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"Ecco le scuole dove si boccia di più. E i più severi sono i prof del Sud", da repubblica.it

Una elaborazione per la grandi città di Skuola.net sui dati appena messi a disposizione dal Ministero. Il record in un istituo tecnico di Napoli: solo uno su quattro ce l’ha fatta. E il capoluogo campano guida la classifica seguito da Cagliari. Roma in coda. Il maggior numero di bocciature nei professionali
Record nazionale di bocciature all’istituto tecnico per il turismo Caracciolo di Napoli. Nessun bocciato invece al liceo classico di via Ponti a Roma. Stando all’inchiesta condotta dai ragazzi di Skuola. net, i prof delle superiori più severi abitano a Napoli, mentre i più clementi si trovano a Roma. O, se preferite, nel capoluogo partenopeo c’è la maggiore concentrazione di studenti “somari”, mentre nella Capitale si concentra “la meglio gioventù” delle superiori italiane. Dipende dai punti di vista. Una informazione che può tornare utile a chi è alle prese con la scelta della scuola dove iscriversi l’anno prossimo.

LO STUDIO COMPLETO 1

Lo studio sugli studenti bocciati di tutti gli istituti superiori di nove grandi città italiane (Torino, Milano, Firenze, Venezia, Genova, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari), messo in piedi utilizzando i dati che il ministero dell’Istruzione ha inserito in “scuola in chiaro”, delinea uno spaccato dell’insuccesso scolastico che merita di essere evidenziato. Lungo lo Stivale, i livelli di bocciatura sono molto differenti tra i diversi indirizzi scolastici – licei, istituti tecnici e istituti professionali – e anche all’interno della stessa città, basta spostarsi da un quartiere all’altro.

E, a dispetto di coloro che da qualche anno dipingono i prof meridionale di manica larga,

è proprio al Sud che gli insegnanti bocciano di più. La particolare classifica per città vede al primo posto Napoli, col 27,3 per cento di bocciati, seguita da Cagliari, col 17,8 per cento. In coda, troviamo Roma, con un terzo dei bocciati (8,8 per cento) di Napoli, Venezia e Genova. Gli studenti più impegnati sono quelli dei licei classici (5,2 per cento di bocciati), seguiti dai compagni del liceo linguistico e dello scientifico. In cima alla classifica per indirizzi troviamo i ragazzi dei professionali: 22,8 per cento di bocciatura.

Nella top 10 delle scuole “più severe” d’Italia sono presenti 5 scuole meridionali. In vetta spicca l’istituto tecnico-economico Caracciolo di Napoli con lo stratosferico tasso di bocciati del 73,7 per cento. E a seguire l’istituto professionale Silvestri, sempre di Napoli, con il 61,3 per cento di non ammessi alla classe successiva. Sul podio, al terzo posto, una scuola di Palermo: il tecnico agrario, col 46,9 per cento di bocciati. Seguito dal tecnico Giorgi di Milano, a quota 37,9 per cento. Chiudono la lista delle 10 scuole più severe della Penisola ancora un istituto di Napoli, l’artistico Palizzi (35,6 per cento) e l’istituto professionale Pellegrino Artusi di Roma, col 35,5 per cento di bocciati.

Ma ci sono anche scuole dove studiare è una pacchia ed è difficile trovare un solo bocciato. En plein di promossi, tra giugno e settembre, al classico e linguistico Setti Carraro/Dalla Chiesa di Milano, allo scientifico Castelnuovo di Firenze e al classico di via Da Garessio di Roma. Per ognuna delle nove città esaminate e per ogni indirizzo scolastico, per un totale di 632 istituti superiori scandagliati, Skuola. net ha individuato l’istituto con più e quello con meno bocciati: un utile confronto per le famiglie che sono alle prese con l’iscrizione al primo anno delle superiori. Meglio una scuola più selettiva o, viceversa, una meno severa?

da repubblica.it

“Ecco le scuole dove si boccia di più. E i più severi sono i prof del Sud”, da repubblica.it

Una elaborazione per la grandi città di Skuola.net sui dati appena messi a disposizione dal Ministero. Il record in un istituo tecnico di Napoli: solo uno su quattro ce l’ha fatta. E il capoluogo campano guida la classifica seguito da Cagliari. Roma in coda. Il maggior numero di bocciature nei professionali
Record nazionale di bocciature all’istituto tecnico per il turismo Caracciolo di Napoli. Nessun bocciato invece al liceo classico di via Ponti a Roma. Stando all’inchiesta condotta dai ragazzi di Skuola. net, i prof delle superiori più severi abitano a Napoli, mentre i più clementi si trovano a Roma. O, se preferite, nel capoluogo partenopeo c’è la maggiore concentrazione di studenti “somari”, mentre nella Capitale si concentra “la meglio gioventù” delle superiori italiane. Dipende dai punti di vista. Una informazione che può tornare utile a chi è alle prese con la scelta della scuola dove iscriversi l’anno prossimo.

LO STUDIO COMPLETO 1

Lo studio sugli studenti bocciati di tutti gli istituti superiori di nove grandi città italiane (Torino, Milano, Firenze, Venezia, Genova, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari), messo in piedi utilizzando i dati che il ministero dell’Istruzione ha inserito in “scuola in chiaro”, delinea uno spaccato dell’insuccesso scolastico che merita di essere evidenziato. Lungo lo Stivale, i livelli di bocciatura sono molto differenti tra i diversi indirizzi scolastici – licei, istituti tecnici e istituti professionali – e anche all’interno della stessa città, basta spostarsi da un quartiere all’altro.

E, a dispetto di coloro che da qualche anno dipingono i prof meridionale di manica larga,

è proprio al Sud che gli insegnanti bocciano di più. La particolare classifica per città vede al primo posto Napoli, col 27,3 per cento di bocciati, seguita da Cagliari, col 17,8 per cento. In coda, troviamo Roma, con un terzo dei bocciati (8,8 per cento) di Napoli, Venezia e Genova. Gli studenti più impegnati sono quelli dei licei classici (5,2 per cento di bocciati), seguiti dai compagni del liceo linguistico e dello scientifico. In cima alla classifica per indirizzi troviamo i ragazzi dei professionali: 22,8 per cento di bocciatura.

Nella top 10 delle scuole “più severe” d’Italia sono presenti 5 scuole meridionali. In vetta spicca l’istituto tecnico-economico Caracciolo di Napoli con lo stratosferico tasso di bocciati del 73,7 per cento. E a seguire l’istituto professionale Silvestri, sempre di Napoli, con il 61,3 per cento di non ammessi alla classe successiva. Sul podio, al terzo posto, una scuola di Palermo: il tecnico agrario, col 46,9 per cento di bocciati. Seguito dal tecnico Giorgi di Milano, a quota 37,9 per cento. Chiudono la lista delle 10 scuole più severe della Penisola ancora un istituto di Napoli, l’artistico Palizzi (35,6 per cento) e l’istituto professionale Pellegrino Artusi di Roma, col 35,5 per cento di bocciati.

Ma ci sono anche scuole dove studiare è una pacchia ed è difficile trovare un solo bocciato. En plein di promossi, tra giugno e settembre, al classico e linguistico Setti Carraro/Dalla Chiesa di Milano, allo scientifico Castelnuovo di Firenze e al classico di via Da Garessio di Roma. Per ognuna delle nove città esaminate e per ogni indirizzo scolastico, per un totale di 632 istituti superiori scandagliati, Skuola. net ha individuato l’istituto con più e quello con meno bocciati: un utile confronto per le famiglie che sono alle prese con l’iscrizione al primo anno delle superiori. Meglio una scuola più selettiva o, viceversa, una meno severa?

da repubblica.it

"Precari, quelli della scuola sono atipici fra gli atipici", di A.G.

Secondo la Cgia di Mestre un lavoratore senza contratto a tempo indeterminato percepisce in media 836 euro al mese, solo nel 15% dei casi ha una laurea, spesso è un dipendente pubblico e opera nel Mezzogiorno. Tranne il dato sulla Pa, gli altri non si ritrovano nei 300mila supplenti della scuola. Eppure costituiscono il 10% dei 3.315.580 precari italiani. Si dice che la scuola sia un mondo a sé. Che le regole che governano la formazione dei cittadini italiani e di circa un milione tra docenti e addetti vari sono molto diverse rispetto a quelle da altri settori, per definizione più legati alla produttività e meno alla burocrazia dettata a livello centrale (come invece avviene nella scuola). Probabilmente un fondo di verità in questo discorso esiste. Ancor di più dopo aver preso conoscenza del profilo medio del precario in Italia.
Secondo un`analisi realizzata dalla Cgia di Mestre un lavoratore privo di contratto a tempo indeterminato (dipendente a termine o part time involontario, collaboratore o intestatario di partita Iva) percepisce mediamente 836 euro al mese, solo nel 15% dei casi ha una laurea, lavora spesso nella Pubblica amministrazione e opera in prevalenza nel Mezzogiorno. Ora, se si eccettua il dato sul datore di lavoro, la Pa, il resto non sembrano riguardare i precari della scuola. I quali guadagnano poco, ma sicuramente più di quanto indicato, come stipendio base, dalla media realizzata dalla Cgia, sono in larga parte docenti laureati e si concentrano laddove si presentano il maggior numero di posti vacanti, quindi nel Settentrione.
Se si approfondisce la ricerca del sindacato degli artigiani la “musica” non cambia. In termini assoluti l`esercito dei precari è pari a 3.315.580 unità, e la retribuzione netta mensile media tra i giovani con meno di 34 anni è di 836 euro. Questa retribuzione sale a 927 euro mensili per i maschi e scende a 759 euro per le donne. Per quanto riguarda il titolo di studio, quasi uno su due (per l`esattezza il 46% del totale) ha un diploma di scuola media superiore, il 39% circa ha concluso il percorso scolastico con il conseguimento della licenza media e solo il 15,1% è in possesso di una laurea.
A livello territoriale è il Sud che ne conta il numero maggiore.
Se oltre 1.108.000 precari lavorano nel Mezzogiorno (pari al 35,18% del totale), le realtà più coinvolte, prendendo come riferimento l`incidenza percentuale di questi lavoratori sul totale degli occupati a livello regionale, sono la Calabria (21,2%), la Sardegna (20,4%), la Sicilia (19,9%) e la Puglia (19,8%).
L’unico dato che accomuna la scuola col resto dei precari, come già rilevato, è l’alta concentrazione nel Pubblico impiego: “nella scuola e nella sanità – scrive la Cgia – ne troviamo 514.814 (in base alle nostre stime nella scuola dovrebbero sfiorare i 300mila, oltre due terzi dei quali docenti ndr), nei servizi pubblici e in quelli sociali 477.299. Se includiamo anche i 119.000 circa che sono occupati direttamente nella Pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Enti locali, etc.), il 34% del totale dei precari italiani è alle dipendenze del Pubblico (praticamente uno su tre). Gli altri settori che registrano una forte presenza di questi lavoratori atipici sono il commercio (436.842), i servizi alle imprese (414.672) e gli alberghi ed i ristoranti (337.379)”.
Ma c’è un ultimo dato su cui vale la pena soffermarsi: se i precari della scuola si confermano atipici tra gli atipici, è altrettanto vero che la loro peculiarità si rafforzerebbe andando a verificare i tempi medi di attesa riscontrati a per ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato. La Cgia di Mestre non ha rilevato questo dato. Ma chi opera nel settore dell’Istruzione sa bene che i precari della scuola su questo versante sono (purtroppo!) dei primatisti.

La Tecnica della Scuola 07.02.12

“Precari, quelli della scuola sono atipici fra gli atipici”, di A.G.

Secondo la Cgia di Mestre un lavoratore senza contratto a tempo indeterminato percepisce in media 836 euro al mese, solo nel 15% dei casi ha una laurea, spesso è un dipendente pubblico e opera nel Mezzogiorno. Tranne il dato sulla Pa, gli altri non si ritrovano nei 300mila supplenti della scuola. Eppure costituiscono il 10% dei 3.315.580 precari italiani. Si dice che la scuola sia un mondo a sé. Che le regole che governano la formazione dei cittadini italiani e di circa un milione tra docenti e addetti vari sono molto diverse rispetto a quelle da altri settori, per definizione più legati alla produttività e meno alla burocrazia dettata a livello centrale (come invece avviene nella scuola). Probabilmente un fondo di verità in questo discorso esiste. Ancor di più dopo aver preso conoscenza del profilo medio del precario in Italia.
Secondo un`analisi realizzata dalla Cgia di Mestre un lavoratore privo di contratto a tempo indeterminato (dipendente a termine o part time involontario, collaboratore o intestatario di partita Iva) percepisce mediamente 836 euro al mese, solo nel 15% dei casi ha una laurea, lavora spesso nella Pubblica amministrazione e opera in prevalenza nel Mezzogiorno. Ora, se si eccettua il dato sul datore di lavoro, la Pa, il resto non sembrano riguardare i precari della scuola. I quali guadagnano poco, ma sicuramente più di quanto indicato, come stipendio base, dalla media realizzata dalla Cgia, sono in larga parte docenti laureati e si concentrano laddove si presentano il maggior numero di posti vacanti, quindi nel Settentrione.
Se si approfondisce la ricerca del sindacato degli artigiani la “musica” non cambia. In termini assoluti l`esercito dei precari è pari a 3.315.580 unità, e la retribuzione netta mensile media tra i giovani con meno di 34 anni è di 836 euro. Questa retribuzione sale a 927 euro mensili per i maschi e scende a 759 euro per le donne. Per quanto riguarda il titolo di studio, quasi uno su due (per l`esattezza il 46% del totale) ha un diploma di scuola media superiore, il 39% circa ha concluso il percorso scolastico con il conseguimento della licenza media e solo il 15,1% è in possesso di una laurea.
A livello territoriale è il Sud che ne conta il numero maggiore.
Se oltre 1.108.000 precari lavorano nel Mezzogiorno (pari al 35,18% del totale), le realtà più coinvolte, prendendo come riferimento l`incidenza percentuale di questi lavoratori sul totale degli occupati a livello regionale, sono la Calabria (21,2%), la Sardegna (20,4%), la Sicilia (19,9%) e la Puglia (19,8%).
L’unico dato che accomuna la scuola col resto dei precari, come già rilevato, è l’alta concentrazione nel Pubblico impiego: “nella scuola e nella sanità – scrive la Cgia – ne troviamo 514.814 (in base alle nostre stime nella scuola dovrebbero sfiorare i 300mila, oltre due terzi dei quali docenti ndr), nei servizi pubblici e in quelli sociali 477.299. Se includiamo anche i 119.000 circa che sono occupati direttamente nella Pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Enti locali, etc.), il 34% del totale dei precari italiani è alle dipendenze del Pubblico (praticamente uno su tre). Gli altri settori che registrano una forte presenza di questi lavoratori atipici sono il commercio (436.842), i servizi alle imprese (414.672) e gli alberghi ed i ristoranti (337.379)”.
Ma c’è un ultimo dato su cui vale la pena soffermarsi: se i precari della scuola si confermano atipici tra gli atipici, è altrettanto vero che la loro peculiarità si rafforzerebbe andando a verificare i tempi medi di attesa riscontrati a per ottenere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato. La Cgia di Mestre non ha rilevato questo dato. Ma chi opera nel settore dell’Istruzione sa bene che i precari della scuola su questo versante sono (purtroppo!) dei primatisti.

La Tecnica della Scuola 07.02.12

Luigi Lusi cancellato dall'anagrafe degli iscritti PD

La commissione dei garanti del PD ha deciso, all’unanimità, la cancellazione dall’anagrafe degli iscritti e dall’elenco degli elettori del PD del senatore Luigi Lusi. Da oggi Lusi non fa più parte del Partito Democratico. I garanti del partito hanno adottato la massima sanzione prevista che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti. Lusi, ha spiegato il presidente del Comitato di garanzia, Luigi Berlinguer, al termine della riunione, “non è più membro del Partito Democratico”. I garanti hanno definito molto gravi i reati contestati all’ex tesoriere della Margherita che ha una grave responsabilità non da lui contestata ma ammessa.

L’appropriazione indebita all’ex Margherita, secondo i garanti, “ha causato un grave danno al PD e preoccupato l’opinione pubblica”. Da qui la decisione di adottare la sanzione più grave che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti perché, ha spiegato Berlinguer, “l’espulsione non è una sanzione più prevista negli statuti dei partiti ma concettualmente la nostra decisione è la stessa”.

www.partitodemocratico.it

Luigi Lusi cancellato dall’anagrafe degli iscritti PD

La commissione dei garanti del PD ha deciso, all’unanimità, la cancellazione dall’anagrafe degli iscritti e dall’elenco degli elettori del PD del senatore Luigi Lusi. Da oggi Lusi non fa più parte del Partito Democratico. I garanti del partito hanno adottato la massima sanzione prevista che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti. Lusi, ha spiegato il presidente del Comitato di garanzia, Luigi Berlinguer, al termine della riunione, “non è più membro del Partito Democratico”. I garanti hanno definito molto gravi i reati contestati all’ex tesoriere della Margherita che ha una grave responsabilità non da lui contestata ma ammessa.

L’appropriazione indebita all’ex Margherita, secondo i garanti, “ha causato un grave danno al PD e preoccupato l’opinione pubblica”. Da qui la decisione di adottare la sanzione più grave che è la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti perché, ha spiegato Berlinguer, “l’espulsione non è una sanzione più prevista negli statuti dei partiti ma concettualmente la nostra decisione è la stessa”.

www.partitodemocratico.it

Bersani a Pdl e governo: «Noi leali, niente prese in giro», di Simone Collini

Il messaggio di Bersani a esecutivo e forze che appoggiano Monti: «Noi siamo leali, sosteniamo il governo, ma non ci lasciamo prendere in giro». Oggi riunione dei garanti Pd: verso l’espulsione di Lusi. Un messaggio al governo e alle altre forze politiche che lo appoggiano in Parlamento e un messaggio rivolto a militanti, elettori, simpattizzanti e più in generale all’opinione pubblica. Il primo Pier Luigi Bersani lo lancia dicendo: «Noi siamo leali, sosteniamo il governo, ma non ci lasciamo prendere in giro». Il secondo è nella decisioni che oggi prenderà la Commissione di garanzia del Pd: l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi sarà espulso dal partito.
Lasciando uno dei seggi per le primarie allestiti a Piacenza per scegliere il candidato sindaco, Bersani torna sulla norma riguardante la responsabilità civile dei giudici approvata la scorsa settimana alla Camera «con meccanismi di vecchia maggioranza e anche contro le indicazioni del governo stesso». Dice il leader del Pd: «Questo è un problema. Noi siamo leali, sosteniamo il governo, ma non ci lasciamo prendere in giro». Un appello al senso di responsabilità del Pdl, che su giustizia e Rai sta dimostrando di voler avere le mani libere e di far rivivere l’alleanza con la Lega. Ma un appello anche a Monti affinché affronti la situazione, perché non è possibile come Bersani si è sfogato nei giorni scorsi sia nell’incontro a Palazzo Chigi che in un colloquio con Napolitano al Quirinale che il Pd voti in parlamento anche le misure che non lo convincono al cento per cento mentre il Pdl solo a parole dimostra la stessa realtà. Per il segretario dei Democratici, che risponde a una domanda sull’editoriale di ieri dell’Unità, è «esagerato» dire che il governo abbia cambiato natura dopo le ultime uscite di Monti sull’articolo 18. Il punto è un altro: «Io ho segnalato alcuni fatti, che sono un colpo di mano sulle nomine Rai, una norma anti-magistrati e degli emendamenti al Senato sulle liberalizzazioni. Sono tutte cose approvate con meccanismo di vecchia maggioranza anche contro le indicazioni del governo stesso. Questo è un problema. Noi siamo leali, trasparenti, sosteniamo il Governo ma non ci lasciamo prendere in giro. Questo è il messaggio che voglio dare, e quindi adesso ci si dia una regolata».
Dopodiché Bersani è convinto che l’esecutivo Monti arrivi a fine legislatura, «almeno per quel che riguarda il Pd», ma devono finire (e sullo spontaneamente è piuttosto scettico) le «provocazioni» che arrivano dal fronte Pdl. «Qualche problema c’è, è inutile negarlo. E questo non è salutare per il governo, che deve fare cose di segno nuovo e le sta facendo».
Tra le cose nuove che devono fare invece le forze politiche c’è la riforma della legge elettorale. La proposta di un patto da parte Berlusconi non convince i Democratici. Bersani ragionando sulla questione con i suoi ha spiegato che il Pd deve discutere con tutti, chiarendo che la sede del confronto è il Parlamento e non tavoli particolari e che il dialogo deve coinvolgere tutte le forze politiche, pur partendo da quelle che sostengono Monti.
Dal Pdl è arrivata una richiesta di incontro e domani Gianclaudio Bressa, Luigi Zanda e Luciano Violante incontreranno Ignazio La Russa e Gaetano Quagliarello. Ma il Pd avvierà nei prossimi giorni una serie di incontri anche con Terzo polo, Idv e Sel, facendo partire la discussione dalla proposta depositata in parlamento (un sistema misto maggioritario-proporzionale con doppio turno).
LUSI VERSO L’ESPULSIONE
Già questo pomeriggio si chiuderà invece (almeno per quanto riguarda il Pd) la vicenda Lusi. Il senatore espulso l’altra settimana dal gruppo dei Democratici, che l’altro giorno si è autosospeso dal Pd, oggi sarà cancellato dall’anagrafe degli iscritti al partito. Questo è almeno l’orientamento prevalente tra i nove membri della Commissione di garanzia presieduta da Luigi Berlinguer alla vigilia dell’appuntamento. Di fatto si tratterebbe di un’espulsione (termine che non compare nello Statuto o nel codice etico) dell’ex tesoriere della Margherita.

L’Unità 6.2.12
Intervista a Luciano Neri
«Non credo alla storia che Lusi abbia agito da solo»
L’atto d’accusa del componente dell’assemblea della ex Margherita. «Fui il solo a votare contro il bilancio. Chiedo le dimissioni di Bianco e Rutelli»
di Claudia Fusani

Basta ipocrisie e falsità. Voglio subito l’assemblea della Margherita, immediatamente, abbiamo già aspettato anche troppo, Bianco e Rutelli devono convocarla, presentarsi dimissionari e mettere a nostra disposizione i bilanci. Siamo in grado di leggerli da soli una volta che ce li danno».
Luciano Neri è un dirigente nazionale della Margherita, uno dei 398 componenti dell’assemblea e responsabile della Consulta per gli italiani nel mondo del Pd. Quando ha letto che risultava tra coloro che avevano approvato il bilancio della Margherita nella ormai famosa assemblea del 20 giugno 2011, ha abbandonato ogni residuo di pazienza. «È un falso dice Domani (stamani, ndr) mi presento al Senato nello studio di Enzo Bianco e Rutelli e non me ne vado finché non vedo una convocazione scritta dell’assemblea e non mi hanno consegnato il bilancio. Non sono un magistrato ma come dirigente nazionale della Margherita considero entrambi responsabili di aver creato oggettivamente le condizioni di opacità che ci hanno portato alla situazione di oggi».
Lei punta il dito contro Bianco e Rutelli. Perché?
«Perché scopro leggendo i giornali che il verbale dell’assemblea del 20 giugno 2011 risulta approvato all’unanimità. Io invece quel giorno ero uno dei dodici presenti su 398 aventi diritto e ho votato contro. Parisi si astenne. Due posizioni diverse di cui non esiste evidenza. Quindi quel verbale è falsificato».
Perché era contrario?
«Quel giorno s’arrivò quasi alle mani. Ebbi a ridire su tutto, a cominciare dal modo in cui eravamo stati convocati. Possibile che fossimo solo in 12 su 398? Chiesi conto di come erano state fatte le convocazioni. Non mi risposero. Chiesi di leggere il bilancio e di averne copia. Ci fu detto che non era possibile. Mi ribellai e Lusi, intorno al tavolo con Bianco e Rutelli, ebbe uno scatto, si offese dicendo che veniva messa in dubbio la sua serietà. Poi ricordo che loro tre confabularono a lungo».
La grande lite quel giorno fu anche su altro.
«Ci dissero che erano disponibili circa venti milioni residui del finanziamento elettorale. Io e Parisi proponemmo di restituire alla società civile quelle risorse. Scoppiò l’inferno e con una levata di scudi passò la linea della redistribuzione dei soldi».
A chi?
«Alle varie componenti organizzate della Margherita. Non deve essere stato casuale se a quella convocazione hanno risposto solo responsabili e referenti delle componenti. Ricordo ancora Gentiloni che avvertì: “Stiamo dando l’idea che ci vogliamo spartire il malloppo”».
Scusi Neri, ma perché non avete denunciato subito e per tempo queste opacità?
(Prende tempo e cerca di calibrare bene le parole) «Probabilmente tutti pensavano che il tesoretto sarebbe stato redistribuito in parti congrue. Ecco perché non ci sono state denunce».
Ha idea quanti soldi abbia ricevuto la Margherita dal 2006 a oggi come finanziamento pubblico?
«No, nessuna. E come me la maggior parte dei 398 membri dell’assemblea».
Eppure da allora avete approvato cinque bilanci. Le sembra normale? «Tutto è inverosimile in questa vicenda. La maggior parte di noi apprende le cose dai giornali. Non sapevamo e non sappiamo nulla. È gravissimo ad esempio che Rutelli sia stato interrogato il 17 gennaio, abbia fatto dimettere Lusi dall’incarico di tesoriere solo una settimana dopo (il 25 gennaio, ndr). E se non fossero usciti i giornali il 31 gennaio, non avremmo saputo nulla neppure dopo». Rutelli dice di essere stato fregato dall’amico di una vita. Possibile che Lusi abbia fatto tutto da solo? «Alla ricostruzione di Lusi ladro in solitaria non crede nessuno. Meno che mai io. Rutelli sapeva dell’esistenza della TTT srl. Una cosa è certa: colpevolmente non ci sono state le informazioni obbligatorie per legge. Per questo chiedo le dimissioni di tutti. Immediate. Ed è già troppo tardi». Andrà in Procura?
«Chiederò di essere sentito».

L’Unità 06.02.12