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"Un presidente senza partiti", di Ilvo Diamanti

SULLA scena politica italiana del nostro tempo si confrontano partiti senza leader (autorevoli) e un leader senza partiti. Quest´immagine è emersa nei primi quattro mesi del governo guidato da Mario Monti.

Ha fiducia nel governo il 62 per cento, il dato più alto dopo la fase di avvio a novembre. Una lista del Professore convincerebbe un terzo dei cittadini ancora incerti. E appare largamente confermata – e precisata – dal sondaggio dell´Atlante Politico di Demos, realizzato nei giorni scorsi.
1. La fiducia nel governo Monti, anzitutto. Espressa (con un voto pari o superiore al 6) da quasi il 62% del campione della popolazione. Il dato più alto dopo la fase di avvio, in novembre. Insieme all´auspicio, condiviso da circa 7 italiani su 10, che la sua attenzione non si limiti ai temi strettamente economici ma si allarghi a tutte le questioni importanti del Paese. Riforma elettorale, giustizia e sistema radiotelevisivo compresi. Il 27% degli intervistati, inoltre, vorrebbe che Monti, dopo le prossime elezioni, succedesse a se stesso. Indipendentemente dal risultato.
2. Ancora più elevato è il grado di considerazione “personale” verso il Premier e i suoi ministri più conosciuti. Nella classifica dei leader, Monti è saldamente in testa, con il 67% di giudizi positivi (espressi con un voto pari o superiore a 6). Lo seguono (a debita distanza) i ministri Elsa Fornero (51%) e Corrado Passera (49%). Gli altri leader – istituzionali e di partito – sono dietro. Sensibilmente lontani. Bersani, Alfano, Di Pietro, Vendola, Casini e Fini. Tutti in calo, soprattutto gli ultimi due. (Un segno che il governo e Monti stanno occupando lo spazio del Terzo Polo.) In fondo alla classifica: Berlusconi e Bossi, i leader del precedente governo. Bossi, in particolare, è largamente sopravanzato da Maroni (40%). Nella popolazione. Ma anche nell´elettorato leghista. Tra gli elettori della Lega, infatti, il 50% valuta positivamente Bossi, il 73% Maroni. Segno che il peso di Maroni nella “Lega di opposizione” si è rafforzato ulteriormente.
3. Di certo, oggi è in crisi la legittimità del “politico di professione” mentre si rafforza la credibilità dei “tecnici”. Come Monti, appunto. Insieme ai suoi ministri. Oltre il 60% degli italiani, infatti, ritiene i tecnici più adatti a governare rispetto a “politici esperti”.
4. È interessante osservare come questi atteggiamenti risentano in misura – ancora – limitata delle valutazioni di merito, nei confronti di specifici provvedimenti. Che sollevano, in alcuni casi, grande insoddisfazione. In particolare, una larga maggioranza di persone si dice contraria a modifiche sostanziali dell´articolo 18. Ma ciò non è sufficiente a modificare in modo sostanziale il giudizio sul governo dei tecnici, sui tecnici e sul Tecnico per eccellenza. Monti. Almeno per ora.
5. L´impopolarità dei leader di partito riflette la – e si riflette nella – sfiducia nei partiti (solo il 4% del campione esprime “molta fiducia” nei loro confronti). Dal punto di vista elettorale, tuttavia, non si rilevano grandi variazioni negli ultimi mesi. Il PD si attesta circa al 27% e il PdL al 24%. Insieme arrivano al 50%. Venti punti meno che alle elezioni del 2008. La Lega si conferma al 10%, come l´UdC. L´IdV all´8%. Mentre SEL è più indietro, intorno al 6%. Avvicinata dal Movimento 5 Stelle di Grillo. L´unica opposizione davvero extra-parlamentare. Movimentista. La No Tav come bandiera. Forse anche per questo premiata, in questa fase. L´esperienza del governo Monti ha, dunque, congelato gli orientamenti elettorali, ma li ha anche frammentati. Complicando le alleanze – precedenti e future.
6. Il PD, che all´inizio aveva beneficiato dell´esperienza del governo Monti, ora sembra soffrirne. Più dei partiti della vecchia maggioranza di Centrodestra, in lieve ripresa, nelle stime di voto. Gli elettori del PD, d´altra parte, continuano a garantire un alto grado di consenso al governo Monti. (Ha il merito di aver “sostituito” Berlusconi). Tuttavia, nella percezione degli italiani, ha mutato posizione politica. Certo, la maggioranza degli elettori (57%) continua a considerarlo “al di fuori e al di sopra” degli schieramenti politici. Ma una quota ampia e crescente di essi (20%) lo ritiene prevalentemente orientato a centro-destra.
7. Il PD risente, inoltre, del conflitto interno fra i partigiani dell´alleanza con le forze di Sinistra e i sostenitori dell´intesa con il Centro. Ma i suoi elettori appaiono turbati anche dalla tentazione di tradurre l´attuale Grande Coalizione di governo in un progetto più duraturo. Un´ipotesi che, tradotta sul piano elettorale, si fermerebbe al 47%. Cioè, circa 13 punti in meno rispetto ai consensi di cui sono accreditati i partiti dell´attuale maggioranza. Per contro, la Lega salirebbe al 19% e la Sinistra oltre il 33%. A pagare il prezzo più caro di questa ipotetica intesa sarebbe, appunto, il PD. Visto che oltre metà dei suoi elettori si sposterebbe sulla coalizione di Sinistra oppure si asterrebbe.
8. Non sorprende, allora, che, una “ipotetica” Lista Monti in una “ipotetica” competizione con gli attuali partiti, nelle intenzioni di voto degli intervistati, sia accreditata di oltre il 24% dei voti. Il che significa: il primo partito in Italia. Davanti al PdL, che, in questo scenario, otterrebbe il 19%. Il PD, terzo con il 18%, risulterebbe il più penalizzato. Perderebbe, infatti, oltre un quarto della base elettorale a favore della lista Monti. La quale, peraltro, intercetterebbe consensi trasversali. Ma, soprattutto, convincerebbe quasi un terzo degli elettori ancora incerti oppure orientati all´astensione. Sul totale degli elettori: circa il 10%.
9. Naturalmente, si tratta di una simulazione. Influenzata, peraltro, dalla popolarità di Monti in questo specifico momento. Conferma, però, lo scenario delineato all´inizio. Evoca, cioè, una Terza Repubblica che oppone Presidenti e Partiti (come suggerì, alcuni anni fa, Mauro Calise in un saggio pubblicato da Laterza). Mentre il Berlusconismo aveva imposto il modello del “Partito personale”, che oggi è in declino, insieme alla Persona che lo aveva incarnato.
10. Il Montismo ne ha modificato sostanzialmente il modello. In particolare, nello “stile personale”: ha affermato la Tecnica e la Competenza al posto dell´Imitazione-della-gente-comume. L´aristocrazia democratica al posto della democrazia populista. Tuttavia, Monti non si può definire un Presidente “contro” i Partiti, perché i partiti (maggiori) lo sostengono. Anche se qualcuno scorge, alle sue spalle, l´ombra di un nuovo “Partito personale”, egli appare, in effetti, un “Presidente senza partito”. Legittimato dal “voto” dei mercati, dal “vuoto” della politica – e dalla conferma dei sondaggi. Ma anche dalla sua distanza dai partiti. Il che sottolinea l´ultimo paradosso post-italiano (per echeggiare Eddy Berselli). Una Repubblica dove coabitano due Presidenti forti, molti partiti deboli. E un Parlamento quantomeno fragile. Una Repubblica bi-presidenziale.

da Repubblica 19.3.12

******

“Sì alla lista Monti da un italiano su quattro ma il 60% non vuole toccare l’articolo 18”, di di Roberto Biorcio e Fabio Bordignon
E gli elettori del Pd bocciano il progetto della Grande Coalizione. I dati dell’Atlante politico realizzato da Demos. Sì alla Tav dal 55 per cento degli italiani

Articolo 18, Tav, diritti delle coppie omosessuali: fra i temi al centro del dibattito politico nelle ultime settimane, tre in particolare sottolineano l´eterogeneità dell´inedita “maggioranza” che sostiene il governo Monti. Se il premier e l´esecutivo mantengono oltre il 60% dei consensi (e una “lista Monti” potrebbe raccogliere, oggi, addirittura il 24% dei voti), le controversie attorno a questi nodi possono incidere notevolmente sul clima sociale. Al contempo, le linee di divisione che, su tali questioni, corrono tra i partiti (e al loro interno) sollevano dubbi sulla possibile tenuta, in chiave elettorale, di una “grande coalizione” tra Pd, PdL e formazioni del Terzo Polo (il cui appeal, peraltro, appare molto inferiore alla somma dei singoli partiti). E´ quanto emerge dai dati dell´Atlante politico, realizzato da Demos per la Repubblica.
Il governo si è fortemente impegnato per la riforma del mercato del lavoro, suscitando un dibattito che occupa da diversi giorni la prima pagina dei giornali. Dall´insediamento dell´esecutivo, la disponibilità dell´opinione pubblica alla revisione (o all´abolizione) dell´articolo 18 è aumentata (dal 27 al 33%), pur rimanendo nettamente minoritaria rispetto alle opinioni contrarie (59%). Le aperture crescono, ma riguardano comunque poco più di una persona su tre, tra gli elettori del Pdl, della Lega e del Terzo polo. L´opposizione a questa misura è invece molto forte nell´elettorato di centrosinistra. Il dissenso è diffuso non solo tra gli operai, ma anche tra i giovani, i disoccupati e gli studenti: le categorie che dovrebbero beneficiare delle nuove regole su assunzioni e licenziamenti.
Prevalgono invece i “sì” per quanto riguarda la realizzazione della Tav. Il 55% degli intervistati – con un incremento di oltre dieci punti rispetto al 2006 – approva la realizzazione dell´opera, sulla quale si sono espressi favorevolmente sia il governo sia i partiti che lo sostengono. La questione costituisce, ciò nondimeno, un fattore di divisione nell´ambito del centrosinistra: sono contrari non solo due terzi degli elettori dell´Idv, di Sel (e del Movimento 5 Stelle), ma anche un ampio settore di chi vota per il Pd. L´opposizione più estesa si registra, ancora una volta, tra i giovani, i disoccupati e gli operai.
Il problema del riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali (nello specifico il diritto di matrimonio) è stato agitato qualche giorno fa da Angelino Alfano, come argomento per contrastare elettoralmente il centrosinistra e recuperare consensi nel modo cattolico. Una strategia già utilizzata con successo da diversi leader conservatori americani ed europei. L´Atlante politico rileva, in generale, una crescente apertura all´istituzione delle unioni civili: il numero dei favorevoli, negli ultimi anni, è salito al 70% – e al 60% tra i cattolici praticanti. Più controversa è l´estensione di alcune prerogative tipiche del matrimonio alle coppie omosessuali, che la scorsa settimana ha visto un importante pronunciamento della Cassazione. Anche su questo punto si registra una costante crescita delle opinioni favorevoli, passate dal 25 al 44% negli ultimi otto anni. I giovani, i più istruiti e i residenti nelle grandi città esprimono il maggiore consenso verso questo tipo di riforma, che continua a rappresentare un elemento di differenziazione degli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centro e di centrodestra. Il dato supera la soglia del 50% tra gli elettori del Pd (51%), dell´ IdV (56%) e (soprattutto) di Sel (90%). Per converso, si schiera a favore poco più di un terzo dell´elettorato del Pdl e della Lega, e appena il 28% nel caso dell´Udc.

da Repubblica 19.3.12

“Un presidente senza partiti”, di Ilvo Diamanti

SULLA scena politica italiana del nostro tempo si confrontano partiti senza leader (autorevoli) e un leader senza partiti. Quest´immagine è emersa nei primi quattro mesi del governo guidato da Mario Monti.

Ha fiducia nel governo il 62 per cento, il dato più alto dopo la fase di avvio a novembre. Una lista del Professore convincerebbe un terzo dei cittadini ancora incerti. E appare largamente confermata – e precisata – dal sondaggio dell´Atlante Politico di Demos, realizzato nei giorni scorsi.
1. La fiducia nel governo Monti, anzitutto. Espressa (con un voto pari o superiore al 6) da quasi il 62% del campione della popolazione. Il dato più alto dopo la fase di avvio, in novembre. Insieme all´auspicio, condiviso da circa 7 italiani su 10, che la sua attenzione non si limiti ai temi strettamente economici ma si allarghi a tutte le questioni importanti del Paese. Riforma elettorale, giustizia e sistema radiotelevisivo compresi. Il 27% degli intervistati, inoltre, vorrebbe che Monti, dopo le prossime elezioni, succedesse a se stesso. Indipendentemente dal risultato.
2. Ancora più elevato è il grado di considerazione “personale” verso il Premier e i suoi ministri più conosciuti. Nella classifica dei leader, Monti è saldamente in testa, con il 67% di giudizi positivi (espressi con un voto pari o superiore a 6). Lo seguono (a debita distanza) i ministri Elsa Fornero (51%) e Corrado Passera (49%). Gli altri leader – istituzionali e di partito – sono dietro. Sensibilmente lontani. Bersani, Alfano, Di Pietro, Vendola, Casini e Fini. Tutti in calo, soprattutto gli ultimi due. (Un segno che il governo e Monti stanno occupando lo spazio del Terzo Polo.) In fondo alla classifica: Berlusconi e Bossi, i leader del precedente governo. Bossi, in particolare, è largamente sopravanzato da Maroni (40%). Nella popolazione. Ma anche nell´elettorato leghista. Tra gli elettori della Lega, infatti, il 50% valuta positivamente Bossi, il 73% Maroni. Segno che il peso di Maroni nella “Lega di opposizione” si è rafforzato ulteriormente.
3. Di certo, oggi è in crisi la legittimità del “politico di professione” mentre si rafforza la credibilità dei “tecnici”. Come Monti, appunto. Insieme ai suoi ministri. Oltre il 60% degli italiani, infatti, ritiene i tecnici più adatti a governare rispetto a “politici esperti”.
4. È interessante osservare come questi atteggiamenti risentano in misura – ancora – limitata delle valutazioni di merito, nei confronti di specifici provvedimenti. Che sollevano, in alcuni casi, grande insoddisfazione. In particolare, una larga maggioranza di persone si dice contraria a modifiche sostanziali dell´articolo 18. Ma ciò non è sufficiente a modificare in modo sostanziale il giudizio sul governo dei tecnici, sui tecnici e sul Tecnico per eccellenza. Monti. Almeno per ora.
5. L´impopolarità dei leader di partito riflette la – e si riflette nella – sfiducia nei partiti (solo il 4% del campione esprime “molta fiducia” nei loro confronti). Dal punto di vista elettorale, tuttavia, non si rilevano grandi variazioni negli ultimi mesi. Il PD si attesta circa al 27% e il PdL al 24%. Insieme arrivano al 50%. Venti punti meno che alle elezioni del 2008. La Lega si conferma al 10%, come l´UdC. L´IdV all´8%. Mentre SEL è più indietro, intorno al 6%. Avvicinata dal Movimento 5 Stelle di Grillo. L´unica opposizione davvero extra-parlamentare. Movimentista. La No Tav come bandiera. Forse anche per questo premiata, in questa fase. L´esperienza del governo Monti ha, dunque, congelato gli orientamenti elettorali, ma li ha anche frammentati. Complicando le alleanze – precedenti e future.
6. Il PD, che all´inizio aveva beneficiato dell´esperienza del governo Monti, ora sembra soffrirne. Più dei partiti della vecchia maggioranza di Centrodestra, in lieve ripresa, nelle stime di voto. Gli elettori del PD, d´altra parte, continuano a garantire un alto grado di consenso al governo Monti. (Ha il merito di aver “sostituito” Berlusconi). Tuttavia, nella percezione degli italiani, ha mutato posizione politica. Certo, la maggioranza degli elettori (57%) continua a considerarlo “al di fuori e al di sopra” degli schieramenti politici. Ma una quota ampia e crescente di essi (20%) lo ritiene prevalentemente orientato a centro-destra.
7. Il PD risente, inoltre, del conflitto interno fra i partigiani dell´alleanza con le forze di Sinistra e i sostenitori dell´intesa con il Centro. Ma i suoi elettori appaiono turbati anche dalla tentazione di tradurre l´attuale Grande Coalizione di governo in un progetto più duraturo. Un´ipotesi che, tradotta sul piano elettorale, si fermerebbe al 47%. Cioè, circa 13 punti in meno rispetto ai consensi di cui sono accreditati i partiti dell´attuale maggioranza. Per contro, la Lega salirebbe al 19% e la Sinistra oltre il 33%. A pagare il prezzo più caro di questa ipotetica intesa sarebbe, appunto, il PD. Visto che oltre metà dei suoi elettori si sposterebbe sulla coalizione di Sinistra oppure si asterrebbe.
8. Non sorprende, allora, che, una “ipotetica” Lista Monti in una “ipotetica” competizione con gli attuali partiti, nelle intenzioni di voto degli intervistati, sia accreditata di oltre il 24% dei voti. Il che significa: il primo partito in Italia. Davanti al PdL, che, in questo scenario, otterrebbe il 19%. Il PD, terzo con il 18%, risulterebbe il più penalizzato. Perderebbe, infatti, oltre un quarto della base elettorale a favore della lista Monti. La quale, peraltro, intercetterebbe consensi trasversali. Ma, soprattutto, convincerebbe quasi un terzo degli elettori ancora incerti oppure orientati all´astensione. Sul totale degli elettori: circa il 10%.
9. Naturalmente, si tratta di una simulazione. Influenzata, peraltro, dalla popolarità di Monti in questo specifico momento. Conferma, però, lo scenario delineato all´inizio. Evoca, cioè, una Terza Repubblica che oppone Presidenti e Partiti (come suggerì, alcuni anni fa, Mauro Calise in un saggio pubblicato da Laterza). Mentre il Berlusconismo aveva imposto il modello del “Partito personale”, che oggi è in declino, insieme alla Persona che lo aveva incarnato.
10. Il Montismo ne ha modificato sostanzialmente il modello. In particolare, nello “stile personale”: ha affermato la Tecnica e la Competenza al posto dell´Imitazione-della-gente-comume. L´aristocrazia democratica al posto della democrazia populista. Tuttavia, Monti non si può definire un Presidente “contro” i Partiti, perché i partiti (maggiori) lo sostengono. Anche se qualcuno scorge, alle sue spalle, l´ombra di un nuovo “Partito personale”, egli appare, in effetti, un “Presidente senza partito”. Legittimato dal “voto” dei mercati, dal “vuoto” della politica – e dalla conferma dei sondaggi. Ma anche dalla sua distanza dai partiti. Il che sottolinea l´ultimo paradosso post-italiano (per echeggiare Eddy Berselli). Una Repubblica dove coabitano due Presidenti forti, molti partiti deboli. E un Parlamento quantomeno fragile. Una Repubblica bi-presidenziale.

da Repubblica 19.3.12

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“Sì alla lista Monti da un italiano su quattro ma il 60% non vuole toccare l’articolo 18”, di di Roberto Biorcio e Fabio Bordignon
E gli elettori del Pd bocciano il progetto della Grande Coalizione. I dati dell’Atlante politico realizzato da Demos. Sì alla Tav dal 55 per cento degli italiani

Articolo 18, Tav, diritti delle coppie omosessuali: fra i temi al centro del dibattito politico nelle ultime settimane, tre in particolare sottolineano l´eterogeneità dell´inedita “maggioranza” che sostiene il governo Monti. Se il premier e l´esecutivo mantengono oltre il 60% dei consensi (e una “lista Monti” potrebbe raccogliere, oggi, addirittura il 24% dei voti), le controversie attorno a questi nodi possono incidere notevolmente sul clima sociale. Al contempo, le linee di divisione che, su tali questioni, corrono tra i partiti (e al loro interno) sollevano dubbi sulla possibile tenuta, in chiave elettorale, di una “grande coalizione” tra Pd, PdL e formazioni del Terzo Polo (il cui appeal, peraltro, appare molto inferiore alla somma dei singoli partiti). E´ quanto emerge dai dati dell´Atlante politico, realizzato da Demos per la Repubblica.
Il governo si è fortemente impegnato per la riforma del mercato del lavoro, suscitando un dibattito che occupa da diversi giorni la prima pagina dei giornali. Dall´insediamento dell´esecutivo, la disponibilità dell´opinione pubblica alla revisione (o all´abolizione) dell´articolo 18 è aumentata (dal 27 al 33%), pur rimanendo nettamente minoritaria rispetto alle opinioni contrarie (59%). Le aperture crescono, ma riguardano comunque poco più di una persona su tre, tra gli elettori del Pdl, della Lega e del Terzo polo. L´opposizione a questa misura è invece molto forte nell´elettorato di centrosinistra. Il dissenso è diffuso non solo tra gli operai, ma anche tra i giovani, i disoccupati e gli studenti: le categorie che dovrebbero beneficiare delle nuove regole su assunzioni e licenziamenti.
Prevalgono invece i “sì” per quanto riguarda la realizzazione della Tav. Il 55% degli intervistati – con un incremento di oltre dieci punti rispetto al 2006 – approva la realizzazione dell´opera, sulla quale si sono espressi favorevolmente sia il governo sia i partiti che lo sostengono. La questione costituisce, ciò nondimeno, un fattore di divisione nell´ambito del centrosinistra: sono contrari non solo due terzi degli elettori dell´Idv, di Sel (e del Movimento 5 Stelle), ma anche un ampio settore di chi vota per il Pd. L´opposizione più estesa si registra, ancora una volta, tra i giovani, i disoccupati e gli operai.
Il problema del riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali (nello specifico il diritto di matrimonio) è stato agitato qualche giorno fa da Angelino Alfano, come argomento per contrastare elettoralmente il centrosinistra e recuperare consensi nel modo cattolico. Una strategia già utilizzata con successo da diversi leader conservatori americani ed europei. L´Atlante politico rileva, in generale, una crescente apertura all´istituzione delle unioni civili: il numero dei favorevoli, negli ultimi anni, è salito al 70% – e al 60% tra i cattolici praticanti. Più controversa è l´estensione di alcune prerogative tipiche del matrimonio alle coppie omosessuali, che la scorsa settimana ha visto un importante pronunciamento della Cassazione. Anche su questo punto si registra una costante crescita delle opinioni favorevoli, passate dal 25 al 44% negli ultimi otto anni. I giovani, i più istruiti e i residenti nelle grandi città esprimono il maggiore consenso verso questo tipo di riforma, che continua a rappresentare un elemento di differenziazione degli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centro e di centrodestra. Il dato supera la soglia del 50% tra gli elettori del Pd (51%), dell´ IdV (56%) e (soprattutto) di Sel (90%). Per converso, si schiera a favore poco più di un terzo dell´elettorato del Pdl e della Lega, e appena il 28% nel caso dell´Udc.

da Repubblica 19.3.12

“Un presidente senza partiti”, di Ilvo Diamanti

SULLA scena politica italiana del nostro tempo si confrontano partiti senza leader (autorevoli) e un leader senza partiti. Quest´immagine è emersa nei primi quattro mesi del governo guidato da Mario Monti.

Ha fiducia nel governo il 62 per cento, il dato più alto dopo la fase di avvio a novembre. Una lista del Professore convincerebbe un terzo dei cittadini ancora incerti. E appare largamente confermata – e precisata – dal sondaggio dell´Atlante Politico di Demos, realizzato nei giorni scorsi.
1. La fiducia nel governo Monti, anzitutto. Espressa (con un voto pari o superiore al 6) da quasi il 62% del campione della popolazione. Il dato più alto dopo la fase di avvio, in novembre. Insieme all´auspicio, condiviso da circa 7 italiani su 10, che la sua attenzione non si limiti ai temi strettamente economici ma si allarghi a tutte le questioni importanti del Paese. Riforma elettorale, giustizia e sistema radiotelevisivo compresi. Il 27% degli intervistati, inoltre, vorrebbe che Monti, dopo le prossime elezioni, succedesse a se stesso. Indipendentemente dal risultato.
2. Ancora più elevato è il grado di considerazione “personale” verso il Premier e i suoi ministri più conosciuti. Nella classifica dei leader, Monti è saldamente in testa, con il 67% di giudizi positivi (espressi con un voto pari o superiore a 6). Lo seguono (a debita distanza) i ministri Elsa Fornero (51%) e Corrado Passera (49%). Gli altri leader – istituzionali e di partito – sono dietro. Sensibilmente lontani. Bersani, Alfano, Di Pietro, Vendola, Casini e Fini. Tutti in calo, soprattutto gli ultimi due. (Un segno che il governo e Monti stanno occupando lo spazio del Terzo Polo.) In fondo alla classifica: Berlusconi e Bossi, i leader del precedente governo. Bossi, in particolare, è largamente sopravanzato da Maroni (40%). Nella popolazione. Ma anche nell´elettorato leghista. Tra gli elettori della Lega, infatti, il 50% valuta positivamente Bossi, il 73% Maroni. Segno che il peso di Maroni nella “Lega di opposizione” si è rafforzato ulteriormente.
3. Di certo, oggi è in crisi la legittimità del “politico di professione” mentre si rafforza la credibilità dei “tecnici”. Come Monti, appunto. Insieme ai suoi ministri. Oltre il 60% degli italiani, infatti, ritiene i tecnici più adatti a governare rispetto a “politici esperti”.
4. È interessante osservare come questi atteggiamenti risentano in misura – ancora – limitata delle valutazioni di merito, nei confronti di specifici provvedimenti. Che sollevano, in alcuni casi, grande insoddisfazione. In particolare, una larga maggioranza di persone si dice contraria a modifiche sostanziali dell´articolo 18. Ma ciò non è sufficiente a modificare in modo sostanziale il giudizio sul governo dei tecnici, sui tecnici e sul Tecnico per eccellenza. Monti. Almeno per ora.
5. L´impopolarità dei leader di partito riflette la – e si riflette nella – sfiducia nei partiti (solo il 4% del campione esprime “molta fiducia” nei loro confronti). Dal punto di vista elettorale, tuttavia, non si rilevano grandi variazioni negli ultimi mesi. Il PD si attesta circa al 27% e il PdL al 24%. Insieme arrivano al 50%. Venti punti meno che alle elezioni del 2008. La Lega si conferma al 10%, come l´UdC. L´IdV all´8%. Mentre SEL è più indietro, intorno al 6%. Avvicinata dal Movimento 5 Stelle di Grillo. L´unica opposizione davvero extra-parlamentare. Movimentista. La No Tav come bandiera. Forse anche per questo premiata, in questa fase. L´esperienza del governo Monti ha, dunque, congelato gli orientamenti elettorali, ma li ha anche frammentati. Complicando le alleanze – precedenti e future.
6. Il PD, che all´inizio aveva beneficiato dell´esperienza del governo Monti, ora sembra soffrirne. Più dei partiti della vecchia maggioranza di Centrodestra, in lieve ripresa, nelle stime di voto. Gli elettori del PD, d´altra parte, continuano a garantire un alto grado di consenso al governo Monti. (Ha il merito di aver “sostituito” Berlusconi). Tuttavia, nella percezione degli italiani, ha mutato posizione politica. Certo, la maggioranza degli elettori (57%) continua a considerarlo “al di fuori e al di sopra” degli schieramenti politici. Ma una quota ampia e crescente di essi (20%) lo ritiene prevalentemente orientato a centro-destra.
7. Il PD risente, inoltre, del conflitto interno fra i partigiani dell´alleanza con le forze di Sinistra e i sostenitori dell´intesa con il Centro. Ma i suoi elettori appaiono turbati anche dalla tentazione di tradurre l´attuale Grande Coalizione di governo in un progetto più duraturo. Un´ipotesi che, tradotta sul piano elettorale, si fermerebbe al 47%. Cioè, circa 13 punti in meno rispetto ai consensi di cui sono accreditati i partiti dell´attuale maggioranza. Per contro, la Lega salirebbe al 19% e la Sinistra oltre il 33%. A pagare il prezzo più caro di questa ipotetica intesa sarebbe, appunto, il PD. Visto che oltre metà dei suoi elettori si sposterebbe sulla coalizione di Sinistra oppure si asterrebbe.
8. Non sorprende, allora, che, una “ipotetica” Lista Monti in una “ipotetica” competizione con gli attuali partiti, nelle intenzioni di voto degli intervistati, sia accreditata di oltre il 24% dei voti. Il che significa: il primo partito in Italia. Davanti al PdL, che, in questo scenario, otterrebbe il 19%. Il PD, terzo con il 18%, risulterebbe il più penalizzato. Perderebbe, infatti, oltre un quarto della base elettorale a favore della lista Monti. La quale, peraltro, intercetterebbe consensi trasversali. Ma, soprattutto, convincerebbe quasi un terzo degli elettori ancora incerti oppure orientati all´astensione. Sul totale degli elettori: circa il 10%.
9. Naturalmente, si tratta di una simulazione. Influenzata, peraltro, dalla popolarità di Monti in questo specifico momento. Conferma, però, lo scenario delineato all´inizio. Evoca, cioè, una Terza Repubblica che oppone Presidenti e Partiti (come suggerì, alcuni anni fa, Mauro Calise in un saggio pubblicato da Laterza). Mentre il Berlusconismo aveva imposto il modello del “Partito personale”, che oggi è in declino, insieme alla Persona che lo aveva incarnato.
10. Il Montismo ne ha modificato sostanzialmente il modello. In particolare, nello “stile personale”: ha affermato la Tecnica e la Competenza al posto dell´Imitazione-della-gente-comume. L´aristocrazia democratica al posto della democrazia populista. Tuttavia, Monti non si può definire un Presidente “contro” i Partiti, perché i partiti (maggiori) lo sostengono. Anche se qualcuno scorge, alle sue spalle, l´ombra di un nuovo “Partito personale”, egli appare, in effetti, un “Presidente senza partito”. Legittimato dal “voto” dei mercati, dal “vuoto” della politica – e dalla conferma dei sondaggi. Ma anche dalla sua distanza dai partiti. Il che sottolinea l´ultimo paradosso post-italiano (per echeggiare Eddy Berselli). Una Repubblica dove coabitano due Presidenti forti, molti partiti deboli. E un Parlamento quantomeno fragile. Una Repubblica bi-presidenziale.

da Repubblica 19.3.12

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“Sì alla lista Monti da un italiano su quattro ma il 60% non vuole toccare l’articolo 18”, di di Roberto Biorcio e Fabio Bordignon
E gli elettori del Pd bocciano il progetto della Grande Coalizione. I dati dell’Atlante politico realizzato da Demos. Sì alla Tav dal 55 per cento degli italiani

Articolo 18, Tav, diritti delle coppie omosessuali: fra i temi al centro del dibattito politico nelle ultime settimane, tre in particolare sottolineano l´eterogeneità dell´inedita “maggioranza” che sostiene il governo Monti. Se il premier e l´esecutivo mantengono oltre il 60% dei consensi (e una “lista Monti” potrebbe raccogliere, oggi, addirittura il 24% dei voti), le controversie attorno a questi nodi possono incidere notevolmente sul clima sociale. Al contempo, le linee di divisione che, su tali questioni, corrono tra i partiti (e al loro interno) sollevano dubbi sulla possibile tenuta, in chiave elettorale, di una “grande coalizione” tra Pd, PdL e formazioni del Terzo Polo (il cui appeal, peraltro, appare molto inferiore alla somma dei singoli partiti). E´ quanto emerge dai dati dell´Atlante politico, realizzato da Demos per la Repubblica.
Il governo si è fortemente impegnato per la riforma del mercato del lavoro, suscitando un dibattito che occupa da diversi giorni la prima pagina dei giornali. Dall´insediamento dell´esecutivo, la disponibilità dell´opinione pubblica alla revisione (o all´abolizione) dell´articolo 18 è aumentata (dal 27 al 33%), pur rimanendo nettamente minoritaria rispetto alle opinioni contrarie (59%). Le aperture crescono, ma riguardano comunque poco più di una persona su tre, tra gli elettori del Pdl, della Lega e del Terzo polo. L´opposizione a questa misura è invece molto forte nell´elettorato di centrosinistra. Il dissenso è diffuso non solo tra gli operai, ma anche tra i giovani, i disoccupati e gli studenti: le categorie che dovrebbero beneficiare delle nuove regole su assunzioni e licenziamenti.
Prevalgono invece i “sì” per quanto riguarda la realizzazione della Tav. Il 55% degli intervistati – con un incremento di oltre dieci punti rispetto al 2006 – approva la realizzazione dell´opera, sulla quale si sono espressi favorevolmente sia il governo sia i partiti che lo sostengono. La questione costituisce, ciò nondimeno, un fattore di divisione nell´ambito del centrosinistra: sono contrari non solo due terzi degli elettori dell´Idv, di Sel (e del Movimento 5 Stelle), ma anche un ampio settore di chi vota per il Pd. L´opposizione più estesa si registra, ancora una volta, tra i giovani, i disoccupati e gli operai.
Il problema del riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali (nello specifico il diritto di matrimonio) è stato agitato qualche giorno fa da Angelino Alfano, come argomento per contrastare elettoralmente il centrosinistra e recuperare consensi nel modo cattolico. Una strategia già utilizzata con successo da diversi leader conservatori americani ed europei. L´Atlante politico rileva, in generale, una crescente apertura all´istituzione delle unioni civili: il numero dei favorevoli, negli ultimi anni, è salito al 70% – e al 60% tra i cattolici praticanti. Più controversa è l´estensione di alcune prerogative tipiche del matrimonio alle coppie omosessuali, che la scorsa settimana ha visto un importante pronunciamento della Cassazione. Anche su questo punto si registra una costante crescita delle opinioni favorevoli, passate dal 25 al 44% negli ultimi otto anni. I giovani, i più istruiti e i residenti nelle grandi città esprimono il maggiore consenso verso questo tipo di riforma, che continua a rappresentare un elemento di differenziazione degli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centro e di centrodestra. Il dato supera la soglia del 50% tra gli elettori del Pd (51%), dell´ IdV (56%) e (soprattutto) di Sel (90%). Per converso, si schiera a favore poco più di un terzo dell´elettorato del Pdl e della Lega, e appena il 28% nel caso dell´Udc.

da Repubblica 19.3.12

“Roma Capitale, è braccio di ferro sui Beni culturali”, di Luca Del Fra

Il ministro Ornaghi ha chiesto di correggere il decreto che assegnava al Comune maggiori competenze: «La tutela spetta allo Stato». Oggi la discussione in Parlamento. E’ ancora infuocato il percorso di conversione in legge del decreto su Roma Capitale: il Ministero dei Beni e delle attività culturali (Mibac) negli ultimi giorni ha deciso, finalmente e tardivamente, di prendere posizione contro gli evidenti profili incostituzionali riguardo il patrimonio capitolino. Questa settimana il provvedimento completerà il suo iter in commissione bicamerale per poi approdare in aula, ma l’esito non è affatto scontato.
Al centro dello scontro ci sono ora i beni culturali della Capitale: il decreto nella sua versione iniziale assegnava al Comune di Roma funzioni di tutela e valorizzazione, sottraendole al
Mibac. Nel primo caso il provvedimento era patentemente anticostituzionale, essendo la tutela assegnata allo Stato dall’articolo 117 della Carta, cosa ribadita nel Codice dei beni culturali del 2004. Per la valorizzazione invece la decisione è assai discutibile: le amministrazioni locali infatti
ben di rado hanno svolto appropriatamente questi compiti.
A conferma, basterà rammentare alcune luminose iniziative proprio del Comune di Roma: aprile 2009, proiezioni di immagini sulla parete del Foro Traiano per il Natale di Roma, con il filmato della dichiarazione d’entrata in guerra dell’Italia fascista a fianco di Hitler che Benito Mussolini fece il 10 giugno del 1940; dicembre 2010, l’Ara Pacis diventa un autosalone, con il sovrintendente comunale Broccoli che autorizza la presentazione di due city car; ottobre 2011, esibizione di carri armati e blindati al Circo Massimo. E dopo le adunate di forconi e tassisti al Circo Massimo del gennaio2012, è della settimana scorsa l’ultima proposta: dotare di un patentino comunale i centurioni che affollano i siti di interesse artistico chiedendo soldi ai turisti per farsi fotografare insieme a loro.
In una riunione congiunta con i rappresentanti della commissione bicamerale, il ministro Lorenzo Ornaghi e il sottosegretario Roberto Cecchi hanno chiesto di modificare il testo della legge, limitandone gli aspetti incostituzionali sulla tutela e ridimensionando le funzioni di valorizzazione. Un intervento atteso e dovuto, senz’altro positivo nei suoi esiti, anche se permane qualche incongruità. Viene istituita una Conferenza delle sovrintendenze, tra cui quella speciale del Comune di Roma che, si legge all’articolo 4, «può essere chiamata a pronunciarsi in merito al rilascio dei titoli autorizzatori», mentre all’articolo 7 si specifica che Roma Capitale concorre «alla definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio».
Malgrado la vaghezza degli enunciati, la tutela – e le autorizzazioni fanno parte della tutela – è di stretta competenza dello Stato. E questi cedimenti, che sembrano un contentino per l’amministrazione capitolina, comporteranno un appesantimento burocratico nella funzione di tutela. La Conferenza delle soprintendenze – in realtà una conferenza di servizi si riunisce da oltre vent’anni – nasce infatti con una forte vocazione a diventare un luogo di scambi opachi o una trincea dei veti incrociati, insomma un organismo barocco ma non funzionale.
Il testo così modificato oggi sarà nuovamente in discussione alla commissione bicamerale e, nonostante contenga in altre sue parti indubitabili vantaggi per la Capitale – come l’ingresso al Cipe –, dal Comune di Roma si potrebbero alzare le barricate proprio sulle modifiche in materia dei beni culturali. In questo caso i rappresentanti del Pd, tra cui Marco Causi, correlatore della conversione in legge, e di Api, Idv e forse Lega, potrebbero optare per un doppio testo da votare a maggioranza.

L’Unità 19.03.12

“Leggi ad personam, il Pd: la polemica Idv per fare propaganda”, di Virginia Lori

«Fior di giuristi, l’Ocse e magistrati, compresi quelli del pool di Mani pulite che Di Pietro ben conosce, consigliano da anni di riscrivere il reato di concussione, reato che consente in molti casi al corruttore di restare sostanzialmente impunito». A metà di domenica pomeriggio, è il presidente del forum giustizia del Pd, Andrea Orlando, a cercare di mettere un punto alle polemiche che si inseguono sulle agenzie di stampa, con un Di Pietro scatenato contro quello che lui chiama «un mercanteggio» sulla corruzione.
Mentre il Pdl punta a cancellare il reato di concussione, l’Idv infatti soffia sul fuoco puntando il dito anche contro il Pd ed evocando lo spettro delle leggi “ad personam” sulle norme anti-corruzione, nonostante i Democratici puntino in ogni modo a sminare il terreno, chiarendo la direzione verso cui guidare la riscrittura delle norme su quel reato che oggi risulta così difficilmente individuabile e punibile.
Proprio per questo, il Pd aveva presentato sia al Senato che alla Camera una norma per cancellarlo e far ricadere i casi da esso attualmente coperti in parte nella estorsione, in parte nella corruzione. E un emendamento in tal senso era stato presentato anche dall’Italia dei Valori, ricorda Orlando, e allora «l’Idv al Senato votò a favore», mentre oggi Di Pietro grida all’«inciucio», ma «da ciò si comprende ampiamente la natura propagandistica delle sue affermazioni».
La presidente dei Senatori Pd, Annna Finocchiaro, intanto ha già annunciato che i democratici ritireranno il loro emendamento e si rimetteranno alla proposta del governo. «Comunque la voteremo – assicura Finocchiaro – sia con la norma che riformula la concussione, sia senza di essa». Ma nuove polemiche vengono già messe in conto in Parlamento, quando il ministro Severino presenterà la proposta.
Su un altro versante, nel frattempo, Gianfranco Fini si è già assunto l’impegno a raccogliere le firme «perché un politico non sia candidabile» dopo una condanna in primo grado.E mentre le notizie di indagini giudiziarie continuano ad affollare le cronache, Di Pietro punta il dito sulla Lombardia e chiede le dimissioni di Formigoni: «Non faccia il finto tonto» e per il caso Boni si dimetta.

L’Unità 19.03.12

"Corruzione, leggi efficaci e lo sguardo un po' lungo" di Michele Ainis

Ma non è un singolo giudizio il fardello che da troppo tempo ci portiamo sul groppone. È l’illegalità diffusa, è la corruzione che dissangua l’economia italiana (60 miliardi l’anno, secondo la Corte dei conti) e indebolisce l’etica pubblica (l’ultima classifica di Transparency International ci situa al 69º posto, peggio di Portorico e del Ruanda). Dunque è con questi occhiali che dobbiamo guardare la riforma. E d’altra parte non è che se un provvedimento (la soppressione della concussione) va bene all’imputato Berlusconi, allora deve per forza andar male a tutti gli altri. Così come un provvedimento sbagliato del governo Berlusconi (il disegno di legge sulle intercettazioni) non diventa di colpo sacrosanto se lo benedice Monti. Altrimenti seguiteremo a comportarci da tifosi, senza cavare mai un ragno dal buco.
Quanto alla concussione, non è affatto vero che abolendo l’articolo 317 del Codice penale andremmo al «tana libera tutti». Da 12 anni ce lo chiede l’Ocse, ma per la ragione opposta: perché fin qui il concusso (di regola, un imprenditore) la faceva franca, apparendo al cospetto della legge italiana come vittima, anziché come complice e beneficiario del reato. E infatti l’accordo di maggioranza tende ad allargare la sfera dei comportamenti penalmente rilevanti, non a restringerla. Confeziona due nuovi reati (corruzione privata e traffico d’influenza), offrendo un presidio normativo al valore costituzionale della concorrenza, oltre che a un principio di lealtà. Per intendersi: se oggi pago una mazzetta al manager d’una fabbrica di scarpe in cambio dell’esclusiva sulla vendita, rischierò al massimo una causa civile di risarcimento verso i proprietari dell’azienda; con la riforma, viceversa, sia io che il manager finiamo dritti davanti al giudice penale. E se invece c’è di mezzo un’amministrazione pubblica? Niente concussione, ma potranno farne le veci l’estorsione aggravata o la corruzione allargata. Cambia insomma la parola, non la cosa. Anzi: aumentano le pene edittali.
Poi, certo, ci sarà da vigilare. Quando il governo metterà nero su bianco la riforma complessiva, dovremo valutare per esempio se il principio di responsabilità possa finalmente declinarsi pure per i giudici, che fin qui ne sono stati immuni; ma senza compromettere la loro indipendenza. Dovremo misurare lo spazio della libertà di stampa dopo la stretta sulle intercettazioni. Dovremo infine controllare che questa miscela normativa contenga una bella purga sulle prescrizioni: negli ultimi tre lustri sono triplicate, toccando nel 2011 il record europeo di 180 mila processi andati in fumo. Un falò che brucia 80 milioni l’anno, ma soprattutto manda in fiamme il nostro senso di giustizia. È di questo, non d’un singolo processo, che ora dobbiamo occuparci.

Il Corriere della Sera 19.03.12

“Corruzione, leggi efficaci e lo sguardo un po’ lungo” di Michele Ainis

Ma non è un singolo giudizio il fardello che da troppo tempo ci portiamo sul groppone. È l’illegalità diffusa, è la corruzione che dissangua l’economia italiana (60 miliardi l’anno, secondo la Corte dei conti) e indebolisce l’etica pubblica (l’ultima classifica di Transparency International ci situa al 69º posto, peggio di Portorico e del Ruanda). Dunque è con questi occhiali che dobbiamo guardare la riforma. E d’altra parte non è che se un provvedimento (la soppressione della concussione) va bene all’imputato Berlusconi, allora deve per forza andar male a tutti gli altri. Così come un provvedimento sbagliato del governo Berlusconi (il disegno di legge sulle intercettazioni) non diventa di colpo sacrosanto se lo benedice Monti. Altrimenti seguiteremo a comportarci da tifosi, senza cavare mai un ragno dal buco.
Quanto alla concussione, non è affatto vero che abolendo l’articolo 317 del Codice penale andremmo al «tana libera tutti». Da 12 anni ce lo chiede l’Ocse, ma per la ragione opposta: perché fin qui il concusso (di regola, un imprenditore) la faceva franca, apparendo al cospetto della legge italiana come vittima, anziché come complice e beneficiario del reato. E infatti l’accordo di maggioranza tende ad allargare la sfera dei comportamenti penalmente rilevanti, non a restringerla. Confeziona due nuovi reati (corruzione privata e traffico d’influenza), offrendo un presidio normativo al valore costituzionale della concorrenza, oltre che a un principio di lealtà. Per intendersi: se oggi pago una mazzetta al manager d’una fabbrica di scarpe in cambio dell’esclusiva sulla vendita, rischierò al massimo una causa civile di risarcimento verso i proprietari dell’azienda; con la riforma, viceversa, sia io che il manager finiamo dritti davanti al giudice penale. E se invece c’è di mezzo un’amministrazione pubblica? Niente concussione, ma potranno farne le veci l’estorsione aggravata o la corruzione allargata. Cambia insomma la parola, non la cosa. Anzi: aumentano le pene edittali.
Poi, certo, ci sarà da vigilare. Quando il governo metterà nero su bianco la riforma complessiva, dovremo valutare per esempio se il principio di responsabilità possa finalmente declinarsi pure per i giudici, che fin qui ne sono stati immuni; ma senza compromettere la loro indipendenza. Dovremo misurare lo spazio della libertà di stampa dopo la stretta sulle intercettazioni. Dovremo infine controllare che questa miscela normativa contenga una bella purga sulle prescrizioni: negli ultimi tre lustri sono triplicate, toccando nel 2011 il record europeo di 180 mila processi andati in fumo. Un falò che brucia 80 milioni l’anno, ma soprattutto manda in fiamme il nostro senso di giustizia. È di questo, non d’un singolo processo, che ora dobbiamo occuparci.

Il Corriere della Sera 19.03.12