Addio a Claudio Abbado il Maestro del coraggio
Claudio Abbado incarnava un paradosso: era un monumento alla musica ma anche l’eterno ragazzo “Claudio”. Gli piaceva farsi chiamare così dai suoi musicisti (spesso giovanissimi), rigettando il titolo pomposo di “Maestro”. Era un simbolo, una leggenda. Ma era anche rigorosamente estraneo allo starsystem. Un re che non voleva stare in trono.Scomparso ieri a ottant’anni dopo una sofferta malattia, è stato uno dei massimi direttori d’orchestra del Novecento e un vessillo d’impegno e anti-divismo, sospinto da un’intensa vita spirituale che non contraddiceva la sua laicità razionalista. La morte lo accompagnava come un pensiero abituale: «Sarebbe impossibile», dichiarò una volta, «dirigere Mahler senza pensarci». E rammentava il modo in cui morì Dimitri Mitropoulos, il maestro greco che nel 1960, alla Scala, fu fulminato da un infarto mentre provava la Terza Sinfonia mahleriana: «Sapeva che non sarebbe vissuto a lungo e me lo disse: aveva già avuto due attacchi di cuore. Ma preferiva andarsene velocemente piuttosto che smettere di dirigere. Lo capisco ». La musica era la sua esistenza, il suo alimento e la chiave di comprensione della …