Tutti gli articoli relativi a: pari opportunità | diritti

"La strage delle donne e i negazionisti di buona volontà", di Adriano Sofri

C’è una vera ragione di allarme sulle donne uccise, o c’è un allarmismo colposo o doloso? Si è andata ampliando la reazione negatrice, fino a diventare una campagna. Lo scandalo sul femminicidio è montato lentamente e tardissimo. Ha da subito eccitato dissensi troppo aspri e ottusi per non essere rivelatori. C’è stato anche chi ammoniva che gli uomini uccisi sono più numerosi delle donne uccise: vero, salvo che il confronto va fatto fra le donne uccise da uomini e gli uomini uccisi da donne, e allora diventa irrisorio. Strada facendo, le obiezioni si sono irrobustite, valendosi anche di una (effettiva) carenza di statistiche esatte. All’ingrosso, si è negato che le uccisioni di donne siano cresciute in numeri assoluti, e si è sottolineato che la crescita – impressionante – nella loro quota relativa rispetto al totale degli omicidi è dovuta solo alla riduzione degli altri omicidi, soprattutto quelli di mafia. Prima di motivare i dubbi sulla prima affermazione — il numero di femminicidi che resta sostanzialmente stabile nel tempo e nei luoghi — sbrighiamo la seconda: …

"Una proposta per fermare il femminicidio" di Simonetta Agnello Hornby

Nel 1909 la contessa Giulia Trigona, dama di corte della regina Elena, all’età di trentadue anni fu accoltellata e sgozzata dall’amante trentenne in una camera d’albergo accanto alla stazione Termini. L’omicida tentò poi di suicidarsi – con un’arma più nobile: una pistola, oggi esposta al Museo del crimine di Roma – e, dopo essere stato condannato all’ergastolo, nel 1942 meritò il perdono reale, su richiesta di Mussolini: morì sette anni dopo nel suo letto, accudito dalla domestica che aveva nel frattempo sposato. Per la notorietà e il rango dei personaggi coinvolti la notizia divenne di dominio pubblico come un fatto raro, invece la violenza c’era anche allora, e in tutti gli strati sociali. Tanta. Solo che la vergogna delle vittime e il desiderio della gente di non sapere la coprivano di un silenzio di perbenismo. Che io chiamo omertà. Ho incontrato la violenza domestica all’età di cinque anni. A Siculiana, guardavo dal balcone della cucina – insieme alle cameriere – un ubriacone che la sera tornava nel vicolo in cui viveva. I vicini lo aspettavano …

"Libere di vivere", di Michela Marzano

La Convenzione di Istanbul pone per la prima volta la questione delle violenze di genere come un problema strutturale: non si tratta solo di punire i colpevoli e proteggere le vittime, ma anche di prevenire ogni forma di discriminazione, affinché l’uguaglianza tra gli uomini e le donne diventi reale. L’unica vera uguaglianza che non è l’identità e consiste nell’uguale rispetto di ogni persona. Nonostante le molteplici differenze che ci caratterizzano. Tutti e tutte uguali anche se di sesso diverso, anche se di diverso orientamento sessuale. Ma per capire la complementarietà tra uguaglianza e diversità, occorre educare fin da piccoli i nostri figli al rispetto dell’alterità, insegnando loro la gestione dei conflitti senza ricorrere alla violenza che, per definizione, cancella e distrugge. La violenza non può essere del tutto eliminata. La pulsione dell’aggressività fa parte della condizione umana e sarebbe illusorio pensare di debellarla del tutto. Come ogni pulsione però, come ci insegna la psicanalisi, anche l’aggressività deve essere contenuta, e per farlo occorre costruire attraverso l’educazione quelle che Freud chiama le dighe psichiche: pudore, disgusto …

Ratificata Convenzione Istanbul. Dichiarazione di voto di Federica Mogherini del Pd alla Camera dei Deputati

Signor Presidente, oggi per il gruppo del PD non si tratta soltanto di dare un voto favorevole e molto convinto alla legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, per prevenire e contrastare la violenza domestica sulle donne: si tratta di vedere realizzato un obiettivo, direi quasi un sogno, se non suonasse stonato rispetto agli episodi di cronaca che abbiamo di fronte agli occhi. Un obiettivo a cui abbiamo lavorato tanto in questi anni e in questi ultimi mesi, con tenacia: certe volte con la tenacia della goccia d’acqua che scava la pietra, e con enorme convinzione. L’abbiamo fatto in Aula, l’abbiamo fatto al Consiglio d’Europa, come ricordava la collega Bergamini; l’abbiamo fatto nelle nostre città, nel Paese, insieme a tantissime associazioni, ai movimenti, ai centri antiviolenza.   Abbiamo lavorato la scorsa legislatura perché il Governo firmasse la ratifica, innanzi tutto. Poi abbiamo presentato il disegno di legge di ratifica, che oggi votiamo il primo giorno di insediamento di questa Camera, come atto simbolico e come volontà politica. Abbiamo fortemente voluto insieme a lei che questa fosse …

"Quei femminicidi non in nome dell’amore", di Sara Ventroni

I fatti sono avvenuti a Corigliano Calabro ma potevano accadere ovunque. La geografia non c’entra. Tantomeno il folklore. Le donne vengono uccise al sud come al nord. In una strada sterrata di provincia come in un appartamento di città. I mariti, i compagni, i fidanzati omicidi sono insospettabili professionisti o disoccupati. Hanno sessant’anni oppure diciassette. L’unico dato certo è che la deformazione affettiva nelle relazioni tra gli uomini e le donne non conosce frontiere di luogo, né di status. Non guarda in faccia ai titoli di studio, e non dipende dal conto in banca. Ricchezza o povertà, qui, non illuminano i fatti. I dati ci dicono, anzi, che dove le donne lavorano e sono indipendenti nel nord dell’Italia, come nel nord dell’Europa le violenze sono più frequenti. La costante dell’intreccio ossessivo e prevedibile è dunque da cercare altrove. La trama è piuttosto elementare: lei ha deciso di andarsene, di troncare; oppure ha bisogno di una pausa di riflessione. Lo dice, lo spiega, lo scrive. Ma lui non ci sta. La morte di Fabiana non fa …

"Sul web la giustizia fai da te", di Fabio Tonacci

Ci si vendica anche, sul web. Con una foto rubata, con un video imbarazzante pubblicato senza autorizzazione, con una chat che doveva rimanere privata e invece è lì, sbattuta su una pagina di Facebook. Visibile da tutti, parenti e amici, e da tutti inesorabilmente commentata. È così che un social network diventa gogna, per esporre alla pubblica umiliazione Carolina, che ha bevuto troppo e si fa riprendere mentre le dicono oscenità. O Andrea a cui piace indossare pantaloni rosa e quindi per il branco è un debole che va sfottuto. Due quindicenni che poi si sono suicidati perché travolti dalla vergogna. Si consumano vendette. Quasi sempre insultando e denigrando. Oppure postando le sgangherate chat di presunti stalker sessuali sulla pagina «Io odio i maniaci di merda». Altre volte, poi, trovando in Rete il coraggio che non si ha nella vita reale di segnalare possibili evasori fiscali, finti disabili, truffatori vari o semplici autisti di bus col vizio di correre troppo. Come nel caso di evasori inchiodati con nome, cognome, foto, email private. E però a …

"La quindicenne bruciata perchè diceva No", di Cristina Comencini

La ragazza di Cosenza, così giovane come il ragazzo che l’ha ammazzata, è morta perché era una donna, non per amore né per passione, come spesso viene scritto. Fabiana era una giovane donna che voleva decidere di non continuare una relazione, forse la prima della sua vita, voleva essere libera. Ci si deve attrezzare a livello legale per punire questi reati e per prevenirli, ma non riusciremo a entrare fino in fondo nel nodo che si stringe a poco a poco tra un uomo e una donna, di qualsiasi età, ceto sociale o provenienza geografica, prima dell’uccisione, se non afferriamo il dato culturale profondo, la novità terribile che si nasconde dietro ognuno di questi delitti. Questa realtà riguarda prima di tutto gli uomini, i ragazzi, la loro formazione, la loro sessualità, in un mondo in cui la posizione e i sentimenti delle donne cambiano rapidamente e sono, per la prima volta nella storia, espressi, raccontati, vissuti. Lasciare un uomo si può dire oggi, ma in molti casi non si può ancora fare. Questo è il …