Tutti gli articoli relativi a: partito democratico

«Franceschini con Matteo? Non capisco perché», di Osvaldo Sabato

«Prima di prendere il treno vorrei sapere qual è la destinazione» osserva l’onorevole del Pd Cesare Damiano. Il presidente della Commissione Lavoro della Camera usa questa metafora per chiarire che «scegliere adesso i candidati senza sapere quali sono i loro programmi è una scelta sbagliata». Il riferimento è all’endorsement del ministro Dario Franceschini a favore di Matteo Renzi. Quanto sembrano lontani i tempi in cui il sindaco di Firenze definiva lo stesso Franceschini «vice disastro». Ormai è acqua passata. L’attualità racconta di un asse fra il ministro dei rapporti con il Parlamento e il rottamatore per spingerlo verso la segreteria nazionale del Pd. «Non condivido questa scelta di Franceschini» precisa Damiano «la trovo prematura». Presidente, perché dice che è prematura? «Io per scegliere un leader, come sempre, privilegio i contenuti, vorrei sapere qual è il suo programma. Vale per Civati, Cuperlo, Pittella e quindi anche per Renzi». Perché secondo lei Franceschini ha annunciato in anticipo il suo sostegno a Renzi? «Questo, naturalmente bisogna chiederlo a lui. Io penso che sia una scelta intempestiva, che fa …

“L’analisi del voto che nel Pd nessuno ha fatto”, di Antonio Funiciello

L’entità della sconfitta del Pd e del centrosinistra alle elezioni politiche di fine febbraio, pur essendo di primo acchito parecchio manifesta, assume dimensione storico-politica solo dopo un’attenta, ancorché in casa Pd sinora mancata, analisi del voto. È accaduto, anzitutto, che per la prima volta una regola peculiarissima dell’alternanza democratica nella sedicente Seconda repubblica sia stata violata. Dopo le elezioni del 1994, tutti i turni elettorali successivi (1996, 2001, 2006, 2008) sono stati appannaggio della coalizione politica che, al voto immediatamente precedente, era uscita sconfitta. Nel 2013, viceversa, il fenomeno non si è ripetuto. La politica, si sa, non ha leggi, ma solo regole, con eccezioni che accorrono zelanti a confermarle. Nel mondo occidentale la regola dell’incumbency advantage è, da molto, caso di scuola e, da prima, retaggio consolidato dell’esperienza elettorale. Nelle democrazie avanzate dell’alternanza, l’incumbent, colui che detiene la carica oggetto della contesa elettorale, gode di un vantaggio oggettivo sul suo sfidante, il challenger, che si compone di una serie di elementi: a) più alti indici di popolarità; b) benefici che derivano per via diretta …

“Sorpresa, postcomunisti addio. Il Pd si scopre democristiano”, di Paolo Franchi

Se e quando Matteo Renzi ed Enrico Letta si affronteranno apertamente per la guida del Pd e (elettori permettendo) del Paese non è dato sapere. Sul fatto che il campo degli aspiranti cavalli di razza del Pd ormai lo occupino loro, invece, molti dubbi non ce ne sono. Sì, cavalli di razza, proprio come mezzo secolo fa, nel lessico democristiano d’epoca, furono definiti, si parva licet, Amintore Fanfani e Aldo Moro. Perché possiamo anche classificarli genericamente come postdemocristiani (siamo tutti post qualcosa), ma resta il fatto che entrambi nel movimento giovanile dell’ultima Dc, e poi nel Partito popolare, hanno mosso i primi passi e si sono formati. E non nascondono né, tanto meno, rinnegano le loro origini. Anzi. Cronisti frettolosi scomodano, per ricostruirne gli alberi genealogici, Giorgio La Pira e Beniamino Andreatta. Non ce ne sarebbe bisogno. Assai lontani per carattere, cultura, stile comunicativo, e prima ancora per concezione della politica, Renzi e Letta a modo loro incarnano, o per meglio dire reincarnano, due anime assai diverse, ma non per questo irrimediabilmente antagonistiche, di una …

“Il Pd che serve dopo Berlusconi”, di Alfredo Reichlin

Che congresso vogliamo fare? Intanto alla faccia di un mondo politico e giornalistico che vive solo solo scagliando fango contro il Pd, si deve riconoscere che questo partito esiste. Eccome se esiste. Basta guardare alla vitalità e alle speranze che si esprimono nelle nostre assemblee. Pongo però un problema. Qual è la realtà da cui partire? Parlo di quello stato di cose che, al di là delle persone, ci mette alla prova e interroga quel grumo di cultura politica, di storia e di passioni che si chiama un partito. E che ridefinisce il suo ruolo reale, non in astratto e non solo tatticamente ma di fronte all’oggi, cioè a una situazione che è ben più di una crisi, è un passaggio davvero cruciale della storia repubblicana. Stiamo attenti a non sbagliare sulla realtà che ci sfida, essendoci solo un esile crinale che separa una crisi politica dall’esplosione di una crisi di regime. Basta immaginare che Berlusconi, per sopravvivere, riesca a trascinare il Paese in una elezione anticipata giocata ancora col «porcellum». Non è una fantasia, …

“Il leader Pdl ha firmato i referendum radicali”, di Mattia Feltri

Se ci fosse un filo conduttore, sarebbe un groviglio. Se fossero due punti, Silvio Berlusconi e Marco Pannella sarebbero uniti da un arabesco. Se c’è uno schema logico per raccontare i rapporti fra i due, non è ancora stato scoperto: lo si può forse rappresentare come il tracciato di un elettrocardiogramma, ma di un paziente malmesso. Appaiati da due pazzie completamente diverse, Silvio e Marco si prendono e si lasciano, secondo un’antica simpatia e secondo i calcoli di rispettiva convenienza, ma soprattutto secondo un’incomunicabilità irrimediabile. Si mettevano lì, venti anni fa, quando il leader radicale ancora credeva (come mezza Italia) che il collega di centrodestra avesse l’intenzione e la forza di inventare qualcosa di rivoluzionariamente liberale. Si mettevano lì e Marco cominciava con Ernesto Rossi, con Gaetano Salvemini, il cattolicesimo liberale di Romolo Murri, e andava avanti per ore e quell’altro, che ha una capacità d’attenzione pari alla durata di uno spot televisivo – e forse aveva qualche amica che lo aspettava o forse cominciava il Milan – cadeva disperato in narcolessia. E nemmeno poteva …

Letta: «Non è il governo che sognavo. Farò di tutto per evitare aumenti Iva», di Nini Andriolo

«Voglio impegnarmi per un Partito democratico più unito, più grande e in grado di vincere perché dopo le prossime elezioni non si faccia più un esecutivo di larghe intese…». Enrico Letta si candida per guidare il governo del futuro, quello di centrosinistra che piace al popolo democratico che affolla il tendone della festa. E mentre Renzi si propone da Forlì per governare il Pd, il premier tocca le corde giuste per superare l’esame di chi affolla il tendone dedicato a Sandro Pertini della festa di Genova, microcosmo di un partito che vuole tornare a vincere per cambiare il Paese. Letta cita argomenti e nomi appropriati e suscita applausi, ripetuti, affettuosi e convinti: Giorgio Napolitano, Cecile Kyenge, i leader progressisti europei seduti in prima fila. Guglielmo Epifani che sale sul palco alla fine dell’intervento del premier e saluta battendo assieme a «Enrico» le mani alla gente. Per il premier una lunga giornata in città prima dell’intervista pubblica nella cittadella democratica installata nel Porto antico, ristrutturato dal genovese Renzo Piano che – lo ricorda il governatore della …

La service tax peserà meno di Imu e Tares. Pd lavora per scongiurare l’aumento dell’Iva

“Il pacchetto delle misure economiche varate ieri dal governo Letta merita apprezzamento e va approfondito. Il governo ha varato infatti un mix di provvedimenti utili e necessari sul terreno delle priorità economiche e delle emergenze sociali, come il rifinanziamento della cassa integrazione, l’intervento per gli esodati da licenziamenti individuali, i giovani e il sostegno per i mutui casa”. E’ quanto affermato dal responsabile economico del Pd, Matteo Colaninno. “Abbiamo lavorato facendo squadra con il presidente Letta e i ministri e il risultato è largamente positivo, soprattutto se si tiene conto dei difficili vincoli finanziari”. Colaninno ha inoltre sottolineato come “anche per quanto riguarda il superamento dell’Imu e della tassa sui rifiuti – ripeto: il superamento dell’Imu, ma anche della tassa sui rifiuti, perché entrambi vengono superati con la riforma – il risultato è molto positivo e imbocca una strada importante per la modernizzazione del Paese: una vera imposta federale, da sempre chiesta dai sindaci e caratterizzata da autonomia ed equità. La riforma conterrà infatti componenti patrimoniali più progressive rispetto all’Imu così come consentirà un minor …