"L´ultimo strappo di Marchionne", di Massimo Giannini
Il divorzio tra Fiat e Confindustria si è dunque consumato. Sergio Marchionne, l´Amerikano, viola anche l´ultimo tabù, e porta il Lingotto fuori da Viale dell´Astronomia. Cioè fuori dal luogo fisico, ma anche istituzionale e sociale, dove la Fiat era sempre stata dal 1910, dai tempi del senatore Giovanni Agnelli fino a Vittorio Valletta e poi all´Avvocato. Lo «strappo», anche solo per questo, si può davvero definire storico. Per un secolo Fiat e Confindustria sono state una cosa sola. La prima sceglieva i presidenti della seconda. Un unico, vero Potere Forte, che condizionava i governi e ne orientava le politiche. Questa «cinghia di trasmissione» subì una prima rottura con l´elezione di Antonio D´Amato nel 2000, sull´onda di una Vandea dei «piccoli padroncini» che Agnelli patì e salutò a modo suo, con una delle frasi che resteranno negli annali della Repubblica: «Hanno vinto i berluschini». Ma undici anni e molte polemiche dopo, c´è voluto il super-manager italo-svizzero-canadese a compiere la rottura definitiva. Una rottura che, al di là della portata simbolica, ha un profondo significato politico ed …
