“Il faraone rimasto solo”, di Bernardo Valli
Quel che accade in Egitto in queste ore è un disastro e una grande lezione. Da un lato c’è il rischio di un dissenso prolungato. Con un aggravamento della crisi economica e sociale; e dall’altro si è arrivati a una tappa inevitabile, a un appuntamento previsto, nel processo avviato dalla primavera araba. Il fallimento degli islamisti, usciti vittoriosi dalle urne ma rivelatisi incapaci di gestire la cosa pubblica, è infatti la scontata dimostrazione che lo zelo religioso non abilita a governare. L’illusione su un possibile passaggio dalla moschea al potere non è svanito del tutto, ma è senz’altro appassita. I Fratelli musulmani non sono stati capaci di rispondere alle aspirazioni di piazza Tahrir, che si è riempita di nuovo per recuperare la rivoluzione tradita. Dopo avere votato lo scorso anno per Mohammed Morsi molti egiziani chiedono adesso le sue dimissioni, la formazione di un governo provvisorio e nuove elezioni. Più che un presidente dimezzato Morsi è un presidente via via spennato. Perde un ministro dopo l’altro. Il quinto ad abbandonarlo è stato quello degli esteri, …