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Ratificata Convenzione Istanbul. Dichiarazione di voto di Federica Mogherini del Pd alla Camera dei Deputati

Signor Presidente, oggi per il gruppo del PD non si tratta soltanto di dare un voto favorevole e molto convinto alla legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, per prevenire e contrastare la violenza domestica sulle donne: si tratta di vedere realizzato un obiettivo, direi quasi un sogno, se non suonasse stonato rispetto agli episodi di cronaca che abbiamo di fronte agli occhi. Un obiettivo a cui abbiamo lavorato tanto in questi anni e in questi ultimi mesi, con tenacia: certe volte con la tenacia della goccia d’acqua che scava la pietra, e con enorme convinzione. L’abbiamo fatto in Aula, l’abbiamo fatto al Consiglio d’Europa, come ricordava la collega Bergamini; l’abbiamo fatto nelle nostre città, nel Paese, insieme a tantissime associazioni, ai movimenti, ai centri antiviolenza.
  Abbiamo lavorato la scorsa legislatura perché il Governo firmasse la ratifica, innanzi tutto. Poi abbiamo presentato il disegno di legge di ratifica, che oggi votiamo il primo giorno di insediamento di questa Camera, come atto simbolico e come volontà politica. Abbiamo fortemente voluto insieme a lei che questa fosse la prima legge che questo Parlamento approva, e credo che questo lo dobbiamo oggi rivendicare con un grande orgoglio ed una grandissima forza in quest’Aula (Applausi). Abbiamo messo tutto il nostro impegno, quello meno visibile ma più faticoso, tutto il nostro lavoro nelle Commissioni per approvare questo risultato in tempi rapidissimi: è passata solo una settimana da quando abbiamo incardinato il provvedimento, e con un voto che credo e spero potrà essere in Aula, così come è stato nelle Commissioni, unanime.
  Lo dobbiamo a Fabiana, 16 anni, bruciata viva a Corigliano Calabro dal suo ragazzo. Ma lo dobbiamo anche ad Angelica, 35 anni, uccisa a coltellate in provincia di Lodi dal suo ex; lo dobbiamo a Silvana, 49 anni, dipendente del comune di Padova, uccisa a colpi di pistola dal marito, agente di polizia. Lo dobbiamo a Micaela, 35 anni, uccisa a colpi di accetta dall’ex marito insieme a Enrica a Palermo; a Chiara, 28 anni, uccisa a Roma dal marito, che poi si è suicidato. Sono sei vittime, e sono solo nell’ultimo mese, tutte morte nel mese di maggio. Sono vittime di età diverse, sono vittime di diversissime condizioni economiche e sociali, alcune anche di diversa nazionalità; sono vittime nel nord e nel sud del Paese, nelle grandi città e nei piccoli centri.
Non è un’emergenza – come titolano i giornali – non è come il caldo, il mal tempo o l’esodo di agosto. No: è un dramma che investe il nostro Paese tutto intero, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, e lo fa in modo sistematico, strutturale e profondo ed è per questo che richiede misure strutturali, coordinate e profonde per essere fermato. Ce lo dice il fatto che le donne uccise – tante e troppe, e se anche fosse solo una, sarebbe già troppo – queste donne sono solo la punta affilata e dolorosa di un iceberg immenso, immenso, che noi non vediamo neanche, a volte. Per ogni Fabiana bruciata viva, ci sono decine di Fabiana, di Elena, di Maria, di Laura, di Giulia, che vivono e che denunciano percosse, violenze fisiche, stupri, molestie sessuali e persecuzioni. E per ognuna di loro ci sono centinaia di donne che vivono la violenza senza denunciarla perché non trovano la forza, non trovano la fiducia in se stesse e nelle istituzioni, che consenta loro di svelare un dramma, di svelare il dolore, di svelare la perdita di senso della propria vita e delle proprie relazioni affettive e umane, quelle più private. Ecco, noi oggi, con questo voto, stiamo dicendo a quelle donne: «Trovate la fiducia. Noi siamo degni di riconquistare la vostra fiducia. Le istituzioni vi proteggeranno, vi accompagneranno, non vi lasceranno più sole». Ci prendiamo la nostra parte di responsabilità, che è questa responsabilità: fare in modo che non ci siano più condizioni in cui qualcuno possa dire – come è successo oggi, giustamente, forse – al funerale di Fabiana: «Né lo Stato, né i servizi sociali hanno funzionato». Questa è una frase che non dobbiamo mai più sentire. Questa è la nostra responsabilità (Applausi).
  Ma è un lavoro che abbiamo fatto – e che continueremo a fare – anche per tutte quelle donne che non conoscono fortunatamente, nell’arco della loro vita, né violenza fisica, né violenza sessuale e che però sanno benissimo – credo che ognuna di noi lo sappia – che la nostra vita è costellata di piccole e grandi violazioni psicologiche, ricatti e rinunce forzate. Ogni volta che una donna rinuncia a un lavoro per un figlio, o rinuncia a un figlio per il lavoro, quello che non c’è o l’unico che ha per mantenerlo, ogni volta che una donna percepisce uno stipendio più basso di un collega uomo, ecco, ogni donna che vive una situazione del genere, vive sulla propria pelle una forma di violenza, che forse non uccide, ma toglie la dignità e la felicità.
  E dobbiamo anche questo lavoro ai loro figli, ai nostri figli, che, troppo spesso, ci dimentichiamo quando parliamo di violenza domestica o di violenza sulle donne, che sono bambini costretti senza alternative ad assistere ad una violenza ed ad introiettare modelli relazionali malati, che li espongono ad essere, con più probabilità degli altri, vittime o carnefici di quella stessa violenza nella loro vita adulta.

  PRESIDENTE. Lasciatela parlare, per favore. Un po’ di silenzio !

  FEDERICA MOGHERINI. Ed infine, è un lavoro che abbiamo fatto e che continueremo a fare anche per gli uomini perché, ogni volta che un uomo compie violenza su una donna, è la sua dignità, è la sua umanità a morire ed è bene che gli uomini inizino a rendersene conto. È arrivato il momento di aiutare i nostri uomini: i nostri mariti, i nostri figli, i nostri fratelli e i nostri padri, aiutarli a riprendersi la propria dignità e a ricostruirla. Ci vuole coraggio, non è un passaggio banale: ci vuole il coraggio di noi donne di pretendere uomini così, ci vuole il coraggio di noi mamme e di noi papà di educare i nostri figli così e ci vuole anche il coraggio degli uomini di essere loro per primi a dire: «io non sono così, io non voglio essere così, io non sono tuo complice».
  Oggi, questo voto non è un passaggio formale e rituale, non è una vuota celebrazione – altri lo hanno detto – credo che dobbiamo mettere molta enfasi sul passaggio che stiamo facendo oggi. È un’assunzione di responsabilità, è l’assunzione di un impegno consapevole e concreto. Primo: con il voto di oggi, questa Convenzione non diventa legge per l’Italia, dobbiamo compiere il percorso legislativo e dobbiamo fare in modo che il processo al Senato sia tanto rapido e tanto positivo, come quello che c’è stato alla Camera. Secondo: dobbiamo prendere dopo misure concrete, quelle che ci indica la Convenzione di Istanbul: punire e reprimere efficacemente i colpevoli, proteggere ed assistere le vittime – le donne e i bambini – e questo significherà, soprattutto, un rafforzamento, un’estensione e un finanziamento della rete dei centri antiviolenza, che in Italia è ancora troppo debole e che fa un lavoro egregio sul territorio. E qui mi lasci dire una parola sul ruolo che i sindaci e i consigli comunali potranno svolgere su tutto il territorio italiano: i sindaci già in carica, quelli che sono stati eletti ieri e a cui diamo il nostro augurio di buon lavoro e a cui chiediamo un impegno concreto, e quelli che saranno eletti tra dieci giorni nei ballottaggi. A loro spetterà, soprattutto, rendere operative le decisioni che questa Camera e il Senato prenderanno nei prossimi giorni.
  E poi prevenire, prevenire, prevenire, perché qualsiasi altra misura arriva sempre quando è troppo tardi.
  La Convenzione di Istanbul ci dà poi due indicazioni importanti di metodo, che credo siano fondamentali anche per altri settori del nostro lavoro. In primo luogo, a problemi strutturali e complessi bisogna dare risposte, come ha detto la Ministra Idem ieri, organiche e sistematiche, non occasionali, non d’immagine, non degli spot. Non abbiamo bisogno di questo, abbiamo bisogno di continuare sulla continuità, sul lungo periodo, perché la catena di interventi che lo Stato mette in campo possa non avere nessun anello mancante, nessun salto logico, nessuna crepa in cui si possa insinuare una qualsiasi negazione del diritto delle donne di vivere in sicurezza e dignità. Soltanto garantendo che quella catena di interventi dello Stato, dalla scuola all’assistenza sociale, alle forze dell’ordine, alla magistratura, agli enti locali, al Parlamento, ai finanziamenti che daremo, soltanto garantendo che quella catena non si interrompa noi possiamo chiedere ai cittadini e alle cittadine del nostro Paese di avere davvero fiducia nelle istituzioni. Infine, monitoraggio, per valutare l’applicazione, l’efficacia, la coerenza delle decisioni che prenderemo.
  Noi sappiamo che oggi compiamo un primo importantissimo passo, un passo per fare entrare in vigore la Convenzione. È stato detto la ratifica da parte dell’Italia è cosa importantissima, importantissima. Siamo il primo grande Paese – non me ne vogliano gli altri –, il primo grandissimo Paese europeo che ratifica questa Convenzione e sarà un segnale per tutti gli altri. Infine, per dotarci di strumenti efficaci successivamente.

Il PD, il gruppo del PD alla Camera continuerà il suo impegno per l’attuazione delle norme che ci vorranno, per trovare i fondi che potranno rendere operative le misure, per chiedere agli altri Paesi, all’Unione europea, alla comunità internazionale, di fare altrettanto e di seguire questa stessa strada. Mi faccia dire un’ottima notizia, che soltanto poche ore fa a Bruxelles il Viceministro degli Affari esteri Pistelli è riuscito a fare inserire, tra gli impegni che l’Unione europea porterà in sede Nazioni Uniti per gli obiettivi di sviluppo del post 2015, la violenza sulle donne come una delle priorità della politica che le Nazioni unite dovranno seguire dal 2015 in poi (Applausi), impegno concreto che porta a risultati concreti.
  Qui, oggi noi ci assumiamo l’impegno di continuare il lavoro semplicemente con la stessa tenacia – concludo – che ci ha portato fin qui, con lo sguardo volto solo e unicamente a dare risposte concrete al Paese, senza polemiche, senza protagonismi, senza strumentalizzazioni, fare bene per noi e per gli italiani senza clamori ma soltanto con tanta serietà. È un cammino che dobbiamo e vogliamo fare insieme alle tante associazioni che ci hanno accompagnato in questi mesi e in questi anni ma, soprattutto, insieme ai tanti italiani, uomini e donne, che vogliono reagire, che vogliono ricordare a se stessi e insegnare ai loro figli il rispetto per sé e per chi ci sta intorno e anche restituire valore alla cosa più preziosa che abbiamo, che è la nostra vita, che non è un videogame, non è un film di Tarantino, è la cosa più preziosa che abbiamo, la nostra, quelle delle persone che amiamo, quella delle persone che ci vivono intorno e abbiamo il dovere di difenderla con tutti gli strumenti che abbiamo (Applausi).

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