Tutti gli articoli relativi a: politica italiana

Quel regalo di Natale al premier-padrone", di Massimo Giannini

Ci deve essere ancora uno spazio pubblico per la verità, in questa Italia punita dalla matematica della recessione e intorpidita dalla retorica della pacificazione. Le motivazioni della condanna di Berlusconi, nel processo Unipol-Bnl, occupano quello spazio con un frammento di verità impossibile da non vedere. In quelle 90 pagine non c’è solo la “pistola fumante” del gigantesco conflitto di interessi che il Cavaliere si porta sulle spalle fin dalla sua discesa in campo nel 1994 MA c’è anche la “prova regina” che spiega perché, oggi, non ha senso costituzionalizzare l’irriducibile anomalia berlusconiana, e negoziare con l’uomo che la incarna addirittura il passaggio dalla Repubblica parlamentare a una Repubblica presidenziale. La vicenda è tristemente nota. Il processo Unipol-Bnl ruota intorno alla famosa registrazione della telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, nella quale il segretario dei Ds chiede all’amministratore delegato di Unipol: «Allora, abbiamo una banca?». Il 24 dicembre 2005, vigilia di Natale, Fabrizio Favata, titolare della Solari. Com Srl e socio in affari di Paolo Berlusconi (nella I. P. Time Srl) per la commercializzazione dei …

"Il vero tema è una nuova Italia", di Alfredo Reichlin

Tutti invoca le riforme. Molto bene. Ma chi abbia una certa consapevolezza del disastro di dimensioni storiche che incombe sull’Italia non può non porsi qualche domanda. Ascolto proposte vaghe su nuovi modelli di Stato e mi chiedo se una certa classe dirigente che poi, in definitiva, è tra i maggiori responsabili di questo disastro, abbia capito con che cosa deve fare i conti. Detto in poche parole, si tratta del problema che ha posto il Governatore della Banca d’Italia. Cioè del fatto che l’Italia decade perché (cito) «non siamo stati capaci di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi 25 anni». Non è poco. Lo penso e lo scrivo da tempo. Perciò mi si scuserà se, pur non rifiutando la discussione su nuovi modelli costituzionali, non riesco a convincermi che la ragione di questo autentico disastro sta nelle lungaggini del sistema parlamentare. Io penso invece che è l’intera struttura non solo statuale ma sociale dell’Italia che non ha retto e non regge. E la colpa di ciò sta nel fatto che la …

"Non rinunciare ai collegi uninominali", di Roberta Agostini e Valeria Valente

Che l’attuale legge elettorale debba essere superata non vi è dubbio. Il premio di maggioranza (nazionale alla Camera, diversi premi regionali al Senato), assegnato alla coalizione o al partito che raggiunge il miglior risultato senza nemmeno prevedere una soglia minima, si è rivelato incapace in questi anni di garantire stabilità di governo, ha falsato il meccanismo della rappresentanza democratica e potrebbe produrre paradossali risultati di “sovrarappresentanza” pure in presenza di risultati assai modesti. Il meccanismo delle «liste bloccate» costituisce ormai un fattore insostenibile di distanza tra elettori e classi dirigenti, tra istituzioni e popolo, tra cittadini e politica. Il fatto di non essere riusciti a cambiare la legge nei mesi scorsi pesa su tutte le forze politiche, anche se le responsabilità sono diverse. Il discorso del Presidente della Repubblica è stato esplicito, la Corte Costituzionale si pronuncerà nei prossimi mesi, la nascita del nuovo governo è stata legata all’obiettivo di mettere mano alle riforme istituzionali e alla nuova legge elettorale. A questo compito deve lavorare il nuovo Parlamento. Tra i punti più delicati da affrontare …

"Anche tra i giovanissimi cresce il numero di chi si informa. Però aumenta l’astensione", di Carlo Buttaroni*

L’interesse e l’attenzione nei confronti della politica è progressivamente cresciuto ma il numero di quanti si recano ai seggi per votare è contestualmente diminuito. Anche se si discute di politica più di quanto si facesse in passato, in realtà si pratica meno, e l’attività si limita a questioni che riguardano, direttamente o indirettamente, i momenti elettorali. La formazione del consenso è affidata alla rappresentazione della tv, perché la politica fa audience. Quando è «moderna», si affida ai pensieri (pensierini) dei leader postati sui social network, visto che anche i cinguettii permettono di contabilizzare gli ascolti. Il consenso solo marginalmente, e in misura sempre minore, si alimenta direttamente alle fonti primarie d’informazione politica, cioè i partiti. I leader politici (grandi o piccoli, nazionali o locali) impegnano la grande maggioranza del tempo in tre attività: leggere le agenzie di stampa, emanare comunicati, parlare al loro interno. Si stima che queste tre funzioni assorbano, mediamente, più del 95% dei tempi della politica. Solo una parte residuale delle attività è destinata alla relazione con gli elettori e alla funzione …

"Le pericolose idee grilline sulla televisione pubblica", di Vittorio Emiliani

Grillo credeva di poter continuare per un pezzo a urlare i propri anatemi contro tutti coloro che non gli dicono supinamente di sì. E invece comincia a prendere porte in faccia, a incassare, in pochi mesi, sconfitte brucianti. Inizia a constatare che amministrare non è come chiacchierare e che in Parlamento non si vive di slogan e di frasi fatte, ma bisogna studiare le carte, impadronirsi di norme e regolamenti, approfondire i “precedenti” (e sono interi dossier) nazionali ed europei, decidere rapidamente senza il conforto suo e di Casaleggio. Fare politica è una cultura. Non un giochino. Comincia forse a capire che schifare i talk-show televisivi esaltando lo straordinario ruolo salvifico della rete non è forse un’idea geniale perché significa non comparire mai, nel bene e nel male, di fronte a milioni di spettatori/elettori lasciando ai partiti tradizionali tutta la scena. Allora manda un po’ dei suoi a lezione di comunicazione televisiva dall’altro socio fondatore Roberto Casaleggio per poi vararli in qualche arena. Non solo. Ma aspira a presiedere la commissione bicamerale di Vigilanza sulla …

"Il Paese fluido che ha smarrito la fede", di Ilvo Diamanti

È finita una lunga stagione politica, durata quasi settant’anni. Segnata da sentimenti di appartenenza e ostilità partigiana. E da grande stabilità elettorale. Quell’epoca pare alla fine, come l’Italia della continuità. Dal 1948 al 2008 ha presentato una mappa del voto coerente e con poche novità. Perché gli italiani, in fondo, votavano allo stesso modo, da un’elezione all’altra. NEL corso della prima Repubblica, divisi fra comunisti e anticomunisti (i democristiani e i loro alleati). Nella Seconda Repubblica, opposti fra Sinistra e Berlusconiani. O, ancora, fra anticomunisti e antiberlusconiani. L’anticomunismo, anche senza il comunismo, è rimasto, infatti, il principale elemento di continuità della nostra storia politica ed elettorale. Tanto che la geografia del voto nella Seconda Repubblica si è riprodotta attorno all’Italia Rossa, riassunta nelle regioni del Centro. Da sempre zone di forza della Sinistra. Il PCI, prima. L’Ulivo e, soprattutto, il PD in seguito e di recente. Fattore di radicamento. Ma anche un limite. Quasi una “riserva indiana”. Anche negli ultimi vent’anni, nonostante il crollo della Prima Repubblica, il muro che separa gli elettori, in Italia, …

"Nessuna scorciatoia", di Ezio Mauro

Quando non siamo capaci di usare uno strumento collaudato, ottenendo i risultati previsti, la colpa è nostra, non dello strumento. Prima di gettarlo via, dovremmo provare a cambiare i nostri metodi e la nostra mentalità, tornando a un corretto utilizzo delle regole e delle tecniche. Invece il sistema politico, dopo la clamorosa prova di impotenza dell’elezione presidenziale dominata dai franchi tiratori del Pd, vuole cambiare le regole, passando al presidenzialismo con il Capo dello Stato eletto dal popolo. Come se il fallimento cui abbiamo assistito increduli fosse dovuto alle procedure, e non alla mancanza di una politica degna di questo nome. Il presidenzialismo (o meglio il semi-presidenzialismo, perché di questo si tratta) non è in sé un tabù. È la vocazione e la qualificazione costituente di questi partiti che lascia molti dubbi. Si mette mano alla Costituzione senza un disegno generale e un sentimento dello Stato condivisi, cercando in tal modo di far durare il governo per ragioni esterne, di semplificare i meccanismi istituzionali nella direzione del leaderismo carismatico, soprattutto di creare un’ideologia artificiale di …