Tutti gli articoli relativi a: memoria

"Tutte le storie appartengono a tutti perché nessuna vada perduta…", di Manuela Ghizzoni

Qualche ora fa si è conclusa, nell’aula di Montecitorio, la celebrazione della Giornata della Memoria. Forse anche per la complicità dei troppi seggi vuoti nei settori che stanno di fronte a quelli del PD (un vuoto che trasmette inevitabilmente un senso di trascuratezza e disattenzione), ma gli interventi mi sono parsi di maniera. Non potrei dire “sbagliati” (e non a caso uso questo termine), ma di certo non convincenti, come sono le parole pronunciate per dovere. Eppure di cose ce ne sarebbero da dire! Nel dibattito pubblico si sta imponendo, ad esempio, la riflessione sul rischio che la retorica si impossessi della Giornata della Memoria, sterilizzandone gli obiettivi isititutivi; allo stesso tempo, è discussione attuale la preoccupazione per il “travisamento” del senso della Giornata: Elena Loewenthal, da ultima, ci impone di riflettere sul fatto che la GdM non può essere un risarcimento alla vittime della Shoah – peraltro impossibile e impensabile poichè la Shoah NON è risalcibile – ma lo spunto per praticare un esercizio critico profondo, per comprendere come e perchè l’Europa da culla …

"La memoria non aspetta", di Emanuele Fiano

Nessuna memoria, di nessun dolore, di nessun crimine contro l’umanità, di nessuno sterminio può attendere il proprio oblio. Nessuna memoria può essere consegnata alla storia e basta, come monumento di pietra che resiste alle intemperie e guarda indifferente agli eventi che scorrono. La memoria della Shoah, che oggi celebriamo nel giorno dell’apertura del cancello di Auschwitz, parla alla nostra vita di oggi, deve essere guida per le nostre azioni di oggi, non solo esercizio di ricordo, ma sforzo continuo di rendere viva quella memoria. Se un monumento va eretto nelle nostre coscienze per onorareoggi la memoria della Shoah, questo sia il monumento contro l’indifferenza. Noi che abbiamo scolpite nelle nostre memorie le immagini invecchiate degli ebrei europei condotti in lunghe file verso i forni crematori dei Lager nazisti, noi che osserviamo increduli gli scheletri umani dei sopravvissuti alle camere a gas che hanno attraversato la nostra cultura, noi che la sera accarezziamo il viso antico di un padre che ha resistito, noi che conosciamo il dolore dello sterminio dei Sinti e dei Rom, dei testimoni …

"Il difficile senso della memoria sulla Shoah",di Lizzie Doron

Per ricordare abbiamo avuto bisogno di una legge. Il giorno della memoria in Israele è stato sancito dal parlamento nel 1959 dopo una battaglia pubblica condotta dai sopravvissuti. “In questo giorno,” recita la legge “si rispetteranno in tutti i luoghi del paese due minuti di silenzio, si terranno iniziative e cerimonie, le bandiere saranno a mezz’asta, i locali di svago chiusi, i programmi della radio saranno dedicati all’argomento”. Il giorno della memoria internazionale è stato decretato dall’Onu nel 2005 con una risoluzione che richiama al ricordo della Shoah in modo che altri genocidi non possano più essere perpetrati in futuro. Come tutte le leggi, anche queste devono essere applicate. Ma come? Nei primi anni dello Stato d’Israele il problema non si poneva, dal momento che la Shoah era rimossa dalla coscienza collettiva del paese che amava piuttosto farsi suggestionare dalla potenza di Tzahal, il nostro “Esercito per la difesa di Israele” che forse era anche un “Esercito per la terapia di gruppo di Israele”. I sopravvissuti, la loro debolezza, il loro essersi arresi e fatti …

"L’antidoto all’orrore", di Tobia Zevi

Ricordare l’esperienza della Liberazione dalla schiavitù non deve trasformarsi in un rituale ripetitivo e monotono, ma deve dare luogo a una riflessione profonda, introspettiva, sull’Egitto metaforico, e anche concreto, dal quale ogni Uomo deve affrancarsi. Il ricordo serve a condizionare l’esistenza e a migliorare il futuro insieme al nostro agire individuale e collettivo. Questo ammonimento può essere utile ragionando sulla Giornata della Memoria. Istituita nel 2000 e inaugurata l’anno successivo, questa celebrazione si è dilatata nel tempo fino ad occupare l’intero mese di gennaio. Iniziative di tutti i tipi, scuole di ogni ordine e grado mobilitate per settimane, e poi convegni, pubblicazioni, trasmissioni televisive e film. Già negli anni passati alcune voci si erano levate per mettere in discussione tutto questo, ma il recente libretto di Elena Loewenthal Contro il Giorno della Memoria (Add editore) articola le critiche in modo certo provocatorio, ma utile, sistematico e sofferto. Tre sono le questioni fondamentali: il Giorno della Memoria si è impropriamente trasformato in un «omaggio agli ebrei»; la tragedia della Shoah non viene percepita come una componente …

"Ricordiamo, ma senza retorica", di Simonetta Fiori

«Cerchiamo di usarla bene, questa memoria. E se la giornata del 27 gennaio non ha raggiunto l’effetto sperato vuol dire che non abbiamo lavorato bene». Anna Foa è una studiosa di storia degli ebrei. Figlia di Vittorio Foa e Lisetta Giua, proviene da una famiglia ebrea per parte di padre, s’è convertita formalmente all’ebraismo in età adulta, e ancora ricorda da bambina la nonna che l’ammoniva: «Con quel profilo i nazisti ti avrebbero rinchiuso nel lager». Ora, scherza, anche lei fa parte degli “officianti” della liturgia memoriale, di cui conosce tutti i rischi. Da più parti si denuncia la stanchezza della memoria: un martirologio che rischia di non comunicare più nulla. «Anche nel mondo ebraico era cominciata una riflessione di questo genere, ma poi s’è arenata. Purtroppo il diffondersi del negazionismo accresce negli ebrei un atteggiamento di difesa. E così si difende tutto, anche la retorica. Chi parla di “shoah business”, ossia degli investimenti di danaro intorno al ricordo dell’Olocausto, richiama elementi di realtà. È fondato il rischio di diventare professionisti della memoria. Bisogna dirlo …

"Salviamo gli archivi. Usiamo le ex caserme per custodire la memoria", di Benedetta Tobagi

Grande emozione suscitò il recupero e successivo restauro delle lettere autografe di Aldo Moro dalla prigionia: avrebbero subito un deterioramento irreversibile se fossero rimaste nel ventre dell’archivio del tribunale di Roma ad aspettare il termine di quarant’anni previsto per il versamento all’archivio centrale di Stato. E meno di una settimana fa hanno rischiato di finire nel rogo delle procedure di scarto periodico alcuni delicati documenti riservati contenuti negli incartamenti del processo del 1967 contro Scalfari e Jannuzzi, quando fecero esplodere sull’Espresso lo scandalo Sifar e il caso del “piano Solo” del generale De Lorenzo, il primo di una lunga serie di sussulti golpisti: secondo il protocollo standard, infatti, solo la Corte d’Assise conserva i fascicoli interi. Ma l’eccezionale complessità delle pagine criminali della storia dell’Italia repubblicana esige che alle carte in cui lacrime e sangue di quella storia sono racchiuse sia riservata un’attenzione particolare: non si può continuare a confidare solo nella coscienziosità e buona volontà di singoli archivisti o cancellieri illuminati. Si ripropone ancora una volta, insomma, l’annoso problema degli archivi italiani, parte organica …

"Per non dimenticare i giorni dell’orrore", di Patrick Fogli

Anticipiamo un capitolo del libro di Patrick Fogli «Dovrei essere fumo». La storia di Emile, giovane ebreo nato a Parigi, e quella di Alberto ex agente dei servizi segreti, si incrociano del tutto casualmente. Sono nato il 25 luglio del 1921, mi chiamo Emile Riemann e sono ebreo. Ebrei mio padre e mia madre, ebrei i loro genitori e così indietro per chissà quante generazioni. Sono nato a Parigi e sono francese, mia madre era italiana e i genitori dei miei nonni erano emigrati molti anni prima dalla Galizia, una regione a metà fra Polonia e Russia, finita nell’impero austroungarico e poi di nuovo alla Polonia. Oggi, per quanto ne so, una metà dovrebbe essere Ucraina. Tutto questo per dire che la mia nazionalità è un accidente della storia, come in fondo, anche la mia vita. Italiano e francese sono le mie lingue madre, non le uniche che conosco, e tutto il mescolarsi di vocaboli diversi che ha attraversato la mia giovinezza mi ha consentito, in qualche modo, di poter sopravvivere. Nulla si crea, tutto …