“Destinazione 34° parallelo qui dove si salvano i disperati”, di Andrea Malaguti
Il mare ha restituito un altro cadavere. È lì sotto. Gonfio. Bianchiccio. Gelatinoso. I pesci si sono mangiati il naso, le orecchie, un pezzo della bocca. E quello che rimane del volto è girato verso l’alto. Le braccia larghe come se fosse crocifisso. E attorno al corpo una macchia bluastra. Dall’elicottero è impossibile dire se sia una vittima del naufragio del 3 o dell’11 ottobre. L’ha avvistato il tenente di vascello Riccardo Chericoni, a tre miglia da Lampedusa. Adesso. Alle 11 di mattina. Ha identificato il punto e chiamato i soccorsi. È lui che pilota l’AB 212 che integra il lavoro del pattugliatore Vega, una delle cinque navi della marina militare impegnate nell’operazione «Mare Nostrum». Una barriera più umanitaria che difensiva pensata per contenere, come se fosse possibile, questa mattanza che dura da vent’anni. Chericoni ha detto: «C’è qualcosa laggiù». E si è abbassato evitando che le pale sollevassero un’onda. «Che cos’ è quella macchia blu, tenente?». «Il corpo che si sfalda. In un processo che si chiama saponificazione», ha risposto ai due giornalisti a …