I singoli cantieri, le manutenzioni grandi e piccole nelle specifiche scuole non sono visibili al di fuori delle mura degli edifici scolastici, non fanno quindi notizia, ma cambiano, in concreto, la vita di chi ci studia e lavora. Di recente, le colleghe del Movimento 5 stelle in Commissione Cultura hanno accusato il Governo, e la ministra dell’Istruzione Fedeli in particolare, di “barare” sui numeri degli investimenti in edilizia scolastica (https://ofcs.report/internazionale/difesa-e-sicurezza-nazionale/buona-scuola-m5s-testo-dimentica-la-didattica-inclusione/). Giro loro, e a voi, i numeri del bilancio pubblicato da Scuola 24 sulla base dei calcoli della struttura di missione per l’edilizia scolastica: i cantieri di edilizia scolastica, finanziati, avviati a partire dal 2014 e conclusi alla data del 23 marzo, sono esattamente 4.918 e rappresentano il 53,8% dei 9.131 cantieri finanziati, e il 66,6% dei 7.382 cantieri effettivamente aperti. Il bilancio riguarda le nove linee finanziate e soprattutto programmate, con una lista di interventi selezionata e autorizzata: sblocco patto 2014-15, sblocca bilancio 2016, scuole sicure, Mutui Bei, fondo Protezione Civile, Fondo Kyoto, Patti per il Sud, scuole innovative e misure con fondi Pon e Por (http://www.istruzione.it/edilizia_scolastica/fin-scuole-sic.shtml). Anche nell’era della post-verità, i numeri hanno un loro peso specifico!
Latest Posts
L’Ocse certifica la scuola italiana come inclusiva, come Pd vogliamo che lo sia anche l’Università
Per la scuola italiana arriva una importante certificazione internazionale: assolve pienamente all’art. 3 della Costituzione, rispetto alla rimozione degli ostacoli “di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. L’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, a seguito di una valutazione delle competenze di lettura e di matematica dei quindicenni, conferma infatti che la scuola italiana è una istituzione inclusiva, in grado di colmare i divari sociali tra gli alunni (https://www.compareyourcountry.org/pisa/), capace cioè di insegnare ed educare tutti, indipendentemente dalla famiglia di provenienza dell’alunno e dall’agiatezza economica o dal livello di scolarizzazione dei genitori. Per di più, dal 2006, sono in aumento i cosiddetti “studenti resilienti”, cioè coloro i quali hanno buone performance scolastiche, nonostante provengano da un background svantaggiato. Un grandissimo riconoscimento il cui effetto, però, si disperde progressivamente dopo l’uscita dal mondo della scuola. La stessa valutazione ripetuta a 25/27 anni (http://oecdeducationtoday.blogspot.it/2017/03/how-inequalities-in-acquiring-skills.html), dimostra come tornino a pesare – e a scavare solchi – elementi quali il titolo di studio raggiunto e le possibilità reali offerte dall’ambiente familiare. Risultati confermati in ambito domestico anche dai dati Istat che ho citato in Aula, a Montecitorio, nel maggio scorso, in occasione della discussione sul diritto allo studio universitario: nel nostro Paese il livello di istruzione dei genitori ha effetto sul reddito futuro dei figli. Chi, da adolescente, ha almeno un genitore con istruzione universitaria o secondaria superiore disporrà nella sua vita di un reddito rispettivamente del 29 e del 26% più elevato di chi ha genitori con un livello di istruzione basso. Ricordo, inoltre, che l’Ocse è la stessa organizzazione che ha ripetutamente denunciato il fatto che l’Italia è il Paese con il minor numero di laureati tra quelli monitorati. E’ per questo insieme di ragioni che, come Partito democratico, come parlamentari e come Governo, abbiamo elaborato e approvato lo “student act” nell’ultima Legge di bilancio, quel pacchetto di misure, innovativo e inedito, a sostegno dell’accesso all’università in particolare dei ragazzi provenienti da famiglie meno abbienti. Si tratta di un provvedimento a cui ho personalmente lavorato e dal quale attendiamo esiti positivi già dal prossimo anno accademico. Per la prima volta in Italia è stata introdotta la no tax area per i giovani che hanno famiglie con un reddito Isee inferiore a 13mila euro, mentre tasse calmierate sono state previste per chi ha un reddito Isee fino a 30mila euro (ma alcuni atenei, come ad esempio Bologna, rilanciano lo spirito del provvedimento, e hanno innalzato la soglia di esenzione ben oltre i 13.000 euro isee). Sono le principali misure di un pacchetto più complesso che grazie ad un investimento di 160 milioni di euro prova, finalmente, a dare attuazione concreta anche al dettato dell’articolo 34 della Costituzione, quello che recita “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. L’inclusività di cui l’Ocse ci certifica capaci attraverso la nostra scuola, in questo modo, può prolungare la sua efficacia nel corso della vita adulta.
In cammino, anche la formazione dei nuovi docenti
E’ stato pubblicato sul blog “In cammino” a sostegno della candidatura di Matteo Renzi a segretario nazionale del Pd, questo mio articolo sul sistema di formazione iniziale e di accesso alla professione dei docenti delle scuole medie e superiori.
Entra in dirittura d’arrivo il nuovo sistema di formazione iniziale e di accesso alla professione dei docenti delle scuole medie e superiori, già prevista dalla legge 107 “Buona scuola”. Dopo il voto favorevole delle Commissioni parlamentari, condizionato dall’accoglimento di alcune, significative, richieste di modifica, basterà attendere l’approvazione definitiva del decreto legislativo da parte del Governo, affinché si passi da un affastellarsi ventennale di norme e iniziative, anche contraddittorie, ad un nuovo sistema organico con procedure prestabilite, chiare e regolari nel tempo. Cosa si prevede? Innanzitutto, concorsi per laureati magistrali i cui vincitori, e solo loro, accederanno ad un contratto triennale retribuito di formazione (nuovo percorso FIT), tirocinio e progressivo inserimento nella funzione docente, con valutazioni in itinere e finali delle competenze e delle attitudini professionali degli aspiranti docenti. Un vero cambiamento di paradigma: prima la selezione – strettamente connessa al futuro fabbisogno di docenti – sulla preparazione disciplinare, poi il conseguimento del diploma di specializzazione all’insegnamento, successivamente la formazione sul campo, guidata da tutor ed esperti accademici e scolastici, per l’acquisizione delle competenze culturali, didattiche e metodologiche e quelle proprie della professione di docente (in particolare pedagogiche, relazionali, valutative, organizzative e tecnologiche), ed infine l’accesso diretto al ruolo (senza più anno di prova) per chi supererà positivamente tutti gli step valutativi. Un sistema nuovo, quindi, nel quale lo Stato – per la prima volta – si fa carico della formazione degli insegnanti assumendosene l’onere, anche economico (non dimentichiamo che oggi i costi di iscrizione ai corsi abilitanti oscillano tra i 2.500 e 3.000 euro) e nel quale gli aspiranti docenti, non più costretti a lunghi periodi di precariato, sono retribuiti durante la fase di formazione. Il nuovo percorso rappresenta uno sforzo culturale e politico impegnativo, che tiene finalmente unita la fase della selezione a quella della formazione, come suggerito da anni di analisi e proposte da parte degli esperti e delle istanze dagli ambiti scolastico ed accademico, che nel percorso di formazione triennale opereranno in base ad una collaborazione strutturata e paritetica.
Il nuovo sistema, introdotto nelle sue linee generali dalla legge “Buona Scuola”, entrerà in funzione progressivamente, ma a partire già dal prossimo anno sarà bandito e svolto il primo concorso per una quota dei posti che si renderanno vacanti e disponibili dal 2021-22, tenuto conto che la nuova formazione avrà durata triennale. Come ogni cambiamento profondo, anche questo richiederà una complessa e lunga fase transitoria che deve perseguire i seguenti obiettivi: dare risposte coordinate ed eque a chi ha precedentemente intrapreso la professione di insegnante, in particolare valorizzandone i titoli acquisiti e l’esperienza maturata, e assicurare continuità didattica, organici stabili e docenti preparati in cattedra all’avvio del prossimo anno scolastico.
Sono state previste, quindi, diverse misure. Innanzitutto, sono fatte salve le prerogative dei docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) e dei vincitori del concorso 2016, inseriti in apposito graduatorie di merito (GM 2016). Nelle aree del Paese dove costoro non siano in numero sufficiente (in particolare al Nord), accederanno ai posti disponibili coloro i quali hanno superato positivamente le due prove previste dall’ultimo concorso 2016 (i cosiddetti “idonei”), ma che non si sono collocati nella fascia dei vincitori. Poi, sebbene l’abilitazione all’insegnamento non sia più prevista dalla nuova normativa, chi già la possiede sarà inserito in una nuova graduatoria regionale di merito, sulla base dei titoli, del servizio e dell’esito di una prova didattico-metodologica: da tale elenco graduato si attingeranno i docenti ai quali assegnare, dall’a.s. 2019/20, un contratto annuale a tempo determinato sui posti vacanti e disponibili, che non siano stati già occupati dai docenti in GAE e GM 2016. Durante questo anno, la loro attività professionale e l’elaborato di un loro progetto di ricerca-azione saranno sottoposti a valutazione in itinere e finale da parte di una commissione mista (cioè composta da personale della scuola e accademico): se gli esiti saranno positivi, il docente accederà al ruolo sullo stesso posto, dando così senso materiale alla continuità didattica. A questi docenti, sarà riservata una quota di posti decrescente nel tempo, correlata a quella destinata ai nuovi aspiranti docenti che si formeranno ed accederanno alla professione con il percorso FIT. Infine, non sono state dimenticate le attese di chi, pur non abilitato, ha maturato almeno 3 anni di esperienza professionale come supplente: a loro sarà riservato un concorso, con cadenza biennale, che li introdurrà al nuovo percorso FIT, ma abbreviato di un anno.
Per la fase transitoria, che si rivolge ad una platea tanto vasta quanto differenziata nelle caratteristiche formative e professionali delle diverse categorie (docenti inseriti in graduatorie ad esaurimento, vincitori ed idonei inclusi in graduatorie di merito, abilitati di lungo o breve corso, supplenti non abilitati), è stata quindi indicata una precisa road map, sulla base di un principio chiaro: sarà immesso in ruolo solo chi avrà superato apposite procedure valutative e, ove necessario, avrà completato la sua formazione professionale. Le prove e i percorsi sono differenziati sulla base delle differenti esperienze e titoli degli interessati, che potranno contare su specifiche riserve di posti per le varie categorie. La legge 107 ha avviato il percorso di progressiva eliminazione del precariato strutturale: con le disposizioni della fase transitoria, si giungerà alla sua conclusione. In cammino, quindi, per lasciarci alle spalle il precariato, per dare certezza di percorso e competenze professionali ai giovani che voglio diventare insegnanti e per fare una Buona scuola a partire dai docenti.
Sanità, con i nuovi Lea vantaggi per la salute di tutti
Quando entrai in Parlamento, nel 2006, se ne stava occupando l’allora ministro della Salute Livia Turco, ma già in quel momento la lista dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, era vecchia di cinque anni. Ci sono voluti, di fatto, 16 anni, ma ora, finalmente, i Lea sono stati aggiornati alle nuove esigenze dei cittadini e all’evoluzione della pratica sanitaria. Il relativo Decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) è appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Apparentemente sembra solo l’aggiornamento di un aspetto burocratico-amministrativo, mentre invece costituisce una grande innovazione (anticipata, per alcuni aspetti, in alcune Regioni come l’Emilia-Romagna, per preciso indirizzo politico). Infatti, entrano tra le prestazioni del Servizio sanitario pubblico la procreazione assistita, il parto indolore, l’aumento dell’offerta dei vaccini per i giovani e gli anziani, l’aggiornamento del nomenclatore di protesi e ausili, il riconoscimento di malattie croniche invalidanti, come l’endometriosi, e malattie rare, i trattamenti di adroterapia per la cura dei tumori. E’ stato anche costituito un Comitato tecnico permanente che avrà il compito di non lasciare più scorrere tanto tempo, ma di intervenire ogni anno aggiornando i Lea. Un modo concreto di tutelare la salute pubblica, uno dei grandi compiti che uno Stato che vuole continuare a definirsi democratico deve sapersi assumere.
L’impegno di ciascuno di noi nella Giornata dedicata alla memoria delle vittime delle mafie
Domenica scorsa, Sergio Mattarella, nella sua veste istituzionale di Capo dello Stato, e in quella meno usuale e più dolente di parente di una delle vittime, ci ha autorevolmente ricordato, accanto a Don Ciotti e ai volontari di Libera, che la lotta alla criminalità organizzata riguarda tutti quanti noi: nessuno può sentirsi escluso, né singolarmente, né come area geografica. Quindi, la Giornata della memoria per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie deve essere momento di riflessione e impegno per tutti. I processi “Aemilia” e “Black monkey” ci hanno dimostrato, se ancora nutrivamo qualche dubbio, che le mafie son ben installate non solo nelle terre di origine, ma anche al Nord, in Emilia-Romagna in particolare, laddove il tessuto economico è abbastanza ricco da poter considerare profittevole l’infiltrarvisi e prosperare. E’ una mafia che non spara, ma preferisce fare affari. Un volto solo apparentemente meno violento, come, purtroppo, testimonia la vicenda personale e professionale del giornalista modenese d’adozione Giovanni Tizian, figlio di Giuseppe, freddato dalle ndrine nel 1989 perché non aveva ceduto ai diktat della malavita. Giovanni, da giornalista della Gazzetta di Modena, aveva raccontato proprio le infiltrazioni in Emilia-Romagna della ‘ndrangheta nel settore del gioco d’azzardo e delle slot machine. Parlare di quanto succede è quanto di più temuto da chi prospera nel silenzio e nella paura. Ecco le minacce di morte per Giovanni Tizian, la vita blindata sotto scorta, e il processo ai componenti del clan Femia conclusosi con una serie di condanne esemplari. Non solo la magistratura, ma anche la politica si muove su questo fronte. La Regione Emilia-Romagna ha approvato una specifica legge per il contrasto alla criminalità organizzata e la diffusione della cultura della legalità. Questo deve essere anche il nostro impegno: non tacere, informarci, contrastare ogni illegalità: la trasparenza e la legalità sono valori intransigibili.
Donne dell’Est, con le colleghe della Commissione Cultura interroghiamo la Vigilanza Rai
Le scuse del direttore della Rete Rai sono già arrivate, la stessa presidente della Rai Monica Maggioni ha bollato come “inaccettabile” il servizio mandato in onda, e discusso in studio, nel corso della trasmissione “Parliamone sabato”, sulla presunta escalation di gradimento del maschio italiano verso le donne dell’est. La resipiscenza, però, è arrivata solo dopo che, sui social, era partita una caterva di critiche per una trattazione dell’argomento becera e lesiva della dignità delle donne (tutte, italiane e dell’est europeo). Quello che è davvero “inaccettabile” non è tanto che qualcuno abbia avuto un’idea balzana, può capitare, ma che nessuno – né durante la preparazione del programma, né durante il suo svolgimento – si sia alzato per sottolinearne la intrinseca stupidità. Questo significa che in Rai c’è un terreno fin troppo fertile per questo tipo di “scivoloni”, non c’è sufficiente consapevolezza culturale né del ruolo di Servizio pubblico né del rispetto verso l’altro (chiunque sia l’altro: donna, minore, immigrato etc…), valore base di qualunque discorso pubblico. E’ per questa serie di ragioni che, come deputate Pd della Commissione Cultura della Camera, abbiamo deciso di interrogare la Vigilanza Rai su quanto andato in onda su Rai1 e sulla mole di luoghi comuni sessisti che sono stati scaricati sul telespettatore
Dl Terremoto, approvate le norme per l’Emilia
Si sono conclusi nella notte i lavori in Commissione Ambiente e lunedì prossimo il dl Terremoto del Centro Italia approderà in Aula alla Camera. Il provvedimento contiene anche misure che riguardano l’area del sisma emiliano del 2012, grazie ad alcuni specifici emendamenti da me presentati insieme al collega Davide Baruffi. Gli emendamenti approvati consentono di intervenire a vantaggio di cittadini e imprese in situazioni peculiari che si sono verificate in questi anni di ricostruzione post-sisma. Innanzitutto si prevede la possibilità di effettuare pagamenti direttamente alle imprese subappaltatrici, nel caso in cui l’azienda appaltatrice sia sottoposta a concordato, misura a sostegno delle tenuta sociale ed economica del territorio. Sono situazioni a cui abbiamo assistito e che rischiano di compromettere la ricostruzione. A farne le spese sono state soprattutto le imprese subappaltatrici o i fornitori, spesso imprese di piccole dimensioni non in grado di reggere l’urto dei mancati pagamenti da parte dell’impresa appaltatrice sottoposta a concordato. Con un altro emendamento viene introdotta la possibilità di dare in locazione anche a nuclei familiari non terremotati gli immobili danneggiati dal sisma già ripristinati e ristrutturati, visto che questo tipo di fabbisogno è, per fortuna, di molto diminuito negli anni. Di fatto i nuclei familiari terremotati o hanno fatto rientro nelle abitazioni ristrutturate oppure hanno trovato un’altra collocazione in affitto. In questo modo si garantisce la possibilità ai proprietari di affittare comunque i propri immobili, sempre però con il vincolo del canone concordato, in modo da ravvivare il tessuto sociale delle aree colpite dal sisma. Con un altro emendamento, inoltre, si prevede la possibilità per le Amministrazioni di recuperare contributi corrisposti e non dovuti per l’assistenza alla popolazione. Ancora una volta si dimostra come il metodo di lavoro che abbiamo messo a punto in questi anni continua a funzionare. Il raccordo tra cittadini e imprese, Enti locali, Regione e parlamentari, grazie anche all’impegno della sottosegretaria Paola De Micheli, sta consentendo di garantire risposte adeguate alle esigenze espresse dal territorio colpito dal sisma. Mentre altre forze politiche preferiscono gridare, noi lavoriamo per ottenere risultati concreti.