Tutti gli articoli relativi a: scuola | formazione

“Cnel, Italia in notevole ritardo nella scuola; abbandoni in aumento”, da Tuttoscuola

I dati presentati nella relazione annuale del Cnel sull’efficienza della Pubblica amministrazione evidenziano complessivamente dei “notevoli ritardi del nostro Paese rispetto a quelli industrializzati o europei in tutti gli indicatori esaminati” che riguardano il sistema scolastico. Tali ritardi persistono soprattutto nelle aree italiane più svantaggiate, prevalentemente concentrate nel Mezzogiorno e nelle isole. Considerando la spesa pubblica in istruzione in percentuale sul totale della spesa pubblica, l’Italia si classifica addirittura all’ultimo posto tra i Paesi Ocse, attestandosi mediamente al di sotto del 10% nel decennio 2000-2010. L’abbandono precoce degli studi “costituisce una seria minaccia al benessere individuale e sociale”, come dimostrano numerosi studi in questo campo. Per quanto concerne il confronto internazionale, l’Italia è nel gruppo di Paesi Ocse che presenta un’alta percentuale di giovani Neet (non occupati o impegnati in percorsi formativi), superiore al 10% nel 2011, e questo dato è peggiorato di 1,8 punti percentuali rispetto al 2008. Con oltre il 18% di giovani in condizioni di abbandono scolastico e con un basso titolo di studio, l’Italia è quartultima tra i Paesi europei nel …

“Programma annuale, è il solito rebus”, di Reginaldo Palermo

Per il Programma Annuale siamo alle solite: le disposizioni in vigore, contenute nel DI 44/2001, prevedono che le istituzioni scolastiche debbano approvarlo entro il 15 dicembre, ma è da sempre che questa scadenza non viene rispettata soprattutto perché entro quella data il Ministero non è mai riuscito a comunicare alle scuole l’entità delle risorse disponibili per la redazione del documento contabile. E’ vero che le scuole potrebbero (e forse dovrebbero) approvare comunque il Programma facendo riferimento al solo avanzo di amministrazione (peraltro presunto, visto che a metà dicembre non si può neppure conoscere l’avanzo definitivo) ma è del tutto evidente che una simile procedura comporterebbe solo lavoro aggiuntivo pergli uffici e per gli stessi organici collegiali(giunta esecutiva e consiglio di istituto). Sta di fatto che a anche quest’anno la “regola” del rinvio sarà rigorosamente rispettata e quindi le scuole potranno adottare il Programma annuale entro il 15 febbraio. Dopo quella data il dirigente scolastico dovrebbe comunicare la situazione all’USR che, a sua volta, dovrebbe designare un commissario ad acta. Ma, negli ultimi anni, ci sono …

“Scuola, c’è poco da essere ottimisti”, di Andrea Gavosto

Molto rumore per nulla? La scorsa settimana sono stati resi noti i risultati per il 2012 che l’indagine internazionale PISA dell’Ocse fornisce ogni tre anni sulle competenze degli studenti di 15 anni. La comunicazione dei risultati dell’Italia e i resoconti dei media nazionali hanno dato grande enfasi al miglioramento che sarebbe avvenuto negli ultimi anni, in matematica – focus dell’ultima rilevazione – come pure in lettura e scienze, le altre aree regolarmente sotto osservazione. Tale miglioramento, pur non evitando ai risultati del nostro Paese di restare in aggregato significativamente al di sotto della media Ocse, andrebbe accolto con soddisfazione. «L’Italia ha migliorato i suoi risultati senza rinunciare al principio di equità nel sistema di istruzione» ha dichiarato il ministro Carrozza. Alla luce di questa lettura dei dati, è possibile che l’opinione pubblica si sia fatta l’idea di una scuola italiana infine avviata sulla giusta strada. Le cose non vanno proprio così. In attesa di ulteriori approfondimenti, per rendersene conto basta leggere il rapporto e la sintesi che l’Invalsi ha pubblicato sugli esiti di PISA 2012 …

“Ma la scuola italiana è davvero migliorata?”, di Benedetto Vertecchi

Non sono convinto che i dati della rilevazione Pisa 2012, appena diffusi dall’Ocse, siano da considerarsi un segnale di miglioramento circa la qualità dei risultati che si conseguono nel nostro sistema educativo. E ciò per varie ragioni, sia di carattere generale, in quanto riferibili ai traguardi d’insieme che la scuola persegue (o, almeno dichiara di voler perseguire)nei Paesi democratici, sia per una considerazione non semplicemente da bar dello sport delle posizioni occupate nelle graduatorie internazionali dai singoli Paesi. Chi non si sia accontentato delle notizie d’agenzia, e abbia cercato di capire qualcosa di più consultando il rapporto ufficiale pubblicato dall’Ocse (Pisa 2012 Results: What Students Know and Can Do. Il testo è disponibile nel sito www.oecd.org), si è trovato, in apertura di libro, di fronte ad alcune affermazioni che non possono essere date per scontate. Nella premessa del segretario generale dell’Organizzazione, Angel Gurría, si legge, infatti, che i risultati educativi non devono essere valutati con riferimento a criteri definiti a livello nazionale, ma in una logica di economia globale, per la quale ciò che conta …

“Scuola, fuga dei diplomati, solo 1 su 3 all’università”, di Alessia Camplone

Quasi uno su due se potesse tornare indietro farebbe un’altra scelta. Gli studenti italiani sull’efficacia della scuola non hanno molto da ridire, anzi, si dimostrano abbastanza soddisfatti. Ma al momento della maturità il 44% di loro guarda indietro e pensa:«Sarebbe stato meglio prendere un altro indirizzo di studi». A 14 anni scelgono soprattutto i genitori. E nelle scelte, più che all’attenzione delle vocazioni, incidono i condizionamenti familiari determinati da cultura, condizioni sociali e situazione economica. LA FAMIGLIA Il dato non emerge da un semplice sondaggio ma da una ricerca di ampio respiro che coinvolge oltre 48mila studenti diplomati che sono stati intervistati a maturità appena conclusa. A condurla Almadiploma, l’associazione di scuole superiori che intende fare da ponte con il mondo del lavoro. La ricerca è stata condotta in 347 scuole di cinque regioni (Lazio, Puglia, Emilia Romagna, Lombardia e Liguria). Solo tre diplomati su 10 proseguono con l’università. E anche sulla rinuncia all’università incide la famiglia. Perché più è alto il livello di studi dei genitori e più i ragazzi proseguono avanti fino alla …

“Sul valore dell’esperienza”, di Benedetto Vertecchi

Proviamo, se possibile, a riflettere attorno alla condizione degli insegnanti liberi dagli strati di melassa che nel tempo si sono depositati attorno alla questione, e che ormai sono così spessi che non si riesce più a capire di che cosa si stia parlando. Per cominciare, c’è bisogno di individuare gli elementi che definiscono la professione e che non consentono di confonderla con altre, anche se per qualche aspetto si possono verificare delle sovrapposizioni. Si può procedere comparando le nozioni di insegnante che si ricavano dall’analisi di ciò che essi fanno nelle diverse culture in cui si esplica la loro attività: ebbene, gli elementi di contorno sono tanti, ma quello centrale è sempre lo stesso, ed è costituito dallo svolgimento, per delega, del compito di istruire. Ciò premesso, occorre stabilire se il compito di istruire possa essere svolto da chiunque o solo da chi possieda determinate caratteristiche. Senza entrare nel merito di specifiche interpretazioni del compito degli insegnanti, che assumono significato in contesti sociali e culturali determinati, l’aspetto caratterizzante della professione è costituito dal fatto che …

“47° Rapporto Censis: una società sciapa e infelice. Il capitolo “Processi formativi”, di P.A. da La Tecnica della Scuola

La 47ª edizione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2013 riferisce che se l’atteso crollo non c’è stato, troppe persone scendono nella scala sociale. Il sistema ha bisogno di istituzioni e politica. Il 21,7% della popolazione con più di 15 anni possiede la licenza elementare. Il 2% di 15-19enni, l’1,5% di 20-24enni, il 2,4% di 25-29enni e il 7,7% di 30-59enni non hanno mai conseguito un titolo di scuola secondaria di primo grado. Nel 2011 alla fine del primo anno aveva abbandonato gli studi l’11,4% degli studenti iscritti. Una società la nostra che “ha bisogno e voglia di tornare a respirare e reagire”, ad esempio, “alla scelta implicita e ambigua di ‘drammatizzare la crisi per gestire la crisi’ da parte della classe dirigente, che tende a ricercare la sua legittimazione nell’impegno a dare stabilità al sistema partendo da annunci drammatici, decreti salvifici e complicate manovre”. E ancora, dice Censis, “nel progressivo vuoto di classe politica e di leadership collettiva, i soggetti della vita quotidiana rischiano di restare in una condizione di incertezza senza prospettive …