Tutti gli articoli relativi a: lavoro

“Il male italiano: la disoccupazione di lunga durata”, di Carlo Buttaroni

Dall’inizio della crisi finanziaria, solo la Germania, tra le grandi economie europee, è riuscita a recuperare il ritardo accumulato nelle fasi peggiori della recessione. Per l’Italia, la variazione cumulata del Pil è particolarmente negativa (tre volte peggiore della media europea) e la ripresa che si preannuncia con il miglioramento di alcuni parametri appare troppo debole per far sperare in un recupero, in tempi brevi, dei livelli economici precedenti alla crisi. È come se la recessione avesse fatto fare al nostro Paese un salto indietro di dieci anni e servirebbe una dinamicità che, al momento, non abbiamo per tornare ai livelli pre-crisi. Nonostante il forte impatto sull’economia reale e le scarse capacità di recupero nelle fasi successive ai picchi recessivi, gli effetti dei cicli economici sui livelli occupazionali sono stati più contenuti rispetto a quanto fosse lecito attendersi, soprattutto nella prima fase della crisi. Se il ciclo dell’occupazione, infatti, avesse seguito le variazioni del PIL, tra il 2009 e il 2010 avremmo avuto uno shock negativo peggiore, con una perdita tre volte superiore a quella che …

La meritocrazia delle “mezze maniche”, di Bruno Ugolini

C’è stata una discreta discussione attorno alle recenti decisioni del Governo sull’annoso tema dei precari pubblici. Ovverosia di quella miriade di donne e uomini che ogni giorno, magari da anni, vestono i panni di chi sta dietro uno sportello facendo i conti con l’ira quotidiana dell’anti-Stato, oppure con chi veste la divisa del vigile del fuoco o dell’infermiere o dell’insegnante. I prestatori di servizi essenziali chiamati dallo Stato imprenditore ad agevolare le nostre vite stressate. Ma lasciati alla balia degli eventi, senza un contratto stabile. Ora sarebbe suonata la campana dell’addio a tale condizione ingiusta che a volte può anche riflettersi nella prestazione di lavoro, con danni per i cittadini. Ma è stata davvero una svolta quella promossa dal «governo di necessità»? Intanto i dati apparsi dicono che gli interessati al grande rientro nella normalità saranno una minoranza. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, ha spiegato come per diverse ragioni non si tratti di una soluzione capace di coinvolgere i 150mila precari pubblici. C’è però anche chi grida allo scandalo per le concessioni fatte almeno …

“La città degli schiavi dei pomodori”, di Elisa Baffoni

Da lontano non si vede. Campi sterrati, campi appena piantati, campi in maturazione. Campi dietro campi: devi arrivare a cinquanta metri per vedere le prime «case», accolte in una leggera infossatura del terreno che le nasconde alla vista, ombelico della terra: il Ghetto. Lo chiama così chi ci abita: il Ghetto. Non «il ghetto di Foggia», il Ghetto. Un nome, non un giudizio. È una città: con le sue strade, gli assi ortogonali che di notte diventano «il corso», le piazze là dove ci sono i bidoni dell’acqua potabile, i rubinetti di quella non potabile per lavarsi. Una città che ospita in questi giorni mille e trecento persone, in larga parte giovani maschi africani che di giorno vanno a fare i braccianti nei campi in Capitanata, la seconda pianura d’Italia dopo la val Padana. Il primo impatto è straniante. Baracche, nient’altro. Un lusso le pareti di bandone o lamiera. Di regola le colonne portanti sono di assi di legno su cui viene inchiodato compensato di risulta e vecchi cartelloni pubblicitari. All’esterno grandi plastiche a fasciare …

“È il momento di restituire risorse per le pensioni”, di Cesare Damiano

Ho sostenuto, passo dopo passo, le scelte dell’esecutivo. Dal plauso per la restituzione dei debiti della PA alle imprese, alla iniziativa di Letta in Europa che ci ha ridato dignità e risolto qualche problema, a partire dall’uscita dalla procedura di infrazione. Ho considerato un avanzamento le misure di parziale rifinanziamento della cassa integrazione in deroga e il sostegno all’occupazione giovanile. Ora però la partita si fa pesante perché i ricatti del centrodestra nei confronti del governo non cessano, nonostante il compromesso raggiunto sull’Imu. Spero che, in una coalizione con comportamenti politici asimmetrici, che vanno a tutto svantaggio del Pd (gli ultimi sondaggi Swg sono rivelatori), il nostro partito faccia sentire con più forza quali sono le sue priorità irrinunciabili, altrimenti saremo costantemente sotto scacco. Parliamo dell’Imu: non ritengo che l’abolizione di questa tassa anche per i più ricchi sia una soluzione politicamente corretta e socialmente giusta. C’è un evidente squilibrio tra le risorse (potenzialmente?) impegnate per togliere la tassa sulla prima casa, oltre 4 miliardi, e quanto viene destinato per la cassa integrazione in deroga …

“Salvi 6500 esodati. Cassa integrazione, c’è mezzo miliardo”, di Antonio Pitoni

L’ emergenza doveva essere affrontata. Disinnescando la bomba sociale che, tra cassa integrazione in scadenza e lavoratori intrappolati nel limbo degli esodati, rischiava di esplodere tra le mani del governo. E nonostante la coperta decisamente corta a disposizione, alla fine le risorse necessarie sono state trovate. In gran parte con tagli di spesa, per il resto ricorrendo alla leva fiscale sulle imprese operante nel settore dei giochi e delle scommesse. In tutto, 1,2 miliardi rastrellati nelle pieghe del decreto-Imu per la copertura delle misure adottate ieri dal Consiglio dei ministri. A dare un titolo alla giornata ci ha pensato allora il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini: «I più deboli al centro del decreto legge varato dall’esecutivo». Nel dettaglio, 500 milioni saranno destinati al rifinanziamento della Cig (2,5 miliardi il totale degli stanziamenti nel 2013), altri 700 (spalmati però tra il 2014 e il 2019) daranno respiro agli esodati, quei lavoratori cioè senza più impiego né pensione, prodotto (distorto) della riforma Fornero. Come chiarito dal premier Enrico Letta ne beneficeranno circa 6.500 …

“Precari, entrano 43mila”, di Massimo Franchi

Da una parte la platea, dall’altra i posti realmente a disposizione. Da ieri sappiamo che dei 150mila precari della pubblica amministrazione (esclusi i comparti scuola e sicurezza), solo 96mila sono stabilizzabili: quelli con contratti a tempo determinato, sommando agli 86mila certificati dall’ultimo Conto annuale della Ragioneria generale del 2011 i circa 10mila medici «scoperti» nel frattempo. Di questi però un buon 40 per cento non ha l’altro requisito richiesto: tre anni di contratto nell’ultimo quinquiennio. I posti a concorso per l’anno in corso (ben pochi) e per il 2014 saranno invece non più di 12.400. Cifra che crescerà fino a quota 14.200 nel 2015 e a 17.200 nel 2016. Per un totale definitivo di 43.800 stabilizzazioni in tre anni. BANDI SOLO CON CONTI IN REGOLA Nelle 24 pagine di decreto legge licenziato lunedì dal Consiglio dei ministri le pagine dedicate ai precari della pubblica amministrazione sono ben quattro. Ma per rispondere alla domanda delle domande, «quanti precari verranno stabilizzati?», bisogna armarsi di altre leggi e, soprattutto, di calcolatrice. È il comma 6 dell’articolo 4 (Disposizioni …

“Quei laureati troppo bravi per lavorare”, di Chiara Saraceno

Nell’Italia dei paradossi ci siamo spesso sentiti dire, da datori di lavoro e ministri, che una delle cause della disoccupazione giovanile è il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, unita alla scarsa disponibilità per i lavori manuali. Le storie raccontate qui offrono un’altra prospettiva: pur di lavorare, molti giovani laureati sarebbero disposti anche a fare lavori ampiamente al di sotto delle proprie competenze. Ma per essere presi in considerazione devono nascondere di avere studiato. In un mercato del lavoro come quello italiano, ove la domanda di lavoro qualificato è contenuta e gran parte di proprietari e manager non ha la laurea, un lavoratore italiano sovraqualificato è un potenziale pericolo. Non tanto perché potrebbe andarsene presto (vista la propensione dei datori di lavoro per i contratti a termine e l’assenza di investimenti negli occupati con le mansioni più basse, questa sembra proprio una preoccupazione risibile). Eneppure perché si tratterebbe di uno spreco sociale. Piuttosto, perché con le loro aspirazioni e la loro cultura potrebbero creare disturbo in organizzazioni del lavoro e sistemi produttivi incapaci di …