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“Non ci saranno più vittime fantasma”, di Luciano Gallino

La sentenza di Torino riveste un´importanza fondamentale in tema di tutela della salute sui luoghi di lavoro. Essa stabilisce anzitutto una relazione stretta tra una sostanza alla quale gruppi di lavoratori sono stati esposti in azienda e una patologia che li colpisce anche molti anni dopo. Per oltre un secolo, infatti, le famiglie dei lavoratori deceduti a causa dell´amianto sono state sconfitte in tribunale, con l´eccezione di rari casi individuali. Gli avvocati della difesa, infatti, riuscivano a insinuare nei giudici il dubbio che un cancro alla pleura o al polmone potesse davvero manifestarsi a decenni di distanza dal periodo di esposizione ad esso. In realtà sulla pericolosità delle polveri di amianto, dovuta alla loro conformazione vetrosa, aveva richiamato l´attenzione un´ispettrice di fabbrica inglese sin dal 1898. Nel corso del Novecento la sua denuncia fu seguita da quella di numerosi medici in Francia, Usa, Canada, Germania, Sud Africa, oltre che nel Regno Unito. Ma pur nei casi in cui si era arrivati a una causa, la parte civile ebbe sempre la peggio nel tentativo di dimostrare che era stato il lavoro su manufatti amiantiferi a decretare la morte di molti operai in un dato impianto, a distanza di venti o trent´anni.
Pertanto la sentenza di Torino avrà certamente un effetto sulla valutazione di altre tragedie. L´Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che le morti correlate alle condizioni delle fabbriche siano due-quattro volte maggiori di quelle dovute agli incidenti sul lavoro. Si tratta quindi di aggiungere agli oltre mille decessi che si registrano in Italia altre 2.000-4.000 vittime “fantasma” l´anno.
La responsabilità dei maggiori dirigenti è un altro aspetto innovativo della sentenza di Torino. Anche dinanzi a gravi compromissioni della salute dei dipendenti, il loro ad, il direttore generale o il presidente, siano italiani o stranieri, se la sono sovente cavata sostenendo che non potevano sapere che cosa succedeva. Il responsabile, se c´era, andava individuato nel direttore di stabilimento, nel capo reparto o altre figure intermedie. Dall´andamento del processo si può invece desumere che la sentenza in parola non si fondi semplicemente sull´ipotesi che il capo della Eternit Italia, o il maggior azionista svizzero, non potevano non sapere. Essa sembra invece statuire che i massimi dirigenti avevano il dovere di predisporre un sistema di informazioni atto a comunicare ciò che nella loro posizione avevano il dovere di sapere: che l´amianto uccide. L´omissione di tale intervento è ciò che ha concorso a renderli penalmente responsabili.
La sentenza di Torino vale anche a ricordare che l´amianto ha ucciso in Europa milioni di persone nel corso del Novecento, grazie all´importazione di 800.000 tonnellate l´anno, diminuite solo dopo il 1980. L´uso industriale dell´amianto è stato infatti vietato dalla Ue con grande ritardo, nel 1999. Inoltre, dato che il cancro indotto da esso ha tempi lunghi, continuerà a uccidere per decenni. Un rapporto 2001 dell´Agenzia Europea per l´Ambiente stimava che da lì al 2035 esso avrebbe provocato ancora tra 250.000 e 400.000 decessi. Dal che emerge un´altra colpa, largamente distribuita tra imprese, ministeri del lavoro e della sanità, dirigenti industriali, ricercatori. Per cent´anni, dopo che un´ispettrice del lavoro e un medico inglesi avevano denunciato la pericolosità di quella sostanza, non si è dato peso ai segnali precoci. Fino a quando non si sono trasformati in una terribile lezione, come dice il rapporto citato. Perciò la sentenza di Torino rappresenta pure un fermo invito a badare ai segnali precoci che di continuo si profilano in tanti settori industriali, dove si lavora con sostanze e processi forse non pericolosi come l´amianto, ma che rischiano comunque di infliggere col tempo dolorose lezioni.

La Repubblica 14.02.12

"Altolà del PD alla assunzione diretta dei docenti", da Tuttoscuola

Le reazioni alla proposta di legge regionale per la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei capi d’istituto, presentata dalla giunta regionale lombarda al ministro Profumo, sono quasi tutte di segno decisamente negativo. Sul piano politico è netta la contrarietà del PD che attraverso la responsabile scuola, Francesca Puglisi, dopo aver dichiarato che la scuola “’non è materia sulla quale esercitare la fantasia o una cavia su cui fare esperimenti”, non ha esitato a giudicare la proposta, anche se sperimentale, “pura follia e incostituzionale”.

L’ex-ministro Fioroni, a sua volta, ha rivolto un’esortazione a Profumo, affinché “segua le priorità” tra le quali non rientra certamente il reclutamento diretto degli insegnanti in Lombardia.

In una dichiarazione rilasciata all’ANSA, Fioroni ha detto: “’Lo dico con affetto e stima: il ministro Profumo è un vero vulcano, una ne fa e cento ne pensa, ma qualche volta forse è necessario riflettere sulle priorità e sul metodo che è anche sostanza”.

“Non abbiamo certezze sugli scatti degli insegnanti che con la crisi sono ancora più poveri e insicuri – ha continuato l’esponente del PD – il Governo non dà parere favorevole al trattare gli insegnanti come tutti gli altri dipendenti pubblici per la loro pensione. Di fronte a tutto ciò il ministro avvia intese per il reclutamento diretto in Lombardia. Ma quale reclutamento? Senza l’emendamento sulle pensioni la nostra scuola sarà sempre più vecchia.

Un nuovo reclutamento diretto in Lombardia mentre – sottolinea ancora l’ex ministro – si annuncia un nuovo concorso nazionale per i giovani sotto i 36 anni e mentre il Governo non ha ancora avuto la delega per il nuovo reclutamento e il Tesoro non ha sbloccato l’avvio del Tirocinio formativo attivo. Sono certo – conclude Fioroni – che Profumo vorrà seguire le priorità e comprendere che la scuola pubblica è quella italiana e non quella lombarda e che proclami e fughe in avanti servono solo ad alimentare false speranze e a creare contenziosi e proteste in una scuola che ha bisogno di avere serenità e discontinuità dal passato”.

Da Tuttoscuola 14.02.12

“Altolà del PD alla assunzione diretta dei docenti”, da Tuttoscuola

Le reazioni alla proposta di legge regionale per la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei capi d’istituto, presentata dalla giunta regionale lombarda al ministro Profumo, sono quasi tutte di segno decisamente negativo. Sul piano politico è netta la contrarietà del PD che attraverso la responsabile scuola, Francesca Puglisi, dopo aver dichiarato che la scuola “’non è materia sulla quale esercitare la fantasia o una cavia su cui fare esperimenti”, non ha esitato a giudicare la proposta, anche se sperimentale, “pura follia e incostituzionale”.

L’ex-ministro Fioroni, a sua volta, ha rivolto un’esortazione a Profumo, affinché “segua le priorità” tra le quali non rientra certamente il reclutamento diretto degli insegnanti in Lombardia.

In una dichiarazione rilasciata all’ANSA, Fioroni ha detto: “’Lo dico con affetto e stima: il ministro Profumo è un vero vulcano, una ne fa e cento ne pensa, ma qualche volta forse è necessario riflettere sulle priorità e sul metodo che è anche sostanza”.

“Non abbiamo certezze sugli scatti degli insegnanti che con la crisi sono ancora più poveri e insicuri – ha continuato l’esponente del PD – il Governo non dà parere favorevole al trattare gli insegnanti come tutti gli altri dipendenti pubblici per la loro pensione. Di fronte a tutto ciò il ministro avvia intese per il reclutamento diretto in Lombardia. Ma quale reclutamento? Senza l’emendamento sulle pensioni la nostra scuola sarà sempre più vecchia.

Un nuovo reclutamento diretto in Lombardia mentre – sottolinea ancora l’ex ministro – si annuncia un nuovo concorso nazionale per i giovani sotto i 36 anni e mentre il Governo non ha ancora avuto la delega per il nuovo reclutamento e il Tesoro non ha sbloccato l’avvio del Tirocinio formativo attivo. Sono certo – conclude Fioroni – che Profumo vorrà seguire le priorità e comprendere che la scuola pubblica è quella italiana e non quella lombarda e che proclami e fughe in avanti servono solo ad alimentare false speranze e a creare contenziosi e proteste in una scuola che ha bisogno di avere serenità e discontinuità dal passato”.

Da Tuttoscuola 14.02.12

"Non siamo più un partito in cerca di un Dna", di Pier Luigi Bersani

Caro direttore, rispondo volentieri alla sollecitazione di Eugenio Scalfari affinché mi pronunci sulla possibilità che il Pd sia ricondotto ad un Partito Socialdemocratico. Con tutta franchezza (e non facendo certo difetto ai democratici la pluralità di opinioni!) non conosco né documenti né intenzioni di dirigenti di Partito che pongano quel problema.
Nessuno discute di questo. Piuttosto si discute, da noi e in Europa, su come configurare i rapporti fra Partito Democratico e famiglia dei Socialisti Europei ai cui appuntamenti siamo invitati ed attivamente presenti senza esserne membri. Parliamo dunque di questo e parliamone avendo negli occhi le immagini del dramma greco, ben evitabile con una diversa politica europea, così da andare alla sostanza evitando quegli stucchevoli giochi di posizionamento che ogni tanto (sempre meno, per fortuna!) riemergono nel Pd.
Innanzitutto una premessa, che devo ad un elettore come Eugenio Scalfari. Dopo quattro anni siamo usciti dal problema identitario. Non abbiamo certo finito il nostro lavoro di costruzione né abbiamo corretto tutti i nostri difetti, ma non siamo più una ipotesi o un esperimento o un partito in cerca di Dna.
Siamo il primo Partito Italiano. Con l´aiuto di tutti, davvero di tutti, abbiamo fatto i conti con riflessi nostalgici e continuisti e con nuovismi vacui. Ci siamo appassionati alla sintesi di culture riformiste antiche e nuove, e vogliamo che vivano contaminandosi e non da separate in casa. Abbiamo ribadito il ruolo della politica riconoscendone tuttavia i limiti; vogliamo regole nuove nella politica e sperimentiamo con convinzione l´apertura alle espressioni civiche e al protagonismo dei cittadini. Siamo un Partito progressista, un Partito del lavoro, della Costituzione, dell´Unità della nazione. Un Partito profondamente europeista. Ormai esistiamo. Non possiamo più permetterci sedute psicanalitiche. Il nostro profilo sarà semplicemente il prodotto di quello di ciò che diremo e che faremo per l´Italia e per l´Europa, sostenendo i valori e gli interessi che vogliamo rappresentare.
In Europa siamo ad un tornante storico. Nei giorni scorsi il direttore del Times ha raffigurato plasticamente su Repubblica i dilemmi che abbiamo di fronte. In conseguenza della sbornia liberista si è radicata (non solo in Germania) una ideologia difensiva e di ripiegamento che è stata corteggiata dalla Destra ed estremizzata dai populismi. Questa ideologia ci sta portando tutti al disastro. Che la risposta a tutto questo possa venire solo da periodici vertici di Bruxelles, è una drammatica illusione. Serve una battaglia politica ed ideale, serve una voce sola dei progressisti che si faccia sentire in Europa, serve una piattaforma comune.
Ci stiamo lavorando con intensità, in particolare con la Spd di Gabriel e con Francois Hollande.
Emergono ormai proposte concrete per una diversa politica europea. Le sosterremo assieme nella prossime campagne elettorali, a cominciare da quella francese. Ecco allora la domanda di prospettiva: quale soggetto puoi interpretare stabilmente una politica comune dei progressisti, a fronte di forze conservatrici europee che hanno mostrato di sapere ampliare le loro relazioni politiche?
Nel Parlamento Europeo c´è stata una evoluzione positiva: si è formato il gruppo dei Socialisti e dei Democratici Europei, che sta lavorando bene. Ci si deve impegnare per un esito simile sul piano politico: la costruzione cioè di un soggetto politico europeo aperto ai riformisti di diversa ispirazione. Non è forse geneticamente connaturata al Pd una simile proposta? Non è forse coerente con quello che diciamo a proposito di una organizzazione internazionale dei progressisti che oltrepassi le antiche famiglie e che raccolga i soggetti socialisti, democratici e liberali, di tradizione ambientalista o di ispirazione religiosa, che in tutto il mondo combattono il liberismo della destra conservatrice? Noi dunque opereremo in questa chiave.
Con due avvertenze. La prima: non cadremo nella pretesa ridicola di dare lezioni e terremo conto del peso reale delle forze progressiste in campo in Europa. La seconda: non avremo timore di contaminazioni per eccesso di vicinato. Ci affideremo con fiducia alla forza della nostra esperienza e delle nostre convinzioni. Chi volesse osservare la discussione nella Spd e nei verdi tedeschi o le recenti pratiche politiche dei Socialisti francesi potrebbe forse riconoscere qualche traccia delle nostre buone ragioni.

Ringrazio l´onorevole Bersani per la lettera che ci ha indirizzato. Non avevo dubbi sul suo pensiero che riguarda l´identità del Partito Democratico, sulle sue capacità evolutive e sulla pluralità di culture politiche che non vivono come separate in casa ma vicendevolmente si contaminano. L´approdo ad un soggetto politico europeo rientra anch´esso in questo disegno nel quale, come elettore democratico, mi ritrovo perfettamente. Naturalmente questa è soltanto una parte importante del lavoro che il Pd deve svolgere. Ne ho fatto cenno nel mio articolo e confido che venga portato avanti con buona lena perché il distacco tra la pubblica opinione e i partiti in genere – nessuno escluso – si sta pericolosamente trasformando in un incolmabile fossato. Auguri, caro Bersani, di buon lavoro a voi tutti. e.s.

La Repubblica 14.02.12

“Non siamo più un partito in cerca di un Dna”, di Pier Luigi Bersani

Caro direttore, rispondo volentieri alla sollecitazione di Eugenio Scalfari affinché mi pronunci sulla possibilità che il Pd sia ricondotto ad un Partito Socialdemocratico. Con tutta franchezza (e non facendo certo difetto ai democratici la pluralità di opinioni!) non conosco né documenti né intenzioni di dirigenti di Partito che pongano quel problema.
Nessuno discute di questo. Piuttosto si discute, da noi e in Europa, su come configurare i rapporti fra Partito Democratico e famiglia dei Socialisti Europei ai cui appuntamenti siamo invitati ed attivamente presenti senza esserne membri. Parliamo dunque di questo e parliamone avendo negli occhi le immagini del dramma greco, ben evitabile con una diversa politica europea, così da andare alla sostanza evitando quegli stucchevoli giochi di posizionamento che ogni tanto (sempre meno, per fortuna!) riemergono nel Pd.
Innanzitutto una premessa, che devo ad un elettore come Eugenio Scalfari. Dopo quattro anni siamo usciti dal problema identitario. Non abbiamo certo finito il nostro lavoro di costruzione né abbiamo corretto tutti i nostri difetti, ma non siamo più una ipotesi o un esperimento o un partito in cerca di Dna.
Siamo il primo Partito Italiano. Con l´aiuto di tutti, davvero di tutti, abbiamo fatto i conti con riflessi nostalgici e continuisti e con nuovismi vacui. Ci siamo appassionati alla sintesi di culture riformiste antiche e nuove, e vogliamo che vivano contaminandosi e non da separate in casa. Abbiamo ribadito il ruolo della politica riconoscendone tuttavia i limiti; vogliamo regole nuove nella politica e sperimentiamo con convinzione l´apertura alle espressioni civiche e al protagonismo dei cittadini. Siamo un Partito progressista, un Partito del lavoro, della Costituzione, dell´Unità della nazione. Un Partito profondamente europeista. Ormai esistiamo. Non possiamo più permetterci sedute psicanalitiche. Il nostro profilo sarà semplicemente il prodotto di quello di ciò che diremo e che faremo per l´Italia e per l´Europa, sostenendo i valori e gli interessi che vogliamo rappresentare.
In Europa siamo ad un tornante storico. Nei giorni scorsi il direttore del Times ha raffigurato plasticamente su Repubblica i dilemmi che abbiamo di fronte. In conseguenza della sbornia liberista si è radicata (non solo in Germania) una ideologia difensiva e di ripiegamento che è stata corteggiata dalla Destra ed estremizzata dai populismi. Questa ideologia ci sta portando tutti al disastro. Che la risposta a tutto questo possa venire solo da periodici vertici di Bruxelles, è una drammatica illusione. Serve una battaglia politica ed ideale, serve una voce sola dei progressisti che si faccia sentire in Europa, serve una piattaforma comune.
Ci stiamo lavorando con intensità, in particolare con la Spd di Gabriel e con Francois Hollande.
Emergono ormai proposte concrete per una diversa politica europea. Le sosterremo assieme nella prossime campagne elettorali, a cominciare da quella francese. Ecco allora la domanda di prospettiva: quale soggetto puoi interpretare stabilmente una politica comune dei progressisti, a fronte di forze conservatrici europee che hanno mostrato di sapere ampliare le loro relazioni politiche?
Nel Parlamento Europeo c´è stata una evoluzione positiva: si è formato il gruppo dei Socialisti e dei Democratici Europei, che sta lavorando bene. Ci si deve impegnare per un esito simile sul piano politico: la costruzione cioè di un soggetto politico europeo aperto ai riformisti di diversa ispirazione. Non è forse geneticamente connaturata al Pd una simile proposta? Non è forse coerente con quello che diciamo a proposito di una organizzazione internazionale dei progressisti che oltrepassi le antiche famiglie e che raccolga i soggetti socialisti, democratici e liberali, di tradizione ambientalista o di ispirazione religiosa, che in tutto il mondo combattono il liberismo della destra conservatrice? Noi dunque opereremo in questa chiave.
Con due avvertenze. La prima: non cadremo nella pretesa ridicola di dare lezioni e terremo conto del peso reale delle forze progressiste in campo in Europa. La seconda: non avremo timore di contaminazioni per eccesso di vicinato. Ci affideremo con fiducia alla forza della nostra esperienza e delle nostre convinzioni. Chi volesse osservare la discussione nella Spd e nei verdi tedeschi o le recenti pratiche politiche dei Socialisti francesi potrebbe forse riconoscere qualche traccia delle nostre buone ragioni.

Ringrazio l´onorevole Bersani per la lettera che ci ha indirizzato. Non avevo dubbi sul suo pensiero che riguarda l´identità del Partito Democratico, sulle sue capacità evolutive e sulla pluralità di culture politiche che non vivono come separate in casa ma vicendevolmente si contaminano. L´approdo ad un soggetto politico europeo rientra anch´esso in questo disegno nel quale, come elettore democratico, mi ritrovo perfettamente. Naturalmente questa è soltanto una parte importante del lavoro che il Pd deve svolgere. Ne ho fatto cenno nel mio articolo e confido che venga portato avanti con buona lena perché il distacco tra la pubblica opinione e i partiti in genere – nessuno escluso – si sta pericolosamente trasformando in un incolmabile fossato. Auguri, caro Bersani, di buon lavoro a voi tutti. e.s.

La Repubblica 14.02.12

"Il governo accelera. Domani il vertice. Precari, parti lontane", di Massimo Franchi

Questa volta Mario Monti e Susanna Camusso si sono visti veramente. Lo hanno fatto a Villa Madama, alla colazione organizzata in onore del presidente della Repubblica tedesca Christian Wulff. A testimoniarlo c’era il gotha dell’imprenditoria e dei sindacati dei due paesi e perfino i ministri Elsa Fornero e Corrado Passera. Non è dato sapere se il premier e il segretario generale della Cgil abbiano discusso. L’altra certezza è che lo faranno anche domani a palazzo Chigi al terzo round del tavolo sul mercato del lavoro e la crescita che ieri è stato ufficialmente convocato per le 9,45 della mattina. Anche qui ci saranno tutte le altre parti sociali ed è assicurata la presenza del premier, assente invece al secondo vertice, a testimoniare l’attenzione che Monti dà alla trattativa. Messe da parte le polemiche sullo (smentito) vertice segreto, il clima fra governo e parti sociali torna costruttivo. RETEIMPRESE APRE SU CONTRIBUTI Ieri doppia razione di incontri informali fra le parti sociali. Al mattino è toccato a Rete Imprese e sindacati fare il punto sul tema dell’estensione degli ammortizzatori sociali alle piccole imprese, esercenti e artigiani. Un incontro che ha avuto prima un livello politico, con gli interventi di tutti i segretari (Camusso, Bonanni, Angeletti) e i portavoce (Marco Venturi), poi un livello tecnico in cui si è discusso più operativamente sulle possibili modifiche a normative, contributi e contratti. Rete Imprese ha dato una disponibilità generica a contribuire all’estensione degli ammortizzatori. Una delle ipotesi sul tavolo è quella di analizzare la situazione comparto per comparto affrontando le specificità di ogni singolo settore. Rete Imprese infatti rappresenta aziende con 14 dipendenti e bilanci da milioni che sono quindi in grado di contribuire a finanziare l’estensione a forme di assicurazione per i loro lavoratori che in futuro potrebbero perdere il lavoro (oggi scoperti da qualunque ammortizzatore) e imprese familiari o personali chenon possono sopportare il minimo ulteriore aggravio, pena il rischio di bancarotta. I tecnici di Rete Imprese quindi si sono detti disponibili a portare, per la prossima riunione, un’analisi dettagliata dei settori in cui le imprese sono in grado di contribuire con una stima delle aliquote possibili. L’altro capitolo all’esame dell’incontro era quello della flessibilità in ingresso. Rete Imprese è l’associazione datoriale che usa di più i contratti precari ed ha condiviso l’obiettivo di perseguirne «le forme più improprie ». Nel mirino ci sono le false partite Iva e i co.co.pro. con cui si mascherano contratti da lavoratore dipendente subordinato. Discorso a parte per i contratti stagionali che Rete Imprese difende perché assolutamente necessari per il settore del turismo. L’ultimo capitolo riguarda l’apprendistato e i contratti di reinserimento, entrambi strumenti considerati fondamentali per l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani e il rientro dei 50enni espulsi dalle imprese a causa della crisi. Nel primo caso sindacati e Rete Imprese concordano sull’idea di rafforzare lo strumento rendendo certificata la formazione, nel secondo si chiede di favorirne l’uso con vantaggi fiscali e contributivi. «È stata una riunione interlocutoria, però c’è molta comprensione delle reciproche valutazioni», ha commentato al termine il portavoce di Rete Imprese Italia (che associa Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani) Marco Venturi. «Il clima è positivo», aggiunge Venturi, sottolineando la volontà di arrivare ad una posizione condivisa, ma ribadendo la posizione sulla questione dei contributi: «Non ci si può chiedere di pagare dei contributi per altre imprese», ha concluso.

CISL OTTIMISTA Per il leader della Cisl Raffaele Bonanni l’incontro è andato «molto bene, abbiamo discusso su come impostare una posizione sulla riforma del mercato del lavoro, è stato fatto un buon passo in avanti perché Rete Imprese non rifiuta l’esenzione delle tutelemapone il problema di come utilizzare bene i soldi dell’intero sistemaper orientarli sulle cose più importanti. Spero che questo ragionamento possa servire ad estendere la Cassa integrazione anche nelle piccole aziende. È irrinunciabile – conclude – che si abbia la Cig per tutti». Anche il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, parla di «un incontro interessante e proficuo». Nel pomeriggio (e fino a tarda sera) invece è toccato ai tecnici di sindacati, Confindustria, Cooperative, Abi e Ania approfondire la discussione su contratti e ammortizzatori. Anche qui (pochi) passi avanti sulla riduzione del numero dei contratti dagli attuali 46 ad un numero che i sindacati vorrebbero fissare a cinque mentre i rappresentanti datoriali insistono per mantenere fino a dieci,non volendo cancellare le troppe forme di precariato che ancora sfruttano. Sul tema degli ammortizzatori il dibattito si è spostato dal sistema attuale (Cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga più mobilità) ad uno futuro che sia universale e che sia finanziato da tutte le imprese (non sono quelle industriali,come accade oggi). L’impressione però è che il cammino da fare sia ancora lungo e la quadra lontana da essere trovata.

L’Unità 14.02.12

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“Sul lavoro il governo accelera, domani vertice a Palazzo Chigi”, di Giusi Franzese

Avanti tutta sulla riforma del mercato del lavoro, alla ricerca di quelli che le parti chiamano «punti di convergenza». La nuova convocazione a Palazzo Chigi è arrivata: la riunione con il governo si terrà domani mattina. E stavolta sindacati e imprese vorrebbero sedersi attorno al tavolo della sala verde con «un contributo tecnico» da consegnare al governo: un documento con un’intesa tra le parti sullo sfoltimento delle tipologie contrattuali, la cattiva flessibilità e gli ammortizzatori sociali. Su quest’ultimo punto gli sherpa, che hanno lavorato fino alla tarda serata di ieri, hanno registrato significativi passi avanti: per un anno il sistema di ammortizzatori non si tocca, poi si cambia, la cassa integrazione sarà estesa a tutti ma con durata diversa a seconda delle dimensioni aziendali, sarà pagata anche dalle piccole imprese, saranno potenziate le politiche attive per la ricollocazione del lavoratore. Stamane si continueranno a limare «le linee guida». Poi nel pomeriggio di oggi il dossier passerà nella mani dei leader (Confindustria e sindacati) con nuove riunioni ai massimi livelli.
Dal contributo tecnico resterà fuori lo spinoso capitolo dell’articolo 18. In casa Cgil puntano a tenere l’argomento per ultimo, sperando di convincere l’esecutivo a relegarlo fuori dalla legge delega con la quale entro fine marzo sarà varata la riforma del lavoro. Ai suoi Susanna Camusso ha spiegato: il mercato del lavoro così com’è non funziona, lo status quo non si può mantenere. Ed è quindi interesse della Cgil restare al tavolo e partecipare al cambiamento. Lasciare mano libera al governo – è questo il ragionamento – sarebbe peggio. Potrebbe andare a finire come sulle pensioni. Un capitolo che ieri ha registrato una nuova puntata persa, con la Fornero che ha detto no all’ampliamento della platea dei lavoratori «esodati», quelli che rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione.
Tornando ai licenziamenti, le intenzioni della leader della Cgil sono chiare: limitare allo stretto necessario la «manutenzione» dell’articolo 18. La Fiom di Maurizio Landini oggi quasi certamente dichiarerà uno sciopero generale dei metalmeccanici della Cgil da tenersi nella prima settimana di marzo anche per difendere l’articolo 18. Unica apertura: sì a una drastica riduzione dei tempi di giudizio per le sentenze di reintegro.
Un principio sul quale sono d’accordo tutti, ma è un po’ poco. E la Camusso lo sa. Soprattutto ora che Cisl e Uil hanno dato la loro disponibilità a modifiche più sostanziali: indennità al posto del reintegro nel caso di licenziamenti individuali per motivi economici, che però dovrebbero avere la stessa procedura e le stesse tutele di quelli collettivi (parere sindacale e indennità di mobilità per due anni). Sul tavolo resta anche la proposta di una sperimentazione di sospensione per 3-4 anni dell’articolo 18 per i precari che ottengono un contratto a tempo indeterminato. Ipotesi che non dispiace al governo, ma che trova molto fredde le imprese. Far quadrare il cerchio non sarà semplice.
I leader di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ne hanno parlato ieri durante la colazione a Villa Madama in onore del presidente della Repubblica federale tedesca, Christian Wulff. C’era anche il ministro del Welfare, Fornero. Una sorta di pre-vertice, utile dopo le polemiche sul presunto incontro segreto Monti-Camusso, peraltro smentito dagli interessati. L’impressione comunque è che si stia premendo il pedale dell’acceleratore. Anche il leader del Pd, Pierluigi Bersani, ieri ha auspicato «un’intesa rapida sul lavoro».
Si allontana nel tempo invece la soluzione per gli esodati. Sono stati ritirati gli emendamenti al Milleproroghe. La Fornero ha promesso di affrontare la questione «in un altro provvedimento». Restano coperti, beneficiando delle vecchie regole, quanti hanno interrotto il rapporto di lavoro «entro il 31 dicembre». Sì a una piccola limatura per i lavoratori precoci: nel calcolo dei 42 anni di contributi per non subire penalità nell’assegno, saranno inseriti anche i contributi figurativi delle madri che hanno assistito i figli disabili e quelli per la paternità obbligatoria.

Il Messaggero 14.02.12

“Il governo accelera. Domani il vertice. Precari, parti lontane”, di Massimo Franchi

Questa volta Mario Monti e Susanna Camusso si sono visti veramente. Lo hanno fatto a Villa Madama, alla colazione organizzata in onore del presidente della Repubblica tedesca Christian Wulff. A testimoniarlo c’era il gotha dell’imprenditoria e dei sindacati dei due paesi e perfino i ministri Elsa Fornero e Corrado Passera. Non è dato sapere se il premier e il segretario generale della Cgil abbiano discusso. L’altra certezza è che lo faranno anche domani a palazzo Chigi al terzo round del tavolo sul mercato del lavoro e la crescita che ieri è stato ufficialmente convocato per le 9,45 della mattina. Anche qui ci saranno tutte le altre parti sociali ed è assicurata la presenza del premier, assente invece al secondo vertice, a testimoniare l’attenzione che Monti dà alla trattativa. Messe da parte le polemiche sullo (smentito) vertice segreto, il clima fra governo e parti sociali torna costruttivo. RETEIMPRESE APRE SU CONTRIBUTI Ieri doppia razione di incontri informali fra le parti sociali. Al mattino è toccato a Rete Imprese e sindacati fare il punto sul tema dell’estensione degli ammortizzatori sociali alle piccole imprese, esercenti e artigiani. Un incontro che ha avuto prima un livello politico, con gli interventi di tutti i segretari (Camusso, Bonanni, Angeletti) e i portavoce (Marco Venturi), poi un livello tecnico in cui si è discusso più operativamente sulle possibili modifiche a normative, contributi e contratti. Rete Imprese ha dato una disponibilità generica a contribuire all’estensione degli ammortizzatori. Una delle ipotesi sul tavolo è quella di analizzare la situazione comparto per comparto affrontando le specificità di ogni singolo settore. Rete Imprese infatti rappresenta aziende con 14 dipendenti e bilanci da milioni che sono quindi in grado di contribuire a finanziare l’estensione a forme di assicurazione per i loro lavoratori che in futuro potrebbero perdere il lavoro (oggi scoperti da qualunque ammortizzatore) e imprese familiari o personali chenon possono sopportare il minimo ulteriore aggravio, pena il rischio di bancarotta. I tecnici di Rete Imprese quindi si sono detti disponibili a portare, per la prossima riunione, un’analisi dettagliata dei settori in cui le imprese sono in grado di contribuire con una stima delle aliquote possibili. L’altro capitolo all’esame dell’incontro era quello della flessibilità in ingresso. Rete Imprese è l’associazione datoriale che usa di più i contratti precari ed ha condiviso l’obiettivo di perseguirne «le forme più improprie ». Nel mirino ci sono le false partite Iva e i co.co.pro. con cui si mascherano contratti da lavoratore dipendente subordinato. Discorso a parte per i contratti stagionali che Rete Imprese difende perché assolutamente necessari per il settore del turismo. L’ultimo capitolo riguarda l’apprendistato e i contratti di reinserimento, entrambi strumenti considerati fondamentali per l’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani e il rientro dei 50enni espulsi dalle imprese a causa della crisi. Nel primo caso sindacati e Rete Imprese concordano sull’idea di rafforzare lo strumento rendendo certificata la formazione, nel secondo si chiede di favorirne l’uso con vantaggi fiscali e contributivi. «È stata una riunione interlocutoria, però c’è molta comprensione delle reciproche valutazioni», ha commentato al termine il portavoce di Rete Imprese Italia (che associa Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani) Marco Venturi. «Il clima è positivo», aggiunge Venturi, sottolineando la volontà di arrivare ad una posizione condivisa, ma ribadendo la posizione sulla questione dei contributi: «Non ci si può chiedere di pagare dei contributi per altre imprese», ha concluso.

CISL OTTIMISTA Per il leader della Cisl Raffaele Bonanni l’incontro è andato «molto bene, abbiamo discusso su come impostare una posizione sulla riforma del mercato del lavoro, è stato fatto un buon passo in avanti perché Rete Imprese non rifiuta l’esenzione delle tutelemapone il problema di come utilizzare bene i soldi dell’intero sistemaper orientarli sulle cose più importanti. Spero che questo ragionamento possa servire ad estendere la Cassa integrazione anche nelle piccole aziende. È irrinunciabile – conclude – che si abbia la Cig per tutti». Anche il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, parla di «un incontro interessante e proficuo». Nel pomeriggio (e fino a tarda sera) invece è toccato ai tecnici di sindacati, Confindustria, Cooperative, Abi e Ania approfondire la discussione su contratti e ammortizzatori. Anche qui (pochi) passi avanti sulla riduzione del numero dei contratti dagli attuali 46 ad un numero che i sindacati vorrebbero fissare a cinque mentre i rappresentanti datoriali insistono per mantenere fino a dieci,non volendo cancellare le troppe forme di precariato che ancora sfruttano. Sul tema degli ammortizzatori il dibattito si è spostato dal sistema attuale (Cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga più mobilità) ad uno futuro che sia universale e che sia finanziato da tutte le imprese (non sono quelle industriali,come accade oggi). L’impressione però è che il cammino da fare sia ancora lungo e la quadra lontana da essere trovata.

L’Unità 14.02.12

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“Sul lavoro il governo accelera, domani vertice a Palazzo Chigi”, di Giusi Franzese

Avanti tutta sulla riforma del mercato del lavoro, alla ricerca di quelli che le parti chiamano «punti di convergenza». La nuova convocazione a Palazzo Chigi è arrivata: la riunione con il governo si terrà domani mattina. E stavolta sindacati e imprese vorrebbero sedersi attorno al tavolo della sala verde con «un contributo tecnico» da consegnare al governo: un documento con un’intesa tra le parti sullo sfoltimento delle tipologie contrattuali, la cattiva flessibilità e gli ammortizzatori sociali. Su quest’ultimo punto gli sherpa, che hanno lavorato fino alla tarda serata di ieri, hanno registrato significativi passi avanti: per un anno il sistema di ammortizzatori non si tocca, poi si cambia, la cassa integrazione sarà estesa a tutti ma con durata diversa a seconda delle dimensioni aziendali, sarà pagata anche dalle piccole imprese, saranno potenziate le politiche attive per la ricollocazione del lavoratore. Stamane si continueranno a limare «le linee guida». Poi nel pomeriggio di oggi il dossier passerà nella mani dei leader (Confindustria e sindacati) con nuove riunioni ai massimi livelli.
Dal contributo tecnico resterà fuori lo spinoso capitolo dell’articolo 18. In casa Cgil puntano a tenere l’argomento per ultimo, sperando di convincere l’esecutivo a relegarlo fuori dalla legge delega con la quale entro fine marzo sarà varata la riforma del lavoro. Ai suoi Susanna Camusso ha spiegato: il mercato del lavoro così com’è non funziona, lo status quo non si può mantenere. Ed è quindi interesse della Cgil restare al tavolo e partecipare al cambiamento. Lasciare mano libera al governo – è questo il ragionamento – sarebbe peggio. Potrebbe andare a finire come sulle pensioni. Un capitolo che ieri ha registrato una nuova puntata persa, con la Fornero che ha detto no all’ampliamento della platea dei lavoratori «esodati», quelli che rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione.
Tornando ai licenziamenti, le intenzioni della leader della Cgil sono chiare: limitare allo stretto necessario la «manutenzione» dell’articolo 18. La Fiom di Maurizio Landini oggi quasi certamente dichiarerà uno sciopero generale dei metalmeccanici della Cgil da tenersi nella prima settimana di marzo anche per difendere l’articolo 18. Unica apertura: sì a una drastica riduzione dei tempi di giudizio per le sentenze di reintegro.
Un principio sul quale sono d’accordo tutti, ma è un po’ poco. E la Camusso lo sa. Soprattutto ora che Cisl e Uil hanno dato la loro disponibilità a modifiche più sostanziali: indennità al posto del reintegro nel caso di licenziamenti individuali per motivi economici, che però dovrebbero avere la stessa procedura e le stesse tutele di quelli collettivi (parere sindacale e indennità di mobilità per due anni). Sul tavolo resta anche la proposta di una sperimentazione di sospensione per 3-4 anni dell’articolo 18 per i precari che ottengono un contratto a tempo indeterminato. Ipotesi che non dispiace al governo, ma che trova molto fredde le imprese. Far quadrare il cerchio non sarà semplice.
I leader di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ne hanno parlato ieri durante la colazione a Villa Madama in onore del presidente della Repubblica federale tedesca, Christian Wulff. C’era anche il ministro del Welfare, Fornero. Una sorta di pre-vertice, utile dopo le polemiche sul presunto incontro segreto Monti-Camusso, peraltro smentito dagli interessati. L’impressione comunque è che si stia premendo il pedale dell’acceleratore. Anche il leader del Pd, Pierluigi Bersani, ieri ha auspicato «un’intesa rapida sul lavoro».
Si allontana nel tempo invece la soluzione per gli esodati. Sono stati ritirati gli emendamenti al Milleproroghe. La Fornero ha promesso di affrontare la questione «in un altro provvedimento». Restano coperti, beneficiando delle vecchie regole, quanti hanno interrotto il rapporto di lavoro «entro il 31 dicembre». Sì a una piccola limatura per i lavoratori precoci: nel calcolo dei 42 anni di contributi per non subire penalità nell’assegno, saranno inseriti anche i contributi figurativi delle madri che hanno assistito i figli disabili e quelli per la paternità obbligatoria.

Il Messaggero 14.02.12