curata da Carlo Barone, docente di Sociologia all’Università di Trento. Il risultato è che, a quattro anni dal titolo, chi è andato all’estero prende quasi 1.800 euro netti al mese (1.783, per l’esattezza), mentre chi è rimasto in Italia ne guadagna 1.300. Certo, con dei distinguo di area geografica e disciplina: …