“La grande confusione del partito democratico”, di Eugenio Scalfari
Si sapeva da tempo, anzi da sempre, che una condanna definitiva di Silvio Berlusconi, quando fosse arrivata, avrebbe provocato un terremoto. Si sapeva e non stupiva nessuno: Forza Italia prima e il Pdl poi sono partiti acefali, anzi non sono partiti, sono elettori che hanno in comune alcune emotività come l’anticomunismo, l’odio per le tasse e l’ostilità verso lo Stato e sono anche “lobbies” portatrici d’interessi concreti da soddisfare rapidamente. Questa massa notevole che a volte viene definita liberale, a volte moderata, a volte populista e antipolitica e spesso tutte queste cose insieme, viene gestita dai luogotenenti d’un capo-padrone con formidabili capacità di venditore, cioè di demagogo moderno, che è anche il proprietario di quella struttura poiché possiede gli strumenti di comunicazione necessari per tenerla insieme ed estenderla. Perciò un’eventuale condanna che lo mettesse fuori dal gioco politico significherebbe il crollo dell’intera architettura. Questa essendo la situazione – finora editata a colpi di leggi “ad personam” concentrate soprattutto sui termini della prescrizione – è evidente che l’improvviso incombere d’una sentenza definitiva che potrebbe confermare la …