Anno: 2013

"Governo e battaglia politica", di Claudio Sardo

Il Pd ha sbagliato, non ha vinto le elezioni, ha fallito la prova del governo di “cambiamento”, ma tuttavia non può fuggire dalla proprie responsabilità, né voltare le spalle al Paese, né sognare un anno sabbatico mentre la crisi continua a colpire i ceti più deboli e la società chiede di invertire ora la rotta delle politiche economiche. La grande coalizione che sostiene il governo Letta certifica la sconfitta della sinistra, che voleva uscire dallo stato di necessità del governo Monti e invece il suo progetto e le sue alleanze non sono stati capaci di raggiungere l’obiettivo. Oggi sarebbe però un errore catasfrofico – peraltro un atto innaturale per i riformatori – immaginare che la ri-generazione o la ri-progettazione del Pd possa avvenire in un dibattito separato dai processi reali, dal governo delle emergenze sociali, dal conflitto politico che ancora in larga parte dipende delle torsioni della seconda Repubblica. Per questo il governo Letta è un’opportunità. Ed è una sfida che incrocerà più volte il congresso del Pd: nessuno si illuda che si possa marciare …

"E ora Stati generali in difesa delle donne", di Concita De Gregorio

Forse ci siamo. Proprio perché è un’epoca in cui essere ottimisti è insensato, bisogna esserlo. Più flebile è il tempo più forte la voce e la responsabilità di ciascuno. Forse ci siamo. Forse questa volta la violenza quotidiana contro le donne – diffusa, tollerata, alimentata dal dileggio condiviso, dall’abituale grevità del lessico, dalle parole prima che dai gesti – ecco forse ora questa vergogna la si può guardare negli occhi e chiamarla col suo nome: una colpa collettiva, ognuno si senta offeso. Con grande coraggio Laura Boldrini, presidente delle Camera, ha toccato un tabù sapendo di farlo, senza paura delle conseguenze. Ha detto: contro le donne l’infamia dell’insulto è diversa, è sessista. Anche la minaccia di morte passa dal sesso: dall’umiliazione, dalla sottomissione. Contro le donne corre sul web un fiume di parole a lutto che il mezzo – la Rete – diffonde velocissimo e in quantità incontrollabile. Possono essere a migliaia contro una: difficili da trovare, infidi, nascosti. Fermiamoci a parlarne: una discussione ferma e serena, ha chiesto. Seria. Hanno risposto a decine, poi …

"Storia di un’italiana", di Massimo Gramellini

Nadira è nata in Algeria da madre turca e padre mezzo tedesco e mezzo berbero. Quando le chiedono di che razza è, risponde: umana. Suo padre, Rachid Haraigue, ha combattuto il colonialismo francese e poi l’integralismo islamico, da presidente della Federcalcio algerina aprì alle donne gli stadi, ma soprattutto gli studi: chiamava la cultura «il passaporto delle algerine per il viaggio verso la libertà». Si è preso tre pallottole nel cuore, alle otto di un mattino di gennaio. Ma prima era riuscito a far prendere a Nadira quel famoso passaporto. La laurea, il concorso, la borsa di studio per un master dell’Eni a Milano. Nadira ci è arrivata senza un soldo e senza sapere una parola della nostra lingua: la studiava di notte, cenando con lo yogurt risparmiato alla mensa di mezzogiorno. Si è piazzata fra i primi dieci, è stata assunta e si è innamorata di uno degli altri nove. Oggi ha una famiglia e una identità italiane. A tre anni suo figlio sapeva già l’inno di Mameli a memoria e ovviamente glielo aveva …

"Tutti ai remi per salvare la nave", di Eugenio Scalfari

Domandiamoci anzitutto che cosa vuole la gente, le persone che incontriamo o di cui sappiamo tutti i giorni e che appartengono alle più diverse categorie: lavoratori, consumatori, giovani, anziani, occupati, disoccupati, indignati, disperati, civicamente impegnati, indifferenti, antipolitici. Quelli che chiamiamo la gente e che un tempo chiamavamo il popolo, il “demos”, sostantivi nobilitanti perché ne sottolineano la sovranità, non hanno più una visione del bene comune perché sono schiacciati sul presente dai loro bisogni immediati, dalla loro povertà o dal timore di sprofondarvi dentro, circondati da una nebbia che gli impedisce di costruire il futuro. La gente altro non è che un popolo degradato dagli errori e a volte dai crimini commessi da una classe dirigente anch’essa degradata; ma anche per colpa propria perché ha subìto quel degrado senza reagire e addirittura sguazzandovi dentro. Le colpe non stanno mai da una parte sola, chiamano in causa ciascuno di noi sicché – come diceva il Nazareno che parlava per parabole – chi è senza peccato scagli la prima pietra. Dunque la gente, simulacro sconcertante del popolo …

Fassina «Il Pd punta a lavoro e sviluppo Ma serve un’Europa diversa», di Bianca Di Giovanni

«Non è l’Europa che non va, è questa Europa che non funziona». Stefano Fassina è appena stato nominato viceministro all’Economia. Proprio nel giorno in cui da Bruxelles arrivano gli ultimi numeri della recessione e della disoccupazione nel Vecchio Continente. Qui non si salva nessuno. Eppure si continua a insistere su pareggio di bilancio, su rigore, su procedure d’infrazione. Enrico Letta e il suo governo si dichiarano autentici europeisti. Parlano di Europa come occasione per l’Italia ma da Bruxelles continuano a parlare come gendarmi dei conti. Per di più concedendo più tempo a Francia e Spagna e negando invece flessibilità al nostro Paese. Onorevole Fassina, c’è un problema tra l’Europa e l’Italia? «Non è corretto parlare dell’Europa come se fosse un’entità omogenea. C’è l’Europa egemonizzata dai conservatori, quella che oggi ha la maggioranza nella Commissione, nel Consiglio e nel Parlamento. Poi c’è l’Europa dei progressisti, che individua la civiltà del lavoro come fattore propulsivo. L’Italia ha sofferto prima per la scarsa credibilità di Berlusconi, poi per la sostanziale sintonia di Monti con l’egemonia conservatrice. Per questo …

"Le favolette di Travaglio su Grillo", di Cristoforo Boni

Tra le favole di Marco Travaglio la più stupida è quella su Beppe Grillo, che generosamente ha tentato in questi due mesi di formare un governo Pd-Cinque stelle e che, poveretto, è stato travolto dalla ferrea determinazione all’«inciucio» di Bersani, Letta e Berlusconi. Travaglio l’ha raccontata su il Fatto del primo maggio scorso. E, nel disperato tentativo di rendere credibile l’asino che vola, ha anche accompagnato la storiella con dolci rimproveri al suo leader di riferimento, che dimenticò – errore veniale, s’intende – di ordinare ai suoi capigruppo di pronunciare i nomi di Settis, Zagrebelsky e Rodotà (nomi che pure avevano «in tasca») nel secondo giro di consultazioni al Quirinale, quando avrebbero potuto mettere a verbale la disponibilità ad un governo di coalizione. Travaglio sa bene quanto costano al Pd le sconfitte subite in queste settimane, comprese quelle inflitte dalle divisioni interne, e su questo tenta di lucrare da par suo. Ma avverte un’insidia nelle ricostruzioni di queste settimane tra le elezioni politiche e quelle presidenziali: affinché a pagare sia solo il Pd, è necessario …

"Quattro risposte sull'Europa", di Ulrich Beck

Il prefisso “post” è la parola-chiave del nostro tempo: postmoderno, post-democrazia, costellazione post-nazionale. “Post” è il bastone per ciechi degli intellettuali – la piccola parola del grande disorientamento che regna ovunque. Lo spettro della “post-grande nation” si aggira per la Francia e per l’Europa. La narrazione del ruolo peculiare della Francia in Europa e nel mondo, che ha formato l’autocoscienza della grande nation a partire dal 1945, perde il suo senso storico. All’interno l’orgoglio francese si fondava sul “modello sociale” dello Stato forte e centralizzato. L’industria dell’energia nucleare organizzata e controllata dallo Stato era considerata il museo del futuro, nel quale potevano essere ammirate le conquiste del progresso dello Stato moderno. Nella politica estera la potenza globale della Francia era costruita sulla base della posizione eccezionale del Paese nell’Unione Europea e perpetuata nel motore franco-tedesco dell’europeizzazione. La forza persuasiva di tutti e tre questi progetti viene meno. Il modello sociale è eroso poiché il regime neoliberista del mercato mondiale domina ovunque. La catastrofe di Fukushima che cova ancora sotto la cenere ha spezzato l’orgoglio nucleare …