La parlamentare Pd “E’ inaccettabile che l’offerta formativa sia sottoposta a risparmi”. Ancora cambiate nel pomeriggio le posizioni del Governo in merito all’offerta formativa. L’on. Ghizzoni, dopo aver sentito le parole del sottosegretario all’economia Polillo, chiede che sulla vicenda intervenga direttamente il ministro Profumo.
“È inaccettabile che le necessità dell’offerta formativa siano sottoposte ai limiti dei risparmi di spesa. Farlo significherebbe tradire gli indirizzi espressi dal Governo al Parlamento in materia di Istruzione nonché disattendere gli obiettivi europei che ci chiedono più investimenti nell’istruzione e nell’educazione permanente. Il ministro Profumo non può restare a guardare quanto sta accadendo in Parlamento. Non intervenire significherebbe avallare scelte contro la scuola”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni in merito alla proposta che il sottosegretario all’economia Polillo ha fatto oggi in commissione: “quella richiesta – ha concluso – stravolge quanto indicato dal viceministro Grilli solo questa mattina”.
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Generazioni ad alta risoluzione
Un intero giorno, Sabato 10 marzo (Spazio Informale, in via dei Cerchi 75) in cui Pier Luigi Bersani, segretario PD e Stefano Fassina responsabile Economia e Lavoro del PD, a partire dalle ore 10 e fino alle ore 19 ascolteranno e dialogheranno con le associazioni, i gruppi e i movimenti giovanili che hanno elaborato il Decalogo contro la precarietà: 10 misure concrete e immediatamente attuabili che hanno come obiettivo: superare la precarietà; regolare le forme di lavoro autonomo e professionale approvando lo Statuto del Lavoro autonomo; considerare le tutele sociali come diritti di cittadinanza; costruire serie politiche di formazione e inserimento lavorativo.
Generazioni ad alta risoluzione, un appuntamento promosso dai Giovani Democratici, l’Associazione 20 maggio e l’Associazione Lavoro & Welfare, è l’occasione ufficiale per chiedere al governo e alle forze politiche, a partire dal PD, di ascoltare chi vive la condizione di precarietà perché, ormai, quando si discute dei lavoratori precari, del loro presente e del loro futuro, se ne parla sempre senza di loro.
Le proposte complessive, di cui il Decalogo rappresenta le priorità, saranno presentate, in apertura della Conferenza, da Fausto Raciti, segretario nazione dei giovani democratici. Nel corso dell’incontro prenderanno la parola i portavoce delle 35 associazioni che rappresentano oltre 200 mila giovani e precari.
RIBALTIAMO LE CARTE: un pomeriggio fuori dai luoghi comuni.
I giovani hanno analisi, idee e proposte da ascoltare e con cui dialogare, per questo per una volta le domande le faranno i dirigenti del PD e le risposte le daranno i giovani e i precari.
Partecipano: Cesare Damiano, Salvo Barrano, Sergio D’Antoni, Giorgia D’Errico, Rita Ghedini, Andrea Dili, Emilio Gabaglio, Fausto Raciti.
GLI ULTIMI DATI SUL LAVORO PRECARIO IN ITALIA
Nel corso della conferenza Generazioni ad alta risoluzione saranno diffusi gli ultimi dati inediti sulla precarietà elaborati dal comitato scientifico presieduto dal Prof. Patrizio Di Nicola – Un. La Sapienza.
Un’analisi, che mette in luce le tante facce del lavoro presenti in Italia e da chi emerge che, a fronte di 14.726.000 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, i lavoratori atipici subordinati (a tempo determinato, a chiamata, in somministrazione, apprendistato) sono 2.723.874 (il 18,49%).
Il lavoro atipico non subordinato conta 2.671.577di persone (Co.co.co. e co.co.pro., Collaborazione occasionale, Associazione in partecipazione Lavoro occasionale accessorio -“Voucher”, Dottorato di ricerca, assegno di ricerca, medici in formazione specialistica, Tirocini e Stage, Pratica Professionale, Lavoratori autonomi senza dipendenti e monocommittenti, Professionisti con partita iva individuale – iscritti alla Gest. Sep. INPS).
Il lavoro atipico, dunque, riguarda ben 5.395.451 persone.
Sul lavoro subordinato stabile il totale di quello “atipico” rappresenta il 36,5%, mentre sul totale degli occupati (dipendenti e indipendenti) risulta essere il 23,5%.
Dal rapporto Del Prof. Patrizio Di Nicola (Un. La Sapienza) è emerso anche che il numero di lavoratori a tempo determinato, tra il 2004 e il 2010, è aumentato di oltre il 14%. Una variazione notevolissima, se si pensa che nel frattempo la crisi dell’economia reale ha iniziato a mietere le sue vittime soprattutto tra lavoratori di questo tipo, infatti, tra il 2008 ed il 2009 i tempi determinati sono calati di oltre il 7%.
Nello stesso periodo aumenta del 3% il lavoro a tempo parziale ma il part time volontario diminuisce (-136 mila unità nel 2009), mentre il part time involontario aumenta (+135 mila). Nel 2009 la quota dei part-time involontari sul totale raggiungeva quasi il 40%, superando il milione di unità (circa il 75% delle quali di sesso femminile, a smentire il fatto che le donne accettino volentieri un impiego a tempo parziale).
Anche dai dati Istat per il 2010, si conferma che è in corso una forte sostituzione di lavoro dipendente con lavoro flessibile e precario: a fronte di un calo degli occupati dello 0.7%, gli atipici sono aumentati dell’1.3%, i dipendenti a tempo parziale del 4.3%.
“Una pratica piuttosto diffusa -dichiara il Prof. Di Nicola- è quella di utilizzare lavoratori formalmente autonomi titolari di partita Iva in modo forzato e, in alcuni casi come dipendenti”.
Infatti, sono 828 mila i lavoratori autonomi con un unico committente che, per la loro debolezza contrattuale, non hanno alcuna tutela e le loro retribuzioni, mediamente, risultano piuttosto basse. Di questi lavoratori autonomi 261 mila svolgono il lavoro presso la sede del cliente e di questi ultimi, se si prende in considerazione la reale autonomia negli orari di lavoro, sono ben 96 mila le condizioni lavorative che presentano chiari indicatori di subordinazione mascherata (l’11,60%).
L’età dei lavoratori con contratti atipici tende ad aumentare, perché il passaggio a un contratto standard è tutt’altro che immediato e perché chi perde un posto tipico nella maggior parte dei casi riesce a reimpiegarsi solo con contratti atipici.
Nel 2010 sono stati attivati 310.820 stage e tirocini, di cui 89.800 nell’industria e 221.020 nei servizi. Circa il 50% dei tirocini è stato realizzato in micro imprese al di sotto dei 10 dipendenti. “Purtroppo -aggiunge Di Nicola- spesso questi lavoratori non sono utilizzati correttamente dalle imprese, che sfruttano tali forme lavorative per avere mano d’opera a basso costo. Inoltre, gli stagisti sono talvolta assegnati a mansioni di basso livello, a cui non viene associato alcun concreto percorso formativo”.
Anche le possibilità di assunzione per gli stagisti variano in maniera considerevole rispetto alla dimensione dell’impresa: mentre nelle imprese fino ai 10 dipendenti la quota di stagisti assunti si arresta al 12.8% del totale, tale percentuale raggiunge il 15.1% nelle imprese tra 50 e 250 dipendenti e il 24.2% nelle grandi imprese al di sopra dei 500 dipendenti.
IL DECALOGO CONTRO LA PRECARIETÀ
Le associazioni delle “Generazioni ad alta risoluzione” (Hi Re Generations), chiedono al Governo un incontro per proporre e discutere alcune soluzioni, a partire da quelle a costo zero, che non sono entrate nella discussione per la riforma del mercato del lavoro.
Il Decalogo contro la precarietà è nato da un percorso durato anni, che ha coinvolto numerose associazioni di giovani e lavoratori precari, e che ha dato vita a Il lavoro che vogliamo nel paese che vogliamo, un pacchetto articolato di norme specifiche per combattere gli abusi ed estendere diritti e tutele ai lavoratori precari.
Il Decalogo indica le priorità nella lotta alla precarietà:
1) Le attività manuali ed esecutive si dovranno svolgere solo con contratti di lavoro dipendente e i contratti collettivi di lavoro dovranno stabilire le regole di utilizzo del lavoro autonomo e parasubordinato: nessun costo per lo stato, benefici di maggiore contribuzione futura, minori interventi sociali e minore contenzioso.
2) Le dimissioni in bianco devono essere abolite e bisogna reintrodurre la “procedura Damiano”: nessun costo e benefici di magiore tutela sociale e dignità della persona.
3) Devono essere aboliti: il contratto di associazione in partecipazione con solo apporto di lavoro, i contratti a chiamata, le collaborazioni non a progetto togliendo ogni eccezione all’applicazione dei Co. Pro. Deve essere circostritto l’uso dei voucher, dei contratti a termine e dei contratti a progetto. Nessun costo per lo stato e benefici di maggiore contribuzione, più entrate fiscali e migliore tutela sociale.
4) Non potranno essere applicati costi inferiori a quelli previsti da specifici contratti collettivi a tutti i lavoratori autonomi, professionisti e parasubordinati con un committente prevalente oppure iscritti alla gestione separata Inps in via esclusiva. In caso di mancata contrattazione, il costo sarà superiore del 15% rispetto a un dipendente di analoga profesinalità.
Una quota di questo contributo aggiuntivo dovrà alimentare un fondo solidaristico per le tutele sociali, ammortizzatori e formazione dei lavoratori atipici non subordinati. Nessun costo per lo stato e benefici per una maggiore contribuzione Inps di 108 milioni di euro annui e di circa 100 milioni al fisco. Il potere d’acquisto degli atipici aumenterebbe del 35%.
5) Dovrà essere possibile un’unica forma incentivata di accesso al lavoro subordinato a causa mista (Contratto d’Inserimento Formativo) che abbasserà i costi del lavoro regolare per 6 anni. Nei primi 3 anni (o periodo inferiore stabilito dai CCNL in base alla professionalità da conseguire) si combineranno una paga inferiore a quella di un lavoratore stabile regolata dai CCNL con sgravi contributivi per l’impresa, riconosciuti dallo stato in proporzione alla formazione effettivamente svolta e si potrà recedere dal rapporto con preavviso.
Nei successivi tre anni dopo l’assunzione a tempo indeterminato e con una percentuale minima del 50% d’assunzioni da effettuare, si applicheranno le percentuali di contribuzione previste fino al 2011 per l’apprendistato. Alla fine del secondo triennio il lavoratore dovrà sostenere un esame formativo di specializzazione. Il costo di questa proposta può essere vicino allo zero perchè si usano meglio le risorse già a carico dello stato per l’apprendistato professionalizzante e per i contratti d’inserimento. Assieme sono attorno al 60% della spesa per politiche attive con un costo, per il solo apprendistato, di circa 2.250 mln di € all’anno.
L’Apprendistato, infatti, costa moltissimo allo stato e pochissimo alle imprese ma rende stabili meno del 20% dei ragazzi avviati, e non ha arginato il lavoro precario. Invece di usare altri soldi per incentivare le stabilizzazioni degli apprendisti, si usino meglio le ingenti risorse già impegnate con sgravi alle aziende che formano e che stabilizzano. Se si vuole realmente superare l’attuale precarietà, vista la media età degli attuali precari (oltre 40 anni) occorre superare il limite dei 29 anni dell’attuale apprendistato e usare il contratto d’inserimento per stabilizzare la parte più esposta degli attuali precari.
6) A tutti i lavoratori deve essere garantito un sostegno al reddito universale in caso di disoccupazione. I costi per un unica misura d’indennità di disoccupazione possono essere coperti dalla maggiore contribuzione di chi oggi non paga (le aziende che oggi assumono: apprendisti, parasubordinati, partite iva individuali, lavoratori spettacolo, ecc. ) e dall’integrazione dei fondi solidaristici istituiti dalle parti sociali con sgravi fiscali dei contributi versati.
Se la riforma non entrerà in vigore prima del 2017, non si devono lasciare ulteriormente senza ammortizzatori i lavoratori atipici iscritti alla gestione separata e per questo si deve sbloccare e allargare l’applicazione del cosiddetto “Bonus Precari” che in tre anni di forte crisi, a causa delle regole d’accesso assoultamente proibitive, ha erogato solo 24 mln sui 200 previsti.
7) I minimali di contribuzione per i parasubordinati devono essere uguali a quelli dei dipendenti, migliorando così la loro copertura previdenziale senza costi e recidendo un legame ingiusto con la gestione Commercianti che, con i suoi più alti minimali, riduce i mesi di contribuzione dei parasubordinati.
8) L’aliquota dei professionisti con partita iva iscritti alla gestione separata dovrà essere abbassata al 24 %, come per commercianti e artigiani, perchè questi lavratori pagano tutto il contributo da soli, Inoltre, per loro dovrà restare invariato l’attuale minimale, visto che si tratta in gran parte di veri autonomi.
9) Devono essere stabiliti sgravi fiscali per i contributi che le parti sociali destineranno al sostegno al reddito e alle tutele sociali aggiuntive dei lavoratori atipici. Come già avvenuto negli altri paesi, occorre regolare il lavoro autonomo per riequilibrare gli scompensi del mercato tra parte contraente dominante e contraente debole. Occorre poi sostenere l’accesso dei giovani e delle donne all’impresa o alla professione.
10) È necessario approvare lo statuto del lavoro autonomo. I costi sono limitati e già definiti nella proposta di legge n° 4050 presentata alla Camera dei Deputati.
www.partitodemocratico.it
Semplificazioni, Pd: bene nuovo emendamento scuola, ma è solo primo timido inizio
Ghizzoni e Bressa: governo rispetti impegni presi, per la scuola servono soldi in più. “Il Pd rivendica di aver sollevato come l’articolo 50 del decreto semplificazioni fosse totalmente insufficiente a dare risposte all’offerta formativa delle scuole. L’emendamento che abbiamo votato ieri era la risposta vera ed attesa, ma il governo non ha ritenuto di sostenerne la copertura. La proposta approvata oggi, che il Pd giudica solo un primo timido inizio, introduce due elementi di novità. La prima riguarda la possibilità di mettere a disposizione del ministro dell’Istruzione una parte dei risparmi derivati dai tagli di organico della Gelmini. Risorse che torneranno alla scuola e che potranno essere utilizzate anche per finanziare il potenziamento dell’organico funzionale all’offerta formativa introdotta dal dl per l’integrazione degli alunni con bisogni educati speciali, per la formazione permanente, per la prevenzione dell’abbandono e per il contrasto dell’insuccesso scolastico e formativo. La seconda importante novità riguarda l’impegno del governo a ricontrattare con i concessionari dei giochi la destinazione di una parte delle risorse ricavate per la scuola in analogia a quanto già avviene per i beni culturali. Qui c’è davvero la possibilità di mettere a disposizione della scuola soldi in più. È la prima volta dopo molti anni. Per il Pd la battaglia proseguirà in Parlamento perché il ministro Profumo e il governo devono dare attuazione agli impegni che si sono assunti con l’approvazione di questo emendamento”. Così i capigruppo democratici nelle commissioni Cultura e Affari costituzionali della Camera, Manuela Ghizzoni e Gianclaudio Bressa commentano il nuovo emendamento al Dl semplificazioni che modifica quello approvato ieri sulla scuola e che prevedeva la stabilizzazione di 10mila precari.
"Bologna, Ferrara, Torino I 5 stelle si rivoltano: Grillo cercava solo spot?" di Claudia Fusani
Prima la «scomunica» a chi difendeva l’Unità, poi l’attacco a chi chiedeva il voto per gli immigrati. Le tensioni tra il movimento e il suo guru sono ormai esplosive. Fino all’espulsione del il consigliere Tavolozzi per una «riunione partitocratica». M5S is dead- long life to M5S». Il Movimento 5 stelle è morto, lunga vita al Movimento, ha postato lo stesso Beppe Grillo qualche giorno fa nel blog. Non è chiaro se il comico genovese e da qualche anno leader carismatico del partito degli insoddisfatti abbia usato il detto medioevale nel suo significato originale – della serie: il mio movimento può morire nella forma ma è eterno nei principi – o se l’abbia usato in modo provocatorio e
contemporaneo, cioè tutti possono essere sostituiti. Fatto sta che qualcosa di grosso sta accadendo nel magico mondo dei grillini. Divergenze di opinioni che diventano polemiche
di fuoco; critiche che diventano l’occasione per espellere militanti dal movimento; sospetti dalla base verso «la regia di Beppe Grillo » e la presunta «manipolazione di Gian Roberto Casaleggio», il suo spin doctor, colui a cui si deve il successo di quello che è stato il fenomeno del web negli ultimi anni: il blog di Grillo.
Il nodo della questione è complesso e inevitabile: la fatica di restare movimento, la frustrazione di non diventare qualcosa di più organizzato e quindi in grado di incidere nel quotidiano delle città dove i grillini occupano posti in consiglio comunale e regionale; il futuro del Movimento 5 stelle, la gestione delle finanze, il ruolo steso di Grillo e quello della Casaleggio Associati. Il fastidio, addirittura, di definirsi
“grillini”.
L’ultima “vittima” è Valentino Tavolozzi, consigliere comunale del Movimento5 Stelle di Ferrara, colpevole di aver organizzato, senza l’autorizzazione del capo, un convegno
«partitocratico» (il Democracy day a fine 2011 a Rimini ripetuto a Ferrara nei giorni scorsi), in odore di fronda e per ciò stesso espulso come ai tempi delle purghe staliniane. «Grillo come Hitler» ha scritto il grillino Stefano Orlandi da Firenze. A ruota decine e decine di post simili. Il primo “commissariato” era stato Andrea
DeFranceschi, il consigliere regionale che un paio di mesi fa appoggiò l’Unità nella delicata vertenza sul finanziamento pubblico all’editoria. Se il male originale è in Romagna, il virus sta correndo in tutta Italia. In mezzo ci sono state le polemiche per una riunione con lo spindoctor Casaleggio in cui fu rigorosamente vietato fare video e registrare a cui sono seguite lettere di fuoco di grillini pronti a lasciare e delusi fino a escludere il loro guru dai social network. A ruota il feroce dibattito dopo che il 24 gennaio il comico genovese disse no alla cittadinanza per gli stranieri nati in Italia. Questa volta la rivolta si è sfogata a Torino. «Noi del Movimento 5 Stelle di Torino – è stata la prima di una lunga serie di contestazioni – ci troviamo a dover votare un ordine del giorno per l’adesione della città alla campagna sulla cittadinanza.
Dopo ampia consultazione in rete, abbiamo deciso di votare favorevolmente perché così vuole la stragrande maggioranza dei nostri simpatizzanti ed elettori che si sono espressi. E nel momento in cui ci viene chiesto di prendere posizione, non possiamo far finta di niente».| A seguire numerose adesioni di grillini. «La cittadinanza ai bambini nati e residenti in Italia è una cosa ovvia e logica per chi persegue il buonsenso
e non le ideologie» scrive Paolo Cicerone. Che assicura: «Io e ilm io gruppo M5S appoggiamo questa iniziativa». «Mi convinco sempre più», ha scrittoun altro, «che la volontà di Casaleggio e Grillo sia sempre più rivolta all’implosione del Movimento in barba a tanti bravi ragazzi che nel progetto c’hanno messo il cuore, la faccia e, spesso, il culo».
Grillo non ha gradito. Ha postato il requiem del Movimento («Il Movimento è morto-lunga vita al Movimento») fino a mettere in dubbio la partecipazione alle prossime politiche.
«Leggere queste cose – ha scritto – mi ha fatto cadere le palle. Se non cambiamo, è meglio scordarci le politiche» Il Movimento 5 Stelle è definito nel sito – bibbia, statuto, voce e programma – «una libera associazione di cittadini. Non è un partito politico nè si intende che lo diventi in futuro. Non ideologie di sinistra o di destra,
ma idee. Vuole realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità dei cittadini il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi». In questi anni è stata
una cavalcata: 28 mila voti nel 2008, 390 mila nel 2010 (l’1,7%), consiglieri più che raddoppiati (36) e oltre 100 mila iscritti nel 2011. Liste in 70-100 comuni nelle amministrative di maggio, 30-40 deputati in Parlamento nel 2013. Un successo confermato
dai sondaggi che danno Grillo al 4%. Ma anche quasi dimezzato se tra un anno dovesse prendere corpo “il partito dei tecnici”, il partito di Monti, saldo al secondo posto con il 22% dei voti, subito dopo il Pd e poco prima del Pdl.
Il bivio, prima o poi, arriva per tutti. Anche per Grillo. Che ora deve dimostrare se c’è o ci fa. Scrive Gigi: «Grillo aveva promesso di cambiare le cose con un nuovo sistema,ma poi non l` ha fatto, da qui le proteste.Ma forse Grillo non ha mai avuto intenzione di andare oltre e voleva solo farsi pubblicità».
L’Unità 07.03.12
“Bologna, Ferrara, Torino I 5 stelle si rivoltano: Grillo cercava solo spot?” di Claudia Fusani
Prima la «scomunica» a chi difendeva l’Unità, poi l’attacco a chi chiedeva il voto per gli immigrati. Le tensioni tra il movimento e il suo guru sono ormai esplosive. Fino all’espulsione del il consigliere Tavolozzi per una «riunione partitocratica». M5S is dead- long life to M5S». Il Movimento 5 stelle è morto, lunga vita al Movimento, ha postato lo stesso Beppe Grillo qualche giorno fa nel blog. Non è chiaro se il comico genovese e da qualche anno leader carismatico del partito degli insoddisfatti abbia usato il detto medioevale nel suo significato originale – della serie: il mio movimento può morire nella forma ma è eterno nei principi – o se l’abbia usato in modo provocatorio e
contemporaneo, cioè tutti possono essere sostituiti. Fatto sta che qualcosa di grosso sta accadendo nel magico mondo dei grillini. Divergenze di opinioni che diventano polemiche
di fuoco; critiche che diventano l’occasione per espellere militanti dal movimento; sospetti dalla base verso «la regia di Beppe Grillo » e la presunta «manipolazione di Gian Roberto Casaleggio», il suo spin doctor, colui a cui si deve il successo di quello che è stato il fenomeno del web negli ultimi anni: il blog di Grillo.
Il nodo della questione è complesso e inevitabile: la fatica di restare movimento, la frustrazione di non diventare qualcosa di più organizzato e quindi in grado di incidere nel quotidiano delle città dove i grillini occupano posti in consiglio comunale e regionale; il futuro del Movimento 5 stelle, la gestione delle finanze, il ruolo steso di Grillo e quello della Casaleggio Associati. Il fastidio, addirittura, di definirsi
“grillini”.
L’ultima “vittima” è Valentino Tavolozzi, consigliere comunale del Movimento5 Stelle di Ferrara, colpevole di aver organizzato, senza l’autorizzazione del capo, un convegno
«partitocratico» (il Democracy day a fine 2011 a Rimini ripetuto a Ferrara nei giorni scorsi), in odore di fronda e per ciò stesso espulso come ai tempi delle purghe staliniane. «Grillo come Hitler» ha scritto il grillino Stefano Orlandi da Firenze. A ruota decine e decine di post simili. Il primo “commissariato” era stato Andrea
DeFranceschi, il consigliere regionale che un paio di mesi fa appoggiò l’Unità nella delicata vertenza sul finanziamento pubblico all’editoria. Se il male originale è in Romagna, il virus sta correndo in tutta Italia. In mezzo ci sono state le polemiche per una riunione con lo spindoctor Casaleggio in cui fu rigorosamente vietato fare video e registrare a cui sono seguite lettere di fuoco di grillini pronti a lasciare e delusi fino a escludere il loro guru dai social network. A ruota il feroce dibattito dopo che il 24 gennaio il comico genovese disse no alla cittadinanza per gli stranieri nati in Italia. Questa volta la rivolta si è sfogata a Torino. «Noi del Movimento 5 Stelle di Torino – è stata la prima di una lunga serie di contestazioni – ci troviamo a dover votare un ordine del giorno per l’adesione della città alla campagna sulla cittadinanza.
Dopo ampia consultazione in rete, abbiamo deciso di votare favorevolmente perché così vuole la stragrande maggioranza dei nostri simpatizzanti ed elettori che si sono espressi. E nel momento in cui ci viene chiesto di prendere posizione, non possiamo far finta di niente».| A seguire numerose adesioni di grillini. «La cittadinanza ai bambini nati e residenti in Italia è una cosa ovvia e logica per chi persegue il buonsenso
e non le ideologie» scrive Paolo Cicerone. Che assicura: «Io e ilm io gruppo M5S appoggiamo questa iniziativa». «Mi convinco sempre più», ha scrittoun altro, «che la volontà di Casaleggio e Grillo sia sempre più rivolta all’implosione del Movimento in barba a tanti bravi ragazzi che nel progetto c’hanno messo il cuore, la faccia e, spesso, il culo».
Grillo non ha gradito. Ha postato il requiem del Movimento («Il Movimento è morto-lunga vita al Movimento») fino a mettere in dubbio la partecipazione alle prossime politiche.
«Leggere queste cose – ha scritto – mi ha fatto cadere le palle. Se non cambiamo, è meglio scordarci le politiche» Il Movimento 5 Stelle è definito nel sito – bibbia, statuto, voce e programma – «una libera associazione di cittadini. Non è un partito politico nè si intende che lo diventi in futuro. Non ideologie di sinistra o di destra,
ma idee. Vuole realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità dei cittadini il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi». In questi anni è stata
una cavalcata: 28 mila voti nel 2008, 390 mila nel 2010 (l’1,7%), consiglieri più che raddoppiati (36) e oltre 100 mila iscritti nel 2011. Liste in 70-100 comuni nelle amministrative di maggio, 30-40 deputati in Parlamento nel 2013. Un successo confermato
dai sondaggi che danno Grillo al 4%. Ma anche quasi dimezzato se tra un anno dovesse prendere corpo “il partito dei tecnici”, il partito di Monti, saldo al secondo posto con il 22% dei voti, subito dopo il Pd e poco prima del Pdl.
Il bivio, prima o poi, arriva per tutti. Anche per Grillo. Che ora deve dimostrare se c’è o ci fa. Scrive Gigi: «Grillo aveva promesso di cambiare le cose con un nuovo sistema,ma poi non l` ha fatto, da qui le proteste.Ma forse Grillo non ha mai avuto intenzione di andare oltre e voleva solo farsi pubblicità».
L’Unità 07.03.12
"L’amaro 8 Marzo delle madri licenziate", di Gian Antonio Stella
«Iddio c’ispira rimettere il nostro atroce duolo nelle fibbra più intima del di Lei Buon Cuore, che far potesse muovere a pietà i Padroni che mandassero un po’ di lavoro, ci accontentiamo almeno di quel poco che si aveva ultimamente, ma del tutto lasciarci prive… Con poco si può fare qualcosa, ma niente, proprio niente ci toglie la forza della vita, che non si farebbe caso se si fosse sole… Ma i figli, l’innocenti da sfamare… Questo è il guaio, questo è il tormento nostro!»
Sono passati 84 anni da quando quattromila «impiraresse» inoltrarono quella straziante supplica al podestà di Venezia. È cambiato tutto, da allora. E quel mestiere che per secoli aveva dato da vivere malamente (a fine Ottocento guadagnavano un quinto della paga di un operaio) a migliaia di nonne, di madri, di figlie che passavano le giornate a infilare perle di Murano nelle collanine vendute in giro per il pianeta non esiste più. La prima pagina de «La nuova Venezia» dell’altro giorno, però, sembrava uscita da quel mondo antico di violenza, arretratezza, sfruttamento. Denunciava infatti che nella sola provincia di Venezia e nel solo 2011, stando ai dati della Camera del Lavoro Metropolitano, sono stati registrati 469 licenziamenti o «autolicenziamenti» di donne incinte o diventate madri. Un dato in flessione rispetto al 2009 (quando furono 539) e al 2010 (488), secondo la segretaria della Camera, Teresa Dal Borgo, «non tanto perché ci siano meno casi, ma perché con la crisi che avanza, ci sono meno donne che lavorano».
Lisa, che lavorava in una vetreria muranese, ha raccontato: «Un mese dopo avere comunicato che aspettavo un bambino mi dissero che mi avrebbero licenziata subito ma che potevo continuare a lavorare in nero finché me la sentivo. E così ho fatto, perché avevo bisogno di soldi. Non dico quanto ho pianto e quanto ho sofferto per quelle parole». «Si discute di pari opportunità, ma la pari opportunità non esiste — si è sfogata sul quotidiano Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia —. Ho in mente tante donne che mi dicono che cercano occupazione e gli viene detto che non possono essere assunte perché sono in età feconda». Oppure, più avanti, no «perché sono troppo vecchie».
Il tutto alla vigilia dell’8 Marzo, festa della donna. Suggello a una situazione incancrenita che vede l’Italia in coda a tutti i Paesi europei per tassi di occupazione rispetto alla popolazione di età compresa fra i 15 e i 64 anni. Per non dire del tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 54 anni che sono madri: siamo al 63,9%, davanti solo a Malta, e sotto di 12 punti rispetto alla media europea, di 15 alla Germania, di 18 alla Francia dove ad esempio, come i lettori del Corriere sanno, sono italiane, giovani e mamme alcune delle figure di spicco del Louvre, a partire da Claudia Ferrazzi, che fa l’administrateur général adjoint pur avendo due bambine, Diane di 3 anni e Daphné di uno. Davanti alle quali è spalancato un mondo ricco di speranze e, se vogliono, di soddisfazioni professionali altissime. Purché, si capisce, non vengano a cercar fortuna in questa nostra Italia rimasta ai tempi delle «impiraresse».
Il Corriere della Sera 07.03.12
“L’amaro 8 Marzo delle madri licenziate”, di Gian Antonio Stella
«Iddio c’ispira rimettere il nostro atroce duolo nelle fibbra più intima del di Lei Buon Cuore, che far potesse muovere a pietà i Padroni che mandassero un po’ di lavoro, ci accontentiamo almeno di quel poco che si aveva ultimamente, ma del tutto lasciarci prive… Con poco si può fare qualcosa, ma niente, proprio niente ci toglie la forza della vita, che non si farebbe caso se si fosse sole… Ma i figli, l’innocenti da sfamare… Questo è il guaio, questo è il tormento nostro!»
Sono passati 84 anni da quando quattromila «impiraresse» inoltrarono quella straziante supplica al podestà di Venezia. È cambiato tutto, da allora. E quel mestiere che per secoli aveva dato da vivere malamente (a fine Ottocento guadagnavano un quinto della paga di un operaio) a migliaia di nonne, di madri, di figlie che passavano le giornate a infilare perle di Murano nelle collanine vendute in giro per il pianeta non esiste più. La prima pagina de «La nuova Venezia» dell’altro giorno, però, sembrava uscita da quel mondo antico di violenza, arretratezza, sfruttamento. Denunciava infatti che nella sola provincia di Venezia e nel solo 2011, stando ai dati della Camera del Lavoro Metropolitano, sono stati registrati 469 licenziamenti o «autolicenziamenti» di donne incinte o diventate madri. Un dato in flessione rispetto al 2009 (quando furono 539) e al 2010 (488), secondo la segretaria della Camera, Teresa Dal Borgo, «non tanto perché ci siano meno casi, ma perché con la crisi che avanza, ci sono meno donne che lavorano».
Lisa, che lavorava in una vetreria muranese, ha raccontato: «Un mese dopo avere comunicato che aspettavo un bambino mi dissero che mi avrebbero licenziata subito ma che potevo continuare a lavorare in nero finché me la sentivo. E così ho fatto, perché avevo bisogno di soldi. Non dico quanto ho pianto e quanto ho sofferto per quelle parole». «Si discute di pari opportunità, ma la pari opportunità non esiste — si è sfogata sul quotidiano Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia —. Ho in mente tante donne che mi dicono che cercano occupazione e gli viene detto che non possono essere assunte perché sono in età feconda». Oppure, più avanti, no «perché sono troppo vecchie».
Il tutto alla vigilia dell’8 Marzo, festa della donna. Suggello a una situazione incancrenita che vede l’Italia in coda a tutti i Paesi europei per tassi di occupazione rispetto alla popolazione di età compresa fra i 15 e i 64 anni. Per non dire del tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 54 anni che sono madri: siamo al 63,9%, davanti solo a Malta, e sotto di 12 punti rispetto alla media europea, di 15 alla Germania, di 18 alla Francia dove ad esempio, come i lettori del Corriere sanno, sono italiane, giovani e mamme alcune delle figure di spicco del Louvre, a partire da Claudia Ferrazzi, che fa l’administrateur général adjoint pur avendo due bambine, Diane di 3 anni e Daphné di uno. Davanti alle quali è spalancato un mondo ricco di speranze e, se vogliono, di soddisfazioni professionali altissime. Purché, si capisce, non vengano a cercar fortuna in questa nostra Italia rimasta ai tempi delle «impiraresse».
Il Corriere della Sera 07.03.12