Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

"Questione morale e austerità. Quel che resta di Enrico", di Jolanda Bufalini

A giugno sono trent’anni che è morto Enrico Berlinguer, significa che una giovane donna di trent’anni, o un giovane uomo, non ha il ricordo fisico della sua presenza. A novembre sono venticinque anni che è crollato il Muro di Berlino. Dunque per una ragazza o un ragazzo appena usciti dalla scuola il mondo diviso in due, la guerra fredda, il comunismo sono un periodo appreso sui libri, piuttosto complicato e difficile da immaginare nelle sue tensioni, nelle sue passioni. Non c’è da stupirsi se alla domanda «Chi era Enrico Berlinguer?» solo il 25% degli intervistati dà la risposta giusta «il capo del Partito comunista italiano» mentre il 30 per cento non sa proprio chi fosse (il 26 non sa, il 4 risponde in modo non pertinente). Golpe in Cile, Salvador Allende esce dalla Moneda con il mitra in spalla. Gli articoli di Berlinguer sul compromesso storico. Vietnam, grappoli umani appesi ai pattini dell’elicottero militare Usa in fuga da Saigon. Italia, il referendum conquista la legge sul divorzio. Europa, crollano le dittature in Grecia, Spagna, Portogallo. …

"La politica della paranoia", di Massimo Giannini

C’È UN tratto di surrealismo pynchoniano, nella sindrome da complotto che accompagna da vent’anni le avventure di Berlusconi. Una paranoia che ricorda «L’incanto del lotto 49», le manie ossessive di «Oedipa Mass», le trame oscure ordite dal «Tristero ». Ogni disfatta del Cavaliere si spiega secondo la teoria del nemico esterno. Tutti complottano contro di lui, le toghe rosse, i mercati finanziari, le cancellerie europee. E naturalmente Giorgio Napolitano, «regista occulto » del ribaltone che nel novembre 2011 portò Mario Monti alla guida del governo. Tra tutti i teoremi complottistici che ingombrano la mente del Cavaliere, quello che riguarda il presidente della Repubblica è, al tempo stesso, il più ridicolo e il più drammatico. È il teorema più ridicolo, perché le «clamorose rivelazioni» raccontate da Alan Friedman nel suo libro sono note da tre anni a qualunque italiano medio che abbia letto un giornale. Nell’estate 2011 il governo Berlusconi è già alla frutta e la maggioranza che lo sostiene è già in frantumi. La caduta sembra imminente, già allora. Che in quella fase Monti sia …

"Attacco al Colle: Forza Italia contro M5S nella competition anti-Palazzo", di Francesco Maesano

Le ragioni dell’attacco sferrato al Quirinale dal partito di Berlusconi sono almeno due: l’operazione di maquillage del Cavaliere e la competizione con i Cinquestelle Debutta così la strana alleanza. Ieri Forza Italia ha messo la freccia e superato il M5S nel livore dello scontro con il Quirinale. L’innesco per le polemiche l’hanno dato le ricostruzioni di Alan Friedman comparse ieri sul Corriere della Sera nelle quali si spiega che Mario Monti era stato contattato dal presidente della repubblica per verificare la sua disponibilità ad accettare l’incarico di formare un nuovo governo già nell’estate del 2011, quattro mesi prima dell’arrivo del professore della Bocconi a palazzo Chigi. I Cinquestelle hanno messo agli atti le anticipazioni del Corriere e hanno chiesto un rinvio del voto di archiviazione “per manifesta infondatezza”. La capigruppo della camera si è riunita per decidere solo ieri in tarda serata. «Non siamo assolutamente dell’idea di chiudere la discussione affrettatamente – spiegava ieri Lucio Malan di Forza Italia dando man forte al M5S –quando si è in presenza di un elemento nuovo, molto importante …

"I poteri del Quirinale come moderatore e intermediario", di Marzio Breda

Il ruolo riconosciuto al presidente da una sentenza della Consulta Riassume quello che è stato un annus horribilis, sul quale gli pare sia calata un’amnesia. Ricorda il «tormentato» 2011, facendone un parziale indice, per dimostrare che alcune interpretazioni politiche «in termini di complotto» sulla genesi del governo Monti «sono solo fumo». Una puntualizzazione strutturata con l’intento di risvegliare la memoria, quella di Giorgio Napolitano. E che ha uno snodo, forse non a tutti chiaro, nella citazione della sentenza emessa dalla Corte costituzionale «n.1 del 2013», con cui fu sciolto (a suo favore) il conflitto con la Procura di Palermo sulle intercettazioni. Certo, è soltanto un inciso, ma sottintende un punto cruciale del pronunciamento, là dove le prerogative del presidente della Repubblica sono sintetizzate come un «potere moderatore e intermediario». Che significa? Può sembrare pedanteria evocarlo, ma la formula mutua il pensiero di quello scienziato della politica che fu Benjamin Constant. Le sue teorie (l’opposto della lettura schmittiana del potere del capo dello Stato come autoritario e di «ultima istanza») accreditavano i princìpi di un potere …

"L'emergenza dimenticata", di Massimo Franco

L’idea che di fronte a una situazione in bilico un capo dello Stato sondi la possibilità di governi alternativi non deve scandalizzare, ma paradossalmente rassicurare. E il fatto che Mario Monti fu contattato per Palazzo Chigi anche quando al Quirinale c’era Carlo Azeglio Ciampi, quindi prima di Giorgio Napolitano, rappresenta una conferma: che l’Italia da tempo aveva coalizioni scelte a furor di popolo, eppure in costante affanno e incapaci di rispettare gli impegni presi con l’elettorato e l’Unione Europea; e che, agli occhi delle istituzioni italiane e continentali, a torto o a ragione, Monti era visto come una garanzia per arginare la speculazione finanziaria all’attacco del Paese. Sulla parentesi successiva del Professore che ha voluto far politica è meglio non addentrarsi. Bisognerebbe invece tornare ai mesi un po’ lunari nei quali esisteva un governo guidato da Silvio Berlusconi, che la comunità internazionale non riteneva credibile. Tra l’altro, a quei tempi la Lega era in rotta di collisione sulla riforma delle pensioni. La maggioranza parlamentare si reggeva in piedi con la colla di pochi voti raccattati …

"Lo stallo che non si può accettare", di Federico Geremicca

Paese affascinante, l’Italia, capace di discutere per un’intera giornata – mentre il governo pare a un niente dal collasso e il quadro politico va sfarinandosi come fosse una meringa – di storia o addirittura di preistoria: e cioè se sia stato corretto (o non si tratti invece di «golpe») il fatto che il Capo dello Stato abbia sondato e parlato con Mario Monti nel giugno del 2011 piuttosto che nell’autunno, quando poi lo incaricò di formare il suo governo. Intendiamoci: la discussione, a suo modo, non è oziosa. Ma è stata inevitabilmente spazzata via – in serata – da eventi più attuali, diciamo così: e che paiono preludere ad un nuovo e temuto precipitare della situazione. Il primo e più importante degli eventi, ieri, è stato l’ultimo in ordine temporale: il lungo, lunghissimo incontro tra Giorgio Napolitano e Matteo Renzi, convocato al Quirinale affinché chiarisse – definitivamente – quel che intende davvero fare. Infatti, tre opzioni – tre modelli diversi – per la legge elettorale da varare, si potevano ancora accettare; tre ipotesi per il …

"Era l’estate 2011 e Grillo chiedeva a Napolitano di sostituire Berlusconi", da www.europaquotidiano.it

Oggi il Movimento 5 Stelle attacca il presidente della repubblica e ne chiede la messa in stato d’accusa anche (e oggi soprattutto) per il ruolo svolto nella nascita del governo Monti. Eppure in quell’estate del 2011 era proprio il diarca genovese del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, a chiedere a Napolitano di intervenire in una lettera pubblicata sul suo blog il 30 luglio 2011. Eccola: «Spettabile presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quasi tutto ci divide, tranne il fatto di essere italiani e la preoccupazione per il futuro della nostra Nazione. L’Italia è vicina al default, i titoli di Stato, l’ossigeno (meglio sarebbe dire l’anidride carbonica) che mantiene in vita la nostra economia, che permette di pagare pensioni e stipendi pubblici e di garantire i servizi essenziali, richiedono un interesse sempre più alto per essere venduti sui mercati. Interesse che non saremo in grado di pagare senza aumentare le tasse, già molto elevate, tagliare la spesa sociale falcidiata da anni e avviare nuove privatizzazioni. Un’impresa impossibile senza una rivolta sociale. La Deutsche Bank ha venduto nel …